Viviamo tempi davvero strani. Qualcuno li definisce interessanti, spesso con un’accezione piuttosto ironica dell’aggettivo; forse lo sono, forse non sono diversi da molti altri, forse ciò che è strano è sempre interessante, ma il fatto che le ovvietà, che non sono altro che quello che insegna l’esperienza, debbano essere dimostrate e spesso non riescano a cancellare l’impronta di ciò che oltre a non essere ovvio è pure sbagliato, è, sì, strano.
Vi starete chiedendo a cosa mi riferisca. Ci arrivo tra pochissimo, ma prima una domanda: se foste cittadini americani e ne aveste la possibilità, dove andreste dopo la pensione? In Florida probabilmente, perché lì c’è un clima ideale, mai troppo freddo. Altra domanda: quando vanno in letargo gli animali? Questa è più semplice, d’inverno, perché sopravvivere al freddo è difficile.
Ecco dunque l’ovvietà: gli esseri viventi, salvo rarissime eccezioni in cui non rientrano gli umani, stanno meglio al caldo che al freddo. Ergo, più che del primo, dovrebbero preoccuparsi del secondo. Ed è quello che abbiamo sempre fatto se ci pensate, almeno fino a quando qualcuno non ha iniziato a sostenere il contrario.
Ed ecco la necessaria dimostrazione, che non può che essere analitica, visto che viviamo nell’era di big data, cioè della soverchiante superiorità delle dimostrazioni fatte a suon di numeri rispetto al buon senso:
Mortality risk attributable to high and low ambient temperature: a multicountry observational study
E’ il titolo di uno studio uscito su Lancet e rilanciato ieri da Science Daily. Studiando le cause di decine di milioni di ‘passaggi a miglior vita’ in ben tredici paesi, gli autori hanno scoperto che il freddo uccide la bellezza di venti volte più del caldo, intendendo entrambi come come scostamento dalle temperature ottimali, che ovviamente variano da zona a zona. Non solo, stante questa enorme differenza, di tutte le morti attribuibili agli svarioni del termometro, anche per gli scostamenti più clamorosi dalla norma, quelle dei periodi di gelo sono molto più numerose di quelle delle ondate di calore. Qualcosa del genere, seppur in chiave leggermente differente, l’abbiamo letta e commentata anche qualche mese fa, in questo post.
Così spiega su SD Antonio Gasparrini, prima firma della ricerca: “Le attuali policy di salute pubblica sono focalizzate per lo più esclusivamente sulla minimizzazione delle conseguenze sulla salute delle ondate di calore. I nostri risultati suggeriscono che queste misure devono essere reindirizzate ed estese per prendere in considerazione l’intero range di effetti associati con le temperature”.
Una curiosità per stimolare le riflessioni su questo argomento. Tra i paesi da cui provengono i dati c’è anche il nostro. La media generale delle morti attribuibili alle oscillazioni della temperatura è il 7,71% del totale, con numeri che variano dal 3% all’11% a seconda dei paesi. L’Italia è sul margine superiore (11%), ciò vuol dire che, nonostante il nostro clima sia generalmente buono, abbiamo un livello di resilienza più basso di altri paesi con clima meno favorevole.
Più in generale, di questa ovvietà, ne sa qualcosa la storia, che ha visto fiorire le civiltà negli optima climatici e le ha viste soffrire ove non addirittura scomparire nei periodi freddi. Qualcosa di ancora più ovvio. Dalle mie parti, delle persone molto anziane che arrivano a sommare una nuova primavera alla loro esperienza terrena, si dice che hanno ‘smarzato’. Una ragione ci sarà…
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NB: l’immagine in testa al post viene da qui.
Credo che la sua ipotesi sia corretta, cioè che all’aumento netto dell’umidità nel periodo “lussureggiante” del Sahara, si accompagnassero giocoforza, se l’uomo riusciva a viverci, temperature massime medie più basse (e secondo me nettamente inferiori: in estate nel Sahara abbiamo una temperatura massima media di almeno 45°, che come si vede nella scala dell’Humidex Index, è incompatibile con umidità relative anche basse: http://www.eurometeo.com/img/humidex.gif).
Per fare un esempio realistico, a parità circa di breve (15 minuti al massimo) permanenza, in una sauna finlandese si arriva a 100 gradi con il 20% di umidità relativa, in un bagno turco (che in in realtà è il bagno degli antichi romani) si puó stare a 45-50 gradi al 100% di umidità.
No Giudici, è lei che divaga, e pure usando male la logica.
Il fatto biologico dell’attuale (ripeto attuale, e dovuta ai motivi contingenti descritti sopra) concentrazione di una parte degli esseri umani in India c’entra poco con la “ratio” di questa discussione, che verte invece sul fatto che un aumento della temperatura media del pianeta sia benefico o meno alla specie umana nella sua totalità, cosa su cui i dubbi della comunità scientifica internazionale sono altissimi.
E pure il continuare ad insistere con la contrapposizione tra India ed Antartide non ha nessun senso (basterebbe usare l’Europa ed il Sahara per rimanere nello stesso piano logico sbagliato).
La vera contrapposizione è tra un luogo a clima temperato, come ad esempio l’Italia, ed un luogo a clima tropicale. Aumentando le temperature in maniera consistente, soffrirebbero gli italiani, ma starebbero ancora peggio gli indiani, perchè patirebbero le loro aree rurali, come dimostrato dal lavoro riportato sopra.
Faccio presente che l’argomento Sahara è stato già usato in questa discussione, da Morabito, che ha fatto giustamente presente il discorso dell’acqua. Io il 2 giugno 2015 (08:01) ho fatto una domanda, relativa alle condizioni climatiche di quando il Sahara era lussureggiante: posso avere cortesemente da lei una risposta al riguardo?
No Guzzi, lei continua a divagare. Non ho detto che è un valore biologico, ma che è un _fatto_ biologico. Non ho parlato di auspici, ma di constatazioni. Certo è che l’Antartide non ha i problemi dell’India legati alla popolazione: perché dove c’è molto freddo c’è un totale deserto. SIccome non penso che l’uomo sia un virus di Gaia, francamente preferisco l’India all’Antartide, anche perché la politica, la cultura, la religione e tante altre cose possono risolvere i problemi legati alla popolazione. Dove non c’è popolazione, non è possibile risolvere niente.
Dopodiché, siccome la CO2 è stata molto più alta in periodi passati rispetto ad oggi, ma evidentemente non lo sono state le temperature, almeno così tanto da impedire la vita, come dice giustamente, non capisco perché dovremmo preoccuparcene adesso.
Ah non l’ho scritto, ma tutto il mio ragionamento è assolutamente teorico, visto che siamo in periodo di “hiatus” nella salita delle temperature, quindi fortunatamente questo cambio climatico verso l’alto si è fermato dal 1998 in avanti…
L’India ha enormi problemi, altrochè. Basta leggere come la descrive un’organizzazione che la frequenta e la conosce piuttosto bene, e che è equilibrata e “superpartes” nei giudizi:
https://www.unicef.it/doc/786/india—profilo-del-paese.htm
Continuo a pensare (e credo di non essere il solo sul pianeta) che la situazione indiana non sia un paradigma auspicabile del futuro della specie umana. Lei lascia capire, nella sua ultima risposta, che la quantità di popolazione è di per sé un valore “biologico”, concetto su cui, dal momento che non stiamo trattando di formiche nè di scarafaggi, dissento totalmente (e su cui, fortunatamente, dissentono anche le classi dirigenti dei Paesi sviluppati).
Il collo di bottiglia (per quello che si sa) si è verificato in periodi freddi, unicamente per il fatto che le temperature del pianeta, globalmente, non hanno mai raggiunto, per fortuna, valori cosí alti tali da inficiare il corretto metabolismo umano. Se si esagera col calore e/o con l’umidità, la vita diventa semplicemente non più possibile (https://ricercascientifica.inail.it/informazione/ambtermi.htm).
Per quanto riguarda l’articolo in questione, è incentrato sullo studio delle aree urbane, mentre l’aumento del caldo sarebbe tremendo per molte zone rurali, come spiega molto bene quest’altro studio sull’India subtropicale:
https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.iae.csic.es/investigatorsMaterial/a1330908215765036.pdf&ved=0CCEQFjAAahUKEwiw59LzspLGAhUDMnIKHZMvAM0&usg=AFQjCNE9_jNVUqhkD8EFDYuoHo8uuE_8dA
“i, purtroppo la medicina è tutt’altro che ugualmente efficace in tutto il mondo. ”
Io ho scritto che i miglioramenti della medicina sono validi in tutto il mondo, non ho scritto che è ugualmente efficace. Nonostante le differenze, è noto ed è un dato di fatto che la durata della vita, pur rimanendo grandi differenze, è in aumento ovunque. In Africa imperversano virus e si muore anche per un appendicite, tuttavia non si muore più per tutta una serie di malattie coperte dai vaccini. L’India ha i suoi problemi, ma non è l’Africa.
Le donne hanno i propri problemi in molte culture (e delle differenze culturali avevo già fatto menzione nel mio commento precedente). Direi che questo però non c’entra molto con la biologia: se un ecosistema non è in grado di tenere in vita un miliardo di persone, le donne possono pure essere obbligate a sfornare venti figli l’una, ma non rimarranno vive un miliardo di persone contemporaneamente. Né si capisce perché le culture dovrebbero assoggettare le donne solo dove fa caldo e non dove fa freddo. Forse la differenza è che dove fa freddo non si possono proprio mettere al mondo fisicamente tanti figli?
“Certamente ci son stati colli di bottiglia dovuti al freddo durante l’evoluzione umana, ma ció non c’entra nulla col fatto di essere contenti o meno se il clima futuro sarà più caldo. Probabilmente lei sarà contento di tale possibilità, io molto meno. ”
Non importa molto se io o lei siamo contenti: il mio punto è che i colli di bottiglia sono stati dovuti al freddo e non se ne conoscono invece per quanto riguarda il caldo. Lei non mi porta controesempi, e questo per me vuol dire che non ci sono. Non saranno prove schiaccianti, ma mi sembra che lei le liquidi solo perché non le piacciono.
Alla fine non ci sarà una grande indagine epidemiologica, ma l’articolo di Lancet citato in questo post è già qualcosa e mi pare che in tutta questa discussione non sia venuto fuori niente che sia confrontabile e non una semplice opinione personale.
Dottor Giudici, purtroppo la medicina è tutt’altro che ugualmente efficace in tutto il mondo. E le arretratezze culturali non sono uguali in tutto il pianeta, da noi le donne (fortunatamente) non sono costrette a fare in massa figli contro la loro volontà.
Certamente ci son stati colli di bottiglia dovuti al freddo durante l’evoluzione umana, ma ció non c’entra nulla col fatto di essere contenti o meno se il clima futuro sarà più caldo. Probabilmente lei sarà contento di tale possibilità, io molto meno. Non voglio una tropicalizzazione delle aree temperate, nè un ulteriore riscaldamento delle aree tropicali (qualcuno mi deve spiegare se un aumento eccessivo della temperatura, ad esempio, nel subcontinente indiano non potrebbe avere effetti molto nocivi sul delicato meccanismo climatico dei monsoni, con ripercussioni gravissime sul ciclo agro-alimentare per un miliardo e mezzo di persone).
Io non voglio il freddo, ma sono semplicemente scettico sul fatto che un aumento del caldo possa essere benefico.
Riguardo la mappetta, certamente si riferisce ai giorni nostri: lei fa notare come la popolazione sia più numerosa al caldo, io invece come il caldo in sè non sua un valore assoluto, e come i Paesi più sviluppati siano in aree temperate (naturalmente è costruita per stati, quindi sia per gli USA che per l’Australia bisogna considerare che la parte più densa di popolazione risiede nelle aree del nord-est americano e del sud-est australiano, lontano dal caldo).
Dunque.
1. L’arbitrarietà dei punti di riferimento semmai elimina un paio di esempi, e non sostiene uno dei due punti di vista (potrei ritenermi soddisfatto)
2. I miglioramenti della medicina valgono per tutto il mondo e, purtroppo, ci sono arretratezze culturali in tutto il mondo. Eppure, l’esplosione demografica rimane un un posto molto caldo.
3. Riguardo all’evoluzione umana, secondo alcuni c’è stato un “collo di bottiglia evolutivo” in cui la popolazione si è ridotta drasticamente, arrivando quasi all’estinzione: l’evento di Toba. Fu dovuto al gran freddo, non al caldo.
Sulla mappa linkata nell’ultimo documento: o non sto capendo (può essere, stanotte non ho dormito quasi niente), o la mappa si riferisce al 2011… e poi l’Australia, che è blu scuro, è tutto tranne che freddo.
PS Domanda sul Sahara.Migliaia di anni fa il Sahara e era popolato e coltivato, in quanto il clima era diverso. Certamente era più umido e quindi c’era più acqua. Presumo che la presenza di acqua abbia anche avuto un impatto sulla temperatura, abbassandola… ma di quanto? Era fresco e temperato oppure solo un po’ meno caldo? Nell’ultimo caso, sarebbe valida l’osservazione di Morabito, che più che la temperatura la differenza viene dalla presenza o assenza di acqua.
Scusate l’introduzione in questo interessante dibattito, che ho seguito, per esprimere la mia opinione in merito. Sono completamente d’accordo con la posizione di Manuel Guzzi, elaborata a più riprese nei suoi commenti e quindi, in merito, non aggiungo altro. Analisi obiettiva, completa, pertinente, scientifica, e quindi credo, completamente condivisibile e difficilmente opinabile, e che peraltro riprende e sviluppa alcuni concetti evidenziati anche nel mio precedente intervento. Colgo comunque l’occasione per fare i complimenti a climatemonitor, quindi in primis Guido Guidi, ma anche a tutti i preziosi utenti e collaboratori, per la moderazione, il garbo, il rispetto, nonché la competenza e la professionalità con cui si propongono gli articoli e si conducono le discussioni, a differenza per esempio di quanto succede in altri blog, omologhi o meno, reperibili sulla rete. E di questi tempi, non è cosa da poco. Saluto sempre tutti cordialmente.
Poche considerazioni su ciò che ha scritto il dr. Giudici:
1- Se prendiamo come termine di paragone per il freddo la Siberia, allora possiamo prendere come termine di paragone per il caldo il deserto del Sahara, ancora più inospitale per la specie umana.
2-Dire astrattamente caldo e freddo è poco significativo: la nascita della specie Homo Sapiens Sapiens avvenne circa 200.000 anni fa negli altipiani africani subsahariani, e quando l’uomo si spostó migrando lentamente negli altri continenti, inizió una storia di progressivo adattamento alle condizioni climatiche e di risorse disponibili nelle varie zone del pianeta.
Ci son stati momenti in cui l’esplosione demografica ha, (per varie cause sulla cui valutazione non si può prescindere dai concetti socio-economici e di progresso tecnologico) interessato maggiormente i territori climaticamente temperati rispetto a quelli, per esempio, dell’India. Da questo link si può leggere come l’attuale esplosione della bomba demografica nel subcontinente indiano sia stata dovuta, nel secolo scorso, alla combinazione dell’arrivo degli antibiotici e delle vaccinazioni dal Nord del mondo, ed al perpetrarsi di condizioni sociali di arretratezza culturale (con le donne costrette a sposarsi prestissimo ed a generare molti figli): http://www.novecento.org/dossier/mediterraneo-contemporaneo/le-transizioni-demografiche-nel-mondo-e-nel-mediterraneo/
Inoltre, l’oggetto dell’interessante discussione proposta dal col. Guidi verte sul beneficio o meno di un clima più caldo sullo sviluppo della civiltà umana: in quest’altra mappetta ad inizio pagina del seguente link, si può vedere come la civiltà umana abbia avuto uno sviluppo nettamente più elevato nelle zone con clima fresco-temperato o freddo:
http://it.m.wikipedia.org/wiki/Indice_di_sviluppo_umano
Scusate, New Delhi e non New Dheli…
Grazie per la risposta. Visto che si è citata l’India, domanda per i meteorologi… Quanto è eccezionale l’ondata di caldo indiana che è stata riportata sui media? Facendo una velocissima puntata su Wikipedia sulle temperature tipiche di Delhi [1], vedo che è riportata una media delle massime di 40°C, con un record di 48.4°C nel maggio 1998. Se ho capito bene, il record non è stato battuto: i media hanno arrotondato a 50°C, ma in realtà la colonnina si è fermata qualche grado sotto. Forse è stata eccezionale la durata? Sarei curioso di sapere se è possibile trovare dati sulle ondate di caldo del passato: con una ricerca veloce ho trovato menzione di un migliaio di morti in episodi del 1996, 1998 e 2002 [2]. Ovviamente, sul numero dei morti, bisogna tenere presente che la popolazione aumenta velocemente; p.es. a Delhi si è passati da quasi 14mln di persone del 2001 a 18mln stimati nel 2015 [3].
[1] http://en.wikipedia.org/wiki/Climate_of_Delhi
[2] http://www.heatisonline.org/contentserver/objecthandlers/index.cfm?id=3943&method=full
[3] http://www.indiaonlinepages.com/population/delhi-population.html
Da medico credo che sia tutto relativo, e sia necessario tener conto pure del fattore umidità. Non penso proprio che un’ulteriore aumento delle temperature per la grande parte del mondo, ormai urbanizzata, sia così benefico. Nella tremenda estate del 2003 i milioni di persone che entravano quotidianamente (e più volte al giorno) nelle roventi scatolette metalliche con quattro ruote, o che prendevano i sarcofagi umidissimi, senza ricambio d’aria, che erano gli ascensori, non erano nelle condizioni psico-fisiche ideali. E ciò per forza poteva dare problemi di ordine cardio-circolatorio, del ricambio idro-salino, del sistema nervoso centrale.
Certamente l’agricoltura beneficerebbe da un’ulteriore impennata termica, ma sulle masse umane urbanizzate porterebbe grossi problemi.
Scusate il correttore mi ha fatto scrivere l’indegno “un’ulteriore ” con l’apostrofo!
Non ti preoccupare, Manuel Guzzi, a me stava per fare di peggio, quando, proprio qui su CM mi “corresse” un “guerre puniche” in “guerre pubiche” 😀
😀
Dottor Guzzi, il suo ragionamento è chiaro. Ma manca un punto ed è il fatto, ben citato nel post, che pure il freddo ammazza, e non poco. Per cui: se le temperature diminuiscono, ci sono meno morti per caldo e più morti per freddo; se aumentano, ci sono meno morti per freddo e più morti per caldo. Questi due fattori si bilanciano sempre? Oppure no? E qual’è il predominante?
Dottor Giudici, la risposta al suo quesito intelligente credo che necessiti di studi epidemiologici approfonditi (e l’epidemiologia è quasi complessa quanto il clima eheh). A spanne mi sembra di poter affermare che, essendo la parte preponderante della popolazione mondiale concentrata nella penisola indiana e nel sud-est della Cina (guardi la mappetta all’inizio di questa pagina:
http://www.hwupgrade.it/forum/showthread.php?t=1116117), il caldo in aumento potrebbe, soprattutto in zone ad alta urbanizzazione, portare globalmente più problemi alla salute umana rispetto al freddo. L’ondata di calore ultima in India pare avere determinato migliaia di morti. Poi, ripeto, è tutto relativo e bisognerebbe bene stabilire i parametri di che cosa è caldo, di che cosa è freddo, e soprattutto studiare le variazioni globali di temperatura annuali, le differenze percentuali nelle temperature medie, minime e massime, e la loro incidenza sulla salute degli abitanti delle differenti zone del pianeta. Lavoro epico.
Sicuramente, come affermano il col. Guidi ed il prof. Mariani, le temperature più alte migliorano la resa agricola globale, quindi in caso di aumento eccessivo del caldo almeno moriremo con la pancia piena!
Nella fattispecie CAGW il “caldo” è previsto e applicato alle aree solitamente fredde, circumpolari artiche e antartiche anche se queste ultime risultano poco propense a seguire l’andazzo previsto dai modelli e si ostinano a far per conto loro costringendo fior di climatologi a fare gli straordinari per strizzare i dati.
Supponendo che tali aree siano poco abitate a causa del freddo, non so quanto relativo, il rialzo delle temperature in quei luoghi potrebbe favorire sia la sopravvivenza che la produzione agricola.
Guardando la mappetta mi chiedo anche come mai tutta quella gente è andata a vivere vicino al termosifone invece che dentro il freezer… è sempre dura dimostrare l’ovvio quando non lo si vuol vedere… Certo è che, dovendo morire, è meglio con la pancia piena che con la pancia vuota, direbbe Catalano.
Ah, mai sentito di ondate di caldo in India prima di oggi, vero?
Mah a me continua a sembrare, più che ovvio, tutto molto relativo. Alla stessa latitudine dell’India, sulla mappetta, c’è il Sahara, il più grande deserto del pianeta, non baciato dai monsoni e con un terreno troppo permeabile all’acqua.
E, se ci fosse una lotteria per le nascite, preferirei che mio nipote avesse un biglietto sulla ruota di Stoccolma, San Pietroburgo, Novisibirsk, Anchorage o Montreal, piuttosto che a New Dheli o Calcutta. Il confronto sui principali parametri inerenti la qualità della vita, dal numero di morti nel periodo peri-natale, alla durata della vita stessa, al PIL, alla redistribuzione della ricchezza, sono tuttora impietosi per il popolosissimo stato indiano.
Ma il motivo per cui non vorremmo vivere a Delhi è, per l’appunto, che non è un gran che come qualità della vita. Parimenti, però, io non vorrei vivere nella Siberia profonda. Queste però sono considerazioni socio-politiche, non geo-climatiche.
Tuttavia, se la popolazione supera il miliardo dove fa caldo come in India, e non dove fa freddo come in Siberia, vuol dire comunque oggettivamente che le condizioni perché la vita umana si sviluppi abbondantemente sono più legate al caldo che non al freddo.
A questo punto è relativo anche il concetto che sia tutto relativo. Compreso il fatto che il sahara in quanto deserto sia relativamente disabitato. Fosse che manca l’acqua? Troppo ovvio?
Forse è anche relativamente di poco conto il fatto che la gente del luogo non sta troppo a sottilizzare sulla ridistribuzione della ricchezza o sul sistema sociale vigente, purché si possa sopravvivere con relativa tranquillità. Cioè, noi non ci vivremmo, ma gli indiani sì, e gli pare anche un bel posto, per certi versi.
Certo noi abbiamo la nostra qualità della vita a cui siamo abituati e la desideriamo per i nostri nipoti come fosse un valore assoluto, ma se poi ci diciamo che tutto è relativo allora… qualcosa non torna.
Allora, sarà anche tutto relativo, ma penso sia ovvio che la vita prediliga il caldo con acqua liquida, e parlando di mortalità e news penso anche che 1000 morti di caldo oggi faranno notizia mentre 50000 morti di fame passeranno sotto silenzio, se non sono utili a qualche “causa”.
Grazie per l’indicazione dello studio di Lancet, forse è un segno che anche le maggiori riviste scientifiche non sono + contrarie a priori (come qualche anno fa) alle ricerche contro il “mainstream” sul GW.
Peraltro, volevo fare notare come, in effetti, il grande progresso della ns. civiltà europea, tra il 5000 e il 1400 aC, fu dovuto ad un clima di almeno 4° C più caldo, in media, rispetto all’attuale!
Uno studio del Politecnico di Torino di qualche anno fa, sulla torba, infatti aveva dimostrato che dove oggi c’è il ghiacciaio del Ruitor in ritirata (Val d’Aosta) in quel periodo c’erano tigli e conifere.
https://daltonsminima.wordpress.com/2010/06/03/storia-del-clima-europeo-con-riferimento-a-quello-valdostano-ultima%C2%A0parte/
Nel Neolitico la civiltà europea crebbe e si sviluppò grazie al CALDO; quando peraltro l’uomo non aveva ancora i mezzi per sopravvivere al freddo, nelle grotte e nei ripari di fortuna.
E come la mettiamo con le menzogne sulla CO2 antropica? Nel 5000 aC c’erano forse 100 milioni di uomini su tutta la faccia della Terra, 1/70 della popolazione attuale, non c’erano industrie nè emissioni inquinanti. Eppure il clima in Europa era di 4° C più caldo!!
Direi che i fanatici dell’AGW non hanno argomenti per smentire questi dati inoppugnabili, se non attraverso la propaganda faziosa.
“Ed ecco la necessaria dimostrazione, che non può che essere analitica, visto che viviamo nell’era di big data, cioè della soverchiante superiorità delle dimostrazioni fatte a suon di numeri rispetto al buon senso”. Personalmente, oramai lo sapete, io sono un grande sostenitore della scienza e del metodo scientifico, che ritengo essere lo strumento principale (non l’unico) per poter arrivare a collocare i problemi e i ragionamenti nella più corretta prospettiva possibile. Tuttavia, soprattutto di questi tempi strani, come dice giustamente Guidi, può esserci anche spazio per una scienza di più bassa qualità, a volte decisamente inutile, come penso sia questo il caso… Cercare di dimostrare l’ovvio, quando basta il buon senso e forse cercare anche di dimostrare l’indimostrabile, sempre a suon di numeri, perché quelli sì che fanno sempre effetto, di qualunque natura essi siano. Basta conoscere un po’ di fisiologia umana per farsi un’idea delle reazioni medie del corpo umano verso il caldo o il freddo, che poi rimangono sempre concetti relativi e soggettivi, naturalmente, pensiamo ai luoghi, al ceto sociale, al contesto storico. Si potrebbero utilizzare gli stessi metodi, volendo, anche per tentare di valutare gli effetti dell’adattamento del corpo umano all’altitudine o per esempio nell’affrontare un semplice giro in giostra. Se tutti, indistintamente (compresi le categorie deboli, anziani e portatori di patologie varie) ad esempio fossimo costretti ad andare sulle montagne russe, ci sarebbe probabilmente un grande incremento di problemi di salute e anche di mortalità. E poi, mi risulta che da noi, ad esempio, durante le ondate di freddo invernali, le piste da sci siano comunque piene, così come le spiagge a mezzogiorno, durante le ondate di caldo estive, alla faccia del buon senso. Insomma, credo che l’argomento sia difficilmente inquadrabile, perché affetto da troppe variabili confondenti. Saluto sempre tutti cordialmente.
“anche per gli scostamenti più clamorosi dalla norma, quelle dei periodi di gelo sono molto più numerose di quelle delle ondate di calore”
Ritiro la domanda, scusate mi era sfuggito
“intendendo entrambi come come scostamento dalle temperature ottimali, che ovviamente variano da zona a zona”.
forse perchè partendo dalla temperatura ideale gli sbalzi più grandi sono a favore del freddo?
Dipenderà forse anche da cosa si intende per caldo o freddo… Se partiamo dal range ottimale di temperatura (diciamo quello che va dai 20 ai 30 gradi) e per quanto riguarda il freddo togliamo 20 gradi al minimo siamo sugli 0 gradi (ci stò quasi bene). Al contrario se aggiungiamo 20 gradi al massimo siamo a 50 ( rientrerei nella minoranza dei casi di decessi per il caldo). Se poi per caldo si intende 40 gradi (+10 dalla T ideale) e per freddo -20 (-40) allora preferisco il caldo…:-)
Ora giro il link a questa notizia all’amico Sergio Pinna, il quale in passato ha condotto e pubblicato studi sulla mortalità in Italia in cui si segnalava che il freddo uccide molto più del caldo (un dato di fatto che oggi rientra ahimè nella categoria del “non politicamente corretto”).
In particolare segnalo il lavoro
Pinna S., 2011. La distribuzione intermensile della mortalità in Italia nel periodo 1950-2008. Alcuni raffronti con altri paesi europei, Rivista geografica italiana, vol. 2, 319-345.
Invito anche a non trascurare un aspetto storico, che si connette indissolubilmente al fatto che le fase calde si chiamavano optimum: pensate a cosa significava in termini di mortalità invernale abitare in case in cui il riscaldamento non c’era (es: l’area italiana a clima mediterraneo) ovvero era praticato solo nel locale cucina (l‘unico dotato di stufa), il che accadeva in gran parte degli edifici del resto d’Italia ed in particolare nelle zone rurali.
Invito infine a riflettere sulla possibilità odierna per un ricercatore universitario di ottenere fondi per una ricerca dal titolo “mortalità da freddo in Italia” ovvero su una ricerca dal titolo “mortalità da caldo in Italia”. Non c’è assolutamente partita…