Per una volta è vero. Scientificamente vero. Tra la sera di mercoledì e la giornata di giovedì scorsi, sul Tirreno centrale è arrivata una Bomba Meteorologica, altrimenti detta Ciclogenesi Esplosiva. Nessuna esagerazione mediatica o pittoresca descrizione di appassionati, trattasi di terminologia direttamente derivata dalla ricerca sul tema, anche piuttosto datata.
Le ciclogenesi esplosive sono cicloni extratropicali che si approfondiscono molto rapidamente, in cui cioè la pressione atmosferica scende con sorprendente rapidità, da cui deriva, inevitabilmente, un fortissimo gradiente barico e quindi una fortissima ventilazione.
I tratti caratteristici di questi eventi sono stati descritti in un paper di Sanders & Gyakum nel 1980:
Synoptic-Dynamic Climatology of the “Bomb”
Eventi tipici delle stagioni fredde e delle latitudini settentrionali, per essere annoverati tra le Ciclogenesi Esplosive devono avere una caduta barica di almeno 24hPa in 24 alla latitudine di 60°. Un rateo di discesa della pressione che varia al variare della latitudine, essendo da essa dipendente. Ne consegue che alle medie latitudini, per entrare nella definizione bastano circa 16hPa in 24 ore. Tra la mattina di mercoledì e la mattina di giovedì, quando è arrivato il picco del vento sulla Toscana, la pressione è scesa sul Medio Tirreno, ossia dove si è formato il minimo, di circa 22hPa, quindi anche molto oltre i limiti della definizione.
Il processo di intensificazione della depressione, è parente stretto del Rapid Deepening dei Cicloni Tropicali. Eventi rari? Fino a un certo punto. Nell’emisfero nord, sebbene prediligendo la alte latitudini, ce ne sono mediamente 45 all’anno, mentre nell’emisfero sud parecchi di meno, circa 26. E qui si capisce anche quanto sia importante l’instabilità baroclina, l’effetto avvettivo, nelle dinamiche di innesco di questi cicloni. E’ vero, le Ciclogenesi Esplosive si formano soprattutto sul mare, ma nel nostro emisfero la morfologia della superficie imprime alle correnti a getto delle ondulazioni molto più marcate di quanto non avvenga più a sud; da quelle ondulazioni deriva l’instabilità dei flussi, quindi salgono le probabilità di innesco anche di questo genere di eventi.
Già che abbiamo accennato alla morfologia del territorio, è bene ricordare che anche in questo caso la particolare conformazione orografica del nostro Paese ha giocato un ruolo determinante nell’intensità del vento scaturito alla formazione del minimo. Mentre sul medio Tirreno la pressione atmosferica precipitava a 1000hPa, appena al di là delle Alpi l’anticilone atlantico invadeva l’Europa occidentale portando la pressione atmosferica oltre 1040hPa. Quaranta hPa di gradiente sono davvero tanti, specialmente in aria fredda e pesante, quale era quella appena al di là dell’Appennino dove il flusso da nord è arrivato prima. Così alla forza di gradiente si è sommato anche il vento di caduta, tant’è che è proprio nel versante sottovento appenninico che si sono state le raffiche più forti, ossia tra Liguria centro-orientale, dove il vento di caduta è di casa, e Toscana settentrionale. Da ultimo, nelle vallate e sui valichi, l’effetto venturi ha fatto il resto, accelerando ulteriormente la massa d’aria. Il risultato lo abbiamo visto su tutti i telegiornali, venti ben oltre l’intensità 11 e addirittura 12 (Tempesta violenta e Uragano) della Scala Beaufort.
Da notare che mentre con riferimento al gradiente ed al vento di caduta la previsione numerica è stata piuttosto buona già con quasi 48 ore di anticipo, i valori raggiunti localmente hanno ecceduto la previsione. Tuttavia, gli indici del potenziale verificarsi di eventi estremi, sempre dei modelli numerici, avevano chiaramente individuato sia la collocazione della previsione nella parte più alta della distribuzione statistica, sia la possibilità che fossero superati i massimi mai raggiunti nella climatologia di riferimento, che nella fattispecie è sempre quella del modello (Extreme Weather Index e Shift of Tails – ECMWF).
Sul sito web del Consorzio LAMMA Toscana, sono disponibili le osservazioni del vento massimo sulla rete di stazioni del consorzio. Questo qui sotto è il grafico dell’intensità del vento per la stazione del Passo del Giogo, che è a nord di Firenze. L’intensità massima registrata è quasi di 160kmh, ma quel che più impressiona è il fatto che dalle 06:00 alle 12:00 di giovedì l’intensità non è mai scesa sotto i 140kmh.
Chiudiamo con quella che, se volete, può essere una piccola nota di colore, sebbene coma al solito stonata. Dalla rassegna stampa dell’Enea, ecco l’opinione dell’esperto confezionata dal Corriere della Sera: Colpa dell’energia accumulata a causa dei pochi uragani. Ebbene, all’origine di questo evento, ci sarebbe il basso numero di uragani formatisi nei mesi scorsi. Ci terrei a far notare che siamo nell’emisfero nord e la stagione degli uragani va da giugno a novembre, quindi, nei mesi scorso non ci sono stati pochi uragani, non ce ne sono stati affatto perché normalmente non ce ne sono. Circa la faccenda dell’accumulo di energia rinuncio a capire perché da umile meteorologo non ci arrivo. Scopriamo però, direi per fortuna, che le perturbazioni si formano quando masse di aria fredda incontrano masse di aria calda. Questo rassicura.
Dallo studio citato da Guido Guidi
// It was verified that the explosive cyclogenesis in the Mediterranean is a rather rare phenomenon that occurs mainly from November to March. //
Io avrei una domanda ingenua
ma se è il clima sempre più caldo che causa questi eventi estremi, perché avvengono in quel periodo e non d’estate ?
(è una domanda che propongo a beneficio di altri)
E tuttavia è un’ottima domanda Guido. Comunque, per piuttosto raro si intende almeno uno all’anno, come da grafico. Tuttavia è evidente che per il loro sviluppo è necessario il gradiente termico che solo la circolazione invernale può generare, con l’abbassamento del fronte polare verso le medie latitudini. A meno che questo non accada anche d’estate. Ma in quel caso, dal momento che il fronte polare separa l’aria polare da quella delle medie latitudini, la vedo dura da spiegare in termini di AGW.
gg
Caro Guido, grazie per l’introduzione a un fenomeno molto interessante che non conoscevo.
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Ti confesso che mi è rimasta una grande curiosità residua; la tua descrizione illustra bene le circostanze che definiscono la “bomba”, ma non ho ancora capito il meccanismo alla base della sua crescita esplosiva, anche dopo aver letto i riferimenti inseriti nel tuo articolo.
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Intuitivamente, credo che il meccanismo abbia una somiglianza con l’accelerazione angolare del pattinatore che comincia a ruotare con le braccia tese e aumenta la velocità angolare tirando a se le braccia — per conservare il momento angolare, al diminuire il momento d’inerzia (braccia raccolte) deve aumentare la sua velocità angolare.
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Forse, al diminuire la pressione al centro del vortice aumenta la velocità dell’aria che vi gira attorno… ma perché questa diminuizione così rapida, che ha un costo energetico? Chi “paga”?
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Mi ricorda un’altro fenomeno naturale “esplosivo”, quello, facile da visualizzare, della propagazione improvvisa di una fessura in un materiale elastico in presenza di uno sforzo iniziale costante — superata una certa lunghezza di fessura, l’energia elastica, rilasciata dal volume dei lembi rilassati lungo il propagarsi della frattura, supererà sempre di più l’energia costante necessaria per aprire le due “faccie” della fessura e la frattura cresce molto veloce (a circa il 30% della velocità del suono in quel materiale!).
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Nel caso della “Bomba Meteorologica” potrebbe esistere una simile visualizzazione qualitativa o bisogna ricorrere alla trattazione matematica rigorosa? Esiste un meccanismo evidente di feeback positivo che lo accelera? Quali sono i principali contributi e i consumi energetici alla base del fenomeno?
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Se ho chiesto troppo, ricorda che la mia libertà di porre domande è pari alla tua di non risponderle!
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Un caro saluto, Alvaro
Alvaro,
come sempre accade, anche lo sviluppo di questo genere di depressioni è il risultato di una concomitanza di fattori che agiscono su tutta la colonna d’aria in un susseguirsi di feedback positivi. In quota svolge un ruolo determinante il getto, che accelera all’aumentare del gradiente di geopotenziale generando le condizioni per la formazione di massimi di velocità che a loro volta facilitano la formazione di anomalie della tropopausa dinamica e sono sede di intrusione di aria fredda e secca di origine stratosferica in troposfera accentuando il forcing dinamico, ovvero la risalita di aria verso la quota dagli strati più bassi per avvezione di vorticità positiva nel settore davanti a sinistra del massimo del getto. La depressione che si genera in superficie, aiutata anche da effetti di sottovento nella fattispecie del Mediterraneo (Alpi e Pirenei a nord e Atlante a sud svolgono un ruolo determinante nella formazione di questi soggetti), si approfondisce per il forcing in quota aumentando il gradiente barico orizzontale in superficie. La rotazione dell’aria che accorre a colmare il decremento al centro della depressione genera altro sollevamento e così via, fino a che non viene meno il forcing in quota e il minimo nei bassi strati torna a ricevere più aria di quanta ne perda iniziando a colmarsi.
In sostanza, la discontinuità tra masse d’aria lungo la direttrice del flusso in quota da inizio al processo con tanto più vigore quanto più sarà accentuata la baroclinicità; al tempo stesso in superficie si generano le condizioni ideali e i due meccanismi entrano in fase. Ora, questi per sommi capi sono i feedback. La tua richiesta di conoscere chi paga il conto energetico mi trova un po’ più impreparato. Chissà che non voglia cimentarsi qualche altro lettore di CM.
gg
Tutti gli uragani che non ci sono stati nel golfo del Messico si sono trasferiti in Toscana?
Ci scommetto che il colpevole incriminato è il gw..e pure i cambiamenti climatici
Caro Guido, splendida analisi tecnica di un evento sicuramente eccezionale per intensità dei venti e soprattutto estensione della zona colpita, ma non così infrequente come correttamente spiegato. Per il resto…sarebbe chiedere troppo se la climatologia non invadesse il campo della meteorologia cercando sempre e comunque degli improbabili collegamenti su scala vastissima?
Davide, ho appena risposto a Fabrizio e devo dire che la cosa ha sorpreso anche me. Almeno uno all’anno ma anche 10 per anno.
gg
Visto che il termine “bomba” se lo sono già giocato, ora questo dovrebbero chiamarlo “bombone”. Oppure declassare gli altri a “bombette”.
Fuor di ironia, ci sono precedenti simili nel nostro paese?
Qui Fabrizio, figura 3, ma più in generale tutto il paper.
http://www.researchgate.net/profile/Helena_Flocas/publication/229926792_Climatological_aspects_of_explosive_cyclones_in_the_Mediterranean/links/0fcfd5045b2205520a000000.pdf
gg