Vi siete mai chiesti quanti alberi ci sono sul pianeta? Beh, ci ha pensato un nutrito gruppo di ricercatori a provare a contarli: sono tremila e passa miliardi. Vale a dire sette volte e mezza le stime precedenti che si fermavano a 40° miliardi. Se preferite contarli nello stile di Trilussa, dai 61 alberi a testa che si pensava avessimo, ora si sa che ne abbiamo 422.
Mapping tree density at a global scale
Gli autori di questo studio hanno collezionato informazioni provenienti da più di 400.000 rilevamenti, mappe, rilevamenti sul terreno e ricerche precedenti. Incrociando i dati con le mappe satellitari, hanno poi potuto stimare la densità degli esemplari, anche in relazione alle condizioni ambientali e climatiche, mettendo così a punto un modello con il quale sono giunti alla stima.
La più alta densità di alberi pare sia nelle foreste boreali dell’area sub-artica della Russia, della Scandinavia e del Nord America, ma le foreste più grandi sono, ovviamente, nelle zone tropicali, dove c’è il 43% degli alberi di tutto il pianeta.
Una cattiva notizia, anche questa ovvia: dall’inizio della civilizzazione, il pianeta avrebbe perso il 46% dei suoi alberi, dal momento che le attività umane sono di gran lunga il fattore condizionante più incisivo per la diffusione della vegetazione, con il numero degli alberi che cala al crescere della popolazione. Pare che deforestazione, uso del suolo e gestione delle foreste siano all’origine di una perdita lorda di 15 mln di alberi all’anno.
Numeri da capogiro, di cui è effettivamente difficile rendersi conto. Tuttavia, Considerato il ruolo che ha la biomassa nell’intero sistema pianeta, la differenza tra le stime precedenti e quella attuale la dice lunga. Quanti studi abbiamo visto sulle dinamiche future del ciclo dell’acqua o di quello del carbonio, per esempio? E quanto dovranno e potranno essere cambiati ora?
Se volete approfondire, oltre alla ricerca vera e propria (protetta da copyright) qui ci sono anche il consueto articolo su Science Daily e un’editoriale liberamente accessibile uscito su Nature News e altro materiale ancora su Nature Graphics.
E’ però altrettanto vero che un ettaro di barbabietola da zucchero in scambi gassosi produce quanto tre ettari di bosco. Quindi da sfatare vi è anche che la distruzione di un ettaro di bosco comporti necessariamente la perdita totale di quegli scambi gassosi.
Credo che una fetta molto consistente del global greening (specie alle alte latitudini e nelle fasce pre-desertiche) si leghi alla vegetazione arbustiva ed erbacea, rispetto alla quale si assiste ormai da secoli ad un atteggiamento antropologico che chiamerei razzistico e che forse si riallaccia al mito della foresta primigenia di matrice germanica e che tanto piaceva ai nazisti (http://www.rodoni.ch/mitoorigini.html). Per me che amo i vegetali in toto (dalle piccole pteridofite alle gigantesche taxodiacee), tradurre la biomassa in alberi fa’ un po’ cadere le braccia anche perché, lasciando un attimo da parte gli aspetti mitici e passando a quelli più strettamente utilitaristici, la cosa è altrettanto sconcertante in quanto un ettaro di mais (o sorgo, o Arundo donax o canna da zucchero o frumento o…) è incommensurabilmente più efficiente in termini di intercettamento di CO2 rispetto a un ettaro di foresta adulta.
Ricordo anche che la nostra civiltà si afferma con il disboscamento che apre la strada alle colture. Ce lo rammentano i nomi di Svizzera e Svezia il cui etimo i rimanda alle radure aperte con il fuoco o lo stesso nome greco dei cereali che rimanda al fuoco con cui si liberavano dalla foresta le superfici da coltivare. Non credo dunque che un’Europa coperta di foreste sarebbe gradita agli Europei di oggi, in gran parte inurbati e che non sanno per lo più “distinguere un ramo da una foglia”, per dirla con Ivan Graziani.