Qualche giorno fa, nel lungo avvicinamento alla COP21 di Parigi, apertasi appena ieri l’altro, avevamo dato notizia dell’uscita di un documento dal vago sapore di attivismo siglato da varie societá scientifiche Italiane. Se lo volete leggere con la colonna sonora andate qui, se invece vi interessa il commento sicuramente piú attinente di Luigi Mariani andate qui.
La faccenda non é finita li’, perche’ pare che qualcuno, che tra láltro ne ha ben donde, abbia voluto sfilarsi dal ‘consenso’ tanto sbandierato tra gli eminenti studiosi nostrani. A tirarsi fuori e’la SIF, societá Italiana di Fisica, che ha motivato la sua scelta con un messaggio della sua presidente pubblicato sul blog della Societá Chimica Italiana. Il seguente:
[box] «Caro Dr. Rampichini, mi fa piacere che molti abbiano notato che la SIF non ha sottoscritto il documento finale del Simposio, pur figurando tra i suoi organizzatori. Il motivo è semplice. La SIF è un’associazione di fisici abituati a considerare leggi fisiche regolate da equazioni più o meno complesse, e risultati espressi con il dovuto livello di confidenza o di probabilità o di verosimiglianza. Questo, del resto, è il metodo scientifico. Il documento in questione contiene nelle sue premesse delle affermazioni date come certezze incontrovertibili a proposito dell’origine antropica dell’attuale cambiamento climatico. Ma le verità scientifiche non possono basarsi sul consenso generalizzato, mescolando scienza e politica, come sta avvenendo in questo caso. Poiché la richiesta della SIF, di introdurre qualche parola di tipo probabilistico (come “likely”, che ha un significato ben preciso e tutt’altro che disdicevole), è stata categoricamente rifiutata, la SIF non ha ritenuto di sottoscrivere il documento, pur condividendo fortemente l’importanza della ricerca basata sulla fisica per lo studio del clima e il fatto che è fondamentale inquinare il meno possibile il nostro amato pianeta per salvaguardarne la salute e bellezza. Ecco perché il Consiglio della SIF, eletto dai suoi Soci, non ha ritenuto di sottoscrivere quel documento. Detto ciò, ignoro perché la SCI non sia stata coinvolta. Ma tante altre società scientifiche non lo sono state e non è poi così grave. Cordialità, e grazie per l’interesse, Luisa Cifarelli».[/box]
Inutile sottolineare che con questa grave e oltraggiosa decisione, la SIF sia immantinente divenuta ininfluente, poca cosa, impreparata, incauta etc etc., agli occhi e nei commenti dei lettori del blogger Marco Cattaneo, che ha riportato, pure lui con un certo sconcerto la notizia.
La Dott.ssa Cifarelli, ha poi ritenuto opportuno precisare, con quello che si potrebbe definire un carico da undici, per chi ne sa di briscola:
[box] Caro Marco Cattaneo, mi meraviglio di Lei che non ha colto il punto. La parola che non va nello Statement in questione non è certo “very likely” ma quella che di poco la precede: “unequivocal”. Il problema è tutto lì. Eppure Lei sa bene che la Groenlandia era verde in tempi non sospetti. Detto ciò mi fa piacere che ci sia un dibattito e dei commenti (non sempre civili, ma tant’è) su questo tema. Cordialità, Luisa Cifarelli[/box]
Che faranno ora le vestali del clima? Proporranno la fustigazione di questi fisici demodé per i quali il metodo scientifico conta ancora qualcosa?
In attesa di conoscere il seguito di questa incresciosa vicenda e con il mouse puntato sui salvifici negoziati di Parigi, se avete voglia di un po’di raziocinio sull’argomento di questi giorni, vi consiglio la lettura di questo articolo di Francesco Ramella su La nuova Bussola Quotidiana, altro candidato alla fustigazione.
[…] le polemiche sollevate dalla mancata adesione della SIF (Società Italiana Fisici) all’appello dello […]
“Ripeto, non esiste l’equazione della teoria dell’evoluzione (e Darwin oggi sarebbe ancora soddisfatto della sua teoria), così come non esistono le equazioni del cancro, o della mutazione genica puntiforme, della funzione cognitiva, della digestione, o della nidificazione dell’Albatros. E allora questa, non è scienza?”
Non capisco perché continui a puntare il dito sull’ “equazione”, concetto che nella nostra discussione è stato ampiamente superato, mi pare. Il punto è la predizione quantitativa. Se non si fanno predizioni quantitative (certamente statistiche) sul cancro, per esempio in uno studio collegato alle cause, o in uno collegato all’efficacia di una cura, certo che non è scienza, anche perché sarebbe del tutto inutile: permetterebbe la diffusione di voci infondate sulla pericolosità di questa cosa, non sottolineerebbe invece l’effettiva pericolosità di quell’altra cosa, farebbe spendere soldi inutili per medicine inefficaci, eccetera.
Donato, grazie per le tue sempre preziose considerazioni. Credo che tu abbia ragione, non metto in minimo dubbio quello che sostieni, anzi, penso anch’io che, ove possibile il modello fisico-matematico sia preferibile. Di esempi di sottoinsiemi inerenti al clima, deve il modello fisico-matematico riesce a cogliere bene l’aspetto qualitativo e quantitativo del sistema se ne potrebbero fare centinaia, penso. Tuttavia il mio ragionamento va un po’ oltre, e non vorrei venisse confuso con retoriche diatribe (secondo me inutili) tra riduzionismo e olismo. Io dico solo che, data la complessità dei sistemi con cui dobbiamo confrontarci oggi, che non è certo quella dei sistemi indagati da Tolomeo o Keplero, non è detto che la modellizzazione fisico-matematica possa sempre avere successo o possa rivelarsi efficace, per i motivi che ho già citato, e che quindi, a volte, possa essere più utile tentare di utilizzare anche altre forme investigative più appropriate o più utili in determinati contesti. Ripeto, non esiste l’equazione della teoria dell’evoluzione (e Darwin oggi sarebbe ancora soddisfatto della sua teoria), così come non esistono le equazioni del cancro, o della mutazione genica puntiforme, della funzione cognitiva, della digestione, o della nidificazione dell’Albatros. E allora questa, non è scienza? Siamo tutti d’accordo che il modello perfetto della scienza del prevedibile sia la fisica, ma ciò non significa che questo rappresenti un criterio assoluto per classificare la scienza. L’obiettivo della scienza non è solo quello di fare previsioni quantitative, ma è soprattutto quello di comprendere come funziona il mondo. Il problema della predicibilità. Dobbiamo tener conto, che nell’ambito dei sistemi complessi, sono pochissime le cose che si possono prevedere con una certa precisione. A meno che, tornando ai nostri argomenti, non mi si dimostri che per esempio le previsioni meteoclimatiche (le chiamerei così) oltre i dieci giorni, o quelle stagionali, o quelle propriamente climatiche, siano soddisfacenti dal punto di vista deterministico e quantitativo. E allora, questa non è scienza? L’equazione del clima, a cui la Cifarelli e Zichichi tanto si appellano per tentare sminuire il valore della climatologia, probabilmente non esiste, come per il cancro e l’Albatros, ma non per questo allora la climatologia non può non considerarsi scienza. La climatologia non è solo fisica, non è solo tutta questione di fluidodinamica e termodinamica, ma è anche un concetto statistico e interdisciplinare. E’ questo il grave errore concettuale che attribuisco al loro ragionamento. La paleoclimatologia e la climatologia storica, per esempio, che peraltro come sai io amo poco, cosa sono, ermeneutica? I modelli fisico-matematici disponibili in climatologia, sono forzatamente e necessariamente carenti e incompleti, questo è un dato di fatto, per cui a rigor di logica non posso che aspettarmi degli output altrettanto imperfetti e imprecisi, è per questo che io tendo a non preoccuparmi troppo se i modelli non sono stati in grado di prevedere uno iato della durata di circa dodici anni (almeno per il momento), così come non sono scandalizzato se altri modelli prevedono riscaldamenti per fine secolo con una forbice di possibilità a dir poco disarmante. In questi casi, allora, forse dovremmo cominciare ad abituarci a cogliere la sostanza concettuale (e nel caso del clima se vogliamo ce n’è parecchia), piuttosto che un illusorio, ingannevole, inafferrabile dettaglio. Purtroppo esistono sempre dei limiti teorici, sperimentali, o investigativi, anche in fisica e matematica se proprio vogliamo (principio di indeterminazione di Heisemberg e i teoremi di incompletezza di Godel), ma non per questo il progresso della conoscenza si deve bloccare, allo stesso modo per cui non conoscere l’esatto valore del Pi Greco, non costituisce un limite invalicabile alla comprensione della geometria o non conoscere l’esatta eziopatogenesi di un cancro non significa rinunciare a trovare delle cure adeguate. Certamente la biologia e le bioscienze sono molto più fortunate da questo punto di vista, perché spesso il modello del sistema è rappresentato da un organismo vivente, quindi in fondo, noi biologi siamo dei privilegiati. E poi si, sono d’accordo con te, visto che secondo me è corretto parlare di pluralità della scienza, certo, conta molto anche la nostra formazione o deformazione professionale, decisamente.
Ciao, Fabio.
@ Fabio Vomiero
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Fabio, io non contesto affatto gli approcci alternativi a fenomeni complessi non rappresentabili mediante leggi fisiche deterministiche, ma … c’è un piccolo ma.
Per formazione (deformazione?) e per lunga consuetudine con leggi, diagrammi ed equazioni, dovendo scegliere tra due teorie, una basata su modelli fisici con sottostanti equazioni e l’altro di tipo empirico o semi-empirico, io non ho il minimo dubbio: sistema fisico-matematico.
Con questo non voglio dire che gli altri approcci siano sbagliati. Prendiamo ad esempio un caso pratico: evoluzione della velocità di variazione del livello del mare. Chi ci legge sa che in campo ci sono due scuole di pensiero: quella che si basa sui modelli semi-empirici e quella basata su modelli quantitativi.
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Partiamo dalla seconda. Gli studiosi calcolano la variazione del livello del mare effettuando la somma di due contributi: quello sterico (variazione del livello del mare come conseguenza della dilatazione termica del volume oceanico) e quello di massa (scioglimento delle calotte glaciali terrestri e variazione del ciclo delle acque superficiali e sotterranee). Il tutto viene sottoposto a verifica mediante sistemi di misura satellitari (GRACE, per esempio).
Mi sembra un modus operandi tipico della scienza classica: metodo scientifico sperimentale di galileiana memoria.
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Dalla parte opposta troviamo i modelli semi-empirici. Semplificando molto, come del resto ho fatto anche nel primo caso, la variazione del livello del mare è messa in relazione con le temperature e, tramite la teoria “dell’effetto serra” con le concentrazioni di CO2 e degli altri gas serra di origine antropica. In questo approccio si fanno molte ipotesi ad hoc: il livello del mare dipende dalla temperatura in quanto essa determina tanto il contributo sterico (dilatazione termica) che quello di massa (fusione delle calotte glaciali); la temperatura a sua volta, deriva dai gas serra e il collegamento è fatto: se la CO2 aumenta DEVE aumentare anche il livello del mare e se la cosa non viene rilevata dai dati strumentali, c’è qualcosa che non va nei dati strumentali e vai con le omogeneizzazioni (che in molti casi sono vere e proprie operazioni di creazione di dati sintetici).
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Fabio, ripeto, sarà per una mia deformazione mentale, ma io non ho il minimo dubbio su quale dei due modi di operare scegliere.
Ciò non significa che non esistono modelli empirici che funzionano egregiamente: quello per prevedere le maree (fisicamente sarebbe quasi impossibile) oppure il sistema tolemaico che per oltre mille anni ha consentito di prevedere in modo egregio il comportamento degli astri, ne sono un esempio illuminante.
Anche Keplero utilizzò un sistema “empirico” per derivare la sua terza legge (quella del quadrato del periodo e del cubo del raggio). Egli partì dall’immensa mole di dati raccolti da Ticho-Brahe e, con un certosino lavoro di data- mining ante litteram, scoprì che il legame tra periodo orbitale e raggio dell’orbita era più che lineare e men che quadratico. A questo punto, con un’acrobazia da lasciare senza fiato, tirò in ballo la scala musicale e la Cetra Divina: tra l’unisono e l’intervallo di ottava esisteva l’intervallo di quinta e, quindi, la perfezione del Creato, non lasciava dubbi: il legame era rappresentato da 3/2. Ci azzeccò in pieno. Poi venne, però, Newton che derivò dal colpo d’ala geniale di Keplero la legge di gravitazione universale, ma qui entriamo nel campo della fisica hard. 🙂
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Per concludere, caro Fabio, posso assicurarti il massimo rispetto per le tue idee, ma io ho le mie. Unica consolazione: per ora né le une, né le altre hanno portato a risultati definitivi, perché su questo non credo che esistano dubbi, il cambiamento climatico di origine esclusivamente antropica deve essere ancora dimostrato e senza il deprecabile “principio di precauzione” sarebbe solo una delle tante ipotesi per spiegare il riscaldamento globale. Lo sostengono, per esempio, i geologi (una buona parte) ferventi propugnatori dei metodi non modellistici, una parte dei fisici e molti ingegneri (ferventi sostenitori dei metodi modellistici fisico matematici): sarà un caso?
Ciao, Donato
Fabrizio, io invece penso che quello che dico tu lo capisca benissimo, è che poi vuoi sempre riportare tutto al dibattito sul clima. Guarda che io ho parlato anche di scienza a 360°C, di epistemologia, di metodo, anche perchè sono convinto che non si possa capire bene la climatologia, se prima non si è capito bene che cosa sia la scienza, a che cosa serva e come funzioni. Io cerco di dare soltanto il mio contributo, basato anche sulla mia esperienza e le mie conoscenze, ti ricordo che come me la pensano moltissimi scienziati di fama internazionale (altro che l’anacronismo di Cifarelli e Zichichi), tempo fa ti ho fatto anche qualche nome, ti rinnovo l’invito di leggere qualcosa in merito, se hai un pò di tempo. Dopo, se uno vuole cogliere positivamente queste mie considerazioni come occasione per riflettere, ben venga, altrimenti amen. Anche nell’ultimo commento hai ancora distorto il mio pensiero, io non ho mai detto che l’aspetto quantitativo debba essere messo in soffitta, così come non ho mai detto che la fisica non serva più a niente, Fabrizio, se non c’è coerenza e pertinenza da parte tua, è inutile che il dibattito vada avanti. Comunque sul fatto dei 2°C, ti tranquillizzo, sono d’accordo con te e con Guidi, se tu cercassi di interpretare meglio il mio pensiero, senza pregiudizio e malizia, ci saresti arrivato da solo. E comunque, anche se può sembrare, non credo sia questo il problema centrale di tutta la questione… dal punto di vista scientifico.
Ciao, Fabio
@Max “…convivere con l’impossibilità reale e concreta di ridurre a sistemi di equazioni sia l’evoluzione geologica dell’Appennino, sia, rimanendo con i piedi per terra (mai espressione fu più azzeccata), l’evoluzione e i processi di degradazione ed erosione della collinetta dietro casa mia”
Posso chiederti un esempio terra-terra, alla mia portata, per comprendere come gestisci “oltre” le equazioni il poblema di degradazione della collinetta?
“ma non mi sono mai espresso completamente anche per rispettare l’impostazione editoriale di questo blog. Se cerchi e se ti interessa, puoi trovare diversi miei articoli tematici pubblicati su meteolive.”
Ci vado, ma non ho capito la faccenda “dell’impostazione editoriale di questo blog”. Forse mi sfugge qualcosa, ma postare link terzi non è mai stato un problema, direi.
Però dimmi subito se risponderai o no a domande che ti potrei fare in relazione a quanto hai scritto su MeteoLive, perché se non hai voglia evito di perdere tempo.
“criticare, obiettare, opinare, in merito a quello che dico, con precisione e pertinenza, non a quello che non dico, magari fornendo anche qualche elemento concreto di valutazione in più, a supporto, come cerco sempre di fare io nei miei commenti”
La scienza è fatta di ragionamenti coerenti e le omissioni li possono rendere incoerenti. Tu chiedi di mettere in soffitta l’approccio “quantitativo”, io non posso non far presente che il problema sarebbero quei 2°C, che sono una quantità, e vorrei sapere secondo te come dovrebbero venir fuori. Dopo tante discussioni non l’ho ancora capito.
Ammetto di aver seguito marginalmente il vostro dibattito, di cui comunque mi rallegro. Allegria che mi passa molto rapidamente però, perché quella dei 2°C è la più grossa puttanata cui la scienza (una certa scienza) si sia piegata per compiacere la politica. Ed è al contempo la più grossa puttanata che la politica (origine davvero poco chiara) si sia potuta inventare per definire un obbiettivo che non farà niente per raggiungere.
gg
Ciao Guido, a proposito di scienza piegata… ad angolo retto.
Ho partecipato qualche giorno fa a una conferenza tenuta dalla dott.Amalia Ercoli Finzi sulle comete e in particolare sulla Missione Rosetta.
La dott. Amalia E.F. è una delle massime esperte internazionali in ingegneria aerospaziale, consulente scientifico della NASA, dell’ASI e dell’ESA, è Principal Investigator responsabile dello strumento SD2 sulla sonda spaziale Rosetta, prima donna in Italia a laurearsi, presso il Politecnico di Milano, in Ingegneria aerospaziale. E’ anche, alla sua età, un bel peperino.
Riguardo alla sonda spiegava che i pannelli fotovoltaici erano di produzione italiana e avevano un rendimento addirittura del 30%. Dovevano essere molto grandi perché la sonda doveva portarsi a grande distanza dal sole, quindi ingombranti e pesanti, a scapito delle altre apparecchiature. La sonda ha dovuto comunque essere spenta e lasciata al freddo per 2 anni per carenza di energia solare nella parte più esterna dell’orbita, esponendola quindi al rischio di non riaccendersi al momento previsto.
Alla domanda “perché non s’è usato un RTG (generatore termoelettrico a radio isotopi, molto più pratico piccolo e leggero e con un output costante di energia indipendente dalla distanza dal sole) la dott. Amalia ha risposto senza esitazioni che “la politica Europea aveva imposto quella scelta, per marcare la differenza con gli USA e dare l’idea di ecologico e pulito che si associa all’energia solare”.
Mah… mi chiedo: chissà quali altri compromessi passano continuamente sotto silenzio…
Sempre cordialmente.
M.
Cerchiamo di vedere le cose dal lato positivo: meno male che l’UE non ha imposto, per la sonda, un generatore eolico.
Taci, che il nemico t’ascolta… 😉 il “vento” solare esiste e a qualcuno potrebbe venire in mente di sfruttarlo con le… turbine solari.
intervengo marginalmente, non entro nel merito di questioni scientifiche, pur condividendo l’approccio di Fabio (il clima è ben più che fisica, le componenti ambientali “NON MODELLIZZABILI” – cit. ” atmosfera, idrosfera, biosfera, criosfera, litosfera, antroposfera, fattori astronomici” – sono sicuramente di portata tale da non risolversi in un mucchio di equazioni infilate dentro un super computer); probabilmente, la mia provenienza dal settore delle scienze della Terra (leggasi Geologia) mi ha “addestrato” a convivere con l’impossibilità reale e concreta di ridurre a sistemi di equazioni sia l’evoluzione geologica dell’Appennino, sia, rimanendo con i piedi per terra (mai espressione fu più azzeccata), l’evoluzione e i processi di degradazione ed erosione della collinetta dietro casa mia 😉
per rispondere parzialmente anche alla domanda di Roberto, tra i primi commenti di questo post, vi invito a leggere questo articolo on line, dove chi scrive entra senza rendersene conto, in un cortocircuito di contraddizioni che lui stesso stigmatizza in quel che scrive:
http://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/12/04/strategie-negazionismo-climatico/
questo articolo è stato prontamente ripreso e condiviso su tanti siti/blog/portali di “presunta” impronta scientifica, (uno tra tutti: http://www.blueplanetheart.it );
recentemente anche un report che ho letto sulle comunicazioni dell’ENEA (che non è proprio l’ultimo vagone in termini di ricerca, o almeno non dovrebbe esserlo), era esattamente sullo stesso tono;
credo per altro, come più volte ho fatto notare in passato anche su queste pagine di CM, che il vero problema si verifica quando la palla passa dai ricercatori, a chi si occupa di divulgazione (uffici stampa, quotidiani, blog, etc etc etc);
sono decine, per non dire centinaia, i “riassuntini” distorti per non dire “falsificati”, pubblicati accanto a titoloni ad hoc che servono ad attirare click e lettori, che a volte non hanno nulla o quasi a che vedere con il contenuto vero e proprio degli studi a cui fanno riferimento;
nello specifico dell’argomento del post iniziale, condivido pienamente la lettera della SIF, così come la puntualizzazione successiva, e, come ha già fatto notare il Prof. Crescenti, sono ben felice che tra le società aderenti alla “dichiarazione scientifica sui cambiamenti climatici” non hanno figurato la Società Geologica Italiana, la Società Paleontologica Italiana e la Società di Geologia Ambientale, per quanto mi capiti spesso di leggere articoli di singoli appartenenti alle stesse che non lesinano nell’attribuire al “clima che cambia” il ruolo di problema da risolvere;
ecco, che dire di fronte questi articoli, che non hanno nulla di scientifico, ma essendo riportati su una delle testate nazionali più diffuse della cosiddetta divulgazione scientifica, fanno presa su migliaia di lettori inconsapevoli…
http://www.focus.it/cultura/curiosita/cop21-bufale-sul-riscaldamento-globale
Che tristezza…
gg
Caro Fabrizio, ti ringrazio per l’ulteriore commento, ma io non ho altro da aggiungere, credo di essere stato già abbastanza chiaro nei miei commenti precedenti, che se rileggi bene, esprimono concetti ben precisi e non sconfusionati come tu vorresti lasciare intendere. Ti ho anche già fatto notare dove, secondo me, sta il limite dei tuoi ragionamenti, e cioè nella pretesa che la scienza debba necessariamente esprimersi soltanto in termini fisici e quantitativi. Purtroppo la realtà delle cose non è così, scienza non è sinonimo di fisica, questa è una visione oramai obsoleta, lo studio dei sistemi complessi richiede un adeguamento concettuale e forse anche epistemologico, che per esempio le scienze biologiche hanno sempre espresso. Anzi, più saliamo nella scala della complessità e più la fisica diventa inefficace. In questo senso, per scienza si intende oramai una pluralità di linguaggi e di strategie cognitive ed investigative possibili. Anche sui modelli climatici mi sono già espresso, per cui non ritengo necessario riprendere il discorso, ricordandoti che ci sono ricercatori preparati che fanno questo lavoro e che conoscono bene (meglio di me e di te messi assieme) pregi e difetti di questo settore di applicazione della scienza. Mi verrebbe piuttosto da chiederti: ma con i tuoi scritti vuoi esprimere il tuo pensiero (che naturalmente rispetto e spesso anche condivido in parte) o contestare quello del sottoscritto? Perchè la logica mi suggerirebbe che se sei orientato alla prima opzione, non c’è problema, se invece opti per la seconda, secondo me dovresti quantomeno attenerti alla “scientifica” buona regola di criticare, obiettare, opinare, in merito a quello che dico, con precisione e pertinenza, non a quello che non dico, magari fornendo anche qualche elemento concreto di valutazione in più, a supporto, come cerco sempre di fare io nei miei commenti. In tal caso le critiche costruttive sono sempre ben accette, per quel che mi riguarda, altrimenti si rischia di sconfinare in atteggiamenti intellettuali “chiusi” che possono anche sembrare dettati principalmente dal pregiudizio e dall’ideologia, e cioè l’esatto contrario di quello che dovrebbe invece essere il pensiero scientifico. Io credo invece che l’eventuale divergenza di vedute tra persone intelligenti e preparate (fenomeno filosoficamente molto interessante), non possa che rappresentare una possibile fonte di ricchezza culturale, è anche per questo che ho scelto di confrontarmi in questo blog e anzi, colgo l’occasione per ringraziare Guidi, che più di qualche volta probabilmente mi dovrà anche “sopportare”. Poi, riguardo la mia posizione in merito all’AGW, modelli climatici, la soglia dei 2°C, la COP21, principio di precauzione, scetticismo climatico ecc., certamente che ho una mia idea, anche se sempre provvisoria e passibile di modifica (la verità in tasca non ce l’ha nessuno, tantomeno noi), frutto comunque di oltre dieci anni di studio e interesse per l’argomento, ma non mi sono mai espresso completamente anche per rispettare l’impostazione editoriale di questo blog. Se cerchi e se ti interessa, puoi trovare diversi miei articoli tematici pubblicati su meteolive.
Ciao, Fabio
“infatti io non ho proprio parlato di nutrizione”
Lo so bene che non l’hai fatto: infatti la mia era una critica per la tua omissione, con la quale hai lasciato intendere che in tutte le scienze il termine “inequivocabile” abbia lo stesso significato. Se a maggior ragione sei esperto in quel campo, tanto meno capisco la tua omissione. A questo punto, se ritieni che la climatologia non sia una hard-science, devi rispondere alla mia obiezione sul valore del termine “inequivocabile” che hai voluto introdurre in questa nuova prospettiva, che tenga conto dei miei controesempi.
Per il resto, con grande franchezza: io ribadisco che la scienza è tale se ci sono predizioni quantitative _e_ verifiche sperimentali (certamente, con varie gradazione di “hardness” e, per conseguenza, della “inequivocabilità” delle conclusioni). Ti invito a non tirare fuori dal cappello i soliti discorsi, assolutamente ragionevoli per altri aspetti, su determinismo e non determinismo o sugli strumenti da usare… . Qualisasi strumento sia, deve fare predizioni quantitative e verifiche sperimentali. Il tizio che studia i salmoni di cui abbiamo parlato qualche settimana fa non si è sottratto a predizioni quantitative e verifiche sperimentali: anzi ha sfidato, e apparentemente vinto, altri metodi proprio su quel campo.
Mettiamola così: per quanto mi riguarda, se uno fa le previsioni con i fondi del tè e dimostra di essere in grado di predire quindici anni di clima in modo ragionevolmente preciso, allora lo starò a sentire per quanto riguarda la previsione dei successivi trenta. Ora tu, per favore, rispondi chiaramente ad una domanda diretta: dove sarebbe il modello, fatto con qualsiasi strumento tu ritenga utile, compresi i fondi del tè, che ha previsto gli ultimi quindici anni di clima. Una volta che me l’hai indicato, proseguiamo il ragionamento.
PS Per quanto mi riguarda, io non nego niente. C’è il riscaldamento globale? Sì, è ovvio, siamo in periodo post-glaciale. A quanto ammonta? Sembrerebbe a quasi zero gradi per gli ultimi quindici anni, cito le misure ufficiali, non le ho fatte né elaborate io, non è colpa mia se sono così; almeno fino a quando non daranno retta a Mann e ricalibreranno le misure. Quando l’avranno fatto ne riparleremo. Ma mi importa poco: in modo del tutto chiaro, io sto ripetendo che quello che mi interessa è la prova dell’origine antropogenica e che le policy di cui si discute saranno in grado di contenere l’entità del cambiamento entro i famigerati 2°C (tanto per iniziare: poi dovremmo anche parlare di quantificazione di danni e vantaggi in funzione di quella soglia). Nel nostro dialogo lo sto ripetendo da mesi, ma non mi sembra di aver mai letto una tua risposta a questo proposito.
Fabrizio, visto che allora io sono antiscientifico e tu scientifico, dovresti quantomeno essere preciso e pertinente nelle risposte (come ci insegna la scienza), infatti io non ho proprio parlato di nutrizione, proprio perchè conosco bene la questione e se ti interessa sto seguendo anche alcune lezioni di un master universitario in scienza dell’alimentazione. Se poi tu hai ancora il coraggio di affermare che il riscaldamento globale, che anche qui per la precisione ho chiamato per nome e cognome (1976-2015), senza parlare di cause, non esiste, contro tutte le evidenze scientifiche, scusami, ma credo sia tu l’antiscientifico. Vediamo se riesci invece a dimostrarmi che i quattro esempi che ho riportato, utilizzati in maniera precisa e contestualizzata, che io e la scienza definiamo inequivocabili, non sono corretti. Penso che forse non hai capito molto dei miei post, e di questo mi dispiace, percepisco invece un certo pregiudizio nei miei confronti generato probabilmente dall’ errata percezione che io accetti acriticamente la sponda catastrofista. Ma non importa, ognuno è libero di pensarla come vuole.
Ciao, Fabio
Di tutta questa faccenda sinceramente quello che più mi colpisce sono i passaggi attraverso i quali una semplice lettera di chiarimento è divenuta “position statement” della SIF sullo stato dell’arte della ricerca scientifica nell’ambito della climatologia.
Ed ancor più mi stupisce la facilità con cui in poche semplici righe siano state lette le cose più assurde e spesso il contrario di quello che con evidenza vi è scritto. Per esempio, con quali parole esattamente la professoressa Cifarelli dichiara in quella lettera che “il riscaldamento globale attuale (1976-2015) non è inequivocabile”?
Dirò di più, devo confessare di avere apprezzato anche il tono pungente (ironico?) di quella lettera, e della precisazione successiva: bene ha fatto la professoressa ha “rilanciare” anche utilizzando la “battuta” sulla Groenlandia!
Mi inquieta invece il tono del post su “Le Scienze”, ovvero mi chiedo, come si chiederebbe forse G. E. M. Anscombe: con quale intenzione è stata resa pubblica quella lettera?
Rileggendomi noto un congiuntivo di troppo: “sono state lette” e non “siano state lette”.
Ne approfitto per fare una precisazione sulla “verde Groenlandia”.
Devo riconoscere di ignorare cosa abbia realmente spinto la professoressa Cifarelli a “buttare nella mischia” tale questione; io ho dato la mia interpretazione (o meglio, ho descritto una mia sensazione), indotto, mi viene da dire, da una precisa forma mentis.
Mi spiego. Io sono anche disposto a prendere come oro colato quanto ci viene descritto da climatologi, glaciologi, fisici e non, riguardo alla situazione attuale del clima sia a livello planetario sia a livello locale.
(Ho tuttalpiù una certa curiosità che mi spinge a leggere qualche pubblicazione ogni tanto, e a seguire qualche discussione, per esempio in questo blog – dove il livello è sempre molto alto, anche quando si fa dell’ironia, secondo me.)
Preferisco concentrarmi sulle eventuali “soluzioni” che vengono proposte/imposte; perché qui sono competente, e non solo posso dire la mia “a ragion veduta”, ma posso anche tentare di contribuire costruttivamente.
Tuttavia se le evidenze fornite da climatologi, glaciologi, ecc. sussistono solo trascurando le evidenze fornite da storici ed archeologi; beh, allora incomincio a farmi delle domande, domande “pesanti”.
Intendiamoci, non sto dicendo che se un tempo la Groenlandia era anche solo un po’ più verde di adesso (non stiamo a quantificare), allora non può più valere il termine “unequivocal” associato al riscaldamento globale in corso, al carattere antropogenico, o a qualsivoglia altra caratteristica del clima.
Il problema è un altro: a me pare che il fatto che un tempo la Groenlandia fosse un po’ più verde di adesso inquieti un po’ troppo, e spesso chi non ha alcun dubbio sui termini di cui sopra al solo sentirne parlare diventa isterico.
Questo tipo di reazione, in primis mi fa ridere ed in secundis mi fa riflettere, molto.
Infatti Donato, io non sono entrato nel merito della polemica, mi sono limitato soltanto ad analizzare e a criticare dal punto di vista scientifico due testi: l’articolo di Ramella e il commento della Cifarelli, entrambi a mio avviso carenti e deludenti sotto questo profilo e spero che tu convenga con me; credo anche di avere bene esplicitato le motivazioni oggettive, che vanno ben oltre a come uno voglia eventualmente schierarsi dal punto di vista del dibattito. Sul discorso di quanto la climatologia sia fisica, ho qualche dubbio. Potrei concordare se parlassimo di meteorologia (anche se con difficoltà, come la cataloghiamo ad esempio le turbolenze atmosferiche?), temo invece che a livello di clima quella percentuale del 90% possa scendere di parecchio. Il sistema climatico è infatti un sistema complesso, definibile come un insieme di sottoinsiemi interconnessi tra di loro: atmosfera, idrosfera, biosfera, criosfera, litosfera, antroposfera, fattori astronomici. Io credo che solo il fatto di immaginare che tale complessità possa essere spiegata soltanto da leggi fisiche sia concettualmente limitante e allo stesso tempo presuntuoso. La dinamica del fitoplancton o delle placche tettoniche, epirogenesi, l’interazione tra biosfera e chimica dell’atmosfera, cicli biogeochimici, l’attività vulcanica, variabilità quantitativa e qualitativa degli aerosol, attività antropica, insomma credo che ci sia ben altro a complicare ulteriormente le cose. Per non parlare poi della natura anche caotica di un sistema complesso com’è il clima (interazioni, feedback, principio di Lorentz, imprevedibilità), nonché della sua natura non deterministica ma statistica (teoria della probabilità, teoria dei fenomeni aleatori, medie, mediane, deviazioni standard, curve di Gauss ecc.) che forse poco si sposa con i casi limite e ben controllati, studiati generalmente dalla fisica classica. La climatologia inoltre è una scienza (disciplina scientifica) evolutiva, e le scienze evolutive differiscono dalle scienze galileiane o newtoniane per natura, metodologia, approcci, concetti (imprevedibilità, aleatorietà, irreversibilità) tant’è vero, che sotto questo aspetto, credo sia molto più vicina alle bioscienze per esempio, che non alla fisica, e non credo che questa mia valutazione dipenda soltanto dal fatto che sono un biologo e non un fisico, anche perché sono molti gli scienziati che condividono questi concetti. E poi, se fosse solo questione di fisica probabilmente i modelli, di cui tanto ci si lamenta, probabilmente funzionerebbero un po’ meglio, magari… Teo, sono contento che tu condivida la parte forse più importante e concettuale del mio post, mi piacerebbe anche sapere, se fosse possibile, i motivi per cui non condividi il resto.
Ciao, Fabio.
Caro Fabio, sono sempre contento delle tue osservazioni e del dibattito che ne segue, che rende interessante questo posto. Detto questo, francamente ora non riesco più a seguirti :-). Mi pare che ti perdi in un sacco di discorsi, alla fine delle quali sparisce la scientificità della scienza, ovvero il motivo per cui ha senso che esista. Finché mi dici che le equazioni non sono più adatte a modellare certi fenomeni, e ci vogliono gli attrattori, benissimo. L’importante è che ci sia una predizione falsificabile e che l’esperimento dica sempre la parola definitiva. Ora però dici che la Fisica non va più bene, e mi chiedo se ho le traveggole. Con cosa la sostituiamo? Perché questo discorso “rivoluzionario” è tipico: c’è una certa cosa che si è sempre fatta, ora non andrebbe più bene perché “i tempi sono cambiati” (cosa peraltro sempre da dimostrare, perché anziché essere una conseguenza di un discorso oggettivo è proprio una premessa, tant’è che quella certa cosa va cambiata proprio perché non vi si adegua), ma non si capisce bene con cosa si sostituisce. Teo ha fatto dell’ironia molto efficace, ma alla fine il punto è che si sostituisce con l’arbitrio. Cioè proprio quello che la scienza ha avuto il merito di scalzare, in un certo campo di applicazioni. Questa è una grave regressione culturale. Il risultato è la star televisiva che parla di mare a Treviso in pochi decenni. Ma veramente si è perso non dico solo il buon senso, ma pure quello del ridicolo?
Sempre molto francamente, a me pare che tu ti sia convinto che l’AGW esiste, ad esempio perché a Lignano fa più caldo di un tempo, e conseguentemente la scienza in un modo o nell’altro si deve adeguare. Beninteso che è giusto che tu ti faccia un’opinione basata su quello che credi, e io sono il primo a dire che la scienza non è l’unica fonte di conoscenza esistente al mondo; però questo modo di ragionare è anti-scientifico. Le opinioni sono tutte legittime, ma cambiare il senso delle parole no: non si può pretendere di trasformare la scienza in qualcosa che non è.
Quanto alle affermazioni “inequivocabili”, be’, dài, stendiamo un pietoso velo. Certi settori della scienza, come la medicina dell’alimentazione, sono ben noti per aver proposto affermazioni “inequivocabili” su cosa fa bene e cosa fa male, ribaltate più e più volte. E l’olio di semi o quello di oliva, e poi il cioccolato, il vino che fa bene e poi fa male, eccetera (*). In realtà, le uniche scienze in grado di fare affermazioni “inequivocabili” sono le hard-sciences, proprio come la Fisica, perché sono perfettamente riproducibili. Se dovessimo rinunciarvi per la climatologia, allora sarebbe consequenziale concludere almeno che non si possono fare affermazioni “inequivocabili” in questo campo.
E poi: cosa vuol dire che il riscaldamento globale è “inequivocabile”? Se gli antichi avessero avuto i nostri mezzi di rilevazione avrebbero detto che il raffreddamento locale della PEC e quello globale delle glaciazioni erano “inequivocabili”, ma non si sarebbero certo messi a fare politiche di contrasto. Il punto qui è solo capire l’antropogenicità, il suo impatto e quanto è reversibile. Bene ha fatto chi ha richiamato il caso della Groenlandia: perché qui il pensiero unico cerca di convincere la gente che siamo di fronte a fenomeni mai visti prima, da cui la necessità dell’origine antropogenica, ma bastano dei controesempi per smentirli. E quindi ben vengano i controesempi.
Quanto a “Le Scienze”, stendiamo un pietoso velo. Io tempo fa scrissi che tutta questa vicenda, alla fine, si risolverà con un gravissimo colpo alla credibilità della scienza e dei suoi canali informativi, perché il metodo scientifico è imparziale, ma chi lo applica e lo divulga no; e ne sono sempre più convinto.
(*) A proposito dell’esempio del fumo che fa male… Direi che la questione più importante non è che fa male, ma che è una causa rilevante di malattie. Cioè, la sua pericolosità messa in relazione ad altre questioni. Ecco, come se non bastasse la mancanza di fondamenti scientifici sull’antropogenecità dei mutamenti climatici, la questione dei danni, presunti, reali, gravi o meno, è ancora tutta un’altra faccenda.
Caro Fabio pur concordando molto poco con il tuo post, su un punto devo darti assolutamente ragione, ovvero su quello che la fisica non sia più paradigmatica per il clima. Infatti , il presidente della società di climatologia è un agronomo.
Riallacciandomi anche allo scambio di opinioni avuto con Maurizio qualche giorno fa, e che ritengo sempre utile e costruttivo, il mio invito però è anche quello di non perdere mai di vista lo spirito critico nel valutare adeguatamente le fonti delle informazioni con cui abbiamo a che fare. Attenzione, ciò non significa, essere guidati dal pregiudizio, e accettare per buone o meno, o degne della nostra attenzione, solo quelle informazioni che corrispondono di più al nostro pensiero, e nell’evidenziare questo mi rivolgo soprattutto ad eventuali utenti appassionati neofiti, sarebbe un errore intellettuale imperdonabile. La nostra critica dovrebbe invece essere sempre rivolta sul grado di scientificità, di competenza di pertinenza dei tre elementi chiave di ogni comunicazione: mittente, contenuto, ricevente. Il che implica anche una giusta dose di autocritica, se parliamo di argomenti a carattere scientifico, dovrei prima di tutto avere l’umiltà e l’onestà intellettuale di chiedermi: a che punto sono con la mia formazione scientifica di base e soprattutto specialistica? E’ corretto che io mi esprima, e se sì, in che modo, su temi scientifici che non fanno parte della sfera di mia competenza? A volte non basta nemmeno essere scienziati per potersi pronunciare in modo adeguato su tematiche complesse che riguardano campi ben specifici di applicazione della scienza, figuriamoci se poi di scienza o di un certo tipo di scienza se ne capisce poco o nulla. E’ anche per questo che esiste la comunità scientifica, e chiediamoci anche, perché molti scienziati ne rimangono ai margini, tolta l’improbabile ipotesi di complotti, corruzione o autoreferenzialità? La mediocrità esiste in tutte le sfere e in tutte le professioni, non dimentichiamocelo. Quindi, nel caso specifico, passi il Ramella, anche se come minimo è opinabile il riferimento a Lomborg, un ambientalista scettico laureato in scienze politiche che, a quanto pare, non è titolare di nessuna pubblicazione scientifica seria. E poi, scusate, la Cifarelli, con tutto rispetto, una che si esprime in questi termini a proposito della complessità della climatologia, forse è meglio che torni ad occuparsi di particelle subnucleari o non so di cosa. Il termine “inequivocabile” nella scienza dei sistemi complessi ha un significato ben preciso che non vuol dire “certo al 100%”, i climatologi non sono degli sprovveduti e ripeto la scienza del clima non è stregoneria, attenzione a distinguere sempre bene la scienza vera, da tutto il resto. Il riscaldamento globale attuale (1976-2015) non è inequivocabile? Che il fumo di tabacco sia la principale causa di malattie oncologiche e cardiovascolari non è inequivocabile? Che lo stile di vita influisca sullo stato di salute non è inequivocabile? Che l’AIDS sia provocato da un retrovirus chiamato HIV non è inequivocabile? La scienza del clima definisce “inequivocabile” il riscaldamento globale, non il grado di antropogenicità in merito alle cause. E poi, a questi livelli, parlare ancora di Groenlandia e vichinghi, mi sembra davvero allegorico. La climatologia non può prescindere dalla fisica, ma dovrebbe oramai essere chiaro che la fisica non rappresenta più il paradigma scientifico più appropriato per lo studio dei sistemi complessi, e certi fisici (non tutti per fortuna) se ne dovrebbero fare una ragione.
Saluto cordialmente
Fabio, nel caso del cambiamento climatico di origine antropica, secondo il paradigma della forzante radiativa della CO2, il clima è fisica.
La distribuzione di calore nell’atmosfera è fisica, fluidodinamica per la precisione.
Il clima è al 90% fisica, secondo me.
In ogni caso la climatologia, per definirsi scienza deve basarsi sul metodo scientifico (tolgo sperimentale perché tutto può essere tranne che sperimentale nel senso classico del termine).
E l’epistemologia della scienza è unica: particelle nucleari, uragani, gas serra o altro che si voglia spiegare.
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Caro Fabio il problema in questa polemica non è tra chi è fisico e chi è climatologo, ma tra chi sostiene le origini antropiche del riscaldamento globale e chi no: se tu appartieni alla prima schiera fai parte della comunità scientifica e stop (anche se sei laureato in lettere classiche e ti occupi a tempo pieno di Omero). 🙂
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Nella fattispecie mi ha lasciato di stucco l’atteggiamento di M. Cattaneo che, per chi non lo sapesse, è l’attuale direttore di “Le Scienze” giornale che leggo da oltre un ventennio. Per anni è cresciuto all’ombra di E. Bellone da pochi anni scomparso. Anni fa (tre o quattro, non ricordo bene, ma già durante la sua direzione), il prof. Bellone pubblicò un editoriale in cui si mettevano in dubbio le origini antropiche del riscaldamento globale, anzi la sua dipendenza esclusiva dalla CO2 antropica: fu subissato da una marea di critiche e definito poco più che demente da una folta schiera di fisici, matematici, biologi, chimici ed altri esponenti della comunità scientifica di stretta osservanza catastrofista (da oggi comincerò ad usare questo termine in senso spregiativo, come fanno loro con l’equivalente negazionista).
La cosa buffa è che in occasione di questa polemica ad un commentatore che gli chiedeva ragione di questa difformità di opinioni tra due direttori di “Le Scienze” (Bellone e lui), Cattaneo, dopo aver tergiversato sul consenso, sulla marea di risultati scientifici e di studi pubblicati, ha ammesso di aver cambiato idea. Fin qui nulla di male, ma ha anche scritto di aver dimenticato il fatto che coinvolse Bellone: credo che nessuno dei lettori della rivista lo abbia dimenticato, strano che la dimenticanza colpisca l’attuale direttore che non ha avuto remore a chiedere lumi sull’articolo al commentatore. Un direttore che chiede notizie di un articolo pubblicato sul giornale da lui diretto mi sembra una barzelletta.
Altra cosa che mi ha schifato è stata la sua richiesta della data di pubblicazione dell’articolo: reiterata due volte come per far intendere che forse Bellone lo aveva scritto in fase di senescenza avanzata quando il suo cervello aveva cominciato a perdere colpi.
Disgustoso.
Chi non ci crede può andare a verificare sul blog del Cattaneo.
Ciao, Donato Barone
L’editoriale di Bellone:
http://www.climatemonitor.it/wp-content/uploads/2010/02/2010020202398200022_lescienze.pdf
M.
Cerco di seguirvi il più frequentemente possibile malgrado non sia un addetto ai lavori. Mi spiegate perché la vostra voce “fuori dal coro” non si sente in televisione o sui quotidiani di maggiore tiratura? E invece dobbiamo sorbirci i vari Mercalli, Tozzi e compagnia cantante con articoli come quello su La Stampa di oggi sul mare a Treviso tra pochi decenni?
Ottima riflessione che tante volte ho condiviso ed indicato ai tanti giornalisti che scrivono sul tema, illudendomi che il loro ruolo fosse quello di fare “INFORMAZIONE”, magari spendendo una parte del loro tempo per i necessari approfondimenti, non di titoli ad effetto e sensazionalistici, ma di concrete informazioni tecniche razionali sul tema.
Il problema è anche che coloro che sono sempre intervistati od in TV si propongono costantemente, perché è fondamentale per la loro esistenza farlo. Chi invece è più documentato scientificamente, un’attività ce l’hanno già e di soddisfazione.
Un esempio per tutti:
L’altra sera ad una trasmissione su Rai1 sul tema, l’ottimo conduttore (un’eccezione) Giorgio Zanchini ha avuto il buon gusto di invitare almeno due voci che si contrappongono su posizioni opposte:
– il Prof. Franco Battaglia (la cui linearità di riferimenti è nota); ed il
– Sig. Angelo Bonelli (ex-portavoce dei Verdi).
Ebbene, quest’ultimo, con l’evidente intento di “qualificare” il suo discorso e riferimento all’IPCC, ha prontamente detto che questi avrebbero ricevuto il premio nobel (ahinoi, vero!), dimenticando (casualmente ?) di aggiungere che quel riconoscimento era per la PACE, non certo per la scienza! (Come ad Al Gore, peraltro!
Se non fosse per l’immane sperpero di risorse che tali teorie comporta, basterebbe pazientare qualche anno ed attendere che la naturale ciclicità del clima dimostri la coerenza di certe teorie e relative posizioni. Ma è troppo importante invece ricordarci che i VERI problemi dell’umanità sono ben altri e per etica e morale dovrebbero avere l’assoluta priorità.
Curioso che alla Cifarelli non si risponda dicendo che le motivazioni della SIF siano a-scientifiche. Infatti, ben difficilmente un confronto ideale sulla filosofia della scienza potrebbe dimostrare che la SIF ha torto sostenendo quella posizione. Quindi si invoca l’assenza di climatologi o fisici dell’atmosfera nel l’esecutivo della SIF. Dal grande afflato dello scientific statement (???) si arriva a questionare sulla composizione del Consiglio della Società, consiglio che viene rinnovato secondo procedure democratiche dalle quali climatologi e fisici dell’atmosfera non sono mai stati allontanati con i forconi. Questa cosa mi ricorda i bei tempi del ’68 quando durante le pubbliche assemblee chi parlava fuori dal coro se riportava questioni particolari mancava di senso generale della società, se viceversa sbagliava lo stesso perché si dovevano trovare proprio i diretti responsabili e le specificità. Vedo che il materialismo dialettico va sempre forte.
Infatti.
Costoro tentano sempre di “squalificare” qualsivoglia interlocutore non allineato alle loro fuorvianti TEORIE e per farlo, sviano il discorso su ipotetiche competenze “climatologiche”, senza delle quali si rischia di aggregarsi alle loro competenze: “scatologiche” o pseudo-ambientali ?