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Le Ondate di Caldo – Alcuni Dati per Milano

Chi per passione o professione analizza con continuità le topografie del livello isobarico di 500 o 850 hPa sa per esperienza che ogni anno si assiste all’affermarsi sull’area italiana di un certo numero di promontori anticiclonici subtropicali di blocco da sud – sudovest. Il fenomeno, possibile in tutte le stagioni, si traduce nell’apporto sulla nostra area di masse d’aria subtropicale torrida. Se a ciò si associa il surplus energetico frutto dell’intenso soleggiamento e l’effetto di compressione tipico delle aree anticicloniche, nelle quali le masse d’aria sono soggette ad un caratteristico moto discendente, si spiega il fenomeno delle ondate di caldo di durata medio – lunga, le quali hanno una durata media di grossomodo 6-12 giorni. A tale famiglia appartiene l’ondata di caldo che viviamo in questi giorni, che nel Nord Italia ha avuto inizio il primo luglio e che secondo le carte previste è destinata a perdurare fino al giorno 8 luglio, allorché sul settentrione è atteso il passaggio di una perturbazione atlantica da ovest. Alla famiglia delle ondate di caldo appartengono peraltro le ondate di caldo di breve durata, le quali hanno durata media di 1-3 giorni e che sono associate ad effetti catabatici determinati da correnti a getto ovvero da episodi di foehn.

La mia analisi è consistita nel prendere i dati giornalieri di temperatura massima della seria storica 1763 – 2013 dell’osservatorio di Milano Brera, uno dei più antichi del mondo (Buffoni et al., 1996), e nell’aggiungere ad essi, per il periodo 2014-2015, quelli della stazione sita presso la mia abitazione posta nell’area centrale di Milano. Quest’ultima stazione è composta da un sensore della Oregon Scientific collocato in uno schermo antiradiazione standard posizionato in aggetto dalla finestra del mio studio che è esposto a Nordovest, a un’altezza di circa 12 m sul piano stradale.

In figura si riporta il diagramma di sintesi dei giorni con temperatura massima maggiore o uguale a 33°C (che di qui in avanti chiameremo giorni torridi) per il periodo dal 1 gennaio 1763 al 4 luglio 2015.

Più nello specifico dall’analisi effettuata emerge che nel XVIII secolo si sono registrati un totale di 204 giorni torridi con un massimo di 24 giorni torridi toccati nell’anno 1793. Nel XIX secolo si sono registrati un totale di 495 giorni torridi con un massimo di 27 giorni torridi toccato nel 1861. Nel XX secolo si sono registrati un totale di 446 torridi giorni  con un massimo di 23 giorni torridi toccato nel 1928. Infine nel XXI secolo si è fin qui registrato un totale di 250 giorni torridi con massimi di 53 giorni nel 2003 e di 38 giorni nel 2012.

Occorre altresì precisare che Il 2015 è dal canto suo ancora ben lontano dai record del 2003 e del 2012, avendo a tutt’oggi (4 luglio) cumulato un totale di 8 giorni torridi.

E’ inoltre da notare che la frequenza dei giorni torridi è più che raddoppiata nel XXI secolo rispetto ai periodi precedenti. Ciò fa pensare soprattutto ad un aumento di frequenza dei tipi di tempo  caratterizzati da sistemi di blocco con promontori anticiclonici da sud-sudovest. Non si esclude tuttavia che un certo contributo al fenomeno possa essere venuto dall’intensificazione dell’Isola di calore urbano di Milano, in quanto la città ha da tempo avviato un’improvvida politica di aumento in altezza degli edifici che ha come effetto più immediato l’intensificarsi dell’Isola di calore.

Tabella 1 – Numero medio annuo di giorni torridi (temperature massime maggiori  o uguali a 33°C)

Periodo Numero medio annuo
1763-1800 5.4
1801-1850 3.9
1851-1900 6.0
1901-1950 4.6
1951-2000 5.0
2001-2014 13.9

Dai dati presentati emerge dunque che il fenomeno delle ondate di calore non è in alcun modo da considerare un’esclusiva dell’attuale fase di global warming, andando ad interessare anche la Piccola Era Glaciale (PEG) e raggiungendo la frequenza minima nel colmo della PEG stessa (primo cinquantennio del XIX secolo). A dimostrazione di ciò vi è ad esempio il fatto che lo storico del clima Emmanuel Leroy Ladurie ha significativamente intitolato Canicules et glaciers il suo testo nel quale sulla base di fonti documentali originali ricostruisce il clima della PEG, evidenziando in tale fase un certo numero di estati torride con morti per caldo in Francia.

Per dovere di cronaca ricordo infine che la mortalità invernale per freddo nel nostro Paese e più in generale in Europa è di parecchio superiore a quella per caldo, per cui un aumento delle temperature si traduce in una minore mortalità complessiva da eccessi termici. In tal senso l’amico Sergio Pinna ha condotto e pubblicato studi sulla mortalità in Italia in cui si segnalava che il freddo uccide molto più del caldo (un dato di fatto che oggi rientra ahimè nella categoria del “non politicamente corretto”) ed in particolare segnalo il lavoro di Pinna del 2011 riportato in bibliografia. Al riguardo invito anche a non trascurare un aspetto storico, che si connette indissolubilmente al fatto che le fase calde si chiamavano tradizionalmente optimum: pensate a cosa significasse in termini di mortalità invernale abitare in case in cui il riscaldamento non c’era (es: l’area italiana a clima mediterraneo) ovvero era praticato solo nel locale cucina (l‘unico dotato di stufa), il che accadeva in gran parte degli edifici del resto d’Italia ed in particolare nelle zone rurali.

Bibliografia

  • Buffoni L., Chlistovsky F., Maugeri M., 1996. 1763-1995. 233 anni di rilevazioni termiche a Milano Brera, CUSL, Milano.
  • Le Roy Ladurie E., 2004. Histoire humaine et comparée du climat. I. Canicules et glaciers (XIIIe-XVIIIe siècles), Fayard.
  • Pinna S., 2011. La distribuzione intermensile della mortalità in Italia nel periodo 1950-2008. Alcuni raffronti con altri paesi europei, Rivista geografica italiana, vol. 2, 319-345.

 

NB: Come richiesto dall’autore, ho aggiornato il post con l’immagine qui sotto.

gg

Cielo di Milano, addio. Belle case della Milano austriaca sovrastate da  edifici degli anni 60/70 del XX secolo. Con la speranza che tale  immagine (che è solo un piccolo esempio di un assai più vasto  campionario di "bellezze" metropolitane....) aiuti a riflettere sula  necessità di mitigare l'isola di calore urbano con politiche  urbanistiche più rispettose non solo dei valori estetici ma anche del  know how in campo micrometeorologico.
Cielo di Milano, addio. Belle case della Milano austriaca sovrastate da edifici degli anni 60/70 del XX secolo. Con la speranza che tale immagine (che è solo un piccolo esempio di un assai più vasto campionario di “bellezze” metropolitane….) aiuti a riflettere sula necessità di mitigare l’isola di calore urbano con politiche urbanistiche più rispettose non solo dei valori estetici ma anche del know how in campo micrometeorologico.
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Published inAttualitàClimatologia

24 Comments

  1. Alessandro

    Per i dati di Brera per esempio non riesco a capire quali siano i motivi di un evidente scostamento delle rilevazioni rispetto per esempio alla stazione aeroportuale di Linate.
    Vi riporto le isoterme annuali che secondo me sono significative per analizzare la compatibilità di ciò che viene rilevato confrontato con altri dati(notate le differenze tra le due stazioni dall’anno 2008).
    Isoterma annuale 1994:
    Linate 14,6°C Brera 15,2°C
    Isoterma annuale 1995:
    Linate 13,7°C Brera 14,1°C
    Isoterma annuale 1996:
    Linate 14,1°C Brera 13,6°C
    Isoterma annuale 1997:
    Linate 14,8°C Brera 14,9°C
    Isoterma annuale 1998:
    Linate 14,8°C Brera 14,8°C
    Isoterma annuale 1999:
    Linate 14,3°C Brera 14,6°C
    Isoterma annuale 2000:
    Linate 15,1°C Brera 14,6°C
    Isoterma annuale 2001:
    Linate 14,5°C Brera ??,?°C
    Isoterma annuale 2002:
    Linate 14,6°C Brera 14,3°C
    Isoterma annuale 2003:
    Linate 15,2°C Brera 15,5°C
    Isoterma annuale 2004:
    Linate 14,8°C Brera 14,6°C
    Isoterma annuale 2005:
    Linate 14,3°C Brera 14,2°C
    Isoterma annuale 2006:
    Linate 14,7°C Brera 15,1°C
    Isoterma annuale 2007:
    Linate ??,?°C Brera 15,7°C
    Isoterma annuale 2008:
    Linate 14,3°C Brera 15,4°C (notate una certa stranezza?)
    Isoterma annuale 2009:
    Linate 14,5°C Brera 15,6°C
    Isoterma annuale 2010:
    Linate 13,5°C Brera ??,?°C
    Isoterma annuale 2011:
    Linate 16,6°C Brera 14,4°C (?????)
    Isoterma annuale 2012:
    Linate 16,2°C Brera 14,2°C
    Isoterma annuale 2013:
    Linate 14,4°C Brera 13,6°C
    Isoterma annuale 2014:
    Linate ??,?°C Brera 14,8°C
    Isoterma annuale 2015:
    Linate 16,5°C Brera 14,9°C (come è possibile????)

    • Alessandro

      Correggo un refuso:
      Isoterma annuale 2010:
      Linate 13,5°C Brera ??,?°C
      Isoterma annuale 2011:
      Linate 14,4°C Brera 16,6°C
      Isoterma annuale 2012:
      Linate 14,2°C Brera 16,2°C
      Isoterma annuale 2013:
      Linate 13,6°C Brera 14,4°C
      Isoterma annuale 2014:
      Linate 14,8°C Brera ??,?°C
      Isoterma annuale 2015:
      Linate 14,9°C Brera 16,5°C (come è possibile che dal 2008 le rilevazioni di Brera si scostino così tanto dagli anni precedenti il 2008????)
      Anche qui le medie trentennali mandano in confusione qualunque appassionato che voglia determinare lo scostamento dalla media di qualunque periodo. Poi prendendo altri dati relativi a Milano si nota che dal 2008 a mio avviso i dati di Brera Arpa sono totalmente inattendibili. Sovrastime sui dati dopo il 2008 di almeno 1,1°C nell’isoterma annuale: logicamente le medie giornaliere e mensili seguono la solita sovrastima.

    • Luigi Mariani

      Gentile Alessandro,
      la ringrazio per le considerazioni espresse.
      Tuttavia quanto da lei scritto non intacca la robustezza della metodologia da me adottata che si richiama alla necessità di avere una serie storica centenaria su cui valutare i trend nella frequenza di occorrenza di giorni con temperatura massima maggiore o uguale a 33°C (considerata come soglia per le ondate di caldo).
      So benissimo che Brera ha una temperatura media annua (non la chiami per favore isoterma, in quanto non è il termine corretto) più elevata di quella di Linate, e mi stupirei se fosse il contrario. Tuttavia tale effetto (che è legato all’UHI – isola di calore urbano) è minimo sulle temperature massime giornaliere, il che ci consente di pensare che la frequenza delle temperature massime superiori a 33°C per Brera sia sufficientemente rappresentativa di quanto avviene anche nelle aree rurali della Pianura Padana.
      In altri termini per dire che il mio approccio è sbagliato dovrebbe verificare il numero di giorni annui con temperatura superiore a 33°C a Linate e vedere se tale numero si scosta in modo rilevante da quello osservato a Brera.
      Per inciso le prove che ho fatto in passato su dati di Orio al serio e Ghedi (e che trova in una mia risposta più sopra) dicono che il dato di Brera funziona bene.
      Cordiali saluti.
      Luigi Mariani

    • Alessandro

      Gentile Luigi, il mio commento è fuori tema, e chiedo scusa, ma volevo solo far presente qui, in cui si parla della stazione di Brera, che la temperatura media annua dal 2008 risulta incompatibile con i precedenti dati del 2008. L’isola di calore c’era anche prima del 2008. Linate ha poco da invidiare come ambiente rispetto a Brera tanto che come mostrato le temperature medie annue precedenti al 2008 risultano quasi coincidenti, ma dopo è poco spiegabile cosa succeda o almeno solo io non riesco a capire cosa succeda dal 2008 alle rilevazioni di Brera..

  2. Alessandro

    Volevo evidenziare come scritto da Luigi che le serie storiche rilevate in ambito urbano su archi di tempo secolari soffrono di mille problemi (es. variazione nel tipo di strumenti, tempo di campionamento e nelle modalità di collocazione degli stessi).
    Riporto per la stazione di San Fabiano (Arezzo) il numero medio annuo di giorni con T>=33°C nei quinquenni che vanno dal 1956 al 2000:
    Periodo Arezzo Cesa
    1956-60 15,8
    1961-65 27,6
    1966-70 21
    1971-75 25,4
    1976-80 16,4
    1981-85 31,8
    1986-90 26,2
    1991-95 31,2 23,4
    1996-2000 17 16,8
    Gli ultimi 15 anni non li riporto visto che San Fabiano mostra evidenti problemi di sovrastima delle massime, ma prendendo dati di stazioni limitrofe che hanno rilevato dati corrispondenti a quella di San Fabiano riporto le seguenti medie annue di T>=33°C di Cesa cfr:
    2001-2005 25,4
    2006-2010 22
    2011-2015 26
    I dati di San Fabiano non sono dati aeroportuali e nemmeno quelli degli ultimi 15 anni che provengono dalla stazione di Cesa.
    Si può notare che il numero dei giorni con max sopra i 33°C rimangano in media quinquennale anche nel periodo 1990-2000. Inoltre per i dati di San fabiano dal 1956 al 2000 possiamo apprezzare un quinquennio con media annua inferiore ogni 4 quinquenni: 1996/2000 – 1976/1980 – 1956/1960

    • Luigi Mariani

      Alessandro,
      Penso che i dati da te mostrati non siano in alcun modo da trascurare. Tuttavia così come io ho verificato su serie aeroportuali (Orio al serio, Ghedi) la presenza delle stesso segnale che avevo trovato a Brera, suggerirei anche a te di verificare cosa accade nelle serie aeroportuali toscane in modo da evidenziare se la stazionarietà da te verificata sulle serie che mi citi trova conferma per serie indipendenti.
      Peraltro tieni conto che le massime sono assai meno influenzate da fattori locali, per cui un segnale forte come quello individuato su Milano Brera l’ho ritrovato pari pari nelle serie aeroportuali. Lo stesso anche tu dovresti verificare nelle serie aeroportuali l’assenza del segnale di aumento, che sarebbe un’informazione importate.
      Tieni infine conto che a valle dello shift del 1987 sul Nord Italia ho notato una maggior frequenza di promontori anticiclonici subtropicali da sudovest che potrebbero essere responsabili delle peculiarità del Nord Italia.

    • Alessandro

      Consultare le serie delle max aeroportuali dal 1951 dovrebbe essere alla portata di tutti, ma mi rendo conto che questa semplice consultazione non sia così trasparente a tutti, almeno a me che sono ignorante in materia.

  3. Luigi Mariani

    Anzitutto ringrazio tutti coloro che sono intervenuti a discutere di questo interessante argomento.
    Onde poi sgombrare il campo da interferenze legate ad effetti urbani (che alcuni dei commentatori mi hanno giustamente invitato a non trascurare) ho analizzato le serie storiche dal 1 gennaio 1951 al 10 luglio 2015 per gli aeroporti di Orio al Serio (Aeroporto civile sito ad est di Bergamo) e di Ghedi (Aeroporto militare sito a Sud di Brescia). Per inciso ricordo che le stazioni aeroportuali afferenti alla rete sinottica del WMO dovrebbero (almeno in teoria…) non essere affette da isola di calore urbano.
    Il risultato è che il numero medio annuo di giorni con T>=33°C è stato di 4.5 per Ghedi e di 2.0 per Orio per il periodo 1951-2000 ed è salito rispettivamente a 15.5 per Ghedi ed a 10.4 per Orio per il periodo 2001-2015.
    In sostanza questi risultati confermano quelli ottenuti per Milano Brera.
    Mi preme anche ricordare che le serie di Ghedi e Orio pongono in evidenza che vi è stato un brusco cambio di fase intorno al 1989, che ha coiciso con il cambiamento climatico europeo causato da una abrupta intensificazione delle grandi correnti occidentali (westerlies).
    Qui sotto riporto per le due stazioni considerate il numero medio annuo di giorni con T>=33°C nei quinquenni che vanno dal 1951 al 2015:
    periodo Ghedi Orio al Serio
    1951-55 2.6 1.4
    1956-60 2.8 1.2
    1961-65 3.4 0.2
    1966-70 2 0
    1971-75 3.2 1.8
    1976-80 1.8 1.2
    1981-85 4.2 2.2
    1986-90 1.4 1
    1991-95 15.6 6.8
    1996-2000 7.6 3.4
    2001-2005 15.6 13.4
    2006-2010 16.8 10.6
    2011-2015 14 7.2
    In sostanza dunque dal punto di vista climatologico dinamico siamo di fronte a due fasi climatiche distinte, separate da un brusco cambiamento di fase delle westerlies.
    Concludo osservando che la nuova fase climatica è in atto ormai dal 1990, per cui azioni specifiche di adattamento dovrebbero essere state assunte ormai da tempo, anche se poi l’esperienza di certi viaggi sulle Metro di Milano o su certi treni pendolati mi dicono che non sempre è così. In ogni caso il consiglio, specie per gli anziani, è quello di non aver timore nell’adottare sistemi di aria condizionata (peraltro i maggiori consumi estivi dovrebbero essere in larga misura compensati dai minori consumi invernali).
    Luigi Mariani

    PS: mi auguro che la tabella inserita in questo post risulti leggibile; in caso contrario prego Guido Guidi di intevenire

  4. lurens

    Luca Mercalli dixit: “Il riscaldamento globale è questo: maggior frequenza e intensità di ondate di caldo, che secondo i ricercatori Steven Sherwood e Matthew Huber (An adaptability limit to climate change due to heat stress, pubblicato sui Pnas nel 2010) entro fine secolo potrebbero rendere invivibili per la prima volta nella nostra storia vaste porzioni di pianeta. Si guarda all’India, ma che dire della Romagna? ”
    http://www.lastampa.it/2015/07/07/italia/cronache/il-caldo-non-d-tregua-e-gli-abitanti-del-nord-scoprono-cosa-significa-vivere-a-calcutta-SDJUnNU2pSqXf4n1luozOO/pagina.html

    • Donato

      Come ho precisato più di una volta il periodo del 21° secolo preso in esame è troppo breve per poter avere significatività statistica e per poter essere confrontato con i periodi precedenti, quindi non mi sento di attribuire valore climatico a simili dati (nel senso inteso da Mercalli, per esempio).
      .
      Se consideriamo l’intera serie di dati (1763-2014) otterremo una media di 5,46 giorni torridi all’anno. Tale media sale a 6,95 se consideriamo il periodo 1951-2014. Nel periodo 1985-2014 la media è di circa 9,8 giorni torridi all’anno.
      Nulla di più strano, pertanto, di trovarci di fronte ad un’oscillazione ad alta frequenza che, spalmata nel cinquantennio perde di significatività.
      .
      Con ciò non voglio assolutamente dire che nell’ultimo trentennio non vi sia stato un aumento nella frequenza dei giorni torridi, lungi da me, è nei dati, ma non ho nulla per poter affermare che questa tendenza continuerà anche nei prossimi anni o nelle prossime decadi. Un nuovo cambiamento della circolazione a grande scala rimescolerebbe un’altra volta le carte. Possiamo escludere che tale cambiamento di circolazione ci sarà nel futuro? Possiamo affermare fin da ora che l’attuale schema circolatorio proseguirà all’infinito? La risposta è no ad entrambe le domande. Ecco perché sono molto restio nell’utilizzare i dati del post di L. Mariani per suffragare le tesi di L. Mercalli.
      Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Il 21 maggio 2015 la rivista scientifica Lancet ha pubblicato un articolo di Gasparrini et al. (http://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736%2814%2962114-0.pdf) dal titolo “Mortality risk attributable to high and low ambient temperature: a multicountry observational study”
      Cito dalla parte finale dell’abstract: ” Most of the temperature-related mortality burden was attributable to the contribution of cold. The effect of days of extreme temperature was substantially less than that attributable to milder but non-optimum weather. This evidence has important implications for the planning of public-health interventions to minimise the health consequences of adverse temperatures, and for predictions of future eff ect in climate-change scenarios.”

      Dati sull’eccesso di mortalità invernale negli Usa sono reperibili qui:
      http://wattsupwiththat.com/2008/12/18/the-deadliest-us-natural-hazard-extreme-cold/

      Dati sul’eccesso di mortalità invernale per l’Europa si trovano qui:
      http://wattsupwiththat.com/2008/12/20/follow-up-to-questions-on-deaths-from-extreme-cold-and-extreme-heat/

      Tutto questo per dire che se le fasi calde sono da tempo chiamate “optimum” e non “pessimum”, al fondo c’è una ragione oggettiva.

  5. Fabio Vomiero

    Interessante il lavoro, ben curato, del prof. Mariani. Mi sembra che non ci siano molte cose da dire in merito, isole di calore o no. Mi trovo anch’io a discutere spesso di queste cose con diverse persone e devo dire che mi dà un po’ fastidio quando sento dire “siamo in estate, è giusto faccia caldo” oppure “le ondate di caldo si sono sempre state” o ancora “faceva caldo anche trent’anni fa”. Allora io a queste persone in genere rispondo che un conto sono le sensazioni e le percezioni personali (soggettive), un conto sono i dati, perché ci sono diversi tipi di caldo. Ebbene, tutti i dati ci dicono che il clima estivo in Italia è sensibilmente cambiato rispetto a trent’anni fa o giù di lì, e che le ondate di calore di provenienza nord-africana sono decisamente più frequenti e durature. Con un piccolo sforzo chiunque può rintracciare questi dati. In merito poi alle maggiori morti da caldo o da freddo, come argomentato molto bene recentemente Manuel Guzzi a commento di un altro post, si tratta di un tema particolarmente suscettibile ad analisi molto poco obiettive. Sta di fatto che, dal punto di vista fisiologico, l’ondata di caldo può indubbiamente causare notevoli problemi di salute pubblica e per questo deve sempre essere prima di tutto riconosciuta, e successivamente affrontata con coscienza e buon senso, come tutte le cose. Saluto sempre tutti cordialmente

  6. @Donato Solo parzialmente d’accordo. A Genova si sono sempre costruite case alte (anche 6/7 piani), nel centro storico se ne trovano parecchie, perché è sempre stata evidente la mancanza di spazio. Tuttavia, fino a un paio di decenni fa, non c’erano praticamente grattacieli (direi solo tre). Evidentemente tutto lo sviluppo successivo ha potuto farne a meno, perché ha usato gli spazi attorno al centro storico (male, e ne abbiamo parlato a proposito di alluvioni, comunque l’ha fatto). Poi hanno iniziato a costruire un certo numero di grattacieli in varie parti della città. Per quanto ne so, molti sono mezzi vuoti; d’altronde, la popolazione della città è in leggero declino dagli anni ’70 e non è che si brilli per dinamicità aziendale. Non è sempre l’economia che ha comandato la costruzione dei grattacieli, ma – almeno in certi casi – la speculazione.

    Chiaramente a NY o in altri stati americani non è così, perché gli edifici sono pieni. Ma anche in quei casi non vedo un gran che di motivazioni oggettive: là spazio ne hanno da vendere. Parlerei più di modelli urbanistici e, francamente, ci vedo molta ideologia: l’idea che concentrare le persone in poco spazio è meglio (va detto, però, che in USA esiste una certa separazione tra il “downtown” che è adibito prevalentemente ad uso lavorativo e una periferia meno verticale più adibita ad uso abitativo; questo è ragionevole; invece che la gente vada a vivere in un grattacielo, invece, non lo trovo ragionevole).

    Oltre a tutto ciò, conta parecchio la “narrazione” simbolica relativa al verticale. Suggerisco questa breve lettura (in francese):

    http://www.lemonde.fr/idees/article/2008/07/09/la-symbolique-des-gratte-ciel-par-denis-dessus-isabelle-coste-et-david-orbach_1068104_3232.html

    E scusate la divagazione.

  7. Luigi Mariani

    Con questa mail rispondo alle interessanti considerazioni di Bernardo e Donato, dicendo anzitutto che senza dubbio c’è del vero in quello che dice Bernardo. In tal senso occorre peraltro considerare che le serie storiche rilevate in ambito urbano su archi di tempo secolari soffrono di mille problemi (es. variazione nel tipo di strumenti e nelle modalità di collocazione degli stessi). Città come Milano sono poi sempre più delle “trappole per fotoni” nel senso che si vede sempre meno cielo e dunque gli edifici fanno sempre più fatica a raffreddarsi. A ciò si aggiunga che l’afa è intensificata da due fatti e cioè dall’umidità assoluta più alta che in ambito rurale e dai circuiti di brezza “massacrati” da cortine di edifici assolutamente irriguardosi rispetto a tali fenomeni. Lo stesso colore degli edifici è sciagurato, nel senso che la gran parte degli edifici degli anni 60-70 sono in clinker scuro (così non si sporcano, dicevano i vecchi) ed hanno livelli di isolamento termico assai scadente… Il mio ufficiolo ad esempio è al di sotto di un terrazzo ed è collocato in una palazzina rivestita in clinker marrone, per cui alla prima ondata di caldo estiva la temperatura interna si piazza sui 31°C (temperatura a cui, almeno per me, è impossibile ragionare, e i maligni potranno dire che ciò si vede anche dal contenuto dei miei post….) per calare solo a inizio autunno. Un vero inferno…
    Ciò detto vi prego però di tenere presente che (lasciando da parte gli effetti stagionali segnalati da Donato, che pure vi sono) l’effetto isola di calore urbano (UHI) è molto rilevante sulle temperature minime (che a Milano centro sono in media di 2-4°C superiori a quelle rurali) mentre ha rilevanza minima per le temperature massime (in media di 1°C superiori a quelle rurali).
    Da ciò deriva che lavorando sulle temperature massime (come ho fatto in questo caso) si possono mettere in luce gli effetti di cambiamenti circolatori a livello sinottico (es. frequenza e persistenza dei grandi promontori subtropicali), effetti che nel caso delle temperature minime sarebbero in larga misura oscurati dall’estrema intensità dell’UHI, che peraltro si è modificata nel tempo come fa giustamente osservare Bernardo.
    In sostanza, quando in tabella 1 mostro che il numero di giorni annui con T>=33°C è più che raddoppiato nel XIX secolo rispetto ai periodi precedenti, ho ragione di credere che tale fenomeno abbia la sue principaali radici nei mutamenti circolatori a macroscala (cambiamento nella frequenza e persistenza dei diversi tipi di tempo) e non nei processi a microscala (UHI).
    In questo credo che Donato abbia colto lo spirito del mio lavoro, che non vuole in alcun modo ragionare di UHI (su questo ci sono già gli ottimi lavori di colleghi che si sono occupati della serie di Brera) ma cercare di dare una visione generale del fenomeni circolatori in atto a macroscala, utilizzando per tale scopo gli indici termici meno influenzati dall’UHI.
    Luigi Mariani

    PS: Chiederò a Guido Guidi di inserire in calce al post una mia foto che ho intitolato “Cielo di Milano addio” ed in cui si vede un edifico della Milano austriaca sovrastato da un edifico degli anni 60 del XX secolo. Spero aiuti a riflettere sula necessità di mitigare l’isola di calore urbano con politiche urbanistiche più intelligenti e rispettose del konw how in ambito micrometeorologico di quelle fin qui poste in atto.

    • Donato

      Caro Luigi, concordo pienamente sul fatto che l’aumento di frequenza dei giorni torridi sia imputabile a quelli che tu hai definito “mutamenti circolatori a macroscala” e che determinano le risalite di aria calda che caratterizzano il tempo di questi giorni.
      Vorrei ribadire, però, che quattordici anni sono pochi per verificare una tendenza: io propenderei per aspettare ancora qualche decina d’anni per vedere come procede il trend dei giorni torridi. Non dimentichiamo che le temperature sono delle grandezze autocorrelate per cui l’estate eccezionalmente calda del 2003 potrebbe aver influenzato quelle seguenti e preparato quella del 2012 generando un periodo anormalmente caldo. Nulla impedisce che nei prossimi anni la frequenza dei giorni torridi diminuisca assumendo valori più vicini (anche se nettamente superiori) a quelli secolari.
      .
      Oggi ho dato un’occhiata a Buffoni et al. , 1996 e concordo con te circa l’ottimo lavoro di omogeneizzazione delle temperature di Brera che hanno effettuato.
      .
      Ultima considerazione sul “cielo di Milano”. Un paio d’anni fa mio padre, di ritorno da New York, mi disse che la cosa che più lo aveva impressionato era il fatto che a Manhattan era difficile vedere il cielo. Se fosse andato a Los Angeles non avrebbe avuto la stessa impressione, ma questo è lo scotto che bisogna pagare al processo di urbanizzazione della popolazione: non potendo svilupparsi orizzontalmente per evitare la cementificazione eccessiva del territorio, gli edifici devono svilupparsi prevalentemente nella direzione verticale con i risultati che vediamo nella tua foto. Se il trend prosegue invariato, situazioni come quella fotografata diventeranno la normalità nelle nostre città, anzi gli edifici bassi verranno sacrificati per far posto a quelli alti con la soppressione totale del cielo. E’ una legge economica e, checché se ne dica in giro, è l’economia che comanda (nel passato, nel presente e nel futuro). Molti non saranno d’accordo, ma è la dura realtà, il resto è utopia.
      Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Caro Donato, d’accordo sul fatto che 14 anni sono pochi e anche su resto… Quando ho iniziato a vedere che la città saliva, anche sopralzando edifici degli anni 20 e 30 del XX secolo (il che, trattandosi di edifici eclettici di grande bellezza è anche un insulto ai valori dell’architettura) iniziai a parlarne a convegni e a scriverne; posso dirti il risultato fu un totale coprifuoco.
      Luigi

  8. Roberto

    Analisi molto interessante. Chiedo se vi sono dati disponibili per gli altri capoluoghi regionali del nord-ovest vivendo in Liguria. Vorrei sapere da semplice osservatore se corrisponde al vero l’affermazione secondo cui in questo momento al nord-ovest si stanno sperimentando condizioni climatiche da foresta pluviale (La Stampa di oggi).

  9. Donato

    Caro Luigi, l’isola di calore urbano avrà certamente la sua importanza, ma, se non ricordo male, influenza soprattutto le temperature invernali e meno quelle estive. In ogni caso il suo contributo dovrebbe incidere per qualche grado sulle temperature. Detto questo il record si tocca se si superano i 33 gradi: se la base di partenza è 30 l’isola di calore dà il suo contributo, ma è necessario che le temperature siano già di per sè alte per poter battere il record.
    Non conosco le temperature giornaliere estive di Milano nell’ultimo quindicennio per cui potrei scrivere anche delle fesserie, ma ho la netta impressione che i giorni con temperatura intorno ai trenta gradi siano notevolmente aumentati rispetto al passato. In altri termini uno “zoccolo caldo” da cui originano i record deve esistere.
    Altro aspetto che dobbiamo tener presente riguarda la base della media (50 anni per il passato, 14 per il 21° secolo): per poter effettuare un utile confronto bisogna aspettare ancora qualche anno o ridurre la base per i periodi precedenti.
    Ad ogni buon conto, nonostante i distinguo precedenti, il numero dei giorni torridi medi nel primo quindicennio del 21° secolo è enorme: per rientrare nella media dei secoli precedenti da ora al 1949 non dovremmo registrare altri giorni torridi o, al limite, registrarne in quantità estremamente ridotta.
    Dobbiamo dedurre dai dati, pertanto, che il numero di giorni torridi è aumentato rispetto al passato. Questo fatto deve essere analizzato per cercare di capire perché, ma ci troviamo di fronte ad un fatto surrogato da dati di cui non possiamo non tener conto.
    Ciao, Donato

  10. GUIDORZI ALBERTO

    MI riferisco alla tua affermazione che si muore più nei periodo freddi dell’anno che non in quelli caldi per dire che spesso per certa gente che scrive sui giornali varrebbe la pena riandare ai detti popolari che sono di più facie e comprensibile consultazione ed hanno anche valenza storica.
    Infatti, esiste il detto che “gennaio libera i letti” nel senso che le persone si ammalano di più nei periodi freddi e dopo un po’ di tempo di letto spesso lo liberano perché se ne vanno al camposanto, per contro non esiste nessun detto simile per luglio o agosto.

  11. Occhio a fare questi “studi”… perché Milano, fino a poco meno di un secolo fa, era notevolmente diversa… sia come città che come interland. E le condizioni “naturali” del circondario di una città determinano, in modo impressionante, il microclima locale.
    Oggi Milano è tutta cementificata, a parte qualche parco verde…. e con un traffico veicolare allucinante.
    I giorni torridi derivano anche da quello…

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