Strana tempistica per la pubblicazione sul GRL di questo nuovo studio dell’NCAR /UCAR statunitense, decisamente qualcosa che potrebbe gelare il sacro fuoco di salvezza del pianeta che arde in quel di Parigi in questi giorni. Sarà per questo che gli autori, nel descrivere il loro lavoro su Science Daily, si sono sforzati di far capire che, comunque, nulla cambia rispetto all’AGW ed all’inesorabile scomparsa, prima o poi, della coltre bianca che sovrasta le latitudini polari.
Al di là dei caveat in favore del consenso, senza i quali ad oggi è praticamente impossibile pubblicare anche su Topolino, il loro intento è comunque molto lodevole, così come sono interessanti i loro risultati. Il primo è la ricerca di informazioni per il futuro a breve termine climatico, per intenderci non oltre una o due decadi, una misura temporale all’interno della quale ha senso pensare di poter implementare delle policy e trarne eventuale giovamento. I secondi sono in controtendenza con gli allarmi che si ripetono praticamente ogni estate di imminente – sin qui latitante – scomparsa dei ghiacci artici estivi con annessa navigabilità di latitudini altrimenti inarrivabili.
In sostanza, scrivono, studiando le correnti marine dell’area atlantica, quel sistema che si racchiude nel meccanismo di scambio di calore tra le basse e le alte latitudini noto come AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation), che è parte della circolazione termoalina globale, hanno stabilito una relazione tra l’intensità di queste correnti e l’estensione del ghiaccio artico nella stagione invernale. Il loro modello, pare si comporti piuttosto bene nel ricostruire il passato (come da figura sotto), dando quindi qualche garanzia di successo per il futuro. Certamente di più di quante non ne diano i continui allarmi (la death spiral viene da uno di questi) puntualmente smentiti ad ogni minimo stagionale. E, per il futuro climatico a breve termine, prevedono un rallentamento sostanziale della ritirata dei ghiacci artici (frenata tra l’altro già in essere) per effetto di una tendenza alla diminuzione dell’intensità dell’AMOC, secondo una ciclicità ancora impredicibile ma già piuttosto evidente.
La ‘prognosi’, tuttavia, riguarda solo l’estensione invernale del ghiaccio marino, perché quella estiva è troppo condizionata da eventi atmosferici di breve periodo quali le perturbazioni o la disposizione dei centri di massa atmosferica, che possono disperdere o accumulare il ghiaccio risultando significativi per la singola stagione. Quindi niente da fare per l’estate. Certo però che se il trend invernale va bene, d’estate c’è più ghiaccio da sciogliere e magari ne resiste di più.
Un altro dei problemi, però, è quello della brevità delle serie disponibili per la verifica. Il ghiaccio lo si misura oggettivamente solo dall’inizio dell’era satellitare, cioè la fine degli anni ’70, mentre l’AMOC è soggetta a osservazione solo dal 2004, sebbene per alcuni parametri ad essa ben correlati siano disponibili serie storiche ben più lunghe. Tale brevità dei dati disponibili, impone prudenza sulla valutazione di questi risultati.
Quanto vorremmo che la stessa prudenza ci fosse anche nel formulare previsioni di disastro climatico imminente…
Comunque, l’articolo è questo, chi volesse può approfondire: Predicted slow-down in the rate of Atlantic sea ice loss
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