Salta al contenuto

E’ tornato il giorno dopo domani

A volte ritornano verrebbe da dire. Con una cadenza quasi regolare. Senza mezzi termini, ci risiamo con il rallentamento della Corrente del Golfo. Nuovo studio nuova corsa, acquistare i gettoni alla cassa, due delle più prominenti figure di spicco della kermesse climatica Michael Mann (quello dell’hockey stick) e Stefan Rahmstorf hanno pubblicato la loro ultima fatica su Nature Climate Change. Sotto la lente di ingrandimento, insieme alle loro persone, c’è finita per l’ennesima volta la coltre di ghiaccio che copre la Groenlandia, il cui scioglimento starebbe inondando il Nord Atlantico di acqua dolce e fredda, minando il placido e benefico scorrimento della CdG.

Lo scenario, per l’ennesima volta, è quello della climafiction The Day After Tomorrow, fortunata boiata partorita da Hollywood ormai parecchi anni orsono. I dati, beh, quelli sono i soliti, ricostruzioni proxy e modelli climatici. Il risultato, scontato pure quello, è che quanto starebbe accadendo nella porzione più settentrionale del nostro oceano non ha precedenti. Preparate i cappotti, sì, proprio ora che invece è primavera, perché il rallentamento della CdG vorrebbe dire (forse) che si sta dando l’incipt a una nuova glaciazione. Naturalmente antropica.

Exceptional twentieth-century slowdown in Atlantic Ocean overturning circulation

Peccato che le osservazioni, quell’indisponente strumento di indagine che normalmente va d’accordo con i modelli climatici come le cozze col gelato, dicano tutt’altro. E non da oggi. Capita infatti che appena l’anno scorso sia uscito un paper con l’analisi di venti anni di osservazioni dirette della velocità della corrente che scalda l’Europa. Indovinate un po’? Nessun segno di cedimento, anzi, se proprio si vuole vedere qualcosa, c’è stata anche una lieve accelerazione, che l’autore del paper attribuisce al segno positivo dell’AMO, l’Oscillazione Multidecadale dell’Atlantico.

On the long-term stability of Gulf Stream transport based on 20 years of direct measurements.

Judith Curry, sul suo blog e da par suo, ne tira fuori anche un’altra, del 2010 e firmata dalla NASA. Anche qui, niente da fare, The Day After Tomorrow può aspettare.

NASA Study Finds Atlantic Conveyor Belt Not Slowing

Sicché, sembra che quella del Washington Post e di Science Daily che si sono subito buttati sulla notizia, sia stata tutta fatica sprecata, perché il grido d’allarme di  Mann e Rahmstorf si è strozzato sul nascere. Ed è primavera.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

5 Comments

  1. Fabio Vomiero

    Concordo pienamente con l’analisi del prof. Mariani, specificatamente al punto 1, sono contento che abbia citato il lavoro di Seager. In effetti, a parte ora i dati quantitativi, che spero andranno presto chiariti ed approfonditi con ulteriori lavori, penso sia il caso di rimarcare come, il ruolo della Corrente del Golfo potrebbe essere molto meno determinante di quello che comunemente si pensa, nel mitigare le temperature invernali dell’Europa Occidentale, in quanto alle medie latitudini la maggior parte del calore tropicale viene trasferito verso nord dalla circolazione atmosferica, piuttosto che da quella oceanica, nel caso dell’Europa proprio dal meccanismo illustrato dal prof. Mariani. La Corrente del Golfo fornisce certamente un contributo, ma la ragione principale della differenza di clima tra le due sponde opposte dell’Atlantico è di natura geografica e legata al potere mitigante degli oceani (capacità termica). In Europa la circolazione troposferica dominante è infatti sud-occidentale, tiepida, di provenienza oceanica, mentre negli States è di provenienza continentale. Lo stesso discorso vale, a grandi linee, anche per la differenza di clima che si osserva tra le due sponde del Pacifico, ad esempio tra Seattle e Vladivostok. O almeno questo è quello che emerge dalla logica e dal lavoro di Seager. Saluto sempre tutti cordialmente.

    • Giacomo

      Concordo. Il fatto che si dica che la Corrente del Golfo scalda così tanto l’Europa credo sia più un retaggio scolastico, una sorta di leggenda metropolitana. Che un contributo ci sia è indubbio, ma appunto il confronto E-W Coast degli States è abbastanza chiaro.

  2. Filippo Turturici

    Io ho un dubbio persistente: sappiamo che l’AMO e’ ciclica, con fasi positive e negative. Il lungo ciclo positivo sta finendo, e quindi ora entreremo (ovviamente e’ un processo di qualche anno) nel ciclo negativo. Vuoi vedere che il fantomatico rallentamento della CdG, altro non e’ che…la ri-scoperta dell’AMO, cioe’ dell’acqua calda? Anzi, in questo caso, fredda!

  3. alessandrobarbolini

    Se l.europa avesse avuto l.inverno Dell. America..chissà che avrebbero scritto della cdg!

  4. Luigi Mariani

    Caro Guido, premettendo che non ho letto il lavoro di Mann e Ramsdorf vorrei segnalare due cose:
    1. il riscaldamento dell’Europa è per l’85% atmosferico e non oceanico e si lega al fatto che a valle delle Rocky mountains si genera un’onda stazonaria per cui le westerlies scendono sul Golfo del Messico ove si caricano di aria caldo-umida e poi risalgono verso l’Europa mitigandone il clima (in proposito segnalo Seager R., Battisti D.S., Yin J., Gordon N., Naik N., Clement A.C., Cane M.A., 2002. Is the Gulf Stream responsible for Europe’s mild winters? Q. J. R. Meteorol. Soc. (2002), 128, pp. 2563–2586).
    2. prima o poi AMO rallenterà e con lui la corrente del Golfo, così saranno tutti felici e contenti, nel senso che ci sorbiremo pianti infiniti sull’arresto della Corrente del Golfo e sulla responsabilità antropica (in proposito ti propongo fin d’ora di organizzare un corteo di fustiganti nelle sedi istituzionali opportune, così una volta tanto saremo anche noi main stream…. stavo per scrivere gulf stream).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »