E’ buffo, continuano a uscire spiegazioni per qualcosa che non c’è, o almeno non dovrebbe esserci. Il ‘qualcosa’ è la pausa del riscaldamento globale, che fino a che non ricomincerà sarà un arresto, più che una pausa; le spiegazioni sono innumerevoli, ormai siamo largamente in doppia cifra e prossimi alla tripla.
L’ultima è di fresca pubblicazione sul GRL, con relativo commento su Science Daily:
Determining the likelihood of pauses and surges in global warming
Passando un opportuno filtro statistico ai dati, dopo aver deciso arbitrariamente cosa è naturale e cosa non lo è, pare che le probabilità di un rallentamento (arresto) del riscaldamento che duri una decina d’anni, pur nel contesto di un trend positivo nel lungo periodo siano molto elevate. Siccome quelle che di decine di anni ne duri due sono parecchio più basse, occorre considerare altri fattori che possano in qualche modo contribuire ad allungarle.
Presto fatto, sono i vulcani. Uno solo ma potente che fa tanti danni o alcuni più piccoli che però si si coalizzano ad emettere cospicue quantità di solfati in atmosfera oscurando in parte la luce solare e impedendo il riscaldamento da CO2. Come per esempio l’esplosione del Tambora del 1815.
In effetti in passato questo è accaduto, la ‘firma’ delle eruzioni vulcaniche è spesso visibile nelle serie di temperatura. Il fatto è però che negli ultimi anni non si hanno notizie né di eruzioni intense, né di gruppi di eruzioni particolarmente significative.
Bah, la statistica sarà pure necessaria nell’analisi dei dati climatici, ma forse per dare il giusto credito a questo studio sarebbe stata più utile una nuova esplosione del Tambora… 😉
[…] lo zampino dell’attività vulcanica è un’ipotesi già discussa in più occasioni, l’ultima appena qualche settimana fa. Sostanzialmente si trattava di una revisione statistica delle serie […]
Ho cercato l’articolo originale, ma ho trovato solo la prima pagina e qualche grafico, il resto è a pagamento. In quella prima pagina si può leggere una parte della lista delle cause dello iato e, tra tutte, fa bella mostra di se la conclusione di Karl et al., 2015: la pausa non c’è. Evidentemente, però, Karl et al., 2015 non sono riusciti a convincere gli autori visto che derubricano la fatica dei ricercatori NOAA a una delle possibili spiegazioni dello iato. Come giustamente scrive Teo, sto’ iato che compare e scompare a seconda della convenienza di questo o quel ricercatore e/o del funzionale che accoppia i dati al modello sta cominciando a darmi sui nervi. 🙂
Comunque noto con profondo piacere che gli autori non disdegnano di considerare, tra le possibili cause dello iato, le oscillazioni caotiche del sistema climatico che possono produrre aumenti, diminuzione o stasi delle temperature più o meno lunghe. La cosa mi intriga molto. 🙂
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Entrando più nel merito dell’argomento del post vorrei fare una piccola considerazione: sembra che il livello di polveri vulcaniche in atmosfera nel periodo della pausa sia il più basso in assoluto a partire dal 1979 e sicuramente minore di quello fatto registrare nel periodo di massima pendenza (in aumento) della curva delle temperature. Per inciso in quel periodo abbiamo avuto le eruzioni del Pinatubo, del monte St. Helens e di El Chichon: scusate se è poco. 🙂
http://icecap.us/index.php/go/joes-blog
Si tratta del blog di J. D’Aleo di cui non condivido molte idee (la maggioranza, ad essere sincero 🙂 ), ma il grafico relativo al particolato atmosferico è molto bello.
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E se imputiamo la pausa a queste gigantesche esplosioni vulcaniche, come la mettiamo con il fatto che le polveri vulcaniche permangono in atmosfera per cinque o sei anni e non per venti?
Siamo proprio sicuri che le eruzioni vulcaniche sono in grado di alterare il clima globale, o si limitano ad alterare solo quello locale?
Mah! Ho tanti dubbi su questo articolo.
Ciao, Donato.
Il bello è che, mentre si allunga la lista delle spiegazioni della “pausa”, se ne parli con qualche italiano warmista, ti massacra. Non esisterebbe nessuna pausa, secondo loro, più realisti del re.
Ma, perché all’estero sarebbero così stupidi da cercare tutte queste spiegazioni di un fenomeno che non esisterebbe ?
Posso? Io climatologia l’ho studiata su questo testo ‘The Climate near the ground’ by Prof. Dr. Rudolf Geiger, edizione 1950. Oggi mi occupo di meteo-climatologia dell’ambiente urbano e, confesso, quel libro ha fortemente influenzato la mia formazione. Il libro e’ un libro di fisica, non lo dico per dire, lo dico con forza, un libro di fisica! 41 pesanti capitoli di fisica. Sono da molti anni annoiato da questi para-fisici che applicano solo procedure statistiche alla Trilussa per interpretare il clima. E con la statistica si ottine il tutto ed il contrario del tutto e, infatti, la scienza del clima e’ diventata proprio questo. Caro Guido tu lo sai, da qualche tempo mi sono chiamato fuori: chiamato fuori dai giornalisti che ti intervistano se le temperature calano di un grado e il giorno dopo altri se aumenta dello stesso grado, dalle offese di colleghi politicamente accorti che ravvedono in me la lunga mano dei big-oils (si legge bigolis), dai dibattiti che girano attorno ad una tua singola parola detta con un accento sbagliato. Mi sono chimato fuori perche’ questa non era la fisica che avevo sognato. E, te lo confesso, ora leggo molto poco di questo argomento perche’ sono tutti articoli fatti con lo stampino dove: ci metto un funzionale che fa accorppiare bene modello con dati eed esclamo “ecco la verita’”, poi la verita’ mi cambia per strada e ci metto di nuovo dentro un altro funzionale ed esclamo “ecco la verita’”, e di verita’ in verita’ la verita’ vera e’ che mi sono rotto le scatole. Lo iato…si c’e’, ma non c’e’, e se c’e’…come puo’ uno scoglio arginare il mare anche se non voglio torno gia’ a volare…ecchediamine e’ una canzone di Battisti! Da domani ci metteranno una tassa sui condizionatori. Basta, non mi piaceva piu’ di tanto Battisti, mi piace di piu’ Battiato…sul ponte sventola bandiera bianca sul ponte sventola bandiera bianca. Famo bona Tambora alla prima! e sara’ come il calore mannaro, si vede che le polveri saltano fuori ora, tanto ci sara’ una statistica che lo giustifica.
Caro Teo, la tua sintesi musicale è quanto di meglio ho letto in tema di dibattito climatico da molto tempo.
Perciò grazie, grazie soprattutto di esserti chiamato fuori per tutto, tranne che per le cose serie.
gg
In effetti, gli studi volti a cercare di modellizzare il contributo delle eruzioni vulcaniche del ventunesimo secolo per cercare di intercettare un loro possibile ruolo nell’effettiva capacità di far diminuire le temperature globali, sono abbastanza numerosi, in primis quelli di Santer e Salomon. Mi sembra ci sia abbastanza consenso nel riconoscere la validità di questo meccanismo e certamente, le grandi eruzioni vulcaniche del passato, vedi Tambora o Pinatubo hanno sicuramente fornito contributi essenziali nella direzione della conferma di questa teoria. Quello che mi chiedo però, è se siamo in grado, in qualche modo, di avere una ricostruzione attendibile, a livello globale, della media annuale della quantità totale stimata di solfati immessi in stratosfera dalle varie eruzioni vulcaniche, e se sì, a quando risale la serie cronologica. Perché solo così, forse, potremmo tentare un’analisi anche di tipo quantitativo, oltre che qualitativo, e cercare di cogliere l’eventuale concreto contributo nell’ambito dello iato, stasi o rallentamento del riscaldamento che sia. Questo, cercando di isolare, per quanto possibile questa possibile causa, e per un attimo accantonare tutte le altre “concorrenti” che a mio avviso, e guardando anche alle letteratura, sono da ricondurre principalmente ai contributi di una maggiore concentrazione di aerosol antropico di provenienza asiatica, bassa attività solare, indice ENSO finora abbastanza favorevole con lunghe fasi di prevalente neutralità, PDO in fase prevalentemente negativa.
Saluto cordialmente