Salta al contenuto

Patricia e l’ansia da prestazione

Il nome femminile non tragga in inganno, non abbiamo aperto un consultorio. Patricia, è ormai noto, è il nome del Ciclone Tropicale con cui stanno facendo i conti i messicani da poco più di 24 ore. L’ansia da prestazione, invece, è venuta a tutti quelli che in un modo o nell’altro ne hanno commentato l’avvicinamento alle coste del Messico, media più o meno blasonati, esperti di vario genere e, ahimè, anche l’ufficio stampa dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. La Repubblica, per esser certa del primo posto in classifica, ha previsto onde alte 120 metri. Avete letto bene, roba che neanche un meteorite sarebbe sicuro di farcela. Un refuso? Non credo, visto che si ripete due volte nell’articolo…

Super uragano, la tempesta più forte di sempre, farà danni incalcolabili, si attendono devastazioni etc etc. Prima ancora che Patricia arrivasse sulla costa messicana, nel comunicato stampa dell’OMM si parlava di “atterraggio potenzialmente catastrofico” e del “più forte uragano di sempre per il Pacifico settentrionale orientale“.

Nel frattempo, ovviamente e giustamente, le autorità messicane, forti dell’assistenza prognostica del National Hurricane Center di Miami (che è delegato dall’OMM alla sorveglianza sull’area), si preparavano al peggio.

E invece? Beh, invece, come succede sempre, la macchina termica quasi perfetta Patricia ha smesso di funzionare non appena ha sentito la costa, essendole mancato il carburante delle calde acque tropicali del Pacifico orientale, rese – questo sì – più calde del solito da un El Niño ormai padrone dell’area. Così, alle 07:00 UTC di ieri mattina, Patricia da Uragano di categoria 5 (il massimo della scala) è stato declassato a Tempesta Tropicale (un gradino sotto la categoria 1), per scendere ancora di livello alle 14:30 UTC sempre di ieri. Una fine più veloce di quanto non fosse stata la sua pur rapida intensificazione. Pare che i danni siano riparabili e che non ci siano state vittime, con l’efficace preparazione e l’indebolimento del sistema a concorrere per limitare l’impatto.

Tutto normale nella stagione degli uragani, che finisce virtualmente il 30 novembre prossimo. Il corriere, previdente, si era già portato avanti col lavoro dicendo che in futuro questi eventi saranno sempre più potenti. Parolai ignari del fatto che la notizia vera, semmai, è che quest’anno, come da previsioni emesse a fine maggio, la stagione degli uragani tra l’Atlantico e il Pacifico orientale è stata molto al di sotto della media. Complice El Niño, probabilmente, che non scalda solo l’acqua, ma dispone anche le correnti atmosferiche in modo da render meno facile che le ‘macchine quasi perfette’ vadano in moto. Altra notizia, poi, è quella che sono ormai due lustri che un uragano di categoria 3 o superiore non si abbatte sugli Stati Uniti. Prima o poi anche questa cabala cambierà di segno e allora statene certi, nessuno avrà l’ansia, avranno tutti delle prestazioni eccezionali.

Resta il fatto che, mentre i soliti prontissimi volontari hanno aggiornato wikipedia a tempo di record, segnalando che Patricia è il secondo, non il primo uragano di categoria 5 a colpire (spegnendosi all’istante), l’OMM, tetto del mondo ONU in materia di clima e meteo, ancora non si è corretta. Né lo farà, visto che la conferenza di Parigi è alle porte e un record in più torna sempre utile. Che poi il massimo organismo mondiale non si preoccupi minimamente del fatto che forse tra la capacità di misura del 1959 e quella di oggi c’è qualche differenza è preoccupante. Un momento…no, in effetti c’è una novità. Nuovo comunicato stampa: la massima autorità mondiale in fatto di misure atmosferiche ci fa sapere, senza aver completato le misure perché alla fine dell’anno mancano due mesi, che il 2015 è in corsa per diventare l’anno più caldo di sempre. Giusto in tempo per riempire le pagine dedicate a clima, tempo e ambiente, lasciate vuote dai non-danni di Patricia.

Comunque, se vi interessa, il precedente è del 1959, ci furono 1800 vittime…non c’era il cambiamento climatico e c’erano già gli uragani. Che strano.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàMeteorologia

20 Comments

  1. Guido cioni

    Innanzitutto mi scuso per la mia capacità di espressione, ma non sono un gran letterato.

    @Guido Guidi: mi sa che non sono ben informato. Qual è il comunicato dell’OMM (chiamiamolo WMO, non è meglio?) a cui si riferisce?

    @carlo: non mi pare di aver detto che sia una cosa positiva, ho solo detto che non bisogna stupirsi del fatto che da sempre il mondo è guidato dagli economisti. Non ci stupiamo, però, se poi questi non sono in grado di fare i conti…

    @Bernardo Mattiucci: condivido solo in parte il suo commento.
    -Sono d’accordo sul fatto che l’OMM dovrebbe avere uno sguardo scientificamente distaccato su queste annose questioni. Penso sia paragonabile al fatto che organizzazioni come FIFA, non a scopo di lucro sulla carta, fanno veicolare montagne di miliardi in mani decisamente poco adatte.
    -La “bufala” del riscaldamento globale? La pregherei di pensare due volte prima di scrivere. Quello che spesso si critica non è l’aumento delle temperature medie globali (almeno nel periodo in cui abbiamo i dati, ok!!!) ma le cause e gli effetti di questo aumento. Anche Sergio Pinna ha evidenziato questo aspetto nel suo libro: il problema non è l’aumento delle temperature, visibile a tutti, ma legare questo fenomeno alla nostra influenza e sapere cosa questo produrrà nel futuro. Su questo c’è incertezza. Utilizzare la parola che spesso si attribuisce agli stessi complottisti che studiano le scie chimiche mi sembra come minimo un’offesa.
    -Potrebbe citarmi alcuni lavori in cui si dice quello che lei cerca di sostenere? Un’atmosfera più calda può contenere, nelle stesse condizioni termodinamiche e trascurando il fatto che non sia un gas perfetto, più vapore acqueo di una anche leggermente più fredda. Per questo si ipotizza (ipotesi!!!!) che con un innesco si possa liberare una quantità maggiore di energia a parità di uno stato più freddo. Si tratta del famoso scaling super-Clausius-Clapeyron che molti studi hanno verificato ( e altrettanti smentito). Le consiglio la lettura di Lenderink and Van Meijgaard (2008). Questo è quello che mi ricordo. Quello che lei cita è ovviamente valido, anche se presuppongo che si tratta di considerazioni ad ordini superiori in quanto si suppone di conoscere come varia il gradiente latitudinale di temperatura. In ogni caso, mi piacerebbe conoscere il nome di qualche studio.
    -Cosa c’entra il fatto che alcune previsioni non prevedessero il landfall? E comunque, da quando ho iniziato a seguire la faccenda (la mattina della giornata in cui ha fatto landfall) mi pareva che tutti i modelli non-deterministici vedessero il landfall sul Messico, seppur con una ovvia diminuzione dei venti ed un aumento della pressione centrale. Non capisco cosa stia cercando di dirmi…

    @Rinaldo Sorgenti: non ho capito cosa stia criticando. Nel caso non fosse emerso dal mio commento, non sono d’accordo sul fatto che il mondo sia in mano a manager che ragionano in termini di soldi….ma è così. Quali sarebbero i grandi problemi dell’umanità? La fame nel mondo? 🙂

    @Filippo Turturici: non conoscendo bene pro e contro di ogni tecnologia mi zittisco, ma trovo che abbia assolutamente ragione. L’unico modo per cambiare economia è valutare l’impatto economico ed ambientale di ogni risorsa. Se il nucleare è più “sicuro” in relazione ad un determinato periodo di tempo (un incidente ogni 50 anni è meglio che le emissioni del carbone sullo stesso periodo) allora dovremmo andare in quella direzione.

    • Guido cioni

      Non vedo niente di strano nel comunicato del WMO. solo innocue considerazioni sulle misurazioni e sulle possibili conseguenze di un landfall nelle vicinanze di un centro abitato… Certo che potrebbe esser stato potenzialmente catastrofico: questo era lo scenario che un uragano di categoria 5 avrebbe potuto provocare al contatto con le terre emerse. Commentare ora è facile, ma chi si sarebbe azzardato a dire qualche ora prima ai messicani che non c’era nulla da temere?
      Infine “ever recorded” non significa proprio mai “registrato” ovvero presente sui nostri archivi? Sarò anche scettico, a mia volta, ma mi sembra che si torni al discorso delle polemiche dei vecchietti al bar 🙂

    • “chi si sarebbe azzardato a dire qualche ora prima ai messicani che non c’era nulla da temere?”

      Nessuno sta sostenendo che non bisognava dare l’allerta.

      Quanto alla comunicazione, non commento quella degli organismi scientifici, perché non mi compete. Ma dico che quella dei giornali è stata esagerata: intanto perché quando si scrive “mai registrato” la gente non capisce, se non si sottolinea esplicitamente, che le registrazioni esistono solo da tempi relativamente brevi. Lo stesso vale, ad esempio, per i dati di estensione delle calotte polari. Secondo, mi pare che ci siano registrazioni di un uragano più forte di parecchi decenni fa, ma quei dati sono poi stati rivisti al ribasso per errori sistematici di misurazione. Ma se si vuol fare informazione corretta, questo andrebbe detto, proprio per contestualizzare quello che dicevo prima.

    • Filippo Turturici

      Sugli incidenti nucleari il discorso è più complesso. I reattori sono di molti tipi, e decennio dopo decennio “subiscono” anche loro un certo avanzamento tecnologico. A me piace paragonarli alle automobili: tanti modelli, tante epoche, tanti requisiti di sicurezza differenti. Con i reattori di generazione III e III+ il rischio di incidente è estremamente basso, ed anche in caso di fusione del nocciolo, sono previsti accorgimenti per contenere il materiale fuso in condizioni di sicurezza. Da un disastro ambientale con grosso danno economico, al solo grosso danno economico (ma pure questo un po’ meno, limitato alla compagnia che opera il reattore, senza risarcimenti e bonifiche). Con i reattori più vecchi – Three Mile Island, Fukushima 1 – o con i progetti più rischiosi – Chernobyl – il rischio è sicuramente molto superiore: ma tornando proprio al Giappone, vediamo come delle centrali colpite dall’onda principale di maremoto (14-15m di altezza), solo la centrale più vecchia abbia subito il ben noto disastro nucleare.
      Oltre alla sicurezza vanno però valutate anche la sostenibilità finanziaria e la sostenibilità ambientale, dell’impianto in condizoni “normali”. Andrebbe dunque sempre chiarito che non esiste energia gratis, e che non esiste energia pulita: qualunque fonte d’energia (fossile, uranio, acqua, sole, vento) va comunque trasformata in impianti appositamente costruiti. Il solare e l’eolico presentano dunque alcuni vantaggi, soprattutto una fonte d’energia gratuita; ma pure evidenti problemi, alcuni non ancora risolti, altri mai risolvibili. Ne indicherò i 3 principali. L’energia solare o eolica è gratuita e sovrabbondante, ma a densità bassissima; su questo non ci possiamo fare nulla, e nemmeno incrementando sensibilmente l’efficienza degli impianti, risolveremmo il problema dell’abnorme consumo di suolo. A differenza dell’acqua o del petrolio ecc. l’elettricità ed il calore, inoltre, non sono conservabili in forma stabile per lungo tempo; finché questo problema non verrà risolto, solare ed eolico non potranno mai sostituire le altre fonti energetiche. Infine esse sono energie intermittenti, che in grande quantità causano grossi scompensi nelle griglie elettriche, con inevitabili costi aggiuntivi che ricadono anche sui produttori e sui consumatori, ma che non vengono mai conteggiati nel costo nominale del kWh così come presentato al pubblico.
      Andrebbe dunque adottato il giusto mix energetico: soprattutto se, in teoria, il “nemico” dichiarato sono le emissioni di CO2, allora non si può fare la guerra a chi può contribuire efficacemente a ridurle al minimo.

    • Interessante. La firma dell’ENSO prima, con l’anomalia positiva e quella dell’uragano poi, che l’ha dissipata…
      gg

    • Guido cioni

      Ma perché sono datate dicembre? typo?

  2. Rinaldo Sorgenti

    Menomale!
    Prima di leggere questa frase:

    ” Qui non c’entra ASSOLUTAMENTE niente il tentare di “sponsorizzare” la causa del cambiamento climatico, e soprattutto la tesi di intensificazione dei fenomeni estremi, ma si tratta di un puro e semplice fatto di marketing. ”
    avevo ormai consolidato la convinzione che tutto il catastrofismo che da circa 20 anni continuiamo a leggere su questi temi fosse purtroppo una verità assoluta e che quindi non ci si dovrebbe più lamentare se in nome di quella narrazione si sperperano immani quantità di risorse, lasciando così da parte problemi davvero gravi e che non hanno bisogno della fantasia per essere osservati.
    Poi, invece, ci viene giustamente ricordato che si tratta di una semplice azione di “marketing” (di cosa, poi, sarebbe davvero utile venisse detto in maniera chiara) ed allora mi sono messo a piangere per i veri grandi problemi che l’umanità ha di fronte, ancora irrisolti, e che passano nel dimenticatoio perché è molto più fruttuoso (per alcuni) cavalcare i teoremi.

    • Filippo Turturici

      Follow the money. Chiediamoci ad esempio perché, di fronte alla “lotta” contro le emissioni di CO2, certe soluzioni piuttosto costose e tecnicamente poco efficienti (es. solare, eolico), siano pubblicizzate a tamburo battente. Mentre altre, con diversi decenni di esperienza su larga scala (es. nucleare, idroelettrico) o con efficienza molto più elevata (es. carbone con CCS), siano invece trascurate se non avversate. Chiediamoci anche chi ci guadagna, con marketing come quelli della “decrescita (in)felice”, invece che cercare soluzioni tecniche ed economiche (che appunto esistono!) per una transizione verso un’economia “low carbon” senza eccessivi costi finanziari ed ambientali. Perché nessuno dei proponenti delle “rinnovabili” vi parlerà mai dell’abnorme consumo di suolo, o delle scorie di lavorazione dei pannelli solari e delle turbine eoliche: in questo, l’industria nucleare o quella idroelettrica sono almeno un poco più onesti.

  3. Guido cioni

    Credo che in questo articolo si faccia un errore di fondo, ovvero di commentare esclusivamente la reazione spropositata della maggior parte dei media internazionali. Il filo conduttore del ragionamento si rifà al criticare i titoli ad effetto e le notizie riportate da molti quotidiani sul fatto che potesse essere l'”Uragano più forte di sempre” con “onde alte 120 metri” (anche io avevo visto il refuso su Repubblica e speravo vivamente che l’avessero corretto…).

    Voglio dire, qual è la notizia?

    Ci stiamo veramente stupendo che si faccia una inutile spettacolarizzazione del fenomeno di severe weather? Qui non c’entra ASSOLUTAMENTE niente il tentare di “sponsorizzare” la causa del cambiamento climatico, e soprattutto la tesi di intensificazione dei fenomeni estremi, ma si tratta di un puro e semplice fatto di marketing. La notizia viene cliccata se contiene titoli altisonanti, l’articolo viene venduto se descrive degli eventuali “record”… Vale la stessa cosa per i video riportati spesso a corredo di notizie dal titolo “guardate questo, roba mai vista” : 50 anni fa i cellulari non erano così diffusi e spesso non si disponeva di testimonianze dirette dalle zone interessate, ergo, non facevano notizia come fanno ora. Guardando su Facebook o YouTube un video di qualche strada percorsa da un fiume di fango nel Sud Italia ci stupiamo dicendo “mioddio”, ma questo non significa che tali eventi non si verificassero anche prima, o che addirittura fossero più intensi. E’ un meccanismo che cresce sempre di più ogni anno perché il modello di marketing su cui si basano molti dei siti web presuppone sempre notizie di minor qualità, pur di aumentare il numero di click. Mi sembra, tuttavia, che si faccia un grande errore di ragionamento a collegare un modello di marketing, che vede nell’esasperazione del fenomeno comune il solo motivo di crescita, ad una famiglia di pensiero scientifico.

    Le varie notizie sul fatto che Patricia fosse l’Uragano più forte mai registrato vanno ovviamente prese con le pinze, perché sarà una cosa da stabilire solo quando i dati verranno validati ed inizieranno ad uscire le prime pubblicazioni. Però, se i dati dicono che la pressione è stata quella più bassa mai registrata ed il vento quello più alto mai registrato….cosa c’è di male nel dire che era il ciclone tropicale più intenso mai registrato sui NOSTRI ARCHIVI? Non mi pare si faccia un errore, a patto di specificare che le nostre misurazioni arrivano a 100 anni se siamo fortunati, e che non abbiamo dati a sufficienza per estendere a un periodo precedente. Perché bisogna necessariamente commentare dicendo “oddio, vedi, vogliono assolutamente dirlo perché così possono avvalorare la loro tesi sull’aumento dei fenomeni estremi”. Sembra quasi che le parti si siano invertite e che si voglia trovare necessariamente trovare un modo per criticare, lasciando invece da parte l’oggettività scientifica.

    Patricia è stato intenso? Si? Quanto? Dati scientifici.
    il 2015 sarà l’anno più caldo? secondo quali serie? qual è l’incertezza? Punto.
    Ulteriori commenti sono, e rimangono, solo-scusatemi il termine-seghe mentali.

    P.S. Trovo veramente inappropriato misurare la potenza di un ciclone tropicale con la perdita di vite umane. Lo stesso fenomeno nelle Filippine avrebbe causato magari centinaia di morti, solo per il fatto che lì non sono preparati a fronteggiarlo mentre in Messico, dove hanno bombardato in televisione e radio la notizia, hanno avuto il tempo di mettersi al riparo. Semplice.
    Senza considerare, poi, che fare landfall sulla West coast e sulle Filippine sono cose totalmente diverse. Era ovvio che il ciclone si sarebbe indebolito, nessuno l’aveva messo in dubbio! Serve davvero criticare le allerte che erano state lanciate? Sembra quasi di fare la parte di quelli che al bar (in Italia!!!!) commentano negativamente le allerte promulgate dicendo “eh ma tanto non ha piovuto così tanto a casa mia”. Suvvia.

    • Guido,
      credo di aver scritto così: “Nel frattempo, ovviamente e giustamente, le autorità messicane, forti dell’assistenza prognostica del National Hurricane Center di Miami (che è delegato dall’OMM alla sorveglianza sull’area), si preparavano al peggio.“. Non mi pare che questo significhi criticare le allerta lanciate. Né mi è oscuro il concetto di amplificazione mediatica dell’informazione. In tutto questo però, permettimi, l’OMM non ci dovrebbe entrare a meno che non si sia gettata nel mercato dei media o abbia qualche messaggio da far passare. Non mi piacerebbe né l’una né l’altra cosa.
      gg

    • carlo

      Il Suo commento, per alcuni aspetti condivisibile, trascura un aspetto importantissimo (almento per alcuni, incluso me, che tentanto di guardare alle “vicende climatiche” con uno sguardo disincantato.

      Il “modello di marketing” non è un aspetto trascurabile, anzi ha un ruolo determinante nel definire l’opinione dominante. Se il modello di marketing tenta, palesemente, di veicolare messaggi enfatizzando le notizie che vanno in una determinata direzione senza preoccuparsi ne delle smentite ne delle notizie che mettono in discussione il pensiero dominante (e.g dati GISS vs. RSS delle temperature) allora , a mio avviso, certo che c’è da stare preoccupati.
      Chiaramente se vogliamo restare nel mondo dorato dei dati scientifici, questo discorso non ha alcun senso.

    • Guido, il problema in realtà è semplicemente questo: l’OMM, come del resto TUTTI GLI ENTI SCIENTIFICI DEL PIANETA, non dovrebbero seguire politiche di marketing nel pubblicare le notizie e i lavori scientifici. Punto!
      Purtroppo, sin dall’inizio della bufala sul riscaldamento globale, le politiche di marketing sono state la base sulla quale sono stati pubblicati tutti i lavori riguardanti l’AGW e tutto ciò che ne consegue.
      Circa il fatto di “avvalorare la loro tesi sull’aumento dei fenomeni estremi”, qui purtroppo c’è un errore scientificamente rilevante… in quanto, con l’aumento della temperatura, tali fenomeni estremi tendono a diminuire e l’area nella quale si verificano tende a spostarsi verso nord… dove si ha lo scontro tra masse d’aria calda e masse d’aria fredda.
      Ad ogni modo… Patricia è stato l’uragano più potente? Si… ma gli stessi modelli previsionali avvertivano che la probabilità che toccasse terra era estremamente bassa (meno del 10%). Questo da fonte diretta!

    • Giacomo

      Intervento che condivido al 101×100.

    • Giacomo

      Scusate, è l’intervento di Guido Cioni che condivido al 101×100, non altri.

  4. luigi mariani

    Circa il fato che il 2015 si riveli l’anno più caldo di sempre Hadcrut4 (http://www.cru.uea.ac.uk/cru/data/temperature/HadCRUT4-gl.dat) ha dati di anomalia globale fino ad agosto. Se però sostituiamo i dati da settembre a dicembre con la media degli ultimi 10 anni il valore medio annuo si porta a 0.63 e risulta l’anno più caldo. Questi i valori dal 2001:
    2001 0.44
    2002 0.50
    2003 0.51
    2004 0.45
    2005 0.55
    2006 0.51
    2007 0.49
    2008 0.40
    2009 0.51
    2010 0.56
    2011 0.42
    2012 0.47
    2013 0.50
    2014 0.57
    2015 0.63

    A questo punto mi pare dunque abbastanza probabile che il 2015 si riveli l’anno più caldo.

  5. Gli è andata male… era lo spottone perfetto per COP21. Ma possono sperare ancora fino alla fine di novembre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »