In questi giorni la maggior parte dei paesi che prenderanno parte alla conferenza di Parigi – che avrà inizio tra un mese circa – hanno comunicato le loro intenzioni in materia di riduzione delle emissioni. Sorpresa: per restare entro il limite dei 2°C di aumento della temperatura, se e solo se USA, Europa e Cina terranno fede alle loro dichiarazioni d’intenti, per tutti gli altri, compresi alcuni paesi già grandi emettitori ma destinati a far crescere molto le proprie emissioni per ragioni di crescita economica, non ci sarà alternativa ad un totale azzeramento delle emissioni.
Questo è il messaggio da portare a casa di uno studio appena pubblicato su Environmental Research Letter e ripreso da Science Daily:
Measuring a fair and ambitious climate agreement using cumulative emissions
In sede di definizione dei contorni del negoziato che dovrebbe condurre alla sigla di un accordo proprio a Parigi, ai volenterosi salvatori del pianeta è stato chiesto di essere ‘gentili’ e ‘ambiziosi’ nel formulare le proposte. Il limite, così come imposto dalla volontà di non superare i 2°C, sarebbe di 800Gt di CO2 emettibili, cioè 25 anni di business as usual. Una quantità che ovviamente deve essere divisa tra tutti…gentilmente. L’ambizione è difficile da misurare, diciamo che potrebbe considerarsi ambizioso il progetto di un paese che decidesse di farsi carico sul serio del problema e provare a cambiare qualcosa che so, dei propri processi produttivi, dei propri trasporti, del proprio mix energetico e così via. La gentilezza non si misura, si dimostra.
Beh, USA e Europa, da non dimenticare il fatto che l’Europa si vanta di aver fatto dei balzi in avanti rispetto agli altri e che il presidente degli Stati Uniti parla di cambiamento climatico almeno due volte al giorno, hanno fatto delle proposte che vedono crescere anziché scendere la loro quota di emissioni in relazione al resto del mondo; idem la Cina.
Per essere più gentili, USA e Europa dovrebbero accelerare molto il loro processo di decarbonizzazione, mentre la Cina dovrebbe iniziare da subito a far scendere le proprie emissioni. Sarà utile ricordare che la Cina, in quello che i media hanno venduto come lo storico accordo tra le due grandi potenze emettitrici, ha dichiarato di esser disponibile (!) a raggiungere il massimo delle emissioni nel 2030 e di lì cominciare a pensarci.
Chissà se il resto del mondo si sente trattato con gentilezza.
“Chissà se il resto del mondo si sente trattato con gentilezza.”
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Mi sa che il resto del mondo si sente preso per il c….!
Sto seguendo un po’ quel che succede a Bonn in queste ore e mi sembra di vedere un film già visto: del clima mondiale importa tanto poco quanto niente. Si parla solo di soldi e niente più. I proclami, gli ambiziosi scenari salvifici, la gentilezza sono solo specchietti per le allodole o per i gonzi. Su 196 partecipanti all’ultima fase del negoziato preparatorio della COP21, ben 134 (sono un non addetto ai lavori, un tuttologo, ma credo che rappresentino la maggioranza dei partecipanti 🙂 ) hanno puntato i piedi o, per essere più espliciti, hanno messo i piedi nel piatto ed hanno chiesto (ed ottenuto) a muso duro che al centro dei negoziati si ponessero alcuni obbiettivi molto concreti.
I Paesi sviluppati devono dare a quelli in via di sviluppo 100 miliardi di dollari all’anno per un periodo indefinito a partire da oggi ed è ora che comincino a sborsare questi soldi invece che prometterli (come nelle ultime 20 COP).
Questi soldi devono essere esclusi dagli altri aiuti che vengono loro elargiti dagli organismi sovranazionali, devono essere un di più e non una parte di questi aiuti.
I Paesi sviluppati la devono smettere di parlare solo di mitigazione e dare maggiore importanza all’adattamento: si sono resi conto che di questo passo non si va da nessuna parte per cui il clima cambierà e cambierà male e quindi è meglio cominciare a pensare a come adattarsi al clima che cambia piuttosto che pensare a non farlo cambiare.
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Mi sono espresso in toni piuttosto diretti e forse poco corretti politicamente, ma è ciò che bolle in pentola: piaccia o non piaccia. Nel frattempo le parti hanno messo alla porta le varie ONG con la scusa che i locali non sono grandi abbastanza per ospitarle tutte e discutono accanitamente tra di loro: di soldi.
Alla faccia della salvezza del pianeta.
Mi sa che a Parigi, tra poco più di un mese, ne vedremo delle belle. 🙂
Ciao, Donato.
Donato, Oppenheimer (IPCC WG3), lo ha detto chiaramente. Non si parla più di clima nelle conferenze, ma di redistribuzione della ricchezza. Bontà loro e delle loro cariche non elettive.
gg
Infatti, perdonate la cattiveria, se davvero il problema dell’anidride carbonica fosse così tanto sentito, avremmo già una road map definita e pragmatica. In modo da essere accettata da tutti, in modo da non escludere fonti energetiche a bassa emissione (es. nucleare, carbone con CCS), in modo da essere tecnologicamente ed economicamente sostenibile ecc. Non avremmo una decarbonizzazione immediata, magari ricorreremmo a progetti costosi e di dubbia efficacia come mega-centrali solari nei deserti o mega-impianti per sottrarre CO2 all’atmosfera, ma avremmo qualcosa di concreto e sempre nell’ottica della crescita del benessere umano. Invece, sempre di più di fronte a segnali sull’ulteriore riscaldamento o mancanti (dati satellitari a trend nullo dal 1997) o dubbi (dati terrestri “corretti” al rialzo, ma comunque non abbastanza), il focus come dici tu GG è spostato su di un revival marxista e malthusiano assieme – il che denota anche una certa ignoranza, essendo stati Marx e Malthus per nulla “amici” all’epoca – soprattutto a danno del ricco Occidente capitalista (visto più o meno come il demonio). A questo punto, per chi non “crede” che la CO2 porti a cambiamenti climatici catastrofici, conviene solo sperare che questa “moda” politica si sgonfi; a chi invece “crede” che la CO2 porti a cambiamenti climatici catastrofici, conviene invece sperare di avere torto.