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Un clima adattivo come l’iride

La parola iris proveniente dalle lingue antiche (arcobaleno sia in greco che in latino) ha nel linguaggio attuale tanti significati. E’ un fiore, il giaggiolo, una farfalla, l’Apatura iris, un minerale, un diaframma di apertura a diametro variabile (ottica), e, naturalmente, è la parte colorata dell’occhio umano, meglio nota in italiano come iride, la cui caratteristica è appunto quella di adattare con i suoi movimenti le dimensioni della pupilla alle diverse condizioni di luce.

Chi ci legge da molto, da quando CM praticamente cominciava appena a stare sulle gambe (e sulla schiena del sottoscritto 😉 ), dovrebbe sapere che quella dell’Iris è anche un’ipotesi su di uno specifico meccanismo climatico formulata ormai quasi quindici anni fa dallo scienziato Richard Lindzen. Ne abbiamo parlato un paio di volte, post da cui riprendo una sommaria spiegazione (qui e qui per capire meglio):

[Il] cosiddetto Effetto Iris, un meccanismo […] che interverrebbe nel sistema clima mitigando gli effetti di un aumento delle temperature. La similitudine è con quanto accade per l’occhio umano quando è colpito da una luce troppo intensa. Protagonista principale di questo effetto sarebbero le nubi che hanno un ruolo importantissimo nelle dinamiche del bilancio radiativo terrestre. In sostanza, ad un aumento della temperatura della fascia intertropicale corrisponderebbe un aumento dell’efficienza delle nubi convettive che produrrebbero una minore quantità  di nubi cirrifomi -notoriamente capaci di accrescere la quantità  di calore trattenuto in troposfera- alla loro sommità, favorendo quindi una successiva diminuzione delle temperature. Si tratterebbe quindi di un importante feedback negativo direttamente correlato al vapore acqueo ed alla copertura nuvolosa cioè ad elementi del sistema su cui c’è ancora un ampio margine di incertezza.

Capita oggi, che in presenza di un prolungato periodo di stabilità delle temperature medie globali e in consistenza di una distanza tra i valori realmente osservati e quelli ipotizzati dai modelli di simulazione climatica che diventa sempre più importante, molti si chiedano quale possa essere la ragione per cui, pur in presenza di un persistente forcing antropico sul clima, il pianeta abbia smesso – almeno si qui – di aumentare la sua temperatura. Curiosamente però, dal momento che viviamo in un periodo storico in cui ciò che è previsto è più importante di ciò che accade davvero, più che cercare di capire quali siano realmente le dinamiche del clima, si cerchi di capire soprattutto cosa manchi ai modelli per poterlo riprodurre efficacemente.

E così è uscito da qualche giorno su Nature Geoscience uno studio che sembra aver trovato la risposta a questo quesito: ai modelli manca l’effetto iris.

Missing iris effect as a possible cause of muted hydrological change and high climate sensitivity in models

Leggiamo l’abstract:

La sensibilità climatica all’equilibrio per un raddoppio della CO2 cade tra 2.0 e 4.6 K negli attuali modelli climatici, che suggeriscono un debole aumento nelle precipitazioni medie globali. Le indicazioni delle serie osservate, tuttavia, posizionano la sensibilità climatica vicino al limite inferiore di questo range e indicano che i modelli sottostimano alcune delle variazioni del ciclo idrologico. Queste discrepanze fanno aumentare la possibilità che ai modelli manchino dei feedback importanti. Un’ipotesi controversa suggerisce che le aree secche e sgombre da nubi dell’atmosfera tropicale si espandano in un clima che si scalda consentendo quindi ad una maggiore quantità di radiazione infrarossa di sfuggire verso lo spazio. Questo cosiddetto effetto iris potrebbe costituire un feedback negativo che non è contemplato nei modelli climatici. Si trova che l’inclusione di un tale effetto in un modello climatico porta le risposte del modello in termini di simulazione sia della temperatura che del ciclo idrologico più vicino alle osservazioni nel contesto di un aumento della concentrazione dei gas serra. Ipotesi alternative relative alla sottostima dei modelli – come un raffreddamento da aerosol, le eruzioni vulcaniche o un insufficiente acquisizione di calore degli oceani – possono spiegare il lento riscaldamento osservato in comparazione ai modelli, ma non l’osservato rafforzamento del ciclo idrologico. Si propone che, se le precipitazioni da nubi convettive si raggruppano più facilmente in agglomerati più vasti mentre aumentano le temperature, questo processo potrebbe costituire un meccanismo plausibile per un effetto iris.

In pratica le innumerevoli spiegazioni che la ricerca si sta sforzando di dare per riconciliare la realtà osservata con le previsioni, possono anche alla fine riuscire a far riprodurre a queste ultime la curva delle temperature, ma non tutti gli altri complessi meccanismi che di fatto regolano il clima, tra cui appunto il ciclo idrologico. L’aumento dell’efficienza della convezione nella zona del pianeta dove il trasporto di energia in atmosfera avviene appunto tutto attraverso la formazione di imponenti nubi temporalesche, sembra invece rivelarsi più efficace se inserito nelle simulazioni. Questo potrebbe significare, come dice l’ipotesi formulata da Lindzen, che il sistema dispone di meccanismi di autoregolazione che di fatto limitano gli effetti nefasti (?) dell’aumento della temperatura, dovuto, nella fattispecie dei modelli all’aumento della CO2, nella realtà a chissà cos’altro ancora.

Morale: secondo questo paper, ma in effetti lo sapevamo già, forse non andremo arrosto. Finalmente una bella notizia ;-).

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Published inAttualitàClimatologia

2 Comments

  1. Rinaldo Sorgenti

    Segnalo questa Conferenza, alla quale sarebbe molto utile se Guido Guidi e molti altri di voi fosse presente. Magari chiamando la FEEM e chiedendo di essere invitati al tavolo come relatori, per presentare anche un’altra verità:

    Q u o t e

    Fondazione Eni Enrico Mattei
    Economy and Society Programme
    is pleased to invite you to the
    FEEM Lecture
    “Arctic Amplification, Climate Change, Global Warming. New Challenges from the Top of the World”

    by Peter Wadhams
    Professor of Ocean Physics at the University of Cambridge

    Tuesday, 12 May, 2015 – 10:00 a.m.
    Fondazione Eni Enrico Mattei
    Corso Magenta 63
    Milan, Italy

    The continuous and progressive transformations related to global warming in the Arctic are posing new challenges which require appropriate reflection as well as innovative and efficient solutions.

    The melting of the Arctic ice started over 60 years ago, but its quick acceleration in the last decade brings about a wide range of dramatic consequences at economic, social and environmental level that in turn have geostrategic implications on a world scale.

    What a few years ago was considered mainly a local problem is nowadays showing its full potential in transforming consolidated geopolitical relations: the melting of the Arctic ice – which is actually faster than predicted – may lead to conflicts in terms of navigation along new shipping routes, access to local resources and the subsistence of indigenous and local populations.

    While looking for scientific and technological solutions, it is now urgent to also identify a new international governance that may support the implementation of an Arctic cooperation management system at a world level.

    Peter Wadhams, Professor of Ocean Physics at the University of Cambridge, in the Lecture ‘Arctic Amplification, Climate Change, Global Warming’ will discuss these topics from a privileged point of view: leader of over 40 polar expeditions from the ’70s until today, Professor Wadhams is in fact one of the most renowned international experts in the field. Presenting the results of over 40 years of research to an audience of experts, scholars and researchers, he will provide a unique perspective on the relationship between global warming in the Arctic and geopolitical dynamics, along with new solutions to adequately address the issues at stake.

    Agenda
    • 09:45 a.m. | Registration
    • 10:00 a.m. | Introduction and welcome address by Carlo Carraro – Coordinator of the Programme “Climate Change and Sustainable Development”, Fondazione Eni Enrico Mattei and Director of the International Center for Climate Governance
    • 10:15 a.m. | Lecture by Peter Wadhams – Professor of Ocean Physics at the University of Cambridge, “Arctic Amplification, Climate Change, Global Warming. New Challenges from the Top of the World”
    • 11:15 a.m. | Q&A session
    • 12:00 p.m. | Networking refreshment

    Peter Wadhams
    Peter Wadhams , Head of the Polar Ocean Physics Group, is the most renowned British expert of sea ice, with 40 years of research experience on ice formations and on related ocean processes, both in Arctic and Antarctic.
    Serving as Professor of Ocean Physics at the University of Cambridge, he wrote many publications concerning dynamics and thermodynamics of sea ice formations, ice thickness, waves propagation in ice, iceberg, ocean convections and related issues. Peter Wadhams led 46 research expeditions in polar seas, based on field camps on the icepack or on board of icebreakers and aircraft.
    He sailed extensively on Arctic-proof submarines, equipped with multibeam sonar suites, used to map the polar caps topography. In this regard, Professor Wadhams has been a pioneer in the AUV (Automatic Underwater Vehicles) use under the ocean ice sheet, having successfully employed Maridan, Autosub II, Gavia and WHOI models during his missions.

    Participation is free of charge | Registration is required
    RSVP: If you would like to attend, given the limited availability of seats, we kindly ask you to confirm your presence here no later than 8 May 2015.

    Contacts
    Fondazione Eni Enrico Mattei
    Corso Magenta 63
    20123 Milan, Italy
    Phone: +39 02.520.36990 | Email: events@feem.it
    Web: http://www.feem.it

    * Please accept our apologies for any crossed e-mails.

  2. Gaetano

    So quasi nulla sul clima, so però che un sistema in equilibrio reagisce a piccole veriazioni del suo stato in modo da ristabilire lo stato precedente. Credo che, almeno su periodi di tempo dell’ordine dei decenni, il sistema “terra” possa considerarsi in equilibrio: mi piacerebbe leggere un approfondimento in merito.
    Resta una strana coincidenza: il riscaldamento globale dei circa 30 anni precedenti il 1998 è avvenuto, con qualche anno di ritardo, in concomitanza con i tre più energici cicli solari rilevati negli ultimi tre/quattro secoli.

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