Intorno al 535/536 ha avuto luogo il più intenso e prolungato periodo di raffreddamento degli ultimi 2000 anni, almeno stando all’analisi di Abbot et al. (2008) sull’ice core del plateau groenlandese GISP2 (qui). L’evento si è caratterizzato per una scarsa attività solare cui sono conseguiti freddo, perdita di raccolti e scarsa produttività forestale (quest’ultima tracciata dalle cerchie di accrescimento degli alberi). Il periodo interessato dall’evento è grossomodo compreso fra 535 e 550 d.C.
Circa la causa dell’evento, il possibile candidato è un’imponente eruzione vulcanica sul tipo di quella del Tambora in Indonesia (1815) che nel 1816 dette luogo in Europa al cosiddetto “anno senza estate”. A favore di tale ipotesi è la presenza di consistenti tracce di solfati nelle carote glaciali artiche e antartiche, indizio che supporta l’ipotesi dell’eruzione vulcanica avvenuta nella fascia intertropicale e le cui polveri, una volta raggiunta la stratosfera, si sono diffuse in ambedue gli emisferi. Circa i vulcani candidati all’episodio in questione, c’è chi parla del Rabaul in Papua Nuova Guinea e chi del Krakatoa, lo stesso vulcano indonesiano che nel 1883 fu responsabile di un altro evento eruttivo con sensibili conseguenze climatiche. Qualcuno infine chiama in causa l’esplosione della caldera del vulcano Ilopango in El Salvador.
Tuttavia nelle carote glaciali di quel periodo sono state anche reperite sferule di stagno e nichel, metalli abbondanti nei residui extraterrestri e che avvalorano dunque l’ipotesi d’impatto di un meteorite o di una cometa. In sostanza, come si propone nel sito medioevalstories.com nel periodo in questione potrebbero essersi verificati ambedue i fenomeni.
Fonti letterarie italiane e bizantine
Mi sono avvicinato a questo evento leggendo il testo di Lellia Ruggini “Economia e società nell’Italia Annonaria – rapporti fra agricoltura e commercio dal IV al VI secolo d.C.” (1995). Tale testo è una vera miniera di documentazione storica sull’epoca compresa fra la decadenza dell’impero romano e l’alto medioevo, epoca che in genere ci viene affrettatamente presentata come l’inizio dei “secoli bui dell’alto Medioevo”.
La Ruggini in particolare segnala l’epistola 25 delle Variae di Flavius Magnus Aurelius Cassiodoro, uomo politico e Prefetto del Pretorio (una sorta di Ministro degli Interni) del governo gotico, dapprima sotto Teodorico e poi sotto i suoi successori, nonché appassionato animatore dell’ideale di fusione tra Romani e Goti (per la biografia di questo illustre personaggio si vedano le note biografiche in Wikipedia e Enciclopedia Treccani).
L’epistola 25, secondo la Ruggini, sarebbe da datare alla tarda primavera del 534 mentre Mommsen la data al 533 e Hodking addirittura al 538. Di tale lettera, che il Prefetto del Pretorio Cassiodoro indirizza al collaboratore Ambrosius e che può essere consultata nella veste latina originale qui, riporto qui sotto una traduzione italiana con evidenziati gli aspetti più immediatamente interessanti per scopi paleoclimatici (la traduzione è mia e non di un latinista, per cui sarò grato a chiunque vorrà segnalarmi modifiche migliorative).
“Dal momento che il mondo non è governato dal caso, ma da un Divino governo che non cambia i suoi scopi a caso, gli uomini sono naturalmente allarmati dai segni straordinari che colgono nei cieli, e chiedono con cuore ansioso quali eventi essi possano sottendere. Il Sole, prima delle stelle, sembra aver perso la propria luce abituale, e appare di un colore bluastro. Ci meravigliamo di non vedere l’ombra del nostro corpo a mezzogiorno, e di sentire il possente vigore del calore solare sprecato in debolezza, e di cogliere fenomeni che accompagnano un’eclissi transitoria prolungarsi per un anno intero. Inoltre la Luna, anche quando è piena, è priva del proprio naturale splendore.
Strano è fin qui stato il corso dell’anno. Abbiamo avuto un inverno senza tempeste, una primavera senza mitezza e un’estate senza calore. Cosa possiamo sperare per il raccolto, se i mesi che avrebbero dovuto maturare il grano sono stati raffreddati dalla bora? Cosa produrrà l’abbondanza se la terra in estate non si scalderà? Cosa farà aprire le gemme se la pioggia madre non riprenderà? Queste due influenze, il gelo prolungato e la siccità inopportuna, appaiono in conflitto con tutte le cose che crescono. Le stagioni sono cambiate divenendo immutabili e ciò che le piogge intermittenti potevano causare, la siccità da sola non può certo produrre.
Ma poiché l’anno passato fu prospero, con i frutti del passato, la tua prudenza potrà vincere la futura scarsità se tu farai in modo che le provviste possano essere sufficienti per i mesi a venire. Riponi dunque tutto ciò che sia utile per scopo alimentare. Il privato reperisce con facilità il necessario se il pubblico mette a disposizione strumenti adeguati.
Inoltre non affliggerti nell’incertezza per i grandi fenomeni del presente, ritorna sui tuoi passi nel considerare le cose delle natura e cerca la ragione certa in ciò che il volgo sbalordito coglie come incerto. Infatti così si pone quanto prestabilito dall’ordine divino, per cui gli astri dell’anno presente nelle loro sedi concordarono le mutue amministrazioni così da rendere alla superficie del suolo una condizione invernale, secca e fredda.
L’aria fra cielo e terra è ispessita dal rigore della neve e rarefatta dai raggi del sole. Questo è il grande spazio diffuso fra il cielo e la terra. Quando tale spazio è puro e illuminato dai raggi del sole ci mostra il suo vero aspetto mentre quando elementi estranei si fondono con esso lo fanno tendere attraverso il cielo come una pelle, per cui né i veri colori dei corpi celesti potranno apparire né il loro calore potrà attraversarla. Con tempo nuvoloso ciò accade per un limitato periodo mentre la sua straordinaria estensione ad un periodo prolungato ha prodotto questi effetti disastrosi, spingendo il mietitore a temere il gelo, rendendo i frutti induriti quando dovrebbero essere maturi e facendo l’uva invecchiare acerba.
Ma la divina provvidenza ci insegna a non preoccuparci ed a proibire di ritenere tali prodigi come segni della collera divina. Tuttavia senza dubbio sappiamo che ciò è avverso ai frutti della terra, in quanto non vediamo una specifica legge per la quale ci si possa nutrire con il cibo consueto.
Lascia dunque che sia vostra cura di fare in modo che la scarsità di questo anno non porti rovina a tutti noi. Così dal primo amministratore è stato ordinato alla nostra presente dignità che ci si avvalga dell’abbondanza precedente per attenuare l’attuale miseria.”
Voglio anzitutto osservare che il fatto che nella lettera si parli di “estate senza calore” e di “uva che invecchia acerba” mi farebbe pensare quantomeno ad una missiva scritta nell’autunno del 534 e cioè al termine del primo anno di carestia, dopo il 533 che, secondo la Ruggini, fu anno di produzione abbondante.
Da rilevare altresì che Cassiodoro non è l’unica fonte che ci parla delle stranezze atmosferiche di quegli anni in relazione alla nostra area. Infatti lo storico bizantino Procopio di Cesarea, nella sua Istoria delle guerre vandaliche – Libro secondo – Capo XIV, che Wikisource ci propone nella traduzione di Giuseppe Rossi del 1832, scrive quanto segue: “II. Nella vernata adunque Belisario fe dimora vicin di Siracusa, ed in Cartagine Salmone. Tutto quest’anno fu eziandio segnalato da un grandissimo prodigio, apparendo il sole privo di raggi a simiglianza della luna, e quasi il più dei giorni cercaronlo indarno gli umani sguardi; spoglio pertanto dell’ordinario chiaror suo risplendeva oscuro e fosco anzi che no: presagio, al tutto verificatosi, d’imminente guerra, di peste, fame e d’ogni altro malore correva in quello stante l’anno decimo dell’imperatore Giustiniano”.
Balza subito all’occhio che l’anno decimo dell’imperatore Giustiniano va dal 10 agosto 537 al 10 agosto 538. Come vedete le due fonti (Cassiodoro e Procopio) ci portano ad una discordanza di date, che si potrebbe forse sanare spostando al 538 la lettera di Cassiodoro, come proposto da Hodking.
Da rilevare anche che su Wikipedia in relazione all’evento in questione (lì indicato come evento del 535-536) si citano altre fonti sulle quali non mi sono cimentato. Si tratta in particolare di fonti irlandesi, cinesi e peruviane. Inoltre nel sito medioevalstories.com si parla degli effetti a livello scandinavo. In ogni caso tali fonti depongono per la portata globale del fenomeno.
Tornando per un attimo alla lettera di Cassiodoro si notano alcuni aspetti che a mio avviso sono di grande rilievo anche perché depongono per la grandezza dell’autore:
- l’autore scarta l’ipotesi della collera divina come causa del fenomeno e viceversa privilegia l’approccio razionale e meccanicistico (ovviamente con gli strumenti concettuali propri del tempo di Cassiodoro e che immagino si fondassero su autori quali Aristotile e Seneca)
- l’autore promuove l’idea di una politica di mitigazione della carestia attraverso un uso prudente delle scorte cumulate nella precedente annata di vacche grasse. Una tale politica, che Cassiodoro suggerisce al suo collaboratore Ambrosius, è il portato di una lunghissima tradizione di gestione dei magazzini di scorte di cereali (gli Horrea) sotto la repubblica e poi sotto l’impero romano e verrà da Cassiodoro stesso meglio circostanziata nelle epistole X,27 e XII, 27 scritte fra il 535 e il 536, nelle quali viene ad esempio fornito un elenco dei centri d’ammasso delle scorte e si fissa il prezzo (25 modii il solido) di vendita di un terzo delle scorte accumulate in epoca di abbondanza.
Concludo rilevando che, sempre secondo la Ruggini, in Italia la carestia raggiunse il proprio apice fra il 535 e il 536. Tuttavia mi preme qui puntualizzare che nel 535 era sbarcato in Sicilia l’esercito bizantino di Belisario, il che dava il via alle guerre gotiche che si conclusero nel 553 con la sconfitta dei Goti e l’affermazione di Bisanzio, che tuttavia di lì a pochi anni sarà costretta cedere a nuovi invasori, i Longobardi, gran parte del territorio conquistato. Inoltre fra 536 e 537 il Nord Italia fu soggetta a razzie degli Alamanni e forse dei Burgundi. Ciò rende ovviamente difficile discernere quanto accaduto per cause meteorologiche da quanto indotto dalle guerre che in quegli anni insanguinarono e impoverirono a dismisura l’Italia.
Bibliografia
- Abbott, D. H.; Biscaye, P.; Cole-Dai, J.; Breger, D.; Biscaye; Cole-Dai; Breger (December 2008). “Magnetite and Silicate Spherules from the GISP2 Core at the 536 A.D. Horizon”. AGU Fall Meeting Abstracts 41: 1454.Bibcode:2008AGUFMPP41B1454A. Abstract #PP41B-1454.
- Cassiodoro, voce in Wikipedia – https://it.wikipedia.org/wiki/Cassiodoro
- Cassiodoro, voce in Enciclopedia Treccani – http://www.treccani.it/enciclopedia/cassiodoro/
- Ruggini L., 1995. Economia e società nell’Italia Annonaria – rapporti fra agricoltura e commercio dal IV al VI secolo d.C., Edipulia, 750 pp.
A beneficio dei lettori segnalo l’ebook del progetto Gutenberg con la traduzione in lingua inglese delle tante lettere di Cassiodoro (https://www.gutenberg.org/ebooks/18590).
Segnalo anche il bel libro di Franco Cardini che ho letto alcuni anni orsono (https://www.ibs.it/cassiodoro-grande-roma-barbari-monachesimo-libro-franco-cardini/e/9788816414051) e da cui emerge fra l’altro l’importanza di Cassiodoro e del suo Vivarium nella genesi del monachesimo in Occidente.
Post interessantissimo… non neutralizza l’opinione comune della guerra greco-gotica come disastro per l’Italia però rende più complessa la questione… l’Italia aveva già vissuti secoli di guerra in passato, ma ora la combinazione di un lungo conflitto insieme a questo evento eccezionale… potrebbe dare una nuova chiave di lettura ai motivi per cui la guerra greco-gotica è stata così devastante per l’Italia
Carissimi, mi scuso se rispondo solo ora alle vostre interessanti considerazioni ma non mi sono arrivate le notifiche delle vostre mail… per cui riposavo sugli allori pensando che dell’evento freddo del 535 – 550 non importasse nulla a nessuno.
Penso che la causa climatica abbia certamente operato e tuttavia sono molto prudente nell’assegnarle un ruolo totalizzante, nel senso che c’è stato dell’altro, e che altro!
Anzitutto infatti non mi spiego perché, con un clima fattosi improvvisamente così sfavorevole a livello globale, i Bizantini si sarebbero imbarcati contemporaneamente in due guerre (quella conto i Goti in Italia e quella conto i Vandali in Nord Africa).
Inoltre sottolineo che i fatti di guerra accaduti in Italia durante le guerre gotiche sono davvero unici, nel senso di terribili. Due per tutti:
– i due assedi di Roma da parte del re goto Vitige (537-538) e del re goto Totila (545-546) con effetti inauditi sulle popolazioni (morti per fame e malattia, cannibalismo, ecc.)
– l’assedio di Milano (538-539) da parte del goto Uraia che espugna la città, uccide (secondo Procopio) 300mila cittadini e poi fa deportare da parte degli alleati burgundi una gran parte della popolazione rimanente (in particolare le donne).
La stessa situazione del Piceno è del tutto peculiare, nel senso che vi sarebbero stati 50mila morti per fame ma al contempo si sarebbe verificata immigrazione di popolazioni dall’Emilia e dalla Tuscia in cerca di cibo, il che fa pensare a un indice di mortalità per fame ancora maggiore nelle altre provincie.
A ciò si aggiunga (e qui sto attingendo al volume di Lellia Ruggini che riporta un interessantissimo “schema geografico-cronologico delle crisi alimentari in Italia dalla discesa di Attila alla fine della guerra gotica”) che da parte delle popolazioni barbariche del resto d’Europa (Franchi, Alamanni, Burgundi, ecc.) sussisteva l’inveterata abitudine di calare in Italia in cerca di preda, il che peggiorava di molto le cose.
In sintesi mi pare interessante considerare la causa climatica ma non al punto da trascurare le altre sostanziose cause.
Concludo sottolineando il fatto, giustamente stigmatizzato da Cassiodoro, che sono freddo e siccità a mettere in crisi l’agricoltura e dunque il sostentamento delle popolazioni. Da questo punto di vista l’imprevedibilità degli eventi vulcanici (segnalata da de Orleans) è una spada di Damocle che grava sulla nostra civiltà e di cui oggi teniamo poco o nullo conto.
Luigi
“L’articolo tedesco menziona due massiccie eruzioni vulcaniche a quattro
anni di distanza, 536 e 540, con un abbassamento globale della temperatura
fino al 550.”
Ho caricato qui il
grafico che mostra l’andamento di 5 proxy (3 di accrescimento di anelli
degli alberi e due di temperatura) con un filtro passa-basso di 12 anni.
L’accrescimento degli anelli si riferisce alla California, alla Siberia
(penisola di Yamal) e alla Cina. I dati dell’Alaska (ak096) non comprendono
il periodo che ci interessa. I valori numerici si possono trovare qui.
Mi sembra che i dati confermino che attorno al 535 c’è stata una
diminuzione dell’accrescimento (forse legata a una diminuzione della
temperatura anche se la relazione accrescimento-temperatura è tutt’altro che
sicura). Per fortuna sia pages2k (temperature artiche derivate dal 10Be)
che grip (temperature dall’ice core groenlandese derivate da δ18O)
confermano gli eventi freddi registrati dalla dendrologia (in pages2k sono
evidenti, più incerti in grip). Anche la portata, se non globale almeno
emisferica, degli eventi possa essere confermata dai dati.
L’articolo tedesco menziona due massiccie eruzioni vulcaniche a quattro anni di distanza, 536 e 540, con un abbassamento globale della temperatura fino al 550.
.
L’effetto sequenziale delle due grandi eruzioni sul clima e sulla produzione alimentare provocò un tale deficit alimentare da costringere l’importazione massiccia di derrate da fonti lontane — tali importazioni avrebbero facilitato la “importazione” in Europa della peste, che colpì una popolazione già indebolita dalla carestìa.
.
Menziona inoltre l’impreparazione dell’umanità nel caso di simili eventi sotto il profilo delle scorte alimentari.
L’articolo del Dr. Sigl (grazie per l’interessante segnalazione!) dà molto da pensare, perché la nostra attuale capacità di prevedere grandi eruzioni vulcaniche oltre l’arco di pochi mesi sembra essere ancora molto modesta.
Post molto, molto interessante che cercherò di approfondire nei prossimi giorni, anche con confronti con gli anelli di accrescimento degli alberi.
Intanto, ho recuperato la mia copia del II libro di Procopio da Cesarea sulle guerre gotiche (in latino, fotocopia del manoscritto) dove, parlando dell’Emilia (Belisario era a Rimini nel 538) si descrivono fame e rifugiati nell’agro piceno (in agrum picenum profugerat). Mi sembra di capire che qui, nelle Marche, erano morti non meno di cinquantamila individui, di fame (…quinquaginta milia hominum pro inedia interisse…). La guerra gotica fu una vera tragedia per le popolazioni che dovettero sopportare ruberie e soprusi dai due eserciti, ma la carestia e i morti per fame fanno pensare anche ad altro (vulcani e meteoriti). Le popolazioni sono sempre, in qualche modo, sopravvissute ai saccheggi connessi alle guerre, ma cinquantamila morti nelle Marche nel 537-38 ha significato vuotare completamente un’intera regione e questo, secondo me, ha avuto cause diverse della “semplice” guerra.
http://www.repubblica.it/scienze/2015/07/10/news/i_vulcani_e_non_i_barbari_hanno_distrutto_l_impero_romano-118803942/
–
http://phys.org/news/2015-07-large-volcanic-eruptions-responsible-cold.html
–
e per chi conosce il tedesco:
http://www.psi.ch/lch/michael-sigl
🙂