Viviamo in un mondo strano, un mondo che si conosce sempre di più ma che continua ad interrogarsi circa il fatto che ciò che accade possa essere nuovo e sconosciuto, quindi da temere. La storia recentissima di casa nostra è quella di una irruzione fredda sulle regioni di nord-est che ha interrotto – temporaneamente – gli effetti di una prolungata onda di calore sul Mediterraneo centrale. L’energia accumulata nei primi giorni di temperature molto elevate è stata praticamente liberata tutta in una volta portando all’evento della Riviera del Brenta, con un tornado di intensità stimata EF4 della Scala Fujita. Un caso raro ma non unico nè improbabile, anche al netto dell’attuale impossibilità di prevederne con attendibilità la probabilità di occorrenza, l’intensità e l’area di eventuale sviluppo.
Ad ogni modo, la differenza di caratteristiche termodinamiche delle masse d’aria che incontrandosi hanno generato l’evento, può verificarsi soltanto in estate, appunto nella stagione dei temporali. Nonostante la storia insegni che questi fenomeni sono possibili anche sul nostro territorio e, a più vasta scala spaziale, nel bacino del Mediterraneo, è lecito chiedersi se le condizioni di fondo, temperatura delle acque superficiali del mare, temperatura dell’aria, caratteristiche della circolazione, siano in qualche modo mutate a favore di questi eventi.
Lo ha fatto un gruppo di ricercatori dell’Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel (GEOMAR), analizzando alcuni casi di studio di eventi accaduti sulle coste del Mar Nero, altro mare chiuso e quindi maggiormente esposto al riscaldamento (qui il comunicato stampa su Science Daily).
Il risultato della loro analisi, compiuta attraverso la simulazione di eventi accaduti di recente, è scaturito mutando le condizioni di base delle temperature delle acque superficiali dalle osservazioni più recenti a quelle degli anni ’80 e lasciando invariato tutto il resto. Il verdetto è piuttosto chiaro: le precipitazioni – uno dei meccanismi attraverso cui gli eventi convettivi dissipano l’energia – sarebbero aumentate del 300%. Quindi, temperature medie più alte, mare più caldo, uguale temporali più intensi.
Crucial role of Black Sea warming in amplifying the 2012 Krymsk precipitation extreme
L’equazione sembrerebbe aver trovato la sua soluzione. Resta però un dubbio, per la verità piuttosto importante. L’esperienza nel settore delle previsioni insegna che uno dei talloni d’Achille degli attuali modelli numerici è proprio la soluzione della convezione, cioè dello sviluppo delle nubi da cui scaturiscono i temporali. Questo accade per problemi di risoluzione spaziale dei modelli innanzi tutto, ma anche perché mancano molte informazioni circa la dinamica delle nubi in generale e di quella della convezione profonda nel particolare. In poche parole, nessun modello numerico al mondo è oggi in grado di prevedere con precisione dove, come e quando si svilupperà una nube temporalesca, sia essa isolata o, peggio, nella forma di convezione a mesoscala, cioè una supercella come quella della Riviera del Brenta o come quelle analizzate nell’articolo. Ciò non toglie che sempre da questi modelli, spesso, sia possibile individuare le precondizioni perché questo possa accadere. In altri termini, tornando ai fatti di casa nostra come per esempio le celle autorigeneranti che si formano spesso nell’area del Tirreno e del Mar Ligure da cui scaturiscono spesso eventi molto intensi, non si sa mai perché un punto specifico sul mare possa ospitarne e mantenerne lo sviluppo ed altri no, con tutto quello che questo comporta in termini di precisione e affidabilità spazio-temporale della previsione.
Cioè, manca la conoscenza specifica precisa nella dinamica di questi eventi e manca ovviamente lo schema prognostico da inserire nei modelli. Che ruolo può aver giocato nella simulazione e nel risultato questo gap conoscitivo? Cosa intendono gli autori della ricerca quando nell’abstract dichiarano di aver impiegato un convection-permitting atmospheric model, un modello che permette la convezione? Sembra sia aumentata l’instabilità nella bassa troposfera, cioè la capacità di innesco delle correnti ascendenti, effetto che si giustifica con l’aumento della temperatura nei bassi strati e alla superficie, compresa quella marina, ma temo che ancora non si possa andare molto oltre questa semplice equazione, i cui fattori sono però relativi al luogo e al momento dell’innesco, non ad un generico aumento medio a scala spaziale ben più ampia di quella occupata da questi eventi.
L’argomento è cogente e intrigante, ma spero nessuno dimentichi che questo genere di eventi non sono affatto nuovi per l’area del Mediterraneo.
Addendum
La butto lì, giusto perché poco più su parlando di condizioni di fondo ho accennato anche al tema della circolazione atmosferica. Il caldo dei giorni scorsi ha avuto origine nell’anticiclone subtropicale che è ‘salito’ verso il Mediterraneo. Poi è tornato l’anticiclone delle Azzorre (ebbene sì!) e poi ancora, a breve, tornerà quello subtropicale. Ma, i temporali forti sono arrivati a causa di un flusso perturbato atlantico molto basso di latitudine per la stagione, la cui posizione così a sud trova origine nella permanenza di alta pressione alle latitudini polari. Quindi, l’aria calda sarà pure salita insolitamente a nord verso il mare nostrum, ma quella fredda continua ad occupare una importante porzione dell’emisfero in un’estate non proprio benevola, a riprova del fatto che chi guida le danze, permettetemi il termine, è la posizione del fronte polare o flusso perturbato principale, appunto, basso di latitudine. Questa dinamica, che sembra assumere carattere persistente in questa stagione, è in netto contrasto con quello che dovrebbe accadere alla circolazione in un pianeta sempre più caldo, dove dovrebbe essere l’aria calda a guadagnare territorio in favore di quella fredda e non viceversa… ma questa è un’altra storia.
Complimenti vivissimi per il suo addendum finale Sig Guido Guidi, finalmente un concetto di straordinaria coerenza e perspicacia scientifica in campo climatologico in contrapposizione all’ordinaria incoerenza della scienza ufficiale. Da conferma a ciò che sospettavo da dilettante e appassionato. Grazie!
Io non ci capisco molto, ma vista la temperatura del mediterraneo e “l’africa”, che insisterà per almeno altri 10 giorni, alla prima irruzione fredda in quota mi sa che si rischia di nuovo qualche tornado…
Dopo due estati clementi è arrivata quella da incubo 🙁
Non dico che ci sia da attendere gli eventi con fatalismo orientale, ma purtroppo la Pianura Padano-Veneta, soprattutto tra Adige e Tagliamento, è “casa” da sempre di eventi meteorologici “estremi” in estati, siano essi colpi di vento, tornado, o nubifragi. Nel dettaglio della zona colpita, tra Padova e Venezia, il capoluogo euganeo fu colpito in pieno da un tornado simile a questo nell’agosto del 1756, tempi tutt’altro che sospetti, con gravi danni (ma figuriamoci con la popolazione e le costruzioni di oggi che succederebbe). E nel settembre 1970 un altro F4 fece 70km, dai Colli Euganei, sfiorando Padova da sud, e piombando su Venezia e sui campeggi della costa, con oltre 30 morti. Un po’ più lontano, nel luglio 1930 la “tromba del Montello” fu un F5 (il massimo della scala, e l’evento più forte registrato in Italia e tra i più forti in Europa) che nacque dove il Brenta inizia il suo percorso in pianura, e attraversò la provincia di Treviso per finire in quella di Pordenone, coi danni maggiori appunto nell’area del Montello (in rete c’è qualche foto, della chiesa ridotta in macerie, mi pare di Crocetta del Montello).