Immaginate sette miliardi di persone su di un pianeta con circa 10°C in meno di temperatura media e con ghiacci perenni su buona parte delle medie latitudini, dove incidentalmente oggi si vive per lo più. Poi immaginate l’Italia con i ghiacciai alpini estesi fino a pochi chilometri dal Po e quelli appenninici che tornano a formarsi. Affari d’oro per l’industria turistica invernale o ecatombe? Propenderei per la seconda. Questo sarebbe, anzi, sarà, lo scenario della prossima glaciazione. Non è dato sapere quando, ma in termini geologici non dovrebbe mancare molto, al massimo qualche migliaio di anni.
Leggiamo ora un comunicato stampa del CNR di qualche giorno fa:
L’effetto serra? Sta ritardando la prossima glaciazione |
Ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Università di Pisa hanno dimostrato che la concentrazione di CO2 sta prolungando l’attuale periodo interglaciale. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale ‘Geology’ |
L’effetto serra conseguente alla cospicua concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera starebbe prolungando l’attuale periodo interglaciale, iniziato circa 11.700 anni fa. Gli effetti climatici della CO2, peraltro già relativamente elevata prima dell’avvento della rivoluzione industriale, sono infatti tali da inibire l’inizio di un’era glaciale. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato nella rivista ‘Geology’ e condotto da un team internazionale di ricercatori guidati da Biagio Giaccio dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr), da Eleonora Regattieri, ora dell’Igag-Cnr di Roma e Phd della scuola Galileo Galilei dell’Università di Pisa e da Giovanni Zanchetta, del dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.L’analisi dei depositi accumulatisi sul fondo di un antico lago, che un tempo si estendeva nell’attuale piana Sulmona in Abruzzo, ha consentito ai ricercatori di individuare un periodo analogo all’attuale Olocene, indicato con il nome di ‘Stadio isotopico marino 19c (MIS 19c)’. In questo periodo, iniziato circa 790mila anni fa, la configurazione orbitale della Terra, e dunque la quantità di energia solare che riscalda il nostro pianeta, era simile a quella odierna. Lo studio dettagliato di diversi livelli di ceneri vulcaniche rinvenute nell’area, eseguito in centri specializzati in Francia (Cea-Cnrs-Uvsq) e in California (Berkeley Geochronology Center), ha permesso di ottenere per la prima volta un’affidabile cronologia dell’evoluzione climatica di questo antico periodo caldo.“Assumendo una totale analogia tra le due fasi interglaciali, il MIS 19c e l’Olocene”, spiega Biagio Giaccio, “l’attuale periodo caldo dovrebbe essere relativamente prossimo alla sua fine e volgere verso una nuova glaciazione, se non fosse per la significativa differenza dei gas serra riscontrati nei due periodi”. Infatti, mentre durante le fasi iniziali di entrambi gli interglaciali le concentrazioni di CO2 appaiono del tutto simili, l’atmosfera dell’Olocene, già a partire dai primi millenni, si è progressivamente arricchita di anidride carbonica rispetto invece a quella del MIS 19c.
“A parità di insolazione”, aggiunge Giovanni Zanchetta, “il diverso contenuto di CO2 potrebbe essere stato sufficiente a far divergere drasticamente l’evoluzione dei due interglaciali conducendo, da un lato, il MIS 19c verso la sua fine, e quindi a una glaciazione, e producendo dall’altro un prolungamento delle condizioni delle attuali condizioni interglaciali”. I ricercatori stimano, al 68% di probabilità, che la durata del MIS 19c sia di 10800 +/- 1800 anni. “Questo significa che l’Olocene poteva già essere terminato oltre mille anni fa”, afferma Giaccio. “La fase di generale raffreddamento del clima olocenico che si ipotizza sia iniziata circa 4.500 anni fa, quella che i geologi definiscono ‘neoglaciale’, probabilmente rappresentava l’embrione della prossima glaciazione poi, forse, definitivamente abortita per l’eccesso di CO2”. “I risultati di questo studio forniscono un’ulteriore prova indiretta all’affascinate ipotesi formulata alcuni anni fa”, spiegano i ricercatori, “secondo la quale l’uomo avrebbe modificato il ciclo naturale dei gas serra nell’atmosfera aumentandone il contenuto ben prima della rivoluzione industriale, mediante cioè le modificazioni della vegetazione conseguenti alla nascita e sviluppo dell’agricoltura preistorica. Indipendentemente da ciò, i risultati di questo studio mostrano ancora una volta, e in maniera inequivocabile, l’elevata sensibilità del clima alla concentrazione atmosferica di gas serra, oggi fortemente influenzata dall’attività umana”. |
Sicché, l’Olocene poteva essere terminato da un pezzo, ma quattro gatti faticosamente passati dall’essere cacciatori-raccoglitori ad essere coltivatori (stima della popolazione mondiale 10.000 anni fa da 1 a 10mln), avrebbero iniziato la modifica dei cicli glaciali. Per dare un’idea delle forze in gioco, le oscillazioni della temperatura media del pianeta tra periodi glaciali e interglaciali è in doppia cifra; quello che si presume essere il contributo umano all’innalzamento di questa media è in cifra singola, ma decimale.
Sarà, ma i conti non tornano. Comunque, c’è da sperare che sia vero, altrimenti si risolverebbe in un baleno il problema demografico.
@Donato
Quando parlavo di ignoranza non mi riferivo certo a divergenze serie ed accettabili come quella cui tu fai riferimento. Mi riferivo a vere e proprie “mostruosità” fisico-matematiche, quali l’invenzione della “backradiation” – ad esempio – che nel famoso (o famigerato?) bilancio energetico di Kiehl & Trenberth del 1997, http://junksciencearchive.com/Greenhouse/Kiehl-Trenberth-1997-color.jpg
crea dal nulla 324 W/m^2 di energia dai “gas serra”, pari quasi all’energia solare, in violazione anche del 2° principio della termodinamica (i gas dell’atmosfera sono sempre scaldati dalla superficie terrestre che è più calda, e MAI al contrario, e il calore si trasmette secondo gradiente negativo). Pura “junk-science”! Scienza-spazzatura!
E infatti la NASA ha pubblicato un “global energy budget” in cui non inserisce quella sconcezza della “backradiation”
http://pmm.nasa.gov/education/sites/default/files/article_images/components2.gif
Ma tra alcuni giorni invierò un contributo in cui si dimostra che l’errore più evidente di Kiehl & Trenberth fu nel non considerare che la Terra NON è un corpo nero, quindi l’emissività è inferiore ad 1, e ciò può spiegare facilmente le temperature terrestri, e il bilancio energetico globale, senza bisogno di ricorrere ad invenzioni senza capo nè coda, come i 324 W/m^2 che spuntano dal nulla.
Ciao
Alberto
@ Guido Guidi
Chi (come me) non è su Twitter, come fa a mandare una mail in redazione? C’è un quesito INTERESSANTISSIMO di Bernardo Mattiucci (qual è l’impatto sul clima dell’attività solare in termini percentuali) al quale vorrei rispondere in modo più articolato.
Grazie
Ti ho risposto via mail.
gg
@Donato
SUPERIORITA’ DELLA TERMODINAMICA
Einstein una volta disse che se qualcuno gli avesse detto di avere trovato errori nelle equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo, lui si sarebbe fermato una decina di minuti ad ascoltarlo incuriosito, poiché forse poteva esserci qualcosa di vero. Ma sempre Einstein disse poi molto chiaramente che chiunque gli avesse detto che i concetti della termodinamica non erano validi, si sarebbe rifiutato perfino di perdere un secondo, certo che sarebbe stato tempo perso.
Il fatto è che la termodinamica è l’UNICA branca della Fisica (come scrisse Einstein), i cui principi sono e rimarranno insuperabili.
La termodinamica ha permesso un progresso spettacolare, da metà ottocento, nella meccanica e nell’ingegneria, permettendo di calcolare con precisione temperature, scambi di calore, resistenze dei materiali, ecc., prima di tutto per lo sfruttamento delle macchine a vapore dell’epoca (in particolare nei trasporti ferroviari e navali). Ma c’è la termodinamica anche dietro la nascita della meccanica quantistica, poiché Max Planck introdusse il quanto d’azione partendo dallo studio degli spettri d’assorbimento e di emissione, e della radiazione di corpo nero. La termodinamica è alla base dell’ingegneria aerospaziale, e ha permesso di progettare aerei, razzi, tute di protezione, scudi termici, ecc., e di calcolare con precisione temperature e scambi di calore. Ovviamente, dalla metà dell’’800 ad oggi, da Clausius, Fourier, Clapeyron, Kelvin, etc., dai “padri” fondatori, si è evoluta, oggi la termodinamica statistica, ad esempio, è alla base della moderna chimica industriale, permettendo di calcolare con precisione energie e scambi di calore delle reazioni chimiche. Peraltro, oggi si tende a definire “termodinamica” tutta la Fisica che si occupa del calore (inclusa termologia, metrologia, ecc.)
TERMODINAMICA E METEOROLOGIA
Ma soprattutto, per venire a noi (climatologia e meteorologia), la termodinamica è alla base dei modelli matematici moderni, utilizzati dai meteorologi per le ordinarie previsioni.
Infatti, i modelli matematici che i meteorologi usano, si basano su 7 parametri, che sono estrapolati da concetti termodinamici basilari: pressione, densità, velocità del vento (in termini vettoriali: direzione, verso, intensità) e umidità. Questi 7 parametri vengono poi inseriti in 7 equazioni (anch’esse basate su concetti/base della termodinamica): legge dei gas, il 1° e 2° principio della termod. (conservazione dell’energia + trasmissione del calore), le 3 eq. generali del moto, e l’eq. di continuità.
Il tutto, elaborato da super-computer con enormi database, e in grado di eseguire fino a 700 miliardi di operazioni al secondo, ha permesso negli ultimi anni di ottenere previsioni meteo (chiedere a Guidi!) sempre più precise, nell’arco di 4-5 giorni (almeno fino ad ora).
Ma alla base c’è sempre la termodinamica e i suoi concetti!
Ma per rispondere a Donato: la distinzione che fai tra “trasformazioni quasi statiche” ed eventi “esplosivi” è peraltro del tutto ininfluente in termodinamica.
Semmai ha senso distinguere tra regime stazionario di trasmissione del calore, e regime transitorio (in cui entra la variabile tempo). Ma una volta che hai i parametri, puoi calcolare qualsiasi trasformazione, “continua” o esplosiva che sia.
Quindi, il problema NON è la termodinamica, il problema è che NOI oggi nel 2015 non abbiamo assolutamente conoscenza (se non rudimentale), delle dinamiche orogenetiche e geologiche che producono terremoti, maremoti, attriti tra le faglie, movimenti delle placche continentali, ecc., quindi non potendo calcolare con precisione come si distribuisce l’energia che produce questi fenomeni giganteschi (anche perchè i fondali oceanici sono difficili da monitorare, almeno in molti punti), e quando e dove si manifesterà, non si può nemmeno calcolare come e dove incide l’energia geotermica.
Ma non c’entra nulla la termodinamica, anzi!
I molti ideologi incompetenti che si sono spacciati per “climatologi” in questi decenni, ovviamente vedono come “fumo negli occhi” la termodinamica e la fisica tecnica, perché si basano su concetti fisico-matematici rigorosi, che non comprendono e che demoliscono le loro ipotesi strampalate. Parafrasando la favola della volpe e dell’uva, non è la termodinamica ad essere cattiva, sono gli ideologi del clima che non arrivano a comprenderla.
Allo scopo di evitare ciò che successe con un lettore di CM qualche mese fa credo che qualche precisazione sia necessaria.
Non ho mai e ripeto mai scritto che metto in dubbio la termodinamica come lei fa trasparire dal suo commento, ho solo sostenuto che i principi della termodinamica devono essere applicati con giudizio e dopo aver verificato l’esistenza delle ipotesi di applicabilità degli stessi. Anche perché la termodinamica è molto complessa. A titolo puramente esemplificativo della complessità della disciplina (e non esaustivo) voglio considerare il caso dei sistemi stazionari all’equilibrio e dei sistemi stazionari non in equilibrio. Per i primi possiamo applicare il secondo principio della termodinamica nella versione classica, per i secondi, invece, non esiste una legge generale che definisce le proprietà dell’energia. L’esplosione, per esempio, non può essere considerato un sistema termodinamico all’equilibrio a cui applicare le leggi della termodinamica nella versione classica. Consideriamo un sistema molto più semplice dell’esplosione come quello costituito da un fluido che si espande tra due pareti che si spostano una relativamente all’altra in direzioni opposte: si tratta di un sistema non all’equilibrio sulle pareti. Questi sistemi subiscono variazioni di molte proprietà estensive (che dipendono dalla quantità di materia) e le condizioni al contorno impongono la definizione di proprietà intensive (che non dipendono dalla quantità di materia) non convenzionali come il gradiente di temperatura, movimenti distorti, ecc., ecc..
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Quando invitavo a utilizzare i principi della termodinamica con cautela intendevo far riferimento a questo tipo di problematiche. Nessuno mette in dubbio che la termodinamica possa consentirci di studiare una molteplicità di sistemi complessi, ma bisogna utilizzare gli strumenti analitici adatti che non sono certamente le addizioni e le sottrazioni degli enunciati classici della termodinamica e neanche le forme differenziali ma, come lei certamente sa, funzioni e trasformate di funzioni che mettono in relazione proprietà intensive ed estensive convenzionali e non.
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Tengo a precisare che i principi termodinamici e fuidodinamici del sistema climatico, almeno nei loro elementi essenziali, mi sono noti e proprio per questo escludo in modo categorico che terremoti ed eruzioni vulcaniche (con l’eccezione del particolato che funge da schermo solare) possano alterare in modo sostanziale i bilanci energetici globali del pianeta. Così come escludo la presenza di compagne nascoste del Sole che sono sfuggite alle osservazioni astronomiche e l’esistenza di fenomeni elettrici che coinvolgono la Terra innescati da fantomatici campi energetici extraterrestri come mi è capitato di leggere. Poi, per quel che mi riguarda, ognuno è libero di credere a ciò che vuole.
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E per chiudere la discussione una considerazione sui climatologi. Che molti siano ideologizzati è perfettamente vero, che molte volte mi sono trovato a polemizzare con ricercatori di climatologia circa il modo in cui vengono affrontate e risolte alcune problematiche relative alla fisica dell’atmosfera, è altrettanto vero, ma dire che essi sono degli ignoranti di questa o quella branca della fisica o della chimica o della matematica mi sembra esagerato e privo di fondamento. Un fisico dell’atmosfera può giungere a risultati che io non condivido (è capitato e capiterà) ma non per questo scriverò che ignora i fondamenti della fisica (meccanica, termodinamica, ottica o qualsiasi altra cosa vogliamo).
In questo stesso blog è stato pubblicato oggi un mio post in cui si analizza un articolo relativo alle correzioni apportate alle serie di temperature della NOAA: gli autori hanno eseguito un’analisi statistica di tutto rispetto di un insieme di dati su cui poco o nulla ho da obiettare. Non concordo con loro sulla scelta di apportare delle correzioni a serie di dati raccolti a partire da una certa data in poi o su alcune interpolazioni che possono aver polarizzato il risultato di qualche centesimo o, al massimo, decimo di grado, ma da qui a dire che gli autori non comprendono la matematica o la statistica ce ne passa.
Ciao, Donato.
Se il calore geotermico non influenza + di tanto il clima (il che è tutto da verificare), figuriamoci la CO2, e figuriamoci la CO2 del milione di pastori neolitici.
Vorrei suggerire, con molta modestia, di utilizzare con parsimonia concetti come i principi della termodinamica. Lo studio dei sistemi termodinamici ed i principi della termodinamica valgono, a rigori, in presenza di trasformazioni quasi-statiche cioè quelle in cui i parametri del sistema variano in modo tale da rasentare il concetto di continuità. Non mi sembra che un fenomeno esplosivo come un terremoto (che dura al massimo qualche minuto) possa essere schematizzato come una trasformazione quasi-statica. Non per altro, da un punto di vista matematico, i principi della termodinamica sono espressi in forma differenziale (derivate ed integrali). Diverso è il caso della termodinamica quantistica, ma essa esula l’ambito dei nostri discorsi.
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Il primo principio della termodinamica afferma effettivamente che la variazione di energia interna di un sistema è data dalla somma algebrica di calore e lavoro, ma bisogna tener conto anche delle masse di materia in gioco. Se io accendo un fiammifero produrrò energia termica tale da provocarmi una forte ustione in un punto del corpo se mi ostino a tenere fisso il punto del corpo sulla fiamma accesa, ma tutta questa energia produrrà una variazione della temperatura del mio corpo del tutto irrilevante (praticamente zero). Il terremoto, a lume di logica, può essere confrontato al fiammifero, l’oceano al corpo umano. Nel caso del clima terrestre ha molto più senso parlare di energie medie scambiate che di energie assolute e, soprattutto, di energie locali.
Non dimentichiamo, infine, che sono i flussi di energia costanti e prolungati, anche piccoli, che modificano lo stato di un sistema dotato di grande inerzia come quello climatico. Le grandi eruzioni vulcaniche determinano variazioni climatiche non direttamente, ma attraverso l’effetto schermante degli aerosol atmosferici che è piccolo, ma persistente per tempi lunghi.
Lo stesso secondo principio della termodinamica è, tramite il concetto di entropia, strettamente connesso al tempo, per esempio.
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Ciò non significa che il calore geotermico non sia in grado di influenzare i fenomeni che a loro volta determinano il clima, ma lo fa solo a livello locale, mai globale. A titolo di esempio vorrei far notare che sulla base di alcuni studi la fusione delle calotte glaciali groenlandesi sembra influenzata da calore radiogenico della crosta terrestre così come quella delle calotte glaciali dell’Antartide occidentale, ma dal dire questo al dire che il calore geotermico influenzi in maniera sostanziale il clima terrestre ce ne passa.
Ciao, Donato. ._
L’influenza delle eruzioni vulcaniche sul clima terrestre varia a seconda dell’eruzione.
Se eruttasse lo Yellowstone ci ritroveremmo con l’intero emisfero boreale sotto un cielo cupo e pesante tale che nel giro di pochi giorni la temperatura media inizierebbe a scendere in modo evidente.
L’eruzione del Pinatubo, di cui oggi ricorre il 24° anniversario, provocò un’evidente raffreddamento del pianeta… nonostante sia stato solo un VEI6+.
L’eruzione continua dei vulcani sottomarini della penisola Antartica o della costa dell’Oregon, invece, provocano alterazioni significative alla temperatura del mare in quel punto. E quelle correnti calde modificano in modo rilevante il clima locale e mondiale. Questo è, almeno, ciò che si osserva!
Poi comunque, l’aumento dell’energia geotermica, provoca un aumento della temperatura del terreno di qualche frazione di grado. Ma sul lungo termine anche quella modesta variazione comporta una modificazione del clima locale… con ripercussioni anche, talvolta, a livello regionale!
Riporto qui l’ultima parte dell’ultimo intervento di oggi di Bernardo Mattiucci:
“Per quanto riguarda gli Homo Sapiens, sottolineo il fatto che fossero, ad esempio, 10 milioni circa. Oggi siamo 7 miliardi. Non si può fare un discorso del tipo: (10.000 : 30) x 10 milioni = 3 miliardi e 333 milioni di individui, perché noi saremmo (10.000 : 80) x 7 miliardi = 875 miliardi”.
Io invece avevo scritto:
“Supponendo che durante l’Olocene la popolazione umana su tutta la Terra sia stata dell’ordine di dieci milioni di individui per 10.000 anni, occorre tener presente che 10.000 anni sono per noi un lasso di “tempo profondo”, difficilmente valutabile da una persona comune: se ad esempio il ricambio generazionale di quelle popolazioni era di 30 anni, in 10.000 anni si sono succeduti sulla Terra (10.000 : 30) x 10 milioni = 3 miliardi e 333 milioni di individui, in gran parte affamati e pieni di iniziativa e di coraggio.”
Questa frase ha evidentemente un significato molto diverso dalla precedente, in quanto ricava il numero di “ricambi generazionali” di Homo sapiens verificatosi nel corso di diecimila anni, e lo moltiplica per il numero di individui presenti sulla Terra, supposto costante per tutti quei diecimila anni: si ottiene così il numero di individui “succedutisi” sulla Terra nei diecimila anni.
Il calcolo riportato nella frase precedente non sembra avere senso: la popolazione mondiale ha superato il miliardo di individui soltanto da circa due secoli.
Agostino Mathis
Agostino, quello che dici è giusto… ma è anche vero che consumiamo e inquiniamo molto più, a parità di individui, rispetto agli Homo Sapiens di qualche migliaio di anni fa.
Inoltre calcolare l’ammontare del “ricambio generazionale” per un lasso di tempo di 10.000 anni non serve assolutamente a nulla nella quantificazione dell’impatto sul clima dei singoli individui.
Questo significa che in 10.000 anni, le attività degli Homo Sapiens hanno avuto un impatto sul clima paragonabile a quello che l’attuale popolazione mondiale provoca in meno di 6 mesi (secondo me anche meno). Pertanto non ha alcun senso!
Piuttosto… ritorno a chiedere, secondo voi… l’impatto sul Clima dell’Attività Solare, a quanto ammonta in termini PERCENTUALI?
Solo dopo aver risposto a questa domanda possiamo andare a valutare le reali conseguenze di variazioni più o meno significative della CO2 antropica (giacché quella naturale non possiamo controllarla).
Ma vi ricordo che con l’AGW si sono mossi migliaia di miliardi di dollari verso le tasche di pochissimi individui…
sottoscrivo in pieno tutto quanto detto da Donato (ma perché in alcuni tuoi post il tuo nome appare completo e in altri “dnt” ? 🙂
Perché ho avuto problemi con il browser: da un computer (quello che uso più spesso) se utilizzo dnt (donato senza vocali 🙂 )accetta il commento, se uso donato lo rifiuta. Da altri computer non mi crea problemi: misteri dell’informatica e del WEB. 🙂
Ciao, Donato.
Io insisto nel sostenere che prima di valutare il contributo della CO2 alle variazioni climatiche, bisognerebbe valutare un tantino meglio quelle del Sole. Ancora troppi sono i pareri secondo i quali la “responsabilità” del Sole nelle variazioni climatiche è limitata. E purtroppo, insisto, non è cosi’!
Il Sole influenza il clima per almeno il 98% (tra influenza diretta e indiretta). pertanto tutti gli altri fattori (CO2, vapore acqueo, metano, vulcani, alieni, fantozzi, ecc…) possono influenzare, complessivamente, per non più del 2%.
A questo punto, e solo a questo punto, sarà possibile calcolare il contributo della CO2 alle variazioni climatiche e quindi, eventualmente, anche il relativo contributo antropico (che ovviamente non potrà che essere uno 0,000x%).
Discussione piuttosto vivace, direi. Anzi, due discussioni piuttosto vivaci, direi. 🙂
Da un lato M. Pagano cerca di riportare il discorso sul contenuto dell’articolo commentato nel post di G. Guidi, dall’altro la discussione si sviluppa sull’influenza delle popolazioni preistoriche sul clima e, in senso lato, sulle capacità dell’uomo di influenzare il clima e, più in generale, l’ambiente in cui vive.
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Partiamo da clima-ambiente-uomo.
Per quel che mi riguarda ogni essere vivente è in grado di modificare l’ambiente in cui vive, anzi l’ambiente è il frutto delle miriadi di interazioni che si vengono a creare tra tutti gli attori del dramma che chiamiamo Natura. Già in altra occasione ebbi modo di dire che l’Evento di Grande Ossidazione che ha cambiato le sorti del nostro globo fu dovuto ad una profonda trasformazione ambientale guidata da alcuni miliardi di … batteri. I batteri metanogeni che avevano dominato il pianeta fino a 2,5 miliardi di anni fa, in poco tempo subirono un crollo rovinoso a vantaggio dei batteri fotosintetici che presero il sopravvento arricchendo l’atmosfera di ossigeno. La causa di questo drastico cambio di scenario non è ancora del tutto chiara (qualcuno ipotizza il crollo della concentrazione di nickel negli oceani primordiali). Questo è solo un esempio, ma potrei citare il caso delle barriere coralline, opera di minuscoli rappresentanti del regno animale noti come coralli.
Si parla di foreste e di deforestazione come se le foreste sparissero da sole e non ad opera di solerti esseri viventi noti come boscaioli appartenente alla specie Homo sapiens. Mi sembra pleonastico escludere responsabilità umane nella modifica dell’ambiente in cui viviamo: è talmente evidente che tutti gli esseri viventi (animali e vegetali, in ordine rigorosamente alfabetico), uomo incluso, modifichino l’ambiente che non credo necessarie ulteriori discussioni.
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Mi sembra molto interessante, invece, la considerazione del prof. Mathis in merito allo “sdoppiamento” tra sviluppo socio ambientale umano ed ambientale. Per quel che mi riguarda sono completamente d’accordo in quanto ogni tentativo di armonizzare le due cose, devo riconoscere, mio malgrado, è puramente utopico. Come scrive Mathis in Italia stiamo vivendo una situazione di benessere senza precedenti (nonostante la crisi) dal punto di vista della sicurezza sociale, alimentare, sanitaria e via cantando e, contemporaneamente, le foreste hanno raggiunto uno sviluppo senza precedenti. Ciò grazie allo sviluppo dell’agricoltura, dei trasporti, delle tecniche di conservazione degli alimenti, dell’avanzamento delle conoscenze scientifiche ecc., ecc.. Il semplice fatto che io sto utilizzando un’ora del mio tempo per scrivere questo commento e per leggere gli altri lo testimonia: difficilmente potrebbe succedere ad un abitante di uno sperduto villaggio del Sahel. Vivo in un centro rurale e, intorno a me si stendono a perdita d’occhio campi coltivati: eppure la percentuale della popolazione che si dedica alla coltivazione del terreno è molto ridotta e molti di essi sono agricoltori part-time (impiegati per alcune ore e agricoltori per il resto del tempo) grazie alla meccanizzazione, all’automazione (si pensi tanto per fare un esempio all’irrigazione a goccia) che hanno semplificato moltissimo la vita degli agricoltori.
A fianco a queste aree coltivate sta avanzando la foresta: i terreni marginali in cui è difficile se non impossibile operare con macchine agricole vengono abbandonati e la selva riprende il sopravvento (in qualche caso si è sviluppata a tal punto da essere impenetrabile). Posso confermare, quindi, in base alla mia personale esperienza che nei paesi sviluppati, in altri termini, ci si sta avviando spontaneamente verso un disaccoppiamento tra contesto destinato allo sviluppo socio economico e contesto ambientale. Vado addirittura oltre: se Homo sapiens ha la pancia piena è più propenso a tutelare, anche rigidamente, l’ambiente.
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In merito alla capacità di Homo sapiens (ma anche dei batteri che degradano materia organica nel terreno) di modificare il sistema climatico sono d’accordo con il prof. Mathis: il sistema climatico è un sistema di complessità difficilmente immaginabile ed influenzato da molteplici variabili tra cui quella antropica. Il problema non è se l’uomo influenza il clima, ma quanto l’uomo influenza il clima.
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Circa la CO2 ed il suo contributo al bilancio radiativo vale lo stesso discorso: il problema non è se essa lo modifica, ma di quanto lo modifica e di quanto la CO2 di origine antropica modifica il bilancio radiativo (detto in altri termini quanto vale la sensibilità climatica transitoria ed all’equilibrio). Che oltre alla CO2 il clima sia influenzato da molteplici altre variabili tra cui alcune astronomiche non ci piove. E lo dice uno che, per le sue idee e per quanto ha scritto fino ad oggi, viene considerato con il fumo negli occhi da buona parte del mainstream nostrano, non un sostenitore ad oltranza dell’AGW. 🙂
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Per quanto riguarda la discussione circa l’oggetto del post di G. Guidi, mi limito a sottoscrivere quanto ha scritto fino ad ora Max Pagano.
Ciao, Donato.
Vorrei sottolineare alcune cose che vengono ignorate….
1) Il Sole fornisce una ben determinata quantità di energia al nostro pianeta. Quantità che varia continuamente nel tempo, sia a causa della continua variazione della distanza tra Sole e Terra, sia a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre che varia continuamente anche lui. Tale energia, tuttavia, viene fornita sia in modo DIRETTO, sia in modo INDIRETTO. Nel primo caso la quantifichiamo con TSI, nel secondo caso attualmente non mi risulta venga quantificata… ma l’interazione di cui parlo è del tutto simile a quella magnetica che si ha tra i 2 avvolgimenti di un trasformatore, dove al primario abbiamo il Campo Magnetico Solare e al secondario abbiamo il Campo Magnetico Terrestre. Con tutte le approssimazioni del caso.
2) Ricerche scientifiche degli ultimi decenni, hanno dimostrato che l’energia geotermica AUMENTA al DIMINUIRE dell’Attività Solare. Questo processo modifica la “base” termica… ovvero la temperatura dalla quale parte l’eventuale riscaldamento. E sappiamo bene che a parità di energia fornita ad un sistema, la temperatura iniziale influenza in modo decisivo il raggiungimento della temperatura finale.
3) il voler continuare a considerare la CO2 vincolante, sta facendo perdere di vista tanti altri fattori. E’ vero che rispetto a 10-12.000 anni fa le foreste sono enormemente diminuite e questo ha modificato in modo sostanziale l’albedo e la capacità di RINFRESCARE l’aria da parte di Madre Natura, ma è anche vero che, rispetto a quel periodo, tutto il pianeta ora si trova ad una temperatura decisamente diversa. All’epoca si era usciti da poco da un Periodo Interglaciale Freddo e la Terra si stava riscaldando…. Oggi ci troviamo alla fine del Periodo Interglaciale Caldo, con il pianeta che ha assorbito la massima quantità di calore possibile.
4) l’energia geotermica può influenzare PESANTEMENTE la temperatura LOCALE di alcuni oceani. A largo delle coste dell’Oregon, ad esempio, sono in attività diversi vulcani sottomarini. Stessa identica cosa accade a largo della Penisola Antartica. Stesso discorso tra Fiji e Papua Nuova Guinea. E in tutti e 3 i casi, la temperatura del mare NON segue il trend classico degli altri oceani.
Discorso leggermente diverso per il Mare dell’Indonesia dove la temperatura è molto più alta del solito a causa di 2 fattori importanti: il limitato ricambio d’acqua dovuto all’enorme quantità di isole ivi presenti… e la temperatura media dei FONDALI marini leggermente più alta rispetto al resto del mondo, dovuto proprio alla presenza di magma a profondità relativamente basse.
Pertanto continuare ad analizzare il CLIMA terrestre in modo parziale, è fuorviante. Bisogna analizzare il contesto nella sua globalità… altrimenti perdiamo di vista sempre qualche “pezzo”!
Per quanto riguarda gli Homo Sapiens, sottolineo il fatto che fossero, ad esempio, 10 milioni circa. Oggi siamo 7 miliardi. Non si può fare un discorso del tipo: (10.000 : 30) x 10 milioni = 3 miliardi e 333 milioni di individui, perché noi saremmo (10.000 : 80) x 7 miliardi = 875 miliardi
Prof. Mathis, Lei non riesce a dimostrare, per quanti sforzi faccia, come mai una popolazione di 1/70 di quella attuale, che emetteva 1000 volte meno gas, abbia potuto modificare il clima di 4/5 gradi, quando con i 10 miliardi di uomini nell’ultimo secolo, la variazione di temp. è stata solo di 1°.
Forse ha ragione il premio Nobel della Fisica Ivar Giaever, che dice che quella del GW è la nuova FALSA religione del nostro tempo.
Di impietoso c’è solo l’inconsistenza del calcolo. Non ha senso calcolare un “flusso geotermico medio” sulla superficie esterna terrestre, così come non avrebbe senso calcolare l’energia media spesa da un pugile in un incontro di boxe, per dire che i suoi pugni non fanno mai male. In realtà l’energia geotermica può manifestarsi in molti modi, di tipo “impulsivo”, e uno tsunami, o un terremoto come quello del Nepal, o l’eruzione di un vulcano, o la fuoriuscita di milioni di m^3 di lava nelle profondità dell’oceano, ad esempio, hanno un impatto sul clima 1000 volte più grande di altri
tsunami e terremoti hanno impatto sul clima?
attendo con grande curiosità fonti, dimostrazioni e ricerche in questo senso;
sulle eruzioni vulcaniche sono d’accordo (io stesso, su questo blog, anni e anni fa, ai suoi inizi, scrissi un lungo articolo che faceva il sunto di tutto quel che si sa e si suppone relativamente a questo argomento);
milioni di m^3 di lava sul fondo dell’oceano, in corrispondenza delle dorsali oceaniche, per essere precisi, si raffreddano e solidificano all’istante a contatto con l’acqua;
si, certo, nelle vicinanze delle bocche eruttive, l’acqua è molto calda, inoltre ci sono molte esalazioni gassose in pressione, acide e ad alta temperatura (camini), dove addirittura prosperano colonie di organismi viventi adattati ad un ambiente che sarebbe “nemico” e mortale per il 90% delle specie viventi sul resto del pianeta;
la massa d’acqua degli oceani è però talmente immensa, e i trasferimenti di energia altrettanto, sia tramite correnti profonde che superficiali, che la redistribuzione di questo calore localizzato contribuisce alla T° media delle acque profonde (> -2000 m), per percentuali talmente esigue da non essere misurabili….
poi, che intervengano fattori locali, come dimensioni del bacino oceanico, profondità media, vicinanza o meno di dorsali, o zone di subduzione, concentrazione salina, abbondanza o meno di immissari, etc etc etc, è ovvio che ha la sua influenza…. ma sono appunto, situazioni LOCALI…
però, attendo sempre con fiducia ricerche, dati, e quant’altro mi smentisca;
e comunque, l’argomento è fuori tema rispetto al post iniziale;
volevo soltanto farvi presente che prima di partire in quarta con critiche a spron battuto, bisognerebbe SEMPRE leggere i lavori originali, visto che gli abstracts, affidati a uffici stampa che badano più al titolone e alle conclusioni sensazionalistiche che alla scientificità del lavoro, spesso sono inaffidabili;
@ max pagano
1) Prima di tutto, se il flusso totale di calore (convezione + conduzione + irraggiamento) sulla superficie terrestre è stimato in 42 Terawatt (42 x 10^ 12 Watt), e di questi ben 8 Terawatt sono dovuti all’energia geotermica, http://www.unionegeotermica.it/What_is_geothermal_it.html NON E’ VERO che il flusso geotermico medio sia solo 1/3000 come scrive lei, (0.06/180) del totale. 8 su 42 è pari a ben il 19% di tutta l’energia termica , se la matematica non è un’opinione.
2) quote : ” tsunami e terremoti hanno impatto sul clima?
attendo con grande curiosità fonti, dimostrazioni e ricerche in questo senso” unquote
Beh, direi che la fonte si chiama prima legge della termodinamica, o conservazione dell’energia, o trasformazione totale del lavoro in calore, in base alla formula:
dE (o dU) = dQ – dW
cioè la variazione di energia di un sistema è pari alla variazione di calore – (o +) la variazione di lavoro.
Quindi il lavoro immane prodotto dai terremoti negli oceani, e i movimenti della crosta terrestre, si trasformano INTERAMENTE in calore all’interno degli oceani, e ciò ha sicuramente un impatto sul clima (anche se sicuramente inferiore a quello del Sole, per lo meno in una scala astronomica, o di ere geologiche). Ma se ben il 20% di energia termica terrestre è attribuibile a quella geotermica, direi che l’impatto può essere notevole, per lo meno in una scala di ordine decennale.
3) quote : “milioni di m^3 di lava sul fondo dell’oceano, in corrispondenza delle dorsali oceaniche, per essere precisi, si raffreddano e solidificano all’istante a contatto con l’acqua;” unquote
Appunto! Per raffreddarsi la lava deve trasmettere calore al corpo più caldo, e riscaldarlo. E questa si chiama 2a legge della termodinamica! Mi risulta non sia una fonte molto nuova, risale alla metà dell”800…
4) Per quanto riguarda l’Artico, e l’influenza dell’energia geotermica sottomarina sui fenomeni di scioglimento dei ghiacci, suggerirei di leggere qui http://www.climatechangedispatch.com/geothermal-heat-and-the-arctic-ocean-sea-ice.html
e di documentarsi anche sull’attività del Woods Hole Oceanographic Institute, che nel 2007 ha scoperto sorgenti idrotermali e un’attività piroclastica sul fondale artico (Gakkel Ridge) 10 VOLTE maggiore di quella media delle altre placche e faglie tettoniche oceaniche.
E c’è anche un articolo dettagliato di Nature al riguardo.http://www.nature.com/nature/journal/v453/n7199/full/nature07075.html
Ed anche Wikipedia ne parla http://en.wikipedia.org/wiki/Gakkel_Ridge#cite_note-3
Among other discoveries, this expedition found evidence of hydrothermal vents. In 2007, Woods Hole Oceanographic Institution conducted the “Arctic Gakkel Vents Expedition” (AGAVE), which made some unanticipated discoveries, including the unconsolidated fragmented pyroclastic volcanic deposits that cover the axial valley of the ridge (whose area is greater than 10 km2). These suggest volatile substances in concentrations ten times those in the magmas of normal mid-ocean ridges.[3]
Insomma, mi pare che sull’argomento troppa gente parli senza informarsi adeguatamente.
@ max pagano
errata corrige: ho scritto sopra : “Per raffreddarsi la lava deve trasmettere calore al corpo più caldo”, ovviamente è un refuso, volevo scrivere: “Per raffreddarsi la lava deve trasmettere calore al corpo più FREDDO” (che è il mare), ed è appunto la 2a legge della termodinamica: il calore fluisce naturalmente dal corpo più caldo a quello più freddo.
mi pare invece evidente che non siete riusciti a capire quello che ho scritto sopra, o forse non vi siete presi la briga di leggere per intero l’articolo originale dei ricercatori in questione:
NESSUNO DI LORO ha mai avuto l’intenzione di “voler studiare l’influenza sulle temperature della CO2 dei pastori primitivi”, il loro lavoro ha e ha avuto ben altre finalità: correlare i dati risultanti dai campionamenti effettuati nei sedimenti dell’ormai scomparso lago abruzzese, con i dati di altri siti, studiando le % relative dei radioisotopi, tra cui O18/O16, e Argon per la datazione, e verificare o meno le possibili analogie tra l’interglaciale noto come MIS 19c (risalente a circa 790.000 anni fa), e l’attuale interglaciale Olocenico, analogie ipotizzate in base alla coincidenza della situazione orbitale/planetaria relativa tra Terra e Sole, in accordo con la teoria di Milankovich;
– “…The MIS 19 isotope record for Sulmona reproduces in detail the variability observed in the reference records of the European Project for Ice Coring in Antarctica (EPICA) Dome C Antarctic ice (Jouzel et al., 2007) and of planktonic dO18 from the subpolar North Atlantic Ocean Drilling Program Site 983 …”
“…The MIS 19c and MIS 1 comparison suggests that the variability and the total duration of MIS 19c interglacial in our record (10.8 ± 3.7 k.y., 2s) are comparable to those of the elapsed period since onset of the current interglacial (ca. 11.7 ka) and that the astronomical configuration required for driving the MIS 1 glacial inception should have already been reached. However, the expected shifting of the late Holocene climate system into a glacial period might have been delayed or inhibited by the relatively higher levels of the CO2 concentration. Regardless of the remaining uncertainty on the causes underlying the difference in greenhouse gas levels during the MIS 19 and the preindustrial-Holocene (i.e., early anthropogenic hypothesis versus natural), this would have been enough to drastically deviate the evolutionary climatic trajectories of the two orbital analog interglacials, highlighting a very high sensitivity of the climate to greenhouse gases…”
queste sono le conclusioni dello studio, il resto sono ipotesi e considerazioni a margine di chi ha diffuso il comunicato e così via;
è più chiaro così?
a margine: si è vero, l’energia geotermica ha un potenziale enorme, ed è altrettanto imponente come fattore interno al pianeta, ma intanto, nei primi 10/20 metri di profondità del suolo, il flusso termico è trascurabile se confrontato alla capacità di redistribuzione del calore dei venti e in generale dell’aria a contatto con la superficie, inoltre la conduttività termica delle rocce diminuisce proporzionalmente alla % di fluidi (=> porosità => acqua) contenuta, e quest’ultima è sicuramente maggiore nelle rocce molto superficiali che non in quelle a grande profondità sottoposte ad elevate pressioni isostatiche; non ha cso il gradiente geotermico diventa tale solo da una certa profondità in poi, sopra anche la temperatura del suolo riflette gli andamenti stagionali;
se così non fosse, probabilmente ci basterebbe sedere a terra anche d’inverno per non avere freddo, e se così non fosse, i poli probabilmente non sarebbero ghiacciati perennemente;
che poi localmente, in corrispondenza di aree con masse magmatiche a debole profondità (qualche km), ci siano zone dove in superficie si possa risentire di un flusso geotermico elevato, che può anche favorire un parziale scioglimento alla base dei ghiacciai, nessuno lo nega, ma che nel complesso il calore geotermico sia paragonabile all’influenza e all’input energetico solare, e alla capacità dell’atmosfera di trattenere parte di questo calore esogeno, nel bilancio termico del pianeta mi sembra poco plausibile (opinione personale, ovviamente);
sta di fatto che il flusso geotermico medio è calcolato in circa 0,06 W per m2, mentre la costante solare, comprensiva delle influenze schermanti dell’atmosfera e della copertura nuvolosa, è stimata, ad esempio in Italia centrale, a circa 180 W/m²…. direi che il paragone è impietoso… 😉
Ancora qualche considerazione sulla capacità distruttiva dell’Homo sapiens, anche se “preistorico”. Supponendo che durante l’Olocene la popolazione umana su tutta la Terra sia stata dell’ordine di dieci milioni di individui per 10.000 anni, occorre tener presente che 10.000 anni sono per noi un lasso di “tempo profondo”, difficilmente valutabile da una persona comune: se ad esempio il ricambio generazionale di quelle popolazioni era di 30 anni, in 10.000 anni si sono succeduti sulla Terra (10.000 : 30) x 10 milioni = 3 miliardi e 333 milioni di individui, in gran parte affamati e pieni di iniziativa e di coraggio.
Ma da quattro o cinque millenni esistono sulla Terra anche organizzazioni umane di tipo imperiale, in Cina, nella penisola indiana, in Medio Oriente, nei Paesi circum-mediterranei, e poi anche nelle Americhe: queste organizzazioni portarono la popolazione umana al livello delle centinaia di milioni di individui, basandosi largamente sull’uso del legname come materiale da costruzione e fonte di energia (si pensi a quante foreste ha distrutto Roma per costruire le sue flotte commerciali e militari, e per riscaldare le sue terme, diffuse in tutto l’impero…).
Non pare quindi azzardato ritenere che, se non fosse esistito l’Homo sapiens, gran parte delle vaste aree continentali dell’Emisfero Nord sarebbero tuttora coperte da foreste (di latifoglie alle media latitudini, di conifere alle alte). Anche Sahara ed Arabia per diversi millenni, durante l’optimum climatico dell’Olocene, furono verdeggianti, benché prevalentemente sotto forma di savana.
Oggi invece abbiamo vastissime aree deforestate (anche se verdeggianti di pascoli e coltivazioni, che spesso però emettono grandi quantità di metano come le risaie e gli allevamenti animali): si pensi alla Cina, alla penisola indiana, alla Russia, al Medio Oriente, ma anche all’Europa Mediterranea ed alle grandi pianure delle Americhe. Si tratta di una superficie globale deforestata dell’ordine di decine di volte quella dell’Italia, e si tenga presente che tre volte l’Italia sarebbe già un milione di chilometri quadrati… L’effetto antropico sul bilancio del carbonio nell’atmosfera potrebbe quindi essere stato tutt’altro che trascurabile!
In realtà, di giorno in giorno sempre più il pianeta Terra diviene un “pianeta umano”. Gli Umani sorsero dalla Terra, e sempre di più la Terra viene rimodellata dalle mani dell’Uomo: molti studiosi ritengono che ormai si sia entrati in una nuova era geologica, l’Antropocene (l’Età degli Umani). Recentemente è stato pubblicato il documento “An Ecomodernist Manifesto”, scritto da molti scienziati, economisti, ed anche ambientalisti “della prima ora”, i quali ritengono che un futuro sostenibile per l’Umanità non può che passare per un sistematico “disaccoppiamento” tra lo sviluppo socioeconomico dei popoli e gli ecosistemi naturali.
In questa prospettiva, occorre tendere ad una “riduzione” dell’impatto dell’Uomo sulla Natura, e non pensare che una “armonizzazione” delle comunità umane con la Natura possa evitare il collasso economico ed ambientale: i contesti naturali non potranno essere protetti o migliorati se l’Umanità dovesse fare assegnamento su di essi per la propria sostenibilità ed il proprio benessere.
Come noto, da qualche anno oltre la metà del genere umano vive in città, e si prevede che questa frazione nel 2050 raggiungerà il 70%, e a fine secolo anche l’80%. Ma le città occupano oggi non più dell’2-3% della superficie terrestre, ospitando ben quattro miliardi di persone (su sette). Le città sono quindi l’esempio (positivo) ed il simbolo del disaccoppiamento tra l’Umanità e la Natura: esse infatti, rispetto alle economie rurali, si dimostrano molto più efficienti nell’uso delle risorse e nella salvaguardia degli ecosistemi. Questa tendenza all’urbanizzazione è strettamente correlata, e conseguente, ad un netto miglioramento nella produttività in agricoltura (ad esempio, negli Stati Uniti nel 1880 lavorava nei campi la metà della popolazione, oggi meno del 2%, e gli Stati Uniti sono anche grandi esportatori di derrate alimentari!). E’ sempre più evidente che la qualificazione del lavoro (meno fatica fisica e più impegno intellettuale), ed il conseguente miglioramento della salute e delle prospettive di vita, non sono possibili in una economia rurale di sussistenza.
In proposito, è interessante osservare che nei Paesi più sviluppati sono in atto significativi processi di “re-wilding” e “re-greening” (come già oggi in Italia, dove probabilmente non vi sono stati tanti boschi e tante aree allo stato naturale come da millenni a questa parte).
Agostino Mathis
ENERGIA GEOTERMICA
Non mi pare che ricordare le cantonate prese anche da grandissimi scienziati (personalmente ho un’enorme stima di Lord Kelvin) equivalga ad “insultare” qualcuno. Semmai mi sembra “insultante” la sicumera con cui in questi decenni hanno voluto convincere il mondo che un gas necessario alla vita e ai suoi cicli, come la CO2, e che pure l’uomo produce in quantità modestissime, rispetto alla natura, fosse la iattura più grande, la causa di un futuro “al gratin” per genere umano.
Ma a riprova della miopia ed inconsistenza di queste ricerche, mi permetto di presentare un dato di riflessione inoppugnabile.
Nei modelli radiativi, e di bilancio energetici (tipo Kiehl & Trenberth per intenderci) viene sempre considerata l’energia solare, la CO2, i cicli dell’acqua, ecc., ma quasi nessuno considera mai un fattore essenziale, ma del tutto NON QUANTIFICABILE ogni anno: l’ENERGIA GEOTERMICA.
Eppure è l’energia che proviene dal nucleo della Terra, che muove le placche continentali, che origina terremoti, tsunami, che rilascia quantità enormi di CALORE negli oceani, produce vulcani, ecc.
http://www.unionegeotermica.it/What_is_geothermal_it.html
C’è chi la valuta in ben 8 x 10^12 Watt (8000 miliardi di Watt) ma nessuno può prevedere come si manifesta e si distribuisce in tutto il globo, nessuno può prevedere se domani o tra 100 o 1000 anni la California sprofonderà nel Pacifico, o quando il Vesuvio erutterà ancora, dall’ultima volta nel 1944, o se ci sarà un altro tsunami nelle Maldive, e quando.
Ecco, questa sola considerazione basta e avanza, credo, per dimostrare quanto siano INUTILI anzi (mi si permetta) RIDICOLE, queste ricerche che vorrebbero ingigantire smisuratamente il ruolo antropico, nella climatologia terrestre.
L’eruzione gigantesca di un solo vulcano, il Tambora, nel 1815, fu sufficiente a modificare il clima dell’anno successivo (che venne definito “Anno senza estate”) eppure ci sono ricercatori che credono che la CO2 dei primitivi, 11.000 anni fa, possa avere influito sul clima terrestre.
Un solo grande vulcano che erutta produce più CO2, polveri, gas, di tutto il genere umano OGGI, (con 7 miliardi di persone), eppure pretendono di stabilire che qualche milione di poveri pastori avrebbero addirittura influito sulle glaciazioni! E nell’arco di 11.000 anni ci sono state innumerevoli eruzioni, terremoti, ecc.
Ripeto, che senso ha voler studiare l’influenza sulle temperature della CO2 dei pastori primitivi, quando NESSUNO può predire se domani nelle profondità oceaniche verranno sprigionate quantità immense di energia e calore, in grado di influire sulle temperature degli oceani, sul NINO e la NINA, sui monsoni, sulla corrente del Golfo, ecc.?
Qualcuno ha una risposta?
Io no
Rispetto l’impegno e l’operato di professori, ricercatori, scienziati e/o semplici appassionati… ma permettetemi un appunto:
è inconcepibile che al giorno d’oggi venga studiato un argomento così complesso come il Clima Terrestre, fregandosene deliberatamente della paleoclimatologia e della storia del nostro pianeta.
Qui si stanno ignorando le basi più elementari del clima e si sta condizionando il sapere e le basi culturali del futuro. Leggo sempre più spesso strafalcioni e incongruenze assurde… creare ad hoc col tentativo, disperato a mio avviso, di giustificare con la CO2 le variazioni di temperatura del pianeta nel corso dei vari secoli e millenni. E lo si fa a tal punto da ignorare completamente quelle che sono state le precedenti variazioni. Perché? Perché vi ostinate così tanto ad ignorare l’Attività Solare mentre sposate ad occhi chiusi,… oserei dire per “fede”, la politica vergognosa dell’IPCC? Come fate a sostenere i vostri discorsi che vorrebbero attribuire alle attività agro-pastorali delle prime comunità di homo sapiens, delle variazioni di temperatura che però sono facilmente riscontrabili anche durante i Periodi Interglaciali Caldi (chiamiamoli col loro vero nome) di 400K e 800k anni fa?
Capisco che per chi ha una laurea è difficile anche solo leggere i commenti di chi, come me, “studia” questi argomenti da 15 anni… ma vorrei che faceste uno sforzo ogni tanto… perché avere un titolo di studio non significa avere ragione a prescindere. Anche se tale titolo fosse il Nobel per la Fisica o quel che volete.
La temperatura del pianeta Terra è stata ricostruita in vari modi per diversi milioni di anni. E guardando l’andamento della stessa, si evince che cambia in modo sufficientemente PRECISO a distante temporali sufficientemente PRECISE. Pertanto la causa è sicuramente riconducibile a qualcosa di CICLICO… come l’orbita di una o più stelle che influenzano il nostro Sole e quindi il clima del nostro pianeta. Anche perché ignorare le relazioni tra Attività Solare e Clima terrestre ci riporta alle vergognose affermazioni di alcuni scienziati (che spero non condividiate perché altrimenti partono le offese) secondo i quali il Sole non ha alcuna influenza sul clima terrestre.
Qui non si tratta più di stabilire la percentuale di influenza. Si tratta di gettare al vento secoli di fisica e di impegno nel cercare la verità. Si tratta di riscrivere totalmente i libri di scienze naturali, fisica e quant’altro in nome di cosa? Un finanziamento? Un premio per aver sparato la cazzata più grossa come quella secondo la quale gli oceani vengono riscaldati unicamente dall’aria?
Andiamo… cercate di passarvi la mano sulla coscienza, riaprite quegli occhi e voi che ne avete la possibilità… cercate di quantificare un po meglio le cause dei cambiamenti climatici. Non fatelo però per un semplice pezzo di carta…. ma per l’amore verso i vostri figli…. ai quali dovreste insegnare prima di tutto la libertà di pensare e agire e l’amore verso la Natura.
Una natura che ci mette tutto a disposizione per poterla capire ma che sempre più spesso cerchiamo di sminuirla e ridurla ad una semplice realtà virtuale!
Scusate il mio sfogo… ma non accetto che venga ridicolizzato cosi’ un argomento, il Clima, tanto complesso quanto affascinante. Dare tutta questa importanza alla CO2 fregandosene abbondantemente dell’Attività Solare è, a mio avviso, vergognoso e OFFENSIVO!
Bernardo, ma con chi ce l’hai?
gg
Con chi si arrampica sui vetri Guido… cercando in qualche modo di sostenere che è la CO2 a modificare la temperatura del pianeta e non il contrario.
Con chi cerca di trovare scuse come quella degli ominidi cacciatori-raccoglitori-contadini-nullafacenti che incendiando qualche bosco hanno modificato il normale evolversi dell’attuale periodo interglaciale caldo.
E con chi si ostina a non considerare l’Attività Solare come la principale, se non l’unica, causa che determina l’aumento o la diminuzione della temperatura sul pianeta Terra.
Quindi tu NON rientri tra questi 😀
BM
si si, lo so benissimo, per quello ci ho tenuto a precisare che “sarebbe meglio leggerlo per intero e non limitarsi ai comunicati riassuntivi, che come spesso accade in Italia tirano per i capelli conclusioni e frasi che i ricercatori non si sono mai sognati di scrivere….”
non passa settimana che sulla pagina Facebook dell’ ENEA non mi metto a litigare con qualcuno che pubblica gli abstract di lavori, condendoli con considerazioni personali e titoli da acchiappa farfalle, che spesso sono pure invenzioni di marketing e degli uffici stampa…
non è la prima volta che tra riassuntini dei comunicati, e contenuto dei lavori veri e propri, ci passa una “corrente getto ” 🙂
a questo link trovate il lavoro originario completo:
http://www.researchgate.net/publication/276925875_Duration_and_dynamics_of_the_best_orbital_analogue_to_the_present_interglacial
forse, prima di passare agli insulti a tutto spiano nei confronti di ricercatori che hanno c.v. lunghi chilometri, e che non essendo climatologi, per loro fortuna, ma geologi, analizzano dati reali, confrontano evidente isotopiche in serie stratigrafiche, e correlano, seppur con tutti i limiti, dati ad altri dati, senza giocare troppo con modelli matematici, e ad affermazioni quanto meno discutibili, – …” l”effetto serra” (che non esiste) …”
forse sarebbe meglio leggerlo per intero e non limitarsi ai comunicati riassuntivi, che come spesso accade in Italia tirano per i capelli conclusioni e frasi che i ricercatori non si sono mai sognati di scrivere….
–
chi si prenderà la briga di farlo, potrà notare l’estrema prudenza e onestà nel dichiarare sia gli assunti di base usati come presupposti
…. “Here we present the first high-resolution paleoclimatic record for MIS 19 anchored to a high-precision 40Ar/39Ar chronology, thus fully independent of any A PRIORI assumptions on the orbital mechanisms underlying the climatic changes….”
e nelle conclusioni:
“that the current interglacial COULD HAVE already been prolonged by the progressive increase of the greenhouse gases since 8–6 ka, POSSIBLY due to early anthropogenic disturbance of vegetation…”
–
“The case of delayed or failed glaciation caused by the progressive, POSSIBLY anthropogenic, increase of atmospheric CO2 concentrations since ca. 8–6 ka WOULD SEEM to be supported by the results of our study….
quindi a leggere correttamente quanto detto, la conclusione è che “…l’ipotesi e il caso di una glaciazione rallentata o mancata per un aumento della concentrazione di CO2 (aumento che è innegabile per chiunque – aggiungo io), FORSE di origine antropica, POTREBBE essere supportata dal nostro studio”….
è un po’ diverso dal concetto di “…quattro gatti faticosamente passati dall’essere cacciatori-raccoglitori ad essere coltivatori (stima della popolazione mondiale 10.000 anni fa da 1 a 10mln), avrebbero iniziato la modifica dei cicli glaciali…..”
vi ricordo per altro, che numerosissimi studi archeologici e paleo-ambientali, hanno riconosciuto già all’epoca della Roma repubblicana, e imperiale poi, un diffusissimo inquinamento atmosferico da piombo, le cui tracce sono arrivate fino in artico, e che inoltre, le foreste, e quindi il legno, in tutta Europa, dalla scandinavia dei Vichinghi al mediterraneo di Greci, Etruschi, Romani etc etc hanno costituito per millenni il materiale di costruzione per eccellenza di flotte, carri, insediamenti urbani popolari, campi militari, e quant’altro, quindi seppur parliamo di poco più di qualche milione di persone in totale, non è così peregrina l’ipotesi di una deforestazione piuttosto estesa e comunque di attività antropiche che potrebbero non essere state del tutto indifferenti agli equilibri ambientali del tempo…;
🙂
Max,
grazie per il chiarimento. Come sempre il contenuto soggetto a referaggio è però difforme da quello utilizzato per la comunicazione del proprio lavoro. Sono certo che tu l’abbia fatto, ma ti invito a rileggere gli ultimi tre periodi del comunicato stampa. Sai bene che la critica non è rivolta al lavoro di ricerca, quanto piuttosto a come questa viene divulgata, fattore questo che al giorno d’oggi è di pari se non superiore importanza. E comunque, affascinante o meno che sia, la storia che pochi mln di persone abbiano inflitto all’ambiente delle modifiche capaci di far abortire l’incipit di una glaciazione è davvero dura da digerire.
gg
Ma come si fa a perdere tempo con teorie tanto palesemente assurde, senza degnarsi di fare i conti, e verificarle dal punto di vista matematico? Mathis scrive che l’homo sapiens, fattosi pastore e coltivatore, poi avrebbe distrutto col fuoco “milioni di km2 di foreste”. A parte il fatto che ciò è indimostrabile, ma – ripeto – stiamo parlando di qualche milione di persone su tutta la terra, e NON dei 7 miliardi di oggi, quindi oggi siamo 70 VOLTE di più, e viviamo (almeno nei Paesi occidentali, 80-85 anni in media, senza mortalità infantile, che all’epoca debellava subito il 90% dei nati). Inoltre, qualcuno ha mai provato a calcolare qual è l’impatto ecologico di un uomo del 2000, rispetto ad uno di 11.000 anni fa? Un uomo di oggi, per il solo fatto di avere e mantenere un’auto (che richiede per produrla tonnellate di acqua, lavoro di decine di persone, miniere, ferro, alluminio, materie plastiche, strumentazione elettronica, ecc.) emette 1000 VOLTE più CO2 di un uomo primitivo. Poi ci sono i combustibili per farla circolare (una bomba ecologica legata all’estrazione e raffinazione del petrolio), poi c’è il RISCALDAMENTO E L’ENERGIA ELETTRICA, che noi consumiamo a profusione ( mentre nessun uomo primitivo ne poteva disporre!). Ma anche solo per quanto riguarda il vestiario, e l’alimentazione, una bistecca o un hamburger nostro richiede allevamenti, pascoli, disboscamenti immani, un’organizzazione industriale di persone (e che hanno un enorme impatto ecologico!) che l’uomo primitivo non aveva.
Quindi , quando ho fatto il calcolino di cui sopra, e dimostrato che gli uomini di 11.000 anni fa contribuivano per lo 0,0000017 alla produzione di CO2 mondiale, sono stato ancora troppo buono, nel non considerare che un uomo primitivo emetteva forse 1/1000 della CO2 di quelli di oggi!
Quindi, quel numero va moltiplicato per mille, e avremo 0,0000000017, ed è il contributo dei primitivi alle emissioni di CO2.
Il prof. Mathis, visto che è ing. nucleare, lo ha fatto questo calcolo, o simili, o si occupa solo di calcoli sul decadimento dei materiali radioattivi?
A me sembra ridicolo questo tentativo di arrampicarsi sugli specchi, pur di non ammettere che è il SOLE, e non certo la CO2, il fattore principale nelle temperature mondiali di tutte le ere terrestri.
E per quanto riguarda la PRESUNTA capacità calorica della CO2, ma se fin dagli anni ’50-’60 i maggiori esperti mondiali di gas (Hottel del MIT, Pitt, Sissom, etc.) avevano già studiato a fondo la CO2, emissività (che è solo 0,0017!), spettri di assorbimento, ecc., e stabilito che perfino un raddoppio di tutta la CO2 esistente non avrebbe alcun effetto sulle temperature!
http://www.biocab.org/Total_Emisivity_CO2.html
Da parte mia, a parte il lavoro da me pubblicato nel 2012, (peer-reviewed da 10 esperti e modestamente uno dei più letti online http://principia-scientific.org/publications/PSI_Miatello_Refutation_GHE.pdf ) dove ci sono calcoli precisi, io sono ancora qui in attesa di risposta dal prof. Pratt, di Stanford, che voleva replicare l’esperimento di Robert Wood (grande fisico della Johns Hopkins University, che aveva demolito “l’effetto-serra” già a inizio ‘900 con due serre di diverso materiale) e credeva di poter dimostrare che una serra con tetto acrilico (presunta imitazione dell’atmosfera) si sarebbe scaldata di 15-20° C più dell’altra con tetto di vetro, smentendo Wood. Ebbene, calcoli alla mano, gli ho dimostrato http://www.principia-scientific.org/the-famous-wood-s-experiment-fully-explained.html che la differenza di temperatura dipende solo dall’UMIDITA’ DELL’ARIA, perchè non già la irrilevante CO2, ma il vapore e l’umidità (come ben noto) sono i maggiori “driver” dell’energia termica e delle temperature atmosferiche, quindi è solo questione di cambio di conducibilità termica tra aria secca (che conduce di più il calore, e porta ad un raffreddamento più rapido) e aria umida (che conduce meno, e determina un “accumulo” di energia termica e quindi un aumento maggiore di temperature rispetto a luoghi con aria secca).
Ma non c’entra nulla l”effetto serra” (che non esiste) nè tanto meno la CO2.
Assurdo poi che qualcuno venga a dire che i primitivi avrebbero potuto influenzare addirittura le temperature dell’era glaciale. Se così fosse, per coerenza ed in proporzione, dalla fine dell”800 in poi, i miliardi di uomini e le emissioni dell’era industriale avrebbero dovuto far salire le temperature di 80°-90° C!!
Ma possibile che queste persone non si accorgano delle assurdità di queste affermazioni?
Guardate che una assurdità detta da “fonte autorevole” non diventa vera, semmai diventa “un’autorevole assurdità”
Quando il grande fisico Lord Kelvin a fine ‘800 sentenziò che il volo umano sarebbe stato IMPOSSIBILE, e solo pochi anni dopo due modesti meccanici (fratelli Wright) gli dimostrarono che aveva detto una idiozia, l’idiozia rimase tale, anche se l’aveva detta il grande Kelvin…
E ce ne sono centinaia di idiozie “autorevoli”.
Ringrazio il prof. Mathis per avermi fatto recuperare l’ormai vecchio articolo di Ruddiman (risale al maggio del 2005): erano mesi che lo cercavo senza trovarlo! http://www.lescienze.it/news/2005/05/01/news/quando_iniziammo_ad_alterare_il_clima-585004/
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Quando lessi per la prima volta l’articolo di Ruddiman restai molto impressionato dalle sue argomentazioni e ho riflettuto molto su quanto aveva scritto: alla fine mi è restato il concetto profondo pur avendo perso il riferimento bibliografico, ma ciò è quello che conta alla fin fine.
Altro articolo molto interessante, per me, è stato Tzedakis et alii, 2012 in quanto ben si adatta a spiegare il comportamento di un sistema complesso come quello climatico. In tale articolo si suggerisce un meccanismo di innesco delle glaciazioni e delle deglaciazioni che ingloba cause esogene (astronomiche) ed endogene (circolazione termoalina, inclinazione dell’asse terrestre e concentrazione della CO2 atmosferica). Solo quando queste grandezze sono opportunamente in relazione tra loro si innesca il processo di glaciazione e/o di deglaciazione con un ritardo di un migliaio di anni rispetto al momento in cui si verifica la concordanza di fase. Nella fattispecie le concentrazioni relativamente elevate di CO2 atmosferica nelle ultime migliaia d’anni (dovute a cause naturali ed antropiche) avrebbero impedito il verificarsi della concordanza di fase che avrebbe innescato la glaciazione.
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Tutto questo funziona perfettamente dal punto di vista logico, ma offre il fianco ad una critica di fondo di cui, a mio modesto parere, bisogna tener conto. La concordanza di fase e l’innesco della glaciazione/deglaciazione secondo il meccanismo proposto da Tzedakis e al., 2012 non sono determinabili con precisione (né in fase di analisi di dati paleoclimatici, né in fase di previsione) per cui è facile commettere errori di qualche migliaio di anni che, in termini astronomici sono un’inezia, ma in termini umani sono un’eternità. Ciò rende oltremodo difficile testare o, per meglio dire, utilizzare il meccanismo proposto da Tzedakis per descrivere l’evoluzione del clima a scala secolare. Questo mi sembra ancora più vero anche tenendo presenti le oscillazioni ad alta frequenza del sistema climatico che, ovviamente, sfuggono a meccanismi che operano su scale millenarie.
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Ciò non toglie, però, che l’ipotesi di Ruddiman resta perfettamente valida e, se fosse vera, da un lato dovremmo rallegrarci in quanto, senza volerlo, l’abbiamo scampata bella (abbiamo evitato una glaciazione che avrebbe potuto porre fine alla nostra civiltà), dall’altro non ci fa dormire sonni tranquilli per il futuro.
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Il prof. Mathis nel suo commento invita a porre in atto politiche che possano mitigare la produzione di CO2 in quanto, se l’ipotesi di Ruddiman fosse vera potremmo avere grossi problemi a causa degli effetti a breve termine della CO2 atmosferica. Su questo avrei, però, qualche dubbio in quanto oltre all’ipotesi di Ruddiman esistono anche altre teorie che ipotizzano una sensibilità del sistema climatico alla CO2 nettamente inferiore. Quale ipotesi assumiamo vera? Qualcuno mi risponderà che questa è la classica tecnica dialettica degli scettici: cercare una prova, una pistola fumante che è impossibile da ottenere. Onestamente non la vedo in questo modo. Fino a prova contraria ognuna delle teorie poste sul piatto ha stesso diritto di cittadinanza. Perché preferire una alle altre? Mi si dirà che il consenso ecc., ecc. fa propendere per quelle in cui la sensibilità climatica è più alta, ma questo non mi basta. Nell’ipotesi malaugurata scegliessimo sulla base del consenso la teoria sbagliata, potremmo trovarci in un vicolo cieco da cui non potremmo uscire indenni.
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Poniamo per ipotesi di puntare tutto sulle energie rinnovabili, sulla geoingegneria e immaginiamo di abbattere le emissioni di CO2 in modo drastico. Potremmo trovarci di fronte ad una crisi globale che potrebbe portare a guerre, rivoluzioni, spostamenti di popolazioni ancora più grandi di quelle paventate per motivi climatici. E se a questo punto scoprissimo di aver puntato sul cavallo sbagliato? Come faremmo a tornare indietro da una situazione socio-economica così fortemente deteriorata?
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Diverso sarebbe il caso se potessimo decarbonizzare il globo senza rinunciare a forme di energia a buon mercato che ci consentirebbero di mantenere alti gli standard sociali ed economici. Su questo piano bisogna registrare, però, la resistenza di molti gruppi di pressione che invocano solo ed esclusivamente decrescita, tasse, redistribuzioni a senso unico e via cantando. E su questa strada personalmente non sono disposto a proseguire perché senza sviluppo la specie umana è destinata a scomparire.
Ciao, Donato.
Argomento e discussione decisamente interessanti. Personalmente ritengo condivisibile la relazione di Agostino Mathis e quindi anche la tesi del prof. Ruddiman in merito soprattutto alle possibili cause, rigorosamente molteplici, all’origine dei periodi glaciali ed interglaciali. Naturalmente poi, come dice Guidi, non è dato sapere i termini temporali relativi alla scadenza di questo periodo interglaciale che stiamo vivendo, così come non è possibile sapere nemmeno dove esattamente ci troviamo in quel segmento temporale caratterizzato da una dinamica di temperatura e concentrazione di CO2 a “denti di sega”. Sta di fatto che se tutto dovesse rimanere così com’è, da quattrocentomila anni a questa parte, tra non molto (dove con questo termine si può intendere un lasso di tempo dell’ordine delle diverse centinaia d’anni) si andrà verso una nuova era glaciale. A meno che non intervenga questa variabile impazzita chiamata “gas serra”. Ora, io non credo, e su questo sono completamente d’accordo con Guidi, che millenni or sono, le attività di quei “quattro gatti” possano aver contribuito ad un cambiamento climatico importante, ma sono e rimango possibilista invece sul fatto che questi diversi miliardi di attuali esseri umani possano effettivamente aver contribuito in una certa misura nell’ esasperare soprattutto il recente riscaldamento climatico osservato a partire dal 1976. La mia attuale opinione, che potrà anche cambiare in futuro se nuovi dati e nuove conoscenze mi porteranno a farlo, è che nel lasso di tempo che più ci interessa, e cioè su scala decadale, siano principalmente quattro i driver climatici più importanti: variazioni endogena degli indici climatici principali (AMO, ENSO, PDO), eruzioni vulcaniche, contributo degli aerosol antropici, contributo dei gas serra antropici. L’ipotesi solare, al momento, sempre relativamente al periodo considerato (ultimi quaranta-cinquant’anni) non mi convince ancora molto, in quanto, concretamente, ad una dinamica dell’attività solare che dai dati appare in leggera diminuzione a partire dal picco raggiunto durante il ciclo 19 a cavallo dell’anno 1960, si contrappone invece una dinamica delle temperature globali, orientata all’aumento, anche se non lineare, che tutti conosciamo. Per quanto riguarda infine la teoria dei raggi cosmici, non mi sembra essere al momento sufficientemente supportata da prove robuste, in attesa magari dei risultati completi dell’esperimento CLOUD in svolgimento presso il CERN di Ginevra. Saluto sempre tutti cordialmente.
In proposito, Vi riporto qui di seguito uno stralcio della relazione “Dinamica e controllo del Sistema Clima-Energia”, che avevo presentato al “CONVEGNO CLIMA, ENERGIA, SOCIETA’”, tenutosi al
CNR di Roma nei giorni 13 e 14 ottobre 2009; come vedrete, vi si cita anche il ricercatore di cui, penso, parla Donato:
“Tipicamente, un interglaciale inizia con un rapidissimo aumento di temperatura, seguito da un graduale, anche se irregolare, raffreddamento fino ad un nuovo minimo al termine del successivo periodo glaciale. Anche le notevoli oscillazioni presenti durante i periodi glaciali (oscillazioni di Dansgaard-Oeschger, eventi di Heinrich) presentano un analogo andamento, benché su scale di tempo più brevi. Si tratta, come si vede, di caratteristici “denti di sega” (lento accumulo di ghiacci, seguito da rapide deglaciazioni). Questo comportamento può essere attribuito alla peculiare non-linearità della criosfera: le calotte glaciali, infatti, non possono crescere più rapidamente di quanto permesso dal regime delle precipitazioni, mentre possono sparire anche molto velocemente quando ricevano un adeguato flusso di entalpia.
Se si applicano ad un tradizionale modello climatologico le sole, ben note, forzanti astronomiche, si ottengono andamenti con le stesse, corrette, frequenze di base, ma di forma molto più arrotondata rispetto alle registrazioni sperimentali riportate in fig. 4. E’ quindi essenziale che il modello tenga conto correttamente, oltre che delle forzanti astronomiche, anche della dinamica della criosfera e della relativa albedo, delle concentrazioni dei gas ad effetto-serra (gas-serra: naturali, e poi antropici) e delle correnti marine.
Da qualche anno, il Prof. William F. Ruddiman, della Virginia University, introducendo nei modelli anche gli effetti-serra naturali (essenzialmente anidride carbonica e metano, emessi o assorbiti da litosfera, oceani e biosfera), ha ottenuto andamenti molto più simili a quelli sperimentali, ed in particolare può spiegare l’innesco della deglaciazione con una causa prima di tipo astronomico (forte radiazione solare ad inizio estate alle alte latitudini), a cui consegue una emissione di gas-serra che in retroazione positiva accelerano il riscaldamento e la deglaciazione (Ruddiman, 2008). Questo spiega il fatto che nelle registrazioni paleoclimatiche l’anidride carbonica “segue” la temperatura, ma ovviamente non esclude, anzi presuppone, che l’anidride carbonica a sua volta sia causa di un rilevante effetto-serra.
Come noto, anche il vapor d’acqua rappresenta un importantissimo gas ad effetto-serra; occorre tuttavia osservare che, essendo il vapor d’acqua condensabile in relazione alla temperatura atmosferica, esso non è una variabile indipendente, ma costituisce una retroazione positiva (destabilizzante) per aumenti di temperatura di qualunque origine. Anche qui, può essere utile leggere quanto afferma in merito il 4° Rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change del 2007 (IPCC, 2007b).
Il Prof. Ruddiman avanza anche l’ipotesi che già a partire da almeno ottomila anni or sono, sia pure inconsciamente, l’Homo sapiens abbia influito sul clima, al punto da averne finora ritardato la “naturale” tendenza verso una nuova era glaciale (e permettendo così lo sviluppo delle civiltà “storiche”) (Ruddiman, 2005). Le cause poterono essere la deforestazione (mediante incendi, anche se la CO2 così prodotta non sembrerebbe molto rilevante), e l’agricoltura e l’allevamento (in particolare, risaie e bovini, che producono molto metano, anch’esso potente gas-serra).
Da due secoli, poi, è esploso l’utilizzo dei combustibili fossili, ed anche nella fig. 4 precedente se ne vedono gli effetti: nell’aria intrappolata negli strati di ghiaccio antartico le concentrazioni di anidride carbonica, di metano e di ossido di azoto hanno raggiunto livelli mai visti da molti milioni di anni. Si tratta quindi ora di evitare che gli effetti antropici eccedano al di là della stabilizzazione del clima, e cioè provochino un riscaldamento incontrollato dell’atmosfera e degli oceani, ed una ulteriore rilevante deglaciazione dopo quella che ha posto fine all’ultima era glaciale.”
Per quanto riguarda la capacità distruttiva dell’Homo sapiens, teniamo presente che sembra probabile che le forse poche migliaia di Siberiani, migrati nel Nord America attraverso lo Stretto di Bering durante l’interstadiale Bolling-Allerod circa 13.000 anni fa, siano stati in grado di eliminare in qualche decina di generazioni tutta la megafauna di quel continente (ma disponevano di una grande esperienza di caccia grossa, acquisita con i Mammut euroasiatici, e di ottime armi dell’età della pietra: le punte di freccia e di lancia della Cultura Clovis). Non stupisce che qualche millennio dopo, l’Homo sapiens, fattosi pastore e coltivatore, per aprire spazi sempre nuovi a mandrie e greggi e a seminativi, abbia volutamente distrutto col fuoco milioni di chilometri quadrati di foreste…
Attendo commenti!
Agostino Mathis
La notizia per me non è nuova: già alcuni anni fa un ricercatore USA aveva attribuito alla CO2 un ritardo nell’inizio della nuova glaciazione. L’articolo divulgativo del ricercatore fu pubblicato su “Le Scienze”, ma non sono riuscito a reperire i riferimenti.
Il risultato dei ricerca sembrerebbe una conferma delle conclusioni di Tzedakis et al., 2012 ( http://www.climatemonitor.it/?p=28010 ).
Ciao, Donato.
Ooops, scusate, sono stato fin troppo “buono”. La CO2 totale è lo 0,004% (non 0,04% come ho scritto), quindi il calcolo sopra va modificato di uno zero, quindi l’uomo primitivo contribuiva – più o meno – in totale per lo 0,0000017% di tutta l’anidride carbonica in circolazione nell’atmosfera. Ma ciò sarebbe bastato – secondo quei ricercatori – a far salire le temperature di diversi gradi, rallentando la glaciazione.
Chissà, forse hanno ragione.
Magari gli uomini primitivi emettevano fiamme dalla bocca e dalle narici, come i draghi!
Ah ah ah, ma è incredibile che ci sia gente disposta a pagare “ricercatori” che scrivono baggianate colossali simili, che vengono smentite facendo due “conti della serva”. Questi parlano di “modifica della vegetazione” indotta dall’agricoltura preistorica, e ciò avrebbe causato un innalzamento delle temperature di diversi gradi. Quindi, qualche milione di poveracci (la cui vita media forse era manco 1/3 di quella attuale!) in tutta la Terra, 1/70 di quella attuale, l’equivalente della popolazione di Roma e Milano oggi, senza (badate bene!) nemmeno essere in grado di usare strumenti meccanici di disboscamento (ruspe, trattori, motoseghe, bulldozer, etc.), solo per il fatto di seminare un po’ di cereali nei campi, e piantare qualche albero, secondo questi “geni” avrebbero modificato il clima mondiale di qualche grado. Ah ah ah, bella come barzelletta, me la sono segnata! Quel che colpisce è proprio l’inconsistenza assoluta di questi “papers”. Gran parte della CO2 di oggi (il cui potere calorifico è peraltro del tutto irrilevante) è prodotta dagli oceani e dalle foreste + torbiere, ecc, mentre quella antropica è solo il 3%. Quindi oggi l’uomo contribuisce per il 3% dello 0.04% (= concentrazione totale di CO2 nellatmosfera) , cioè per lo 0,0012 %. L’uomo preistorico contribuiva (ammesso e non concesso che inquinasse come quello attuale) per 0,0012 diviso 70 = 0,000017% di tutta la CO2 mondiale, e ciò avrebbe causato una crescita delle temperature mondiali di qualche grado!!
Eh, si vede che non ci sono più le maestre di una volta, quelle che mandavano i somari dietro la lavagna in ginocchio!
Le variazioni orbitali dell’energia ricevuta dal pianeta Terra ed emessa dal Sole, sono infinitesime e praticamente trascurabili. Ciò che cambia realmente, da un Periodo Interglaciale Caldo all’altro, è la posizione della stella (presumibilmente binaria) che fa compagnia al Sole e che ne influenza, in modi sempre “leggermente” differenti, l’Attività Magnetica. In particolare si ha un ciclo di circa 120.000 anni che si ripete costante e che dovrebbe essere (ma lo sto verificando) il periodo orbitale di tale stella unito ad uno di circa 400.000 che è invece il periodo di riallineamento del Sole con la sua compagna binaria in configurazione di “congiunzione inferiore” (ovvero Sole, 3a stella e 2a stella tutte e 3 allineate). In questo modo si ha che il periodo interglaciale caldo è praticamente sempre molto breve e molto forte… ma ogni 400.000 anni qualcosa ne allunga la durata e ne limita l’intensità. E questo qualcosa è proprio il passaggio della 3a stella davanti alla compagna del Sole. Ma stiamo ancora facendo le simulazioni e quindi è ancora tutto molto in forse!!!!
Per la fine dell’interglaciale, la durata media è di circa 10.000 anni… 5000 in un Periodo Interglaciale e 5000 nell’altro. Tale periodo, che noi di Attivitasolare.com chiamiamo Periodo di Transizione Interglaciale, è caratterizzato essenzialmente da una continua e sempre più frequente variazione delle temperature con sbalzi sempre più lunghi e pronunciati. Sbalzi che possono arrivare a durare anche 1000-2000 anni e che sono iniziati proprio con i grandi minimi solari.
Quello che sta accadendo, ora, è solo l’ennesimo sbalzo… che però avrà conseguenze molto devastanti perché l’umanità non è più autosufficiente… ma dipende in modo eccessivo dal Petrolio.
Guido Guidi per me lei é un mito
E pensare che se avessi fatto l’università mi avevano offerto già un posto al CNR…menomale che non lo fatta, anche se con rammarico.
…forse è meglio che lei studi un poco di italiano(“l’ho fatta)…un caro saluto a tutti.