L’argomento di oggi è un déja vu, ci siamo passati su nel febbraio del 2013. Malgrado la leggerezza del post di allora, ne nacque una interessante discussione. Penso che con il fermento che c’è in questi giorni sul tema dell’istruzione sia legittimo tornarci su, sebbene con la raccomandazione di cercare di rimanere nei limiti della buona creanza.
L’occasione viene dalla segnalazione di un amico, trovata su facebook ed evidentemente proveniente da un libro di testo della scuola elementare. Leggete il testo dell’immagine.
Ora, al di là dei sinistri pensieri in tema di diabolici progetti di condizionamento del tempo e del clima su cui qualche credulone ha anche recentemente manifestato per le strade, il problema reale qui mi sembra essere quello didattico, quello dei contenuti.
Chi ha scritto questo testo non so se ne sappia di scuola, ma di sicuro non ne sa di scienze, intendendo con questa l’insegnamento della materia scientifica nella scuola primaria. Uno così non dovrebbe insegnare, anzi, non dovrebbe andare in giro da solo. E tanto vale anche per chi quel testo lo ha giudicato idoneo nelle sedi opportune, come per chi lo ha adottato per l’insegnamento.
Si parla tanto di regole ultimamente, ma non ci sarà regola che possa sanare la profonda e demagogica ignoranza con cui sono state allevate le ultime generazioni. Compreso chi scrive, ovviamente.
Tanto per riagganciarci con l’attualità, Galli della Loggia riporta questo:
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«Circolare n. 44. Oggetto: circolazione circolari. Sono state presentate alcune rimostranze da parte di genitori dell’alberghiero e dei loro rappresentanza (sic!) riguarda (sic!) la mancata circolazione di alcune circolari. Si raccomanda di far circolare per le classi agli (sic!) studenti tutte le circolari e di farle ricircolare per le classi uscite prima (sic!).
Si raccomando (sic!) di mantenere un flusso continuo di circolazione e di ricircolazione delle circolari anche con l’ausilio attivo e fattivo all’ (sic!) istituto alberghiero degli studenti di accoglienza turistica».
Questo è un testo ufficiale redatto e firmato da un dirigente scolastico della sgrammatica Repubblica italiana.
[…]
Come cittadino della suddetta sgrammaticata Repubblica mi limito ad avanzare solo tre domande, più che consapevole, peraltro, della loro prevedibile inutilità: 1) il ministro dell’Istruzione, e per lui i suoi uffici, hanno la possibilità di venire mai a conoscenza che un loro dipendente è capace di scrivere (oltre che di concepire, ma lasciamo perdere ) un testo simile? Hanno un qualche controllo effettivo di che cosa accade realmente nella scuola, nelle scuole? 2) e se sì, hanno il potere per esempio di iniziare all’istante un procedimento che porti in tempi ragionevoli all’allontanamento dal suo incarico di chi ha scritto l’obbrobrio di cui sopra? 3) Che razza di «Buona scuola» ci si deve aspettare da un’«autonomia» degli istituti scolastici invocata e decantata come la panacea di ogni male, che però poi può consegnare il destino di anche uno solo di essi nelle mani di uno scervellato semianalfabeta come l’autore dello scritto in questione?
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http://www.corriere.it/scuola/medie/15_maggio_29/circolare-circolari-fatele-circolare-1a8996ba-05c4-11e5-93f3-3d6700b9b6d8.shtml
Caro Fabrizio, la “circolare delle circolari” sarà stata scritta da un applicato di segreteria c++++++ e firmata da un mentecatto (dirigente o facente funzione) che non si è neanche presa la briga di leggere ciò che stava firmando. Lo so, è imperdonabile, ma può capitare.
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Vorrei, però, fare qualche considerazione prendendo spunto da quanto scrive Galli della Loggia.
La prima riguarda il fatto che lo “scervellato semianalfabeta” autore della circolare è alle dipendenze dello Stato: come ha fatto a superare un concorso pubblico? Alla luce di quanto scrive posso facilmente immaginarlo: è un vincitore di concorso con chissà quanti santi in paradiso (di cui è piena l’amministrazione statale purtroppo).
Come ha fatto a conseguire un diploma di scuola media superiore, necessario a ricoprire quel ruolo? Anche questo è facilmente deducibile per chi conosce la realtà della società italiana.
La seconda riguarda il fatto che lo “scervellato semianalfabeta” è inamovibile in quanto, grazie ai lacci e laccioli del nostro sistema sindacal-burocratico, prima di poterlo licenziare o destinare a mansioni più confacenti al suo grado di “analfabetismo”, devono passare alcuni decenni di cause dinanzi al giudice del lavoro.
Tutto ciò nell’ipotesi (molto probabile) che egli sia un applicato di segreteria (che si tratti di un dirigente o facente funzione non ci crederò mai, li conosco abbastanza bene e conosco abbastanza bene le procedure amministrative della scuola).
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E veniamo adesso al dirigente o chi per esso che ha firmato la circolare. Meriterebbe una “riservata personale” (come si definiscono i richiami ufficiali che lasciano traccia nel curriculum vita) ed una punizione esemplare per aver arrecato, con il suo comportamento gravemente negligente, danno al decoro dell’intero mondo scolastico. Mi chiedo, però, è possibile punire un dirigente per un fatto simile quando i nostri uffici pubblici sono pieni di impiegati, dirigenti e via cantando che finiscono agli arresti domiciliari (continuando a percepire lo stipendio) per fatti enormemente più gravi?
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Con questo non voglio assolutamente giustificare la cosa che tu hai portato alla nostra attenzione: è di inaudita gravità e mortifica tutti gli operatori della scuola, anche me.
Ciao, Donato.
Ottimo, Donato. Aggiungo una considerazione. Il punto di forza della scienza sono la libera discussione delle idee, il metodo scientifico, la riproducibilità, la peer-review. Nella complessità del mondo reale nessuna di queste cose è implementabile da un calcolatore: non è che uno può mettere dati, equazioni, teorie scritte in linguaggio formale in un imbuto e poi un computer dice “coerente / non coerente”. Invece, sono processi che si incarnano tutte nelle parole e nelle azioni degli uomini. Se questi uomini non sanno comunicare, o non sanno capire, o comunicano appositamente in modo farlocco per imbrogliare il prossimo, questo perché evidentemente non hanno un minimo di senso etico, la scienza affonda. Parola, comunicazione, etica, sono tutte cose che ricadono in ambito umanistico. Pertanto, la salvezza della scienza sta nell’umanesimo.
Mi pare che alla fine, i contenuti del dibattito relativi al ruolo, competenze e preparazione degli insegnanti, in un ambito sicuramente difficile come quello della “squola”, siano, con qualche piccola differenza condivisi da tutti. Anch’io mi associo all’ultimo, brillante, intervento di Fabrizio. Fabrizio ha giustamente parlato di logica, come di una componente importantissima e spesso apparentemente carente nelle persone di oggi (ragazzi o ex ragazzi che siano), io aggiungerei anche ragionamento e giudizio critico. E allora qui vorrei tornare al mio irrisolto dubbio, nonostante l’argomentazione sempre efficace e di alto livello, di Donato. La cultura è cultura e fin qui tutto va bene, anch’io credo che la parola vada intesa solo al singolare. Riguardo alle discipline, invece, mi sembra che le cose siano più complicate, e ripeto, mi sembra anche che sia ancora in corso un dibattito, in tal senso, di natura evidentemente filosofica ed epistemologica. Non c’è dubbio che ci sia una bella differenza tra tentare di definire Archimede o Euclide o tentare di definire, oggi, quale sia o possa essere la differenza tra un fisico ed uno psicologo. Io credo che se tenessimo per vera l’ipotesi riportata da Donato e altri, sulla relativa univocità e confluenza culturale delle materie e delle discipline, faremmo un danno alla scienza e alla sua precisa ed innovativa identità, almeno da quattrocento anni a questa parte. Perché dovremmo mettere sullo stesso piano discipline che fanno dell’osservazione accurata, della sperimentazione, della verifica continua, della ripetibilità dei risultati, della correzione continua degli errori, la grande differenza di un metodo, con discipline che magari sono basate principalmente sulla soggettività, sull’interpretazione personale, sull’opinione? Io sinceramente non credo che conoscere Shakespeare, le sue opere e il suo pensiero, sia da mettere sullo stesso piano della conoscenza del contributo scientifico di Darwin o Galileo, con tutto rispetto per Shakespeare, a parte il fattore importante ed irrinunciabile, ma comunque soggettivo, della gratificazione emozionale personale. Come non credo che la psicologia e la parapsicologia, abbiano molto a che fare con la neurobiologia per esempio. Qualcuno ad esempio che voi conoscerete bene, personaggio di scienza, ma anche divulgatore e saggista, ha voluto per esempio definire Freud come lo stregone viennese. Insomma, di esempi se ne potrebbero fare molti, ma la mia sensazione è che, comunque, non si dovrebbe mai confondere la scienza e i suoi metodi così peculiari ed esemplari con altre forme di discipline culturali o pensiero umano, che, con essa, spesso hanno poco da spartire. Ma la scienza non sarà mai in grado di interpretare lo sguardo della Gioconda, il linguaggio di Dante o il pensiero di Shakespeare, si dice. Vero, talmente vero che non c’è assolutamente bisogno di spiegazioni scientifiche, in merito. Devo essere necessariamente sintetico, ma sull’argomento si potrebbe discutere per giorni, penso. Saluto sempre tutti cordialmente.
F. Vomiero da un punto di vista epistemico e filosofico differenzia l’ambito scientifico da quello umanistico e Io fa sulla base di quelli che sono i capisaldi del metodo scientifico-sperimentale: osservazione del fenomeno, raccolta dei dati, formulazione dell’ipotesi, verifica sperimentale, legge scientifica. Sotto questo punto di vista sono d’accordo con lui: un fatto scientifico, per essere tale, deve superare il vaglio della verifica sperimentale, mentre un fatto, diciamo così, letterario no. Diceva il mio vecchio professore di analisi matematica che la differenza tra un insegnante di storia ed uno di matematica è che il primo parla, il secondo scrive e, quindi, ciò che scrive resta, a differenza delle parole.
Con il passare degli anni io la vedo un po’ diversamente dal mio vecchio docente.
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Pensiamo per un attimo agli spazi multidimensionali (con questo termine intendo riferirmi agli spazi con oltre 3 dimensioni) che sono alla base delle più avanzate teorie matematiche e fisiche. Uno spazio multidimensionale non è facilmente visualizzabile in quanto noi siamo abituati a vivere in tre dimensioni per cui mentre riusciamo a immaginare spazi uni e bi-dimensionali abbiamo difficoltà ad immaginare spazi a 4 dimensioni o superiori. Eppure L. Carroll, multiforme ingegno del XIX secolo, nel suo capolavoro “Alice nel paese delle meraviglie” è riuscito magistralmente a delineare uno spazio multidimensionale e S. Dalì con la sua celeberrima Crocifissione è riuscito a rappresentare nello spazio a tre dimensioni il cubo a 4 dimensioni o ipercubo.
E che dire della rigorosa prospettiva che caratterizza i più grandi capolavori della pittura rinascimentale?
Lo stesso D. Alighieri nella sua Commedia illustrò in modo magnifico la cosmologia, la matematica, la scienza del suo tempo.
Keplero, da parte sua, immaginò la sua famosa terza legge (quella del cubo del raggio e del quadrato del periodo) sulla base di un’analogia mitologico-musicale. Supponendo che i pianeti fossero legati al Sole da corde ideali a formare la lira celeste di Apollo, ognuna di esse doveva vibrare secondo un ben preciso rapporto: 1 per l’unisono, 3/2 per la quinta e 2 per l’ottava. Sulla scorta dei dati osservativi in suo possesso (dovuti in larga parte alle osservazioni di T. Brahe), egli notò che i rapporti tra periodi e raggi delle orbite dei pianeti erano più che lineari e men che quadratici. Keplero, a questo punto, notando che il rapporto tra esponenti di raggio e periodo era maggiore di 1 (unisono) e minore di 2 (ottava) suppose che fosse pari a 3/2, ovvero l’intervallo di quinta. Da ciò si dedusse la legge dell’inverso del quadrato e tutto ciò che ne deriva. La musica e la matematica insieme ai dati osservativi hanno dato vita ad una delle leggi più famose della storia della fisica.
Dal lato opposto pensiamo alla storia ed all’archeologia (discipline umanistiche per antonomasia). Cosa sarebbero senza la scienza? Inutili accozzaglie di miti e tradizioni. E’ con l’irruzione del metodo scientifico nella ricerca storica ed archeologica che esse hanno assunto l’autorevolezza attuali. La lettura e l’interpretazione delle fonti, corroborata da misure radiometriche, stratigrafiche, magnetometriche e via cantando, hanno consentito di determinare con precisione fatti e circostanze. La stessa climatologia sarebbe molto diversa se non fosse supportata da continui interscambi multidisciplinari e non solo rigorosamente scientifici.
Non dimentichiamo, infine, che è abbastanza diffusa la moda di falsificare o aggiustare i dati scientifici per adeguarli alle esigenze dell’ideologia e della comunicazione che discipline scientifiche non sono. Illuminante in proposito un’articolo pubblicato nel numero di Le Scienze di aprile: http://www.lescienze.it/news/2015/04/10/news/l_evoluzione_della_frode_scientifica-2562165/
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Queste citazioni hanno lo scopo di mettere in evidenza la strettissima connessione che io vedo tra scienza (anche la più rigorosa) ed altri aspetti dello scibile. Per questo motivo faccio molta fatica a dividere in modo netto gli aspetti umanistici da quelli scientifici in quanto gli uni non possono fare a meno degli altri.
Se un ricercatore non è in grado di comunicare in forma scritta o orale più o meno corretta le sue idee, anche la sua scoperta più grande rimarrebbe ignota a tutti. Ovviamente vale anche il contrario. Monsieur de Fermat enunciò, per esempio, nel 1600 una serie di teoremi molto eleganti senza fornirne la dimostrazione. Nonostante l’eleganza e la precisione dell’enunciato l’Ultimo teorema di Fermat è stato dimostrato oltre 400 anni dopo essere stato enunciato. In questo caso per rendere compiuto il teorema sono state necessarie diverse decine di pagine in linguaggio simbolico.
Detto in altri termini, va bene l’aspetto filosofico-epistemologico, ma bisogna tener conto anche di una serie di altri aspetti che determinano fortissime contaminazioni multidisciplinari e rendono labili i confini tra discipline apparentemente lontane.
Ciao, Donato.
p.s.: in un precedente commento, per un imperdonabile refuso, ho travisato Leibniz in Leibnitz (per ben due volte). Me ne scuso con i lettori.
Scrive F. Giudici: ” Sanno risolvere quegli stessi problemi che hanno imparato a lezione, ma si trovano totalmente confusi quando sono in una situazione nuova. ”
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Perfettamente d’accordo, anzi rilancio. E’ proprio di questi giorni una curiosa polemica che caratterizza il rapporto tra me e gli alunni di una mia classe. In una verifica di fisica ho assegnato tre problemini leggermente diversi da quelli assegnati per casa. In uno bisognava studiare l’equilibrio di un’asta simmetrica su due appoggi note le forze agenti e le caratteristiche geometriche dell’asta: si riduceva tutto ad applicare banalmente le due equazioni cardinali della statica (per usare una terminologia desueta 🙂 ). L’unico elemento di novità, da me introdotto rispetto agli esercizi del testo, riguardava la massa dell’asta (normalmente trascurata). Da un punto di vista analitico bisognava aggiungere un’altra forza alle due assegnate. Ebbene la cosa ha gettato nel panico tutta la classe in quanto l’esercizio assegnato presentava una difficoltà insormontabile: era diverso da quelli risolti abitualmente e richiedeva un minimo di ragionamento in quanto non richiedeva la pedissequa applicazione di una formula che essi facilmente mandano a memoria. Un’alunna, di fronte al mio netto rifiuto ad annullare la verifica, mi ha invitato, per il futuro, ad assegnare per casa esercizi di difficoltà pari o superiore a quelli del compito altrimenti la prossima volta si sarebbero trovati ancora in difficoltà. A nulla è valso ogni mio sforzo per far capire loro che lo scopo del mio comportamento era quello di insegnargli a confrontarsi con situazioni nuove (per modo di dire, più corretto sarebbe dire leggermente diverse dal solito). A breve uno o più genitori si verranno a lamentare del fatto che ho assegnato ai pargoli esercizi complicatissimi, al limite delle possibilità umane per il gusto sadico di dargli un brutto voto.
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Fabrizio, posso assicurarti che buona parte di noi ci prova, pochi ci riusciamo, chi non ci riesce, per quieto vivere, rinuncia e si limita a tirare a campare con le conseguenze che tu hai modo di verificare nel tuo lavoro e che hai brillantemente riassunto nel tuo commento. Nel caso della matematica e della fisica si assegnano esercizi simili a quelli svolti in classe (nel senso che bisogna cambiare i numeri e fare le operazioni con la calcolatrice perché di operazioni a mente o con la matita o la penna non se ne parla proprio).
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Io vado avanti per la mia strada da circa trent’anni e ci proverò per i prossimi dieci sperando che le forze mi sorreggano. Dopo mi godrò la pensione (si fa per dire, ovviamente) 🙂 🙂 )e lascerò il testimone ad altri. Posso assicurarti, però, che è dura e molte volte mi chiedo perché mi ostino ad andare controcorrente.
Ciao, Donato.
Donato, d’accordissimo: la selezione non funziona da nessuna parte. Da ingegnere, avendo passato gli ultimi diciassette anni anche a fare selezione (prima per la mia azienda, poi – da quando mi sono messo in proprio – su richiesta di altre aziende) ho notato un lento, ma costante scadimento della preparazione dei ragazzi. Questo un po’ per colpa dell’università, che ormai riduce tutto alla nozionistica, ma anche a causa della scuola. Quello che vedo è che manca, oltre alla cultura (specifica per i vari indirizzi), la logica ed il buon senso. In altre parole, le persone possono anche sapere certe cose, ma non sanno come usarle. Sanno risolvere quegli stessi problemi che hanno imparato a lezione, ma si trovano totalmente confusi quando sono in una situazione nuova. Quando c’è un problema da risolvere non sono in grado di identificare bene il punto di partenza in cui si trovano A, immaginare il punto di arrivo B in cui c’è la soluzione e tracciare una rotta (o più rotte alternative) fatte di piccoli passi da A a B. Per usare l’espressione un po’ colorita e politicamente scorretta di un dirigente con cui lavorai in passato, “se vanno in cesso e nessuno gli ha detto che devono aprire la patta, si pisciano nei pantaloni”.
Questo è un problema della scuola, purtroppo, perché è una questione di metodo operativo, non di conoscenze. Anche perché con la logica del “tutti promossi” non sono mai stati stimolati a darsi da fare: se non arrivavano alla soluzione, pazienza. L’argomento è enorme e ovviamente hanno grosse responsabilità i governi che hanno iniziato a demolire la scuola dal ’68 fino ai giorni nostri, passo dopo passo. Tuttavia è anche colpa di quegli insegnanti – e sono tanti – che hanno aderito al lassismo imperante (ovunque, sia nel mondo laico che in certa cultura cattolica progressista), per cui “poverino non si può bocciarlo”, eccetera.
Il fatto che io critichi specialmente la categoria degli insegnanti non è certo perché li disprezzo: semmai è tutto il contrario, lo considero il mestiere assolutamente più importante per la sopravvivenza e lo sviluppo di una società. In un mondo decente sarebbe una professione prestigiosa e retribuita cospicuamente. Claro che questo però richiede una selezione, che oggi non c’è.
G. Guidi aveva chiesto il dibattito e il dibattito è arrivato. 🙂
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Molta la carne messa a cuocere.
Partiamo dalla separazione tra materie scientifiche e materie umanistiche (lasciamo perdere la cultura perché il discorso ci porterebbe troppo lontano).
Anche questa divisione è, a mio giudizio, artificiosa per non dire perniciosa.
Un esempio può chiarire meglio il concetto. Se io leggo il testo di un problema in italiano è molto difficile che possa risolvere il problema se non riesco a comprendere il senso del discorso (in italiano) se, cioè, non sono in grado di decifrare il testo. La questione è didatticamente di estremo rilievo e, difatti, nei test delle prove OCSE-PISA non si distingue tra italiano, scienze e matematica. I quesiti sono unici (almeno la gran parte) e molto articolati: è dal modo in cui si danno le risposte ai vari “pezzi” del quesito che si deducono le competenze dell’alunno.
La matematica diventa, in altri termini, UN linguaggio allo stesso modo del linguaggio parlato o scritto: un diverso linguaggio per poter esprimere dei concetti. Nei corsi di formazione che noi insegnanti frequentiamo, non è raro sentire il relatore che, con riferimento alla matematica, parla di “algebrichese” per far capire che la competenza che l’insegnante deve sviluppare nell’alunno è la capacità di tradurre dal linguaggio naturale a quello matematico e viceversa (con orrendo neologismo si parla di problematizzare la realtà). Non si tratta di cose nuove in quanto già G. Galilei ebbe a scrivere che il gran libro della Natura è scritto nel linguaggio della matematica.
Oggi tutti gli insegnanti vengono chiamati a scrivere la programmazione del consiglio di classe in cui vengono individuati dei percorsi trasversali il cui scopo è quello di sviluppare, da varie angolazioni, le stesse competenze: essere in grado di esprimere un concetto, a seconda della circostanza, nei vari linguaggi (naturale, inglese, matematico e via cantando). Tutto questo molte volte rimane, purtroppo, sulla carta e, in aula, ognuno sviluppa il suo “programma” fregandosene altamente di quello che fanno gli altri. Personalmente ho sviluppato (accidentalmente, purtroppo) dei moduli interdisciplinari con il collega di storia e filosofia e con la collega di storia dell’arte: la civiltà ellenistica dal punto di vista storico, filosofico, matematico, fisico ed architettonico. Impostando il lavoro in questo modo è difficile che Archimede venga etichettato come uno scienziato, Euclide come un matematico ed Eratostene, bibliotecario di Alessandria d’Egitto, come un topografo che si dilettava a misurare ombre di bastoni.
In quest’ottica appare artificiosa la suddivisione della scuola in liceo classico, per chi non ama la matematica e le scienze e liceo scientifico per chi ama la matematica e le scienze. A mio giudizio non si può essere un buon cittadino senza avere competenze in grado di farci comprendere la matematica, le scienze, la storia, la filosofia, l’italiano e, oggi come oggi, l’inglese.
Eppure non è raro incontrare ingegneri (o insegnanti di matematica, su questo convengo con F. Giudici) che non fanno mistero di avere un pessimo rapporto 🙂 con la lingua italiana, così come è facile incontrare avvocati o insegnanti di lettere che non fanno mistero di non conoscere la matematica. L’unica differenza è che i secondi se ne vantano, i primi (se consapevoli) se ne vergognano un po’.
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E veniamo, infine, alla qualità del personale docente. Ho già detto che le mediocrità sono molto diffuse in tutti gli ambiti sociali. Sarebbe auspicabile che non fosse così, ma è utopia pensare che solo i migliori possono essere insegnanti (medici o ingegneri). Tutte le procedure di selezione del personale, delle imprese, dei professionisti sono imperfette in quanto consentono ad una percentuale di persone mediocri di passare attraverso le maglie dei selezionatori. Sostenere che non è giusto è corretto, ma le cose vanno così: ovunque e da che mondo è mondo. Bisogna rassegnarsi? Ovviamente no, ma bisogna attrezzarsi per convivere con una situazione del genere, non credo che possiamo o potremo evitarlo. E’ di oggi (GR RAI delle 13,30) la notizia che in Cina gli alti papaveri del partito e relative/i consorti sono stati “invitati” ad un soggiorno di 48 ore nelle patrie galere per dissuaderli dal piegarsi alla corruzione: tutto il mondo è paese. E non venite a parlarmi di scuole pubbliche USA o UK perché, stando alle classifiche OCSE-PISA, stanno quasi peggio di noi. 🙂
Ciao, Donato.
Donato, naturalmente il suo ragionamento non fa una grinza e penso che in linea di massima tutti lo dovrebbero condividere. Nel mio commento, infatti, non faccio assolutamente riferimento ad un “caccia alle streghe” nei confronti degli insegnanti, non sarebbe corretto e nemmeno etico. Tuttavia da genitore attento e da persona discretamente responsabile, le posso assicurare che nell’ambito soprattutto della scuola primaria ho avuto modo di constatare di persona la non sempre adeguata preparazione di diversi insegnanti nello sostenere un compito così importante. Tanto che molto spesso sono dovuto intervenire di persona con i miei figli per studiare insieme con loro cercando di trasmettere un metodo di studio efficace e stimolante. E le assicuro che io, ben consapevolmente, non appartengo a quella categoria di genitori (la maggioranza) con cui lei, purtroppo, penso dovrà confrontarsi giornalmente, appartenenti al motto: “mio figlio qua, mio figlio là” e che accusano a prescindere e incoscientemente il professore di turno, ogniqualvolta il “figlio speciale” accusi dei problemi. Penso che il senso del suo intervento sia implicitamente e giustamente rivolto anche a questa categoria. Le cose, comunque, pur con qualche riserva, sono migliorate un po’ passando alla scuola media, probabilmente miglioreranno ancora passando al liceo, ci arriverò da genitore il prossimo anno. D’altra parte conosco altre persone che di mestiere fanno l’insegnante, e che sono splendide ed intellettualmente molto stimolanti, beati i ragazzi che avranno la fortuna di averli come insegnanti. Certamente, come in tutte le professioni ci sono i bravi, i meno bravi e i mediocri, quello che volevo dire io nel mio commento è che alcune professioni rivestono un ruolo sociale talmente importante, che non possiamo più permetterci i mediocri, e questo soprattutto nella scuola, nella sanità e nelle università. Detto questo, che molti ragazzi siano problematici e che i problemi della scuola non dipendano solo dagli insegnanti, sono dati di fatto. Infine, personalmente devo dire che nutro qualche dubbio sul fatto che la suddivisione tra cultura scientifica e umanistica sia un artificio da liquidare così nettamente, credo invece che il tema sia piuttosto complesso e ancora in pieno dibattito sul piano filosofico ed epistemologico. Saluto sempre tutti cordialmente.
donato, immaginavo la reazione, ma offre giusto spunto alla discussione. Le orecchie devono fischiare a molti, ma non a te. Quello che ho scritto l’ho scritto in base a due cose: primo, mia madre era un’insegnante (oggi in pensione), e certi amici dei miei sono insegnanti. Secondo, ho qualche amico “diretto” che è insegnante, bravo insegnante, che mi racconta come vanno le cose oggi. Uno è un bravo insegnante di lettere che tempo fa mi raccontava questa ennesima perla: entra in classe dopo il cambio d’ora, va alla lavagna, legge qualcosa di grammaticalmente orribile e quindi chiede alla classe “Chi è la capra che ha scritto questo pessimo italiano?” Risposta della classe: “È la nuova prof. di matematica”. Emblematico.
Tralascio i racconti di genitori con figli, io non ne ho, così non ci sono “conflitti di interesse”.
Ovviamente, questa non è una questione di insegnanti di lettere versus di matematica, o di fisica versus filosofia, né di classico contro scientifico o istituto tecnico. È una questione di personale che per decenni, grazie alla politica italiana, è stato assunto senza selezione e poi ha proseguito senza alcuna valutazione. Qui si parla di meteo… mi ricordo di un’insegnante di scienze delle medie che spiegava che d’inverno fa più freddo perché il sole è più lontano dalla terra (sic); oppure una spiegazione fantasiosa sul perché non si vede mai, dalla Terra, la faccia nascosta della Luna. Insegnanti di lettere delle superiori ripetevano il mito urbano secondo cui fino all’epoca di Cristoforo Colombo l’opinione più diffusa era che la Terra fosse piatta (senza neanche rendersi conto di aver illustrato un modello sferico a proposito dell’Inferno di Dante).
Basta leggere qua e là qualche blog di insegnanti, o qualche lettera ai giornali, incapaci di scrivere poche righe senza clamorosi sfondoni.
Tu dici bene che non è solo questione di insegnanti: infatti, oramai si leggono perle come questa (la prima che ho recuperato):
http://www.ilgiornale.it/news/bocciature-record-test-toghe-troppo-ignoranti.html
che dimostrano la quantità di ignoranti che passano indenni la scuola e l’università, tanto che arrivano ad un concorso statale senza saper scrivere in italiano (a leggere certe motivazioni di sentenze si capisce che certi poi il concorso lo passano). Potrei parlare di italiano orribile che leggo su certe mailing list di ingegneri ed informatici. Però questo post prende spunto da un libro di testo, e quindi di “squola” stiamo parlando.
Riferisco quello che mi dice mia madre e i miei amici insegnanti: per cambiare la situazione non si può più pensare alla difesa generica della categoria. I colleghi ignoranti sono indifendibili e, da quanto sento da testimonianze concordi, sono tanti. Troppi.
Ho trovato la fonte: http://issuu.com/studio65/docs/in-fondo-al-mar-3a-antologia (pagina 97). Ho dato una scorsa al testo di quella che mi pare un’antologia pr le scuole elementari e francamente trovo i contenuti innocenti e comunque scritti in un buon italiano.
Mi duole infine osservare che purtroppo con il mio precedete commento sono stato facile profeta, nel senso che l’antologia di cui sopra viene citata in questo sito (http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2015/05/scie-chimiche-menzogne-di-stato-italiano.html)
come prova del fatto che le scie chimiche sarebbero prodotte dalla NATO. Ci vuole un bel coraggio!
Ci sono alcune persone che confondono tempo e clima, e portano come prova della “guerra climatica” l’esistenza di ditte come la Weather Modification, Inc
Hai voglia di spiegargli che “weather” significhi “tempo” e “clima” si dica “climate” (come “Climatemonitor”); che inseminare una nuvola non è “climate modification” perché se vuoi che piova anche dalla prossima nuvola devi inseminare anche quella; che se queste tecnologie fossero competitive e convenienti ci sarebbero meno deserti su questo pianeta, a iniziare da quel Negev dove pure gli Israeliani hanno fatto miracoli, ma che è sempre lì, pur avendo una superficie di soli circa 13.000 km² (la Campania ha una superficie di 13.671 km²).
Hai voglia di spiegargli che questa tecnologia viene dalle antiche lotte alla grandine, alla siccità, e dal desiderio di ottenere la pioggia.
La grandine può produrre chicchi grossi come palle da tennis, e anche di più, che possono uccidere uomini e animali, distruggere raccolti ed anche le piante; logico che si cercasse in qualche modo di contrastarla.
In tempi antichi si facevano sacrifici, anche umani, per quegli dèi irosi e crudeli che esistevano solo nella fantasia dei nostri antenati. Si facevano danze della pioggia e altri fantasiosi metodi per far piovere.
Prima ancora dell’avvento degli aerei, si bombardavano le nubi grandinigene con i cannoni, per fornire nuclei di condensazione, in modo che si formassero molti chicchi, più piccoli, invece di pochi chicchi, molto grandi. Era però difficile colpire nel punto giusto, nel momento giusto e alla giusta altezza. Tra i vari miglioramenti, oltre all’uso dello ioduro d’argento, si sono impiegati aerei che potessero permettere una inseminazione più precisa. Naturalmente questa inseminazione delle nuvole non si fa in maniera clandestina, ma alla luce del Sole, e non si fa con aerei di linea (ma è assai difficile far capire questa cosa) ma con aerei che hanno apparecchiature apposite (che sono anche ben visibili) per irrorare lo ioduro d’argento o qualsiasi altra sostanza si usi. Non si fa oltre gli ottomila metri. Si fa solo su nuvole “già” esistenti e che abbiano già un’umidità relativa alta.
Questo tipo di tecniche non creano quelle scie persistenti ed alte delle cui foto sono piene le pagine di chi crede alla guerra climatica e alla geoingegneria clandestina.
Insomma, queste tecnologie non hanno nulla a che fare con le (presunte) scie chimiche.
Lo si vede anche dall’assenza di un gap iniziale invisibile che caratterizza le scie di condensa, causato dal vapore (invisibile) che passando allo stato solido, sotto forma di aghetti di ghiaccio, diventa visibile nella forma delle famose scie, “quando e se” le condizioni meteorologiche lo favoriscano, e quindi producendo eventualmente scie persistenti, o eventualmente, scie a tratti, o nessuna scia visibile.
La confusione dei “piloti del servizio meteorologico” non so se nasca da una cattiva traduzione, o da un’idea sbagliata di chi ha descritto la cosa senza magari essere esperto in materia.
Indubbiamente serve che il servizio meteorologico faccia le previsioni, per potersi regolare, ma pensare che sia il servizio meteorologico a mandare piloti a inseminare le nuvole è come credere che il servizio meteorologico vada ad arare i campi degli agricoltori, e a fare tutti gli altri lavori agricoli e non, che dipendono in qualche maniera da una corretta informazione meteorologica.
Secondo me.
Oggi mi fischiavano le orecchie, ma non riuscivo a capire perché. Dopo aver letto post e commenti ho capito la ragione dei fischi!
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Ultimamente gli insegnanti sembra che siano diventati oggetto di una specie di tiro al bersaglio. La cosa da un lato mi irrita, dall’altro mi fa riflettere.
Parlare (e qualche volta straparlare) di un mondo di cui faccio parte, è diventata la moda del giorno grazie anche al dibattito che oggi investe la nostra società. Molte volte si parla per luoghi comuni, altre volte per leggende metropolitane, a volte con cognizione di causa.
Lungi da me sostenere che tutti gli insegnanti sono perfetti, ma non credo che “in gran parte sono peggio dei libri”: nella scuola troviamo ottimi insegnanti, buoni insegnanti, mediocri insegnanti ed insegnanti scadenti. Ciò succede, però, anche in altri comparti della nostra società: classifiche simili le potremmo fare per i medici, gli avvocati, i giudici, gli ingegneri, gli imprenditori, gli impiegati (pubblici e privati), gli operai, gli studenti, i genitori, ecc., ecc., ecc..
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Addossare la responsabilità di tutto quanto non funziona nel mondo della scuola agli insegnanti mi sembra ingeneroso. Il mondo della scuola è un mondo complesso e, come tutti i sistemi complessi, plasmato dall’azione di una molteplicità di fattori: politici, economici e sociali, principalmente.
Oggi parlando con alcuni ragazzi dell’ultimo anno del liceo classico ho citato Leibnitz ed il suo contributo fondamentale allo sviluppo del calcolo differenziale. Una ragazza con tono meravigliato, ha obiettato che Leibnitz era un filosofo, come poteva essere un matematico? In questo caso credo ci sia stato un corto circuito didattico in quanto alla fine del percorso di studi pre-universitario l’intero gruppo docente di quella classe ha miseramente fallito: non siamo riusciti a far capire a quella ragazza in tredici anni di studi (elementare, media e superiore) che la cultura è unica e che la suddivisione tra cultura umanistica e scientifica è artificiosa, falsa e stupida. Spero di esserci riuscito io oggi, ad un mese dall’esame conclusivo del corso di studi.
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L’altro giorno in una classe terza del medesimo liceo, in cui mi ero recato per una supplenza ho invitato i ragazzi ad alzarsi per recarci nel laboratorio di fisica e fare qualche esperimento: un moto di fastidio e di insofferenza si è levato dalla classe. Sorpreso ho chiesto perché non si volesse andare in laboratorio: il “caporione” della classe (una ragazza, per inciso) mi ha risposto in modo secco che lei, in quel momento, aveva interesse a stilare l’elenco di coloro che dovevano essere interrogati in storia e non a recarsi in laboratorio anche perché della fisica a lei “detto sinceramente, non interessava nulla”. In occasione degli ultimi colloqui la “mammà” di un alunno a cui avevo attribuito un quattro in fisica, mi fece notare che il figlio “studia la fisica e prende quattro, le altre materie non le studia e prende otto per cui gli ho consigliato di non studiare più la fisica”.
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Che qualche insegnante (non la maggior parte) sia ignorante mi sta anche bene, ma prima di gettare la croce addosso a tutti gli insegnanti (o alla maggior parte) sarebbe opportuno farsi un buon esame di coscienza. Si scoprirebbe che le responsabilità di un mondo in sfacelo, sono equamente distribuite tra i vari attori. Che ci siano insegnanti che fanno il loro lavoro per ripiego è vero, che ci siano insegnanti che non sopportano il mondo della scuola è altrettanto vero, ma non è una novità. Gauss, per esempio, odiava insegnare in quanto reputava troppo ignoranti i suoi alunni e non amava fare esami. Si racconta che gli studenti cercassero di scoprire le date in cui intendeva tenere i corsi universitari (ed i relativi esami) tramite il suo barbiere. Popper esortava a costruire ponti d’oro a coloro che volevano abbandonare la scuola. Non si può insegnare, infatti, se non si ha pazienza, empatia, capacità pedagogica e conoscenze. E’, però, estremamente difficile insegnare ad alunni che non hanno alcun interesse ad apprendere in quanto, come mi diceva un alunno qualche giorno fa, lui doveva fare l’avvocato e per fare ciò la fisica e la matematica non gli servivano: a riprova di ciò trascorre buona parte delle ore di matematica e fisica a parlare con chi la pensa allo stesso modo fregandosene altamente del docente, delle sue capacità pedagogiche e delle sue conoscenze. Il padre, avvocato e mio buon amico, conosce perfettamente la situazione, però, mi chiede di “vedere ciò che si può fare perché lui l’avvocato deve fare”.
Un’altra deve fare la cantante, un’altro viene a scuola perchè è ancora minorenne e non se ne può andare di casa per poter lavorare, un’altra frequenta quella scuola perché c’è il fidanzato, ma non le interessa studiare, e potrei continuare. A conti fatti, la metà della classe (terzo anno del liceo classico, mica istituti professionali et similia) frequenta perché glielo impone la famiglia, perché in città è “in” frequentare quella scuola, perché è tradizione familiare frequentare quell’istituto e via cantando.
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Detto in soldoni è facile prendersela con gli insegnanti, ma se si conosce bene l’ambiente scolastico si può verificare che non tutte le colpe possono essere fatte ricadere su di essi.
Ah! Non ho parlato della politica. Ve lo risparmio altrimenti divento prolisso e passo per l’avvocato difensore degli insegnanti o, peggio, per il loro rappresentante sindacale.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
come magra consolazione posso segnalarti che la dicotomia fra pensiero umanistico e pensiero scientifico è presente in tutto il mondo occidentale ed in proposito segnalo lo scritto di Bianca Garavelli sul sito della Treccani:http://www.treccani.it/scuola/tesine/letteratura_e_scienza/garavelli.html.
In Italia tuttavia tale dicotomia è più forte che altrove, per una serie di motivi storici e culturali che non starò qui ad approfondire. Il problema è che il vantarsi di essere ignoranti in fatto di scienza porta con sé il rifiuto di un approccio al reale basato sull’osservazione e la successiva interpretazione che ci ha insegnato Galileo. Ciò non giova certo al progresso civile, il quale nei sistemi complessi come le società umane non può che basarsi sulla correzione degli errori man mano che questi vengono individuati.
Donato, non mi sorprende la sorpresa della ragazza. Io stesso ho scoperto che Bacone usava una specie di codice binario (A e B invece di 0 e 1, ma un simbolo vale l’altro), e ho scoperto che Pascal e tanti altri filosofi non erano gente noiosa e completamente avulsa dalla realtà, intenta a disquisire su sottigliezze e pignolerie, ma persone che vivevano la realtà che li circondava. L’ho scoperto da solo, nel mio lavoro. Capisco quindi la ragazza, perché anch’io ero caduto nello stesso equivoco. Capìto questo ho studiato io stesso con più entusiasmo (per quanto ormai al di fuori della scuola). Forse qualche colpa ce l’ha chi mi aveva insegnato filosofia, arrivando dopo l’inizio dell’ora, e andandosene prima, e spesso leggendo il giornale in classe. Piaceva molto agli studenti, ma ci ha rovinati. Io ero molto bravo in storia, che amavo già per conto mio, ma l’impatto con la filosofia è stato disastroso. Quel poco che so me lo sono dovuto studiare da solo.
P.S.: Anche convincere i ragazzi a partecipare ai vostri scioperi non è che sia proprio il massimo della neutralità.
Sicuramente tutto vero. C’è un però. Decenni or sono la scuola insegnava, oltre alle nozioni, soprattutto, il senso critico che è fondamentale forse più delle stesse nozioni. Io mi accorgo che oggi non è più così, anzi noto da parte degli insegnanti la tendenza a indottrinare i ragazzi. Trovo che questo sia il peggio che la scuola possa offrire. Cominciamo dalla teoria gender promossa nelle scuole. A me non interessa criticare il merito, perché sono convinta che l’argomento è molto complesso e, quantomeno, meriterebbe un dibattito, proprio per questo motivo detesto il metodo, ovvero imporre questa teoria senza il consenso dei genitori. Si da per scontato che deve essere così, punto e basta. Altro esempio è l’aver eliminato i crocifissi dalle aule. Premetto che io sono atea, quindi non mi si venga a dire che sono faziosa. Ritengo però che sia stata una violenza nei confronti degli alunni e delle famiglie degli alunni, perché a ogni modo la maggioranza di questo paese è cattolica. Questo atteggiamento, di trattare il popolo come fosse bue, a me da onestamente molto fastidio. L’indottrinamento continua anche in altre teorie, ancor peggio in ambito politico. Quindi, si tolgono i crocifissi con il pretesto della laicità e aconfessionalità della scuola, però poi si fanno lezioni che hanno, in modo ambiguo, l’aspetto di propaganda politica. Recentemente mi è capitato con mia nipote che frequenta il primo anno del liceo scientifico. In storia si parlava degli ebrei del 587 a.C. ai tempi della prima diaspora a opera di Nabucodonosor. Sa come chiamavano sia nel libro che in classe quel territorio? Ovviamente Palestina. A me non interessa neanche qui entrare nel merito del conflitto israelo-palestinese, ovviamente ognuno di noi ha una sua idea al riguardo, ma non deve essere la scuola a indirizzare quelle idee e trovo vergognoso che per indottrinare all’odio per gli ebrei si utilizzi la scuola. A quei tempi neanche i romani erano arrivati nel Canaan. Eppure succede anche questo e poi, noi genitori o zii, dobbiamo correggere lo schifo che viene propinato nelle aule. Io appartengo a una generazione che non può dimenticare cosa il nostro popolo ha fatto agli ebrei e non posso tollerare che a scuola, sin dal primo anno, in modo sempre subdolo, si cerchi di modellare le menti dei ragazzi. Poi certamente c’è anche tutto quello che dice lei e non nego che certe famiglie fanno solo raggelare il sangue di come si comportano nei confronti degli insegnanti. Un tempo se i figli non studiavano venivano puniti, oggi si pretende di punire gli insegnanti se non danno buoni voti. In questo ha la mia piena solidarietà e, nonostante io sia una donna che vuole assolutamente la parità di diritti, penso che una delle cause di questa deriva è che la scuola è diventata troppo femminile. Arrivederci.
Gentilissima Lisa, la ringrazio per il suo commento e, per quel che mi riguarda, concordo con quasi tutto quanto lei ha scritto: la scuola NON deve indottrinare, NON deve essere faziosa, NON deve essere ideologica, DEVE difendere le radici della nostra civiltà, DEVE essere neutrale.
Nelle mie classi il crocifisso c’è e ci resterà (a costo di portarlo da casa) per il semplice fatto che non è rinunciando a qualcosa che si rispetta l’alterità, ma solo difendendo con forza le proprie ragioni, si riesce a comprendere quelle degli altri.
Per quel poco che può valere posso assicurarle che io, nel mio piccolo, ho sempre evitato, per quanto mi è stato possibile, di travasare in classe le mie idee politiche, economiche, sociali che, posso assicurarle, sono piuttosto convinte e radicate. Quest’anno ho avuto addirittura modo di illustrare ai miei alunni il problema dell’effetto serra e, pur avendo le idee molto chiare in proposito (altrimenti non scriverei su questo blog), mi sono ben guardato dall’esporre solo il mio punto di vista.
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In merito alla deriva “buonista” della scuola non sono del tutto d’accordo con lei circa le cause. Premesso che la classe insegnante è, ormai, formata essenzialmente da donne (in molti consigli di classe sono l’unico maschio) il sesso dell’insegnante c’entra poco con la tendenza ad attribuire voti eccessivamente generosi o ad assumere atteggiamenti “materni”. La causa va, invece, ricercata nella necessità di mantenere le classi. Mi spiego meglio. Per motivi legati al risparmio sui costi della scuola, nel corso degli anni, si è fissato un numero minimo di alunni per classe per cui, bocciando troppi studenti, molte classi sarebbero sparite e molti alunni si sarebbero persi, attratti da ambienti più “elastici”. Aggiungendo a ciò il calo demografico che ha ristretto in modo drastico il bacino di utenza delle scuole, si capisce che più che il sesso è stata la “pagnotta” degli insegnanti a creare la situazione che lei lamenta.
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In merito al suo p.s. vorrei farle notare che in parte è come dice lei, per la maggior parte però gli studenti non hanno affatto bisogno di essere “sollecitati”, anzi! 🙂
Cordialmente, Donato.
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Dice bene Fabio Vomiero che quel che conta sono gli insegnanti. Il problema è che in gran parte sono peggio dei libri. Per esempio, il passo riportato almeno è scritto in italiano corretto.
Forse è solo un estratto dell’enciclopedia “I quindici”, l’impaginazione (e la foto) non paiono anni ’60/’70.
Il riferimento a stregoni, pellerossa e piloti dell’A.M. (in buona compagnia!) è sconcertante!
In basso a sinistra si legge “i quindici” che era un’enciclopedia per bambini anni 70.
http://it.wikipedia.org/wiki/I_Quindici
Derivata dall’omologa enciclopedia statunitense, fu edita in Italia dalla Field Educational Italia dalla metà degli anni sessanta alla fine degli anni settanta[1].
Era composta da quindici volumi (da cui il nome) e venduta porta a porta con pagamento rateale[1]. I primi quattordici volumi si rivolgevano a ragazzi di massimo 10 anni, ognuno dei volumi era tematico e il quindicesimo volume, intitolato “Voi e il vostro bambino”, si rivolgeva invece ai genitori, il volume conteneva quasi 600 voci su come genitori e/o parenti avrebbero dovuto conoscere, allevare, educare e curare i loro bambini e ragazzini.
M.
Abbiamo finalmente scoperto chi provoca le scie chimiche. Sono i “piloti del servizio meteorologico” che volano sopra le nuvole.
Tuttavia in calce allo scritto vedo “I quindici” che è il nome di una vecchia enciclopedia per ragazzi degli anni 70 (http://it.wikipedia.org/wiki/I_Quindici).
Forse la scuola di oggi non c’entra, almeno in questo caso!
Luigi
Anch’io da genitore di due figli delle scuole elementare e media (a me piace chiamarle ancora così) conosco il problema abbastanza da vicino. Nel corso di questi anni (bellissimi tra l’altro dal punto di vista del genitore e penso anche del figlio), mi sono trovato in alcuni casi nella situazione di dover correggere, con tanto di penna rossa, qualche grossolano errore sul libro di testo, specificatamente scienze e geografia, le materie che tendo a conoscere meglio e che ho cercato di approfondire in una certa maniera con i miei figli, a volte per supplire a delle carenze, a mio avviso non tanto dei materiali, quanto degli insegnanti. Attenzione, la mia non è demagogia, né presunzione o altro nell’evidenziare questo aspetto, ma credo che alla fine, i piccoli o grandi errori di un testo non potranno mai essere così importanti come la preparazione di un insegnante che dovrebbe essere robusta e verificata (in qualche maniera), sia in termini di didattica, ma soprattutto in termini di preparazione psicologica, pedagogica ed empatica. Questo è un lavoro di grande responsabilità e per gente predisposta, non è un lavoro per tutti, né di ripiego, come taluni magari potrebbero intendere, allo stesso modo del medico, dello scienziato, e utopicamente anche del politico. Come genitore, mi va bene che i miei figli apprendano didattica, per carità, ma non è certo da queste quattro informazioni in croce che si deciderà il loro futuro. A mio avviso il ruolo principale di un insegnante a questo livello, è quello di riuscire a trasmettere ai ragazzi prima di tutto una passione per l’apprendimento e la cultura in generale, e in secondo luogo un metodo di studio appropriato, in questa maniera saranno poi i ragazzi a fare la differenza, così come gli insegnanti del livello superiore (licei e università). Dopo di che, anche se i libri di testo della scuola primaria, continuano a riportare ad esempio la concentrazione di CO2 atmosferica di 0,03% anziché 0,04%, potrebbe anche non essere di così grande gravità. Saluto sempre tutti cordialmente.