L’estensione invernale del ghiaccio artico è stata quest’anno al minimo da quando si fanno osservazioni oggettive con i satelliti? Domanda semplice e risposta altrettanto semplice: sì. Altra domanda: vale la stessa cosa per il volume? Malgrado sia più difficile rispondere, perché questa informazione, per quanto preziosa e anche più importante, non è semplice da reperire. Però la risposta è altrettanto facile: ed è no.
Il satellite ESA di ultima generazione con cui si osserva anche lo stato del ghiaccio marino, ha a bordo un sensore con cui è possibile misurare anche lo spessore del ghiaccio flottante, ossia della porzione che resta in superficie, circa 1/8 del totale. Conoscendo questa proporzione e lo spessore superficiale e moltiplicandolo per la misura dell’estensione, si ottiene il volume. Quest’anno, alla data della massima estensione, 25 febbraio, quando cioè è iniziata la stagione di scioglimento, il volume totale del ghiaccio artico era di 24.000 Km3 per uno spessore medio di 1,7 metri e un incremento medio rispetto al 2013 di 25 cm (17%). Il volume minimo mai registrato (sempre con riferimento alle osservazioni oggettive) è stato di 21.000 Km3 proprio nel 2013, un minimo coincidente con quello storico dell’estensione. Quindi, vale il concetto che le variazioni interannuali del tempo atmosferico possono favorire la diffusione del ghiaccio su di una superficie più ampia o compattarlo incidendo sull’estensione, ma non possono incidere più di tanto sullo spessore e sul volume, misura in definitiva più affidabile e più significativa, perché di fatto rappresenta realmente quanto ghiaccio ci sia e non quanto sia sparso sul mare.
E’ questa inoltre un’informazione che ha importanti risvolti operativi, tanto che il Cryosat team, che gestisce questi dati satellitari, ha messo su un portale con una mappa interattiva dello spessore del ghiaccio mediato negli ultimi 2, 14 e 28 giorni (periodi tra i quali sussiste ovviamente una netta differenza di densità dei dati dovuta al numero di passaggi utili del satellite). La misura è però attendibile solo in tre stagioni, autunno, inverno e primavera, perché le pozze d’acqua che si formano sulla superficie glaciale la limitano durante l’estate.
A far uso di questi dati saranno probabilmente soprattutto le linee di trasporto marittimo commerciale e tutti quanti avessero voglia o necessità di avventurarsi in un ambiente comunque molto ostile, magari evitando che qualche spedizione di volenterosi con il desiderio di vedere da vicino gli effetti del clima che cambia sul ghiaccio marino possa restar bloccata tra i ghiacci come succede ogni due per tre.
Il portale è qui. Penso che visitandolo vi verrà subito lo stesso dubbio che è venuto a me: perché i dati sul ghiaccio marino artico sono liberamente accessibili e visibili mentre quelli sulla Groenlandia e sull’Antartico non lo sono?
a proposito di groenlandia (perdonatemi, ma da quando ci sono stato è stato amore a prima vista):
leggete un po’ qua:
http://onlinelibrary.wiley.com/wol1/doi/10.1029/2006GL026510/full
copio solo l’ultima frase delle conclusioni:
“.. An important question is to what extent can the current (1995–2005) temperature increase in Greenland coastal regions be interpreted as evidence of man-induced global warming? Although there has been a considerable temperature increase during the last decade (1995 to 2005) a similar increase and at a faster rate occurred during the early part of the 20th century (1920 to 1930) when carbon dioxide or other greenhouse gases could not be a cause. The Greenland warming of 1920 to 1930 demonstrates that a high concentration of carbon dioxide and other greenhouse gases is not a necessary condition for period of warming to arise. ….
….. To summarize, we find no direct evidence to support the claims that the Greenland ice sheet is melting due to increased temperature caused by increased atmospheric concentration of carbon dioxide. The rate of warming from 1995 to 2005 was in fact lower than the warming that occurred from 1920 to 1930. The temperature trend during the next ten years may be a decisive factor in a possible detection of an anthropogenic part of climate signal over area of the Greenland ice sheet.”
ecco…..
In parte e’ un off-topic ma visto che il link in questione sono andato a scovarlo su un forum dedicato ai ghiacci artici (ovviamente serrista-antropico-catastrofista), voglio segnalarvelo comunque all’interno di questo thread.
Allora, pare sia stato istituito un corso universitario, presso l’universita’ del Queensland, con il seguente titolo “Making sense of Climate Science Denial – Climate change is real, so why the controversy and debate? Learn to make sense of the science and to respond to climate change denial”.
Ben 13 insegnanti per un corso di circa 10 ore. Una media di meno di un’ora per docente. La disciplina del corso e’ “comunicazione”. Ovviamente, che mica si parla di scienza. Il dato “scientifico”, infatti, e’ acquisito fin dal titolo del corso in questione.
Vale la pena segnalare che a seguito della frequentazione del prestigioso corso, per la modica cifra di 100$ si ottiene anche un certificato che testimonia l’achievement. Probabilmente la qualifica di “advocate of AGW”. Il certificato puo’ anche essere linkato direttamente su linkedin. Non sia mai che l’IPCC faccia una campagna di recruiting…
Ecco il link, per chi (legittimamente) volesse assumere posizioni SCETTICHE sulla veridicita’ di una notizia del genere: https://www.edx.org/course/making-sense-climate-science-denial-uqx-denial101x
Ne approfitto per dire che seguo questo blog da parecchio tempo, e la lettura del post del giorno e’ diventata una abitudine irrinunciabile, ogni mattina. Una boccata d’aria nel panorama ingessato, stantio e soffocante dell’informazione dominante in fatto di cambiamento climatico.
Grazie Colonnello.
Grazie a te Andrea.
gg