NB: il post è stato aggiornato con delle immagini – La notte scorsa è piovuto ed è piovuto molto. Dalle 21,00 di mercoledì 14 ottobre ha cominciato a piovere a catinelle e le precipitazioni sono continuate senza soste e con intensità crescente fino alle 5,00 di giovedì 15 ottobre. Alle 2,30 del mattino mi sono affacciato dal balcone di casa e, alla luce intermittente dei fulmini (migliaia, ad intervalli di pochi secondi), il paesaggio appariva spettrale: i terreni, anche se in declivio, erano allagati, in lontananza rumoreggiava un torrentello che si era trasformato in un fiumiciattolo largo quasi quattro metri. Ho dormito poco e male pensando a quel che stava succedendo e mi sono svegliato presto.
Un breve giro nei campi attorno casa mia alle 7,30 del mattino mi ha fatto capire che la situazione era piuttosto grave. Alle 9,00 è arrivata la notizia della morte di una compaesana che conoscevo benissimo.
Ho trascorso tutta la mattinata a spalare il fango che aveva invaso il cortile di mia madre a causa del cambio di percorso del torrentello di cui sopra e, nel primo pomeriggio ho ricevuto una telefonata.
Un caro amico che ha avuto la casa devastata dal nubifragio della notte scorsa, mi ha chiamato per avere una descrizione ed una stima dei danni subiti dalla sua proprietà. La sua abitazione si trova a circa 100 metri da quella in cui “un’anziana signora del Beneventano” per usare l’asettico linguaggio dei media, ha perso la vita travolta dalle acque, per cui sono stato costretto a passare dinanzi all’abitazione della povera vittima. Ho avuto modo, pertanto, di vedere dal vivo, di “toccare con mano” i luoghi in cui la furia degli elementi ha chiesto il suo triste pedaggio. Scrivo sull’onda dell’emozione perché conosco bene lo stato dei luoghi e conoscevo altrettanto bene la vittima, ma proprio per questo non posso restare in silenzio di fronte a questa ennesima morte annunciata che ha poco o nulla a che vedere con il disastro naturale.
La strada di accesso alla casa è stata sconvolta come se fosse stata colpita dal pugno di un gigante, il nastro piano di asfalto si è trasformato in una superficie ondulata e deformata in modo impressionante e sulla destra della strada, sulla facciata della casa della vittima, è netto il segno lasciato dall’acqua: oltre un metro e mezzo. Al culmine dell’evento credo che in quella zona le aree latistanti la strada e la strada, stessa si siano trasformate in un fiume di quasi 10 metri di larghezza.
Sono anni che gli abitanti della zona stanno lottando contro i mulini a vento: Provincia e Comune, per l’esattezza, perché il fiume d’acqua che ha travolto la signora è venuto da strade comunali e dalla strada provinciale su cui sversano, senza controllo e ritegno, scarichi pluviali di tetti e coperture, pozzetti di raccolta di piazzali e lo sgrondo dei campi.
Io ho redatto numerose perizie per conto della vittima e di altri vicini e che risalgono ad oltre un decennio fa: in esse si paventava proprio ciò che è successo e si individuavano le cause di ciò che è successo. Non se ne è fatto assolutamente nulla, fino a che c’è scappato il morto. Ora si blatererà di bombe d’acqua, cambiamenti climatici e via cantando, ma le ragioni, quelle vere, devono essere cercate nell’incuria assoluta in cui versa il nostro territorio, nell’atteggiamento di chi dovrebbe agire e non agisce per squallidi interessi di bottega. Gli enti pubblici si lamentano perché non hanno soldi e non hanno personale. E’ solo una scusa in quanto hanno il potere di ordinare, disporre, anche in danno degli inadempienti, sanzionare. Non lo fanno perché ciò non rende da un punto di vista elettorale.
Se non si hanno i soldi per irregimentare le acque, si può ordinare al frontista di provvedere alla pulizia del suo tratto di cunetta, di scarpata stradale. Si può ordinare a chi costruisce di dotare la propria abitazione di una vasca di deflusso che eviti il rilascio immediato e pericoloso di grandi volumi d’acqua. Si deve impedire a chiunque di modificare l’indice di permeabilità del terreno realizzando piazzali, strade, viali e via cantando senza predisporre idonee misure compensative. Non si può consentire di incanalare nelle pubbliche fognature pluviali, scarichi di pozzetti di raccolta delle acque e poi lamentarsi del fatto che esse esplodano riversando le acque sulle strade e nei terreni latistanti dai pozzetti trasformati in geyser. Non si possono realizzare attraversamenti stradali con tombini sottodimensionati che, per giunta, non vengono sottoposti a nessuna manutenzione. Non si può consentire a contadini incoscienti di chiudere fossi e canali e di lavorare il terreno fin sul bordo della strada scaricando sulla strada stessa le acque dei campi.
E poi ci sono le responsabilità individuali, questo sì effetto antropico. Irregimentare le acque meteoriche è un dovere che spetta a tutti noi. Ogni nostra azione può provocare la morte di un nostro simile o danni alle nostre ed alle altrui proprietà.
Una volta i campi venivano coltivati in modo da convogliare le acque verso recapiti sicuri e anche nel caso di terreni acclivi, le acque meteoriche venivano raccolte in modo tale da non consentire la formazione di corpi idrici pericolosi. Oggi, guardando dall’alto le campagne del mio paese, ho notato la mancanza di qualsivoglia opera di irreggimentazione delle acque: solo strisce di 4/5 metri di larghezza formate dalle acque che hanno corrivato in maniera selvaggia sul terreno dilavandolo anche per un metro di profondità per poi sfociare sulla prima strada che è capitata.
Ancora più in lontananza la piana alluvionale formata da due grossi torrenti (tammarecchie, nel nostro vernacolo): la pianura era devastata dalle acque che erano esondate dai due torrenti. Non mi meraviglio in quanto i terreni inondati erano stati “recuperati” imbrigliando i due torrenti tra due argini in pietrame: ieri notte i torrenti hanno rioccupato quanto era già loro. E stendo un velo pietoso sulla deplorevole abitudine di “tombare” torrenti e ruscelli. Li trasformiamo in armi micidiali, pistole puntate contro i terreni e le abitazioni poste nelle loro immediate adiacenze.
E’ inutile prendersela con Giove pluvio o con il “governo ladro” perché si allaga il nostro garage realizzato completamente sotto il livello del terreno e a cui si accede mediante una ripida rampa: prima o poi si allagherà e, se ci va bene, ci rimettiamo la macchina e qualche attrezzo. E’ inutile lamentarsi se si allaga la casa costruita in area soggetta ad allagamento: bisogna pensarci prima in modo da scoraggiare il costruttore ed il proprietario dei terreni dallo specularci sopra. Se non si ha la competenza per farlo ci si affida ad un tecnico: meglio spendere mille euro a monte che rimetterci centinaia di migliaia di euro dopo l’alluvione. Ormai sappiamo, grazie alle mappe del rischio redatte dalle varie Autorità di bacino dove è pericoloso costruire: non possiamo accampare scuse. Lo speculatore riuscirà sempre a ottenere il permessuccio di favore, spetta al mercato fargli capire che non deve costruire dove è pericoloso lasciando gli immobili invenduti.
Mi si dirà che un permesso di costruire, un’autorizzazione sismica ed un certificato di collaudo dovrebbero essere una garanzia più che sufficiente. Dovrebbe, ma non sempre lo è, come ci dimostra la realtà dei fatti.
Ed ora torno a meditare su quello che è successo e poteva essere evitato o, almeno, reso meno grave, cioè mitigato. E nel frattempo vedo sindaci ed assessori indaffarati a correre di qua e di là “facendosi in quattro” per risolvere problemi in buona parte creati da loro o da chi li ha preceduti nella carica. Dopo l’affanno del momento ed una buona spolverata di denaro pubblico, torneranno a non vedere, non sentire, non parlare, fino al prossimo nubifragio con tempo di ritorno multidecadale. Un evento simile si verificò, infatti, nel 1948: parola di mio padre che all’epoca lottò contro lo stesso torrente con cui ho lottato io stamane.
_______________________________
NB: Pago Veiano, in provincia di Benevento, è stato l’epicentro di un evento precipitativo importante. In tutto sono caduti quasi 200mm di pioggia. Per quel che può valere, all’amico Donato, ai suoi concittadini e, soprattutto, ai parenti della vittima, va la mia solidarietà. Sentimento che sono sicuro di condividere con tutti i lettori di queste pagine, che dal suo lavoro sono rese ogni volta più ricche. Grazie Donato
Guido Guidi
Mi associo alle iniziative di solidarietà e ringrazio Donato per questa importante riflessione che dovrebbe essere recapitata al Governo.
L’azione di approfondimento, informazione e divulgazione che CM egregiamente svolge dovrebbe servire a far riflettere per superare quell’azione inconsulta che cavalca questi eventi come effetto delle emissioni in atmosfera, quando invece è si dovuta all’azione dell’uomo che non gestisce più il territorio, occupa fiumare e tombina i naturali corsi d’acqua che scendono da colline e montagne.
Donato, ovviamente mi associo a coloro che desiderano manifestare la propria solidarietà a te e alla tua comunità.
Dopodichè vorrei andare al nocciolo della questione. I tuoi concittadini sono incazzati? Ma in che modo? Perché, da genovese, ho lunga esperienza di incazzature di concittadini (e mie, anche se fortunatamente l’ultimo episodio in cui la mia famiglia fu direttamente toccata risale al 1970). Sono incazzature poco fruttuose però: durano poco o sono molto limitate come numero di persone coinvolte, perché alla fine non se ne vede l’effetto sulle elezioni successive. Ovviamente non parlo solo di partiti, ma di candidati e programmi concreti, perché poi l’inazione e/o incapacità è bipartisan (forse ora bisognerebbe dire tripartisan).
Fabrizio, noi meridionali siamo abbastanza fatalisti e piuttosto disincantati. Andando un po’ in giro ho visto molti trattori agricoli che, armati di lame e benne, puliscono strade, spiazzi e via cantando. Stamattina in un laboratorio artigiano titolari e dipendenti erano indaffarati a fare pulizia per riprendere al più presto la produzione. Cerchiamo di fare da soli, dove è possibile, per il resto la solidarietà non manca: dai paesi vicini giungono gruppi di volontari attrezzati che cercano di dare una mano.
Grandi incazzature non ne vedo in giro, noto piuttosto la rassegnazione di chi sa che chi fa da sé fa per tre.
Nel frattempo emerge anche il lato negativo di noi meridionali: la speranza di poter ottenere qualcosa. E questo i politici lo sanno bene. Si chiama clientelismo e spiega buona parte della situazione in cui versiamo.
Fa male, ma va così.
Ciao, Donato.
Donato, non vedo molta differenza con i genovesi… anche qui, certamente, ci si dà subito da fare per ripristinare tutto. Però… se non si cambia più in alto, è una fatica di Sisifo.
[…] Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=39146 […]
… sentito da un sindaco: “un nuovo lampione mi porta 8 voti, far scavare un fosso me ne fa perdere 4…”
Ringrazio tutti i lettori di CM, anche a nome dei miei concittadini, per la solidarietà: in certi momenti si sente il bisogno della vicinanza di tutti.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
grazie di cuore per la testimonianza davvero toccante.
Per quanto riguarda i campi hai ragione: in Italia si è in molti casi persa la tradizione di realizzare e manutenere le sistemazioni idraulico-agrarie, sistemazioni a cui esortavano in modo quasi ossessivo già i georgici latini (Catone, Varrone, Columella, Plinio, Palladio) e che erano state definite in modo scientifico nel XIX secolo dal grande agronomo Cosimo Ridolfi. Come ex insegnante di agronomia generale mi cadono le braccia di fronte a una trascuratezza che nei momenti critici si vede in tutta la sua perniciosità. Occorrerebbe cambiare registro… ma come?
Luigi
Mi associo anch’io a Guido e agli altri che mi hanno preceduto.
Sono anni che condivido (in senso umano) il lavoro e gli articoli di Donato e apprezzo il suo contributo alla conoscenza di queste problematiche. Mi astengo perciò da altri commenti, per evitare di cadere nel banale in un momento in cui non è assolutamente il caso di esserlo.
Fatta la doverosa premessa che sono solo un umile ingegnere che per la sua professione consulta ogni tanto gli annali pluviometrici, mi sono divertito a raccogliere i dati di pioggia di durata <1h, 1h e 3h dal 1990 al 2012 per una stazione pluviometrica vicina al mio comune di residenza. Ebbene, mentre per le piogge di 1h e 3h non si osservano variazioni significative, per le piogge di forte intensità di durata inferiore ad 1 ora, un trend positivo viene fuori. Ovviamente sia la scala temporale sia quella spaziale sono poco rappresentative…
Carlo, non conosco il valore del trend da te trovato, ma non credo che sia di entità tale da giustificare un disastro come quello di cui stiamo parlando perché una pioggia di durata inferiore all’ora, anche di fortissima intensità, non credo possa determinare fenomeni tali da determinare onde di piena con fronti di 4/5 metri (come è accaduto in questo caso). Nella fattispecie ci troviamo di fronte, inoltre, ad una pioggia la cui durata supera di gran lunga l’ora e anche le tre ore per cui, come tu scrivi, non si ravvisano trend.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
Anche io mi associo a Guido e a Fabio Vomiero per esprimere, a te e ai tuoi concittadini, la mia vicinanza in occasione dell’evento tragico cui siete stati costretti dall’incuria di chi avrebbe dovuto proteggervi.
Un abbraccio
Franco
Mi unisco all’espressione di solidarietà e dispiacere per il tragico evento meteorologico.
Non posso fare a meno di pensare che oltre all’incoscienza e alla malafede anche tutte le storie raccontate sulla siccità che avrebbe caratterizzato il clima futuro potrebbero aver fatto trascurare o sottovalutare il rischio idrogeologico.
Innanzitutto mi associo completamente alla nota di Guido Guidi, anche in merito al fatto che dai lavori e dai commenti di Donato c’è sempre qualcosa da imparare. Riguardo al fatto in sè, il quadro riportato è emblematico, mi sembra peraltro comune a molte altre zone d’Italia, il dissesto idrogeologico e la gestione e la percezione del rischio, sia a livello istituzionale sia a livello dei singoli cittadini. Tuttavia, e giro eventualmente la domanda a Donato e a Guidi, la sensazione (oltre che le previsioni teoriche) è che questi fenomeni precipitativi particolarmente intensi siano comunque in aumento sia in termini di magnitudo, sia in termini di frequenza, nonostante le medie precipitative annuali, più facili da misurare, non abbiano subito significative variazioni negli ultimi decenni. Esiste qualche lavoro affidabile che cerchi di fare luce su questo fenomeno a livello nazionale? Probabilmente il parametro fondamentale da studiare potrebbe essere la precipitazione oraria, piuttosto che quella giornaliera.
Saluto cordialmente.
Fabio, la risposta è no, per ora. Soprattutto perché le misure affidabili sul rain rate sono molto recenti, sia da sensori a terra sia da radar.
gg
Una cosa però è certa: se ne parla di più, a proposito e a sproposito!