Quella del ruolo del Sole sulle dinamiche del clima è una storia molto dibattuta, probabilmente appena intaccata in termini di comprensione scientifica e, forse per questo, quasi del tutto trascurata quando si tirano le somme di ciò che è importante e di ciò che non lo è per formulare le ipotesi a supporto del processo decisionale.
Certo, è universalmente riconosciuto che il Sole è l’unica fonte di energia dalla quale il sistema può attingere, ma è anche acquisito, in termini di consenso scientifico e per quel che questo vale, che le variazioni di questo flusso di energia non siano significative nel breve e nel medio periodo climatico. In poche parole, senza un effetto moltiplicatore di variazioni dal delta altrimenti troppo labile, non può essere il Sole a determinare le variazioni di temperatura alla scala temporale per noi tangibile.
Eppure, specialmente nell’ultimo periodo, si stanno moltiplicando gli studi che questa ipotetica impronta del Sole sul clima del pianeta la identificano. Magari parziale, magari a scala continentale e non globale, magari con effetti su dinamiche la cui ricaduta sul sistema è ancora oscura, ma c’è, indubitabilmente c’è.
Così come ci sono – giustamente – quelli che puntualmente si impegnano a smontare queste ipotesi. Giustamente perché questo garantisce, o dovrebbe garantire, che quella che non sarà smontata sarà quella giusta.
Chissà se sarà il caso dei ben tre lavori che solo negli ultimi giorni hanno trovato spazio di pubblicazione:
L’Antartide è una regione, molto vasta, ma pur sempre limitata rispetto al resto del Pianeta. Ma è anche il luogo dal quale provengono le informazioni paleoclimatiche più antiche ed affidabili. I dati provenienti dalle basi di Vostok e Dome Concordia sono stati analizzati anche in questo ultimo articolo, dal quale risultano delle periodicità comuni alle serie storiche delle macchie solari e delle temperature per gli ultimi 11.000 anni della nostra storia climatica. Così come risulta una regolarità nella relazione tra le macchie solari e la temperatura che non si riscontra con altrettanta efficacia tra la stessa temperatura e la concentrazione di CO2.
Questo è sostanzialmente un lavoro modellistico, i cui risultati sono però interessanti. La variabilità dei modelli testati è troppo debole alle scale centenarie o superiori; per periodi più lunghi di mezzo secolo, la forzante solare e quella vulcanica si combinano in modo non lineare contribuendo alla debolezza della risposta; i modelli mostrano un altro effetto non lineare a scale temporali più brevi: la loro sensibilità è molto più elevata per le forzanti deboli che per quelle forti.
Altro lavoro che fa interamente ricorso ai modelli, includendo però, data la porzione di atmosfera esaminata, anche le interazioni chimico-fisiche tra la radiazione solare e la composizione dell’atmosfera. A far da regolatore nell’esperimento, anzi nella serie di esperimenti, l’intensa ventilazione stratosferica con ciclo quasi-biennale, la QBO. Ostico ma interessante, anche se non proprio “solare”.
E questi sono gli ultimi tre studi di cui abbiamo notizia. Ora, il Sole è uno, i fattori climatici sono innumerevoli. Ogni volta che se aggiunge uno alla lista di quelli che “sentono” la forza del Sole, si fa un po’ più di luce. Speriamo che prima o poi appaia anche il traguardo.
[…] discussione che ha dato origine a questo post è avvenuta la vigilia di Natale, in calce ad un post di G. Guidi del settembre […]
@Maurizio Rovati
(è una risposta, ma non uso il tasto reply perché l’indentazione sarebbe troppo elevata)
No, mi dispiace, ma non credo sarebbe molto interessante sapere il pensiero di qualcuno che non riesce ad immaginare che, cambiando il numero dei dati, i risultati possono cambiare.
Quando ho avuto motivo di interagire con lui su
WUWT l’ho fatto, ma adesso non mi interessa: quando parla di ciclicità, in particolare solari, assume un tono che non ammette repliche -abbiamo tutti seguito la polemica con Nicola Scafetta ma anche questo post recente di cui stiamo parlando- e che non saprei definire meglio che “da talebano” o “da fanatico”.
E non credo neanche che la critica (sì,è vero, non molto velata) lasci il tempo che trova. Non cerco di convincere nessuno, ma se qualcuno vuole provare a verificare, con i suoi strumenti e le sue conoscenze, e se le cose che scrivo gli fanno venire qualche idea, io sarò soddisfatto.
Le cose su Fortaleza le avevo fatte per me, per verificare quanto scritto da Eschenbach e per mia conoscenza, tanto che il materiale l’ho raccolto solo sul mio blocco di appunti (scritti a mano), ma credo che nei prossimi giorni manderò un brevissimo post a Guido.
Rinnovo a tutti i miei auguri di buone feste.
Franco
@ F. Zavatti
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Caro Franco, mi hai fatto leggere il post di Eschenbach che avevo evitato di leggere a settembre. 🙂
Hai ragione, lascia il tempo che trova, ma a volte fa venire i nervi. Tu nei dati di Fortaleza riesci a trovare i periodi solari. Anche altri ci riescono: lui mai che riesca a trovare questi periodi e, se li trova, scrive che sono degli accidenti di calcolo, delle casualità. Egli è convinto assertore della casualità del sistema climatico e su questo concordo, in parte, con lui. Mi sembra, però, pretestuoso rifiutare anche l’evidenza. E’ vero che non ci troviamo quasi mai di fronte a periodicità goniometriche, ma entro un certo limite, tali periodicità ci sono. Tu hai descritto in modo efficace una delle sue “tecniche” operative per cui non aggiungo altro.
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Anche nel primo post che hai citato, per esempio, tira fuori un arzigogolo che non mi convince affatto. Scrive che per verificare la bontà della tecnica di scomposizione in frequenze utilizzata dagli autori, nell’articolo con cui essa fu presentata alla comunità scientifica, si mettevano a confronto due serie di dati di cui una fosse influenzata dall’altra. Nella fattispecie ha messo a confronto la serie delle macchie solari e la serie delle piene del Rio delle Amazzoni. Ne ha concluso che le due serie non hanno una correlazione forte o, per essere più precisi, sono correlate solo in parte: la correlazione parziale è casuale. Non sono assolutamente d’accordo perché nello studio originario il periodo di undici anni è forte e distinto. A meno che non si voglia sovrapporre graficamente due componenti: questo però è un altro discorso e non credo che sia lecito.
Franco, buone feste.
Ciao, Donato.
Qualcuno prima o poi se ne accorgerà che i buchi coronali solari sono sempre più estesi?
http://sdowww.lmsal.com/sdomedia/SunInTime/2015/12/03/t0193.jpg
Donato, è vero che ci sono autori che sostengono con forza l’ipotesi solare, ma questo purtroppo non costituisce un’evidenza scientifica per come la intendo io, e, a parte il buon Scafetta che argomenta seriamente, non mi pare si possa fare troppo riferimento ai Zichichi, Battaglia, Lomborg, Abdussamatov e company, francamente. E poi non mi fraintendere, io non dico che l’attività solare non conta nulla, ma dico soltanto che le evidenze scientifiche di cui dispongo, mi fanno pensare ad un ruolo di secondo piano rispetto ad altri fattori climatici che ritengo essere quantitativamente più importanti, nel riscaldamento globale in atto, quello di cui stiamo parlando, e come anche tu hai ben precisato. Infine anch’io, come te, non sono un climatologo, e non ho nessuna dottrina o interesse da difendere, ma ho il vantaggio di poter ragionare in libertà, avendo la fortuna di conoscere la scienza, cosa necessaria, e assolutamente non così scontata.
Qualche considerazione sull’argomento, mi auguro interessante, su questo mio articolo recente:
http://meteolive.leonardo.it/news/Editoriali/8/cambiamenti-climatici-e-se-il-sole-avesse-un-ruolo-marginale-/47689/
Saluto cordialmente.
Donato se ce ne sono altri come Scafetta, Spencer,H. Svensmark e N. Shaviv elenchiamoli, rende più interessante la discussione per chi è meno avvezzo alla materia, come tanti lettori come me.
Argomento ancora molto spinoso e oggetto di dibattito quello dell’influenza dell’attività solare sui cambiamenti climatici e in tal senso mi sembra molto condivisibile e obiettiva la contestualizzazione generale di Guidi. Relativamente ai lavori, invece, devo dire che mi lasciano piuttosto perplesso, mi sembra quasi si voglia a tutti i costi cercare di dimostrare un rapporto di causa-effetto, (che molto probabilmente esiste e nessuno lo mette in dubbio) proprio laddove però, è praticamente impossibile cercarlo. E poi inerzia di quarant’anni perchè il segnale si traduca in un effetto? Mi sembra che in occasione di un’eclissi o al passaggio di una nuvola la temperatura scenda immediatamente, non dopo 40 anni, per cui, ogni eventuale sensibile variazione energetica solare credo sarebbe anch’essa intercettata anche immediatamente dal sistema climatico, così come avviene tra l’altro per gli altri fattori climatici importanti quali gas serra, indici climatici, aerosol, eruzioni vulcaniche, per esempio. Ma non voglio banalizzare troppo, è chiaro che poi ci possono essere anche altri tipi di effetti dovuti al possibile instaurarsi di meccanismi feedback. Però a me piacerebbe invece semplicemente capire, se possibile (dal punto di vista scientifico e non dell’opinione di chicchessia), se il sole possa veramente o meno, essere indicato come fattore principale di un riscaldamento globale osservato ad oggi (finora l’unico dimostrato nei dettagli quantitativi e spazio-temporali) che ha portato le temperature globali ad aumentare di circa 0,6°C negli ultimi quarant’anni. Perchè alla fine è questo che ci interessa, e da questo punto di vista, francamente, ad oggi, non mi sembra esistano evidenze scientifiche robuste in grado di avvalorare l’ipotesi solare, che quindi, rispetto ad altri fattori, continuerebbe a rivestire un ruolo abbastanza secondario. Questa attualmente è la mia opinione (corrispondente a quella dell’IPCC), se però qualcuno avesse qualche argomentazione interessante che possa anche farmi cambiare idea, ben venga, come sempre.
Saluto cordialmente.
Caro Fabio, non è assolutamente mia intenzione farti cambiare idea, ma Nicola Scafetta, per esempio, non è d’accordo con te. 🙂
Anche Roy Spencer non è d’accordo con te e con l’IPCC in quanto reputa che la variazione della copertura nuvolosa, e quindi di albedo, lungo la fascia equatoriale è in grado di spiegare abbondantemente la variazione di temperatura di cui parli nel tuo commento.
H. Svensmark e N. Shaviv attribuiscono al Sole un’influenza non secondaria circa la variazione climatica in atto.
E poi ce ne sono altri, ma non credo sia necessario continuare.
Vedi Fabio, esistono molti scienziati che attribuiscono al Sole effetti sulla variazione climatica in atto, il problema è che i loro lavori, pur essendo pubblicati su riviste scientifiche dopo regolare revisione tra pari, vengono sempre etichettati come secondari, di scarsa rilevanza, ecc., ecc.. Basta, invece, un modesto articolo (anche il più sbrindellato) che colleghi le variazioni di un qualsiasi indice climatico alla CO2 o ad altri fattori antropici e, voilà, scattano i canti di giubilo degli osannanti esponenti della linea di pensiero principale. Ai primi si fanno le pulci sia in ambiente scettico che non, agli altri le pulci le fanno solo gli scettici che, notoriamente, capiscono poco o nulla di fisica di base del sistema e via cantando. 🙂
Vi è a mio avviso una scienza di serie A ed una di serie B. L’influenza solare sul clima fa parte, per volontà del mainstream, di questa seconda serie. Personalmente reputo artificiosa e poco seria questa contrapposizione e, per quel che mi riguarda, dedico la stessa attenzione ad entrambi i campi: le incertezze, inesattezze, imprecisioni, bufale, balle o come le vogliamo chiamare, stanno da una parte e dall’altra, in eguale misura.
Contrariamente a te (e ti invidio, credimi) non sono ancora riusciti a convincermi né gli uni, né gli altri. E così continuo a studiare gli uni e gli altri. Mah, che ti debbo dire, sarò duro di comprendonio, sarò incontentabile, sarò …., ma è così, non riesco a farci nulla. 🙂
Ciao, Donato.
Saremo… Figli di un Sol(e) minore…
[…] Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=39018 […]
Guido, non ti preoccupare, adesso ci pensa W. Eschembach a smontarli tutti e tre (in secondo forse no, lo liquiderà con un laconico: non serve a niente perché invece di considerare i dati, fa ricorso ai modelli). 🙂
Ciao, Donato.
Ho letto qualcosa del primo dei tre lavori segnalati (commenti, l’articolo originale è a pagamento) e noto che la correlazione tra temperature e cicli solari è stata verificata in modo sostanziale per il periodo millenario e per quelli di 521 e 208 anni: periodi multisecolari piuttosto controversi. Il periodo millenario, in particolare, riuscirebbe a spiegare tutti i principali ottimi climatici storici (egizio, circa 4000 anni fa; minoico, circa 3000 anni fa; romano, circa 2000 anni fa; medievale, circa 1000 anni fa ed attuale).
Nulla ci dice circa i periodi inferiori anche se nell’analisi wavelet si nota qualche segnale anche per il ciclo di circa 60 anni.
Da notare, inoltre, uno sfasamento tra il segnale delle temperature e quello solare di circa 40 anni dovuto, a detta degli autori, alla grande inerzia termica degli oceani.
Mah! Se son rose fioriranno.
Ciao, Donato.
“Guido, non ti preoccupare, adesso ci pensa W. Eschembach a smontarli tutti e tre…”
ho letto il post di W Eschenbach
http://wattsupwiththat.com/2015/12/10/noise-assisted-data-analysis/
e da questo sono passato a
http://wattsupwiththat.com/2014/05/03/the-slow-fourier-transform-sft/
in cui dice che non ha ancora trovato un cliclo 11, 22,30, 60 anni che resista al dimezzamento del file dati, per cui i cicli solari non esistono o, al meglio, sono qualcosa di saltuario.
Ho scaricato i dati della precipitazione di Fortaleza (Brasile) citati nel primo dei post, nei commenti, e ho fatto il giochino dello spettro del file intero e dei due mezzi file: i massimi si ritrovano abbastanza chiaramente.
Poi ho spezzato in quarti i due mezzi e ho rifatto il gioco: i massimi si intravedono ancora, tranne i più lunghi (30 e 40 anni), ma nessuno, tranne forse qualche talebano come Eschenbach, può pensare che gli spettri restino
uguali diminuendo il numero dei dati; in questo modo si potrebbe immaginare di calcolare uno spettro con UN SOLO dato (e magari anche con NESSUN dato).
Quindi Willis smonterà tutto, ma lascia il tempo che trova.
Ciao. Franco
Sarebbe interessante sapere che ne pensa Eshenbach di questa “velata” critica che, se resta tra noi, purtroppo lascia ugualmente il tempo che trova.
Alla fine di ogni intervento di Eshenbach sono pubblicate le sue “regole d’ingaggio”, attenendosi alle quali se si è in possesso di qualche valido argomento si può confutare o ridimensionare le sue tesi di fronte a un audience molto grande e qualche volta anche qualificata.
Willis è un tipo eclettico, coriaceo e immaginifico, ha anche un certo stile letterario, è tenuto in considerazione nel Blog di Watts e sa vendersi molto bene… ma non può sapere tutto nemmeno lui.
Insomma se bisogna sfidarlo tocca andare su WUWT e io seguirò la sfida con molto interesse.
Dargli del talebano qui non aiuta e là sarebbe già fuori dalle regole…
M.