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Tutti i soldi del clima

In economia abbiamo due situazioni di mercato piuttosto particolari, una più nota, l’altra meno. Il caso più noto è il monopolio, questa è una situazione in cui tipicamente ci troviamo di fronte ad un unico produttore e ad una molteplicità di acquirenti. Abbiamo poi il monopsonio, caso molto meno conosciuto, ma altrettanto reale, in cui ci troviamo di fronte ad un unico acquirente e ad una molteplicità di produttori.

Ora, ipotizziamo che un governo debba acquisire delle informazioni per poter definire le proprie politiche. Ipotizziamo anche che ci siano dei centri studio o dei gruppi di ricerca che possano produrre tali informazioni. Abbiamo appena dimostrato che il monopsonio non attiene solo all’industria o all’economia in senso lato, ma anche alla circolazione delle informazioni. Un governo potrà decidere di acquisire tali informazioni solo da chi esso stesso decide e al prezzo da esso stabilito.

La situazione appena descritta, come avrete già capito, è molto pericolosa perchè rischia di innescare un circolo vizioso, dove i nuovi produttori di informazioni si “adeguino” a quanto richiesto dall’acquirente unico. Ovviamente chi non si adegua, rimane escluso o riceve un compenso stabilito a monte dall’acquirente (quasi sempre più basso).

I più attenti lettori avranno già capito tutto a questo punto: stiamo parlando esattamente di ciò che è accaduto in campo climatologico. Possiamo affermarlo con certezza: la ricerca climatica è un monopsonio. E come il caso gemello (monopolio) non giova minimamente alla trasparenza del mercato o, in questo caso, alla circolazione delle idee.

Monopolio e monopsonio distorcono il mercato. Ed è sotto i nostri occhi quanto sia stata distorta in questi anni la circolazione delle idee. Cose già dette e discusse, tuttavia, per non essere accusati di approssimazione, questa volta vi forniremo una serie di numeri che faranno riflettere. Ben consapevoli che l’ago della bilancia non pende mai tutto o da una parte o dall’altra, siamo certi che una riflessione più serena non potrà che giovare a questa querelle.

I dati si riferiscono agli Stati Uniti dove fortunatamente la legislazione vigente consente l’accesso ad una quantità di informazioni davvero elevata. Dal 1989 ad oggi sono stati stanziati per le tematiche connesse al cambiamento climatico ben 79 miliardi di dollari1234 . All’interno di questa voce troviamo: ricerca scientifica, aiuti ai paesi stranieri, sussidi e tecnologia.  Tuttavia è singolare che in un sistema come questo, un’analisi critica di un prodotto finanziato con soldi pubblici sia stato demandato ad un volontario della blogosfera. Stiamo parlando per esempio (ma non solo) della questione Hockey Stick – McIntyre. Potremmo anche parlare della revisione delle serie storiche termiche americane (sappiamo ormai che la rete di rilevazione ha dei grossi ed imbarazzanti bias).

Questo è quanto accade normalmente in presenza di un monopsonio, nulla di cui stupirsi, dal punto di vista logico. Chi rimane al di fuori della corrente principale, non riceve soldi, o ne riceve meno, e spesso opera quei controlli o quelle azioni che per via del livello sub-ottimale di questo sistema non sono stati eseguiti ufficialmente.

Noi di CM abbiamo sempre sottolineato che l’idea dei complotti non ci piace (se ci sono, bisogna dimostrarli). Tuttavia per determinare quello che in economia si definisce market failure, non è necessario un complotto, ma è sufficiente un mercato così strutturato. Se le ipotesi alternative non ricevono fondi, e anzi i fondi alimentano un circolo autoreferenziale ecco che emerge in tutta la sua crudezza il nostro market failure climatologico.

Un altro effetto collaterale di un mercato monopsonistico, quotidianamente sotto i nostri occhi,  è che la minima informazione, il minimo studio legato al mainstream riceverà una eco alle volte ingiustificata. Un tam-tam circolare che si autoalimenta.

Probabilmente torneremo sull’argomento: nel nostro piccolo proviamo a riequilibrare l’immenso divario che ormai separa la scienza”ufficiale” dalla scienza che non lo è. Un’ultima domanda però ce la poniamo: la politica cerca delle prove (scientifiche) per elaborare le proprie politiche (policy making), oppure si elaborano politiche per creare evidenze scientifiche?

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  1. Analytical Perspectives Budget of the US Government, Fiscal Year 2010. http://www.whitehouse.gov/omb/budget/fy2010/assets/spec.pdf []
  2. 1993-2005 GAO, Federal Reports on Climate Change Funding Should be Clearer and More Complete http://www.gao.gov/new.items/d05461.pdf []
  3. OMB, Fiscal Year 2008. Report to Congress on Federal Climate Change Expenditures, Table 8. http://www.whitehouse.gov/omb/legislative/fy08_climate_change.pdf []
  4. Atmospheric Sciences and Climate Change Programs in the FY 2009 Budget, p 1. AAAS. http://www.aaas.org/spp/rd/09pch15.pdf []
Published inClimatologiaEconomia

8 Comments

  1. Luca Galati

    Io sono dell’opinione che i ‘soldi del clima’ siano assegnati alla ricerca per far luce su problemi irrisolti e non per dimostrare tesi preconcette.
    Infatti, visto che si tratta in buona parte di ‘soldi pubblici’ sui quali vige da sempre e notoriamente uno stretto controllo da parte di economisti critici della ‘spesa pubblica, dell’opposizione governativa e da ultimo anche dell’opinione pubblica, visto che sono i cittadini stessi a sborsare di tasca propria, e considerato lo scarso peso politico di chi, a detta di scettici e negazionisti, ci guadagnerebbe da questa situazione (ovvero ricercatori e riviste scientifiche) a confronto delle vere ‘lobby economiche’, dubito fortemente che eventuali fallimenti nella ricerca o deviazioni dall’obiettivo originario di cui sopra sarebbero tollerati e reiterati nel tempo viste anche le stringenti necessità economiche di una nazione.

    In sostanza dunque il problema del Gw c’è ed ai ricercatori è stato semplicemente affidato il compito di svelarne le cause ovvero l’Attribuzione, data l’importanza del fenomeno e le possibili ripercussioni.
    Se l’assegnazione dei fondi pubblici non si è conclusa o è costata molto vuol dire semplicemente che gli studi effettuati non sono definitivamente concludenti e evidentemente ne servono altri oppure erano comunque necessari.
    Viceversa se si fosse raggiunto un solido grado di certezza i finanziamenti sarebbero stati certamente interrotti, per i motivi sopra indicati, come per qualunque altra ‘mission scientifica’ che abbia raggiunto i propri obiettivi di ricerca.

    Tra l’altro investire molto sui Cambiamenti Climatici non è una cosa fine a se stessa, bensì serve anche come ‘ricerca di base’ per chiarire il funzionamento del Sistema Climatico: insomma non tutto è perduto.

    Questo modo di credere invece alla ‘corruzione totale’ nel mondo è solo un’estremizzazione del concetto di ‘male’ che invece molto più relativo: certamente le inefficenze esistono, ma da qui a dire che tutta la ricerca climatica è in qualche modo corrotta o pilotata è davvero un’esagerazione.

    Cordialmente
    LG

  2. Claudio Costa

    e ancora

    “Sono stato molto deluso quando, dopo aver dimostrato la manipolazione delle scienze climatiche e invocato l’intervento autorevole dell’IPCC, la direzione della stessa IPCC ha sminuito le mie preoccupazioni… Personalmente non posso in buona fede continuare a contribuire a questo procedimento che ormai ritengo motivato da agende pre-concette e scientificamente infondate”

    Landsea

    In particolare il decano del CNR G. Visconti afferma:

    “L’IPCC svolge preferenzialmente un’attività di rassegna di quella porzione della letteratura scientifica sul clima che è già allineata su tesi prevalentemente enunciate proprio dall’IPCC. Un caso classico di autoreferenzialità e di fabbrica di consenso: come ha infatti dimostrato un’analisi apparsa su «Science» nel 2004, nel periodo compreso tra il 1993 e il 2000 è stato molto difficile pubblicare articoli che sollevassero dubbi sulle tesi dell’IPCC.»

  3. Claudio Costa

    @ Luca Galati

    Gli scettici sulle conclusioni dell’IPCC

    “La scienza dell’IPCC può essere una buona tattica per i paesi sottosviluppati
    che cercano di estorcere miliardi di dollari ai paesi sviluppati,
    ma di certo non è una buona scienza”.

    Dr Tim Patterson

    “L’idea dei cambiamenti climatici di origine antropica, sono parte di un progetto globale di filosofia, centrato in seno alle Nazioni Unite, che prevede il trasferimento di ricchezza dai paesi ricchi ai paesi poveri.”

    J.P. Michaels

    «Sono certo che la maggior parte dei miei colleghi all’Ipcc storcerà la bocca ma non vedo né una catastrofe imminente né la “pistola fumante” che provi la responsabilità inequivocabile dell’uomo per gli aumenti di temperatura che registriamo. Al contrario; quel che si vede sono attivisti e, purtroppo, scienziati pronti a saltare a conclusioni affrettate e ad attribuire qualsiasi anomalia climatica alla fantomatica apocalisse da riscaldamento globale prossima ventura. Presentare qualsiasi fenomeno conseguente come il risultato dell’attività umana probabilmente li fa sentire più a loro agio

    John R. Christy,

  4. Claudio Costa

    @ Luca Galati

    I serristi convintoni

    “ Anche se la teoria del riscaldamento globale antropogenico fosse sbagliata, A ridurre le emissioni, avremmo fatto comunque una cosa giusta,
    in termini di politica economica e di politica ambientale”

    T. Wirth sottosegretario di stato Usa per gli affari globali
    ( bravoooooooo)

    “Dobbiamo presentare scenari temibili, rilasciare dichiarazioni semplificate e drammatiche e dare poco spazio ai dubbi che possiamo nutrire.
    Ognuno di noi deve decidere il giusto mezzo tra l’efficacia e l’onestà”

    Stephen Schneider (ma bravooooooo)

    “L’uso di scenari estremi per drammatizzare il riscaldamento globale,
    è stato un tempo opportuno”

    James Hansen ( e… bravoooooo)

    “Chi nega il problema del riscaldamento globale e della sua causa antropica
    è equiparabile a chi nega l’olocausto ”

    Al Gore (Strabravoooo: oscar, nobel, manca solo il papato!)

    “Anche una vacca bianca di notte sembra nera”

    Tito Plauto (questo davvero un grande)

  5. Luca Galati

    Mi scusi, ma l’articolo si basa implicitamente sulla vecchia assunzione che la revisione paritaria (nota anche come ‘peer-review’) sarebbe del tutto pilotata, inefficace, fasulla o addirittura corrotta, cosa mai PROVATA fino in fondo, ma al più solo ipotizzata secondo la logica maliziosa di quella che è unanimemente nota come ‘teoria del complotto’, che mi pare sia un vecchio cavallo di battaglia di questo portale e che periodicamente si ripropone al lettore in forme più o meno simili, a volte mascherato, se non identiche.

    Le ricordo infatti che ad oggi lo sviluppo attuale di tutta la scienza lo dobbiamo da una parte al meotodo di revisione paritaria che ha selezionato per decenni i risultati scientifici, dall’altra all’opera magna di umili ricercatori/sviluppatori che hanno sviluppato idee a volte proprie di geni scientifici, per così dire ‘rivoluzionari’, a volte no.

    Cordialmente
    LG

    • Ad essere vecchio, qui, è lei con i suoi soliti commenti. Probabilmente non se n’è accorto, ma la teoria del “complotto” come la chiama lei, viene riproposta perchè nuovi documenti sono emersi (e mi permetto di prevedere che emergeranno). Tra l’altro dimostra in questa occasione più che mai, di leggere tra le righe solo quello che piace a lei.

      Mi dispiace, ma non ci siamo, le sue paleo-vetero-archeo-critiche o evolvono di pari passo con le teorie complottiste, o rimangono trama da film anni ’20.

      Simpaticamente,
      Il blogger mascherato.

    • Luca Galati

      La pensi come vuole: come si suol dire: “siamo un paese libero”.

    • Ci mancherebbe Galati, e grazie per questa lezione di democrazia.

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