Dunque, se qualcuno avesse qualche dubbio su quanta gente ha “trovato la sua dimensione” nel movimento salvapianeta, eccone l’ennesima dimostrazione.
Esiste un’organizzazione che si chiama Polar Bear International con la seguente missione: Our mission is to conserve polar bears and the sea ice they depend on. We also work to inspire people to care about the Arctic and its connection to our global climate. Quindi preservare gli orsi polari e il loro habitat, nonché esortarci ad aver cura dell’artico e della suo ruolo con il nostro clima globale.
Recentemente hanno pubblicato un piano Polar Bear Conservation Plan in cui si parla di riduzione dei gas serra, di minimizzare i conflitti tra gli uomini e la specie, di minimizzare il rischio di inquinamento ambientale etc, insomma, tanti buoni propositi.
Quello che mi ha colpito, posto che ognuno è padrone di passare il proprio tempo come crede purché lo faccia con i soldi suoi e non con quelli della mia bolletta elettrica, è una frase del post con cui presentano il piano:
per molti aspetti, il nostro gruppo ha affrontato un compito unico: creare un piano di protezione o di gestione per una specie la cui minaccia primaria è nel futuro, non nel passato.
Eh? Ma non è che si sono finalmente resi conto che gli orsi polari scoppiano di salute e sono pure aumentati di numero? E quindi che si fa? Si fanno piani perché s’ha da campare.
Comunque, è da applausi la considerazione di Bishop Hill sul suo blog:
E’ piuttosto come qualcosa di simile a Minority Report, ma invece di avere precrimini risolti da sensitivi, avremo prescioglimenti di cui avranno cura prepensatori.
Ogni tanto, quando ne ho l’occasione, mi diverto a fare un piccolo sondaggio e chiedo ai miei interlocutori quale è, secondo loro, lo stato di salute degli orsi polari.
La risposta è stata nel 100 per 100 dei casi: pessimo a rischio estinzione.
La goccia d’acqua è in grado di scavare la roccia (se cade costantemente e per lungo tempo, ovviamente). 🙂
Ciao, Donato.