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Come sappiamo quel che crediamo di sapere?

Quello che leggete qui sopra è parte del titolo di uno scritto di Paul Watzlavick del 1984 che, per intero, suona così: The Invented Reality: How Do We Know What We Believe We Know? (Contributions to Constructivism).

A scanso d’equivoci dichiaro apertamente di averne appreso l’esistenza appena ora e di non essere particolarmente interessato ad approfondire. Ci sono arrivato però perché ne ho trovato un estratto in un paper di Hans Von Storch del 1996:

Inside science – a preliminary investigation of the case of global warming. (liberamente scaricabile su Academia.edu previa registrazione)

Un lavoro datato ma che, per la sua natura investigativa di quello che poi sarebbe diventato un movimento globale, è decisamente ancora molto attuale. Si tratta dell’analisi delle risposte di un numero di scienziati abbastanza consistente ai temi più significativi del dibattitto sul clima. Dagli aspetti più tecnici e per loro natura maggiormente condivisi, a quelli più sociologici e politici legati a impatti e conseguenze, che invece presentano delle differenze di approccio e di vedute interessanti, essendo sostanzialmente derivate dalla personalità di quanti sono stati chiamati a rispondere. Personalità che, inevitabilmente, quando dalla solidità delle cognizioni scientifiche si passa agli aspetti molto più teorici e ideologici, finiscono per avere un ruolo determinante nel definire da che parte stare. All’epoca, quando i rapporti di forza nel dibattito non erano forzatamente schiaccianti come oggi, in questo lavoro era stato possibile dividere gli intervistati in convinti, dubbiosi e scettici. Il mondo si è scaldato, questo è un fatto, ma su come, perché e, soprattutto, su cosa questo possa voler dire per il futuro, più che di fatti si parla di teorie, che dovrebbero incontrare appunto convinzione, dubbio e scetticismo.

Ma il condizionale è d’obbligo, perché dubbio e scetticismo sono stati eliminati o, quantomeno allontanati. Sicché, nella delicata ma imprescindibile relazione tra scienza, decisori e pubblico, se i primi abbandonano la solidità dei fatti per sposare le opinioni, i secondi decideranno in base a quelle a loro più congeniali e i terzi ne subiranno al contempo il condizionamento e gli effetti. Senza che grazie al dubbio e allo scetticismo siano potuti intervenire quegli elementi correttivi indispensabili per evitare decisioni sbagliate.

E così torniamo alle ragioni della mia attenzione al brevissimo estratto dell’opera di Watzlavick incluso nel paper:

Quando una teoria scientifica è definitivamente dichiarata valida da una volontà politica, e diventa perciò una giustificazione generalmente vincolante dell’esistenza dello stato, cala la tenda di ferro dell’oscurantismo. Il “Mito del XX secolo” di Alfred Rosenberg (una teoria razziale in virtù della quale milioni di esserei umani sono stati dichiarati inutili e uccisi) o la teoria della trasmissione genetica di caratteristiche acquisite di Trofim Denisovitch Lysenko (una teoria che portò all’arresto e alla morte di colleghi che la rifiutavano e che ha paralizzato gli studi di genetica sovietici) sono esempi particolarmente illuminanti – soprattutto illuminanti quando si tiene conto del fatto che queste teorie erano assurdamente prive di senso anche durante l’arco di vita di entrambi. Nel mondo sublunare delle ideologie scientifiche non c’è più spazio per successive ricerche, per la confutazione di assunti precedenti, per il dubbio creativo su quanto è già stato definito. Ciò che è ovvio nel mondo della libera scienza diventa necessariamente tradimento e sovversione quando chi è al potere ritiene di possedere la verità assoluta.

Senza andar tanto lontano, senza che a qualcuno venga davvero in mente di dare ascolto ai pazzi scatenati che suggeriscono processi sommari per quanti si permettono di avanzare qualche dubbio circa le scientificamente traballanti ma ideologicamente solidissime conseguenze di un riscaldamento le cui origini sono tutte da accertare, mi limiterei a ricordare che appena qualche anno fa, quando l’arresto del global warming non era ancora evidente, molti benpensanti affermavano che la scienza era acquisita e, ovviamente nelle sedi opportune, si discuteva al massimo dei dettagli. Ora ci sono maggiorenni che il riscaldamento globale non lo hanno conosciuto, ma la verità assoluta continua a poggiare su proiezioni di riscaldamento ininterrotto e, sempre nelle sedi opportune, siano esse le conferenze di Copenhagen, Bali o la prossima di Parigi, si decide.

In queste decisioni si parla di evitare una catastrofe climatica altrimenti scontata già per il 2050 (siamo buoni e le alzate di ingegno che attribuiscono al clima che cambia anche ora ogni goccia di pioggia in più o in meno le lasciamo ai tabloid). C’è di buono che nell’arco di vita di molti di noi sarà possibile capire quanto di tutto questo gran parlare sia effettivamente assurdamente privo di senso. Potremmo infatti scoprire che il tempo è sempre galantuomo, anche quando è atmosferico.

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Published inAttualità

Un commento

  1. Fabio Vomiero

    Certo che questo saggio di Watzlavick apre capitoli vastissimi inerenti alla storia e alla filosofia della scienza. Tuttavia, a mio avviso, come peraltro già anticipato da Guidi, dobbiamo necessariamente sottolineare il periodo di pubblicazione del saggio, 1984. In termini di ricerca scientifica, tutta un’altra epoca. Il saggio praticamente si riferisce a posizioni epistemologiche di “costruttivismo” e “relativismo”, forme di pensiero che tendevano ad escludere una vera natura oggettiva della realtà, attribuendo invece importanza al punto di vista degli scienziati. Una posizione non molto lontana dal pensiero antiscientifico moderno, quasi sempre soggettivo. Io non so se in realtà queste posizioni siano state superate completamente, ma certo è che la scienza di oggi funziona in maniera completamente diversa, dobbiamo sempre ricordare che oggi è la comunità scientifica ( con regole e meccanismi precisi e collaudati) che fa testo, non il singolo scienziato. E comunque sia, dal mio punto di vista, considerati i contesti storici, sociali, epistemologici completamente diversi, è un errore concettuale riportare sempre i soliti esempi di Galileo, Newton, Darwin, per riferirsi ad una sorta di “conservatorismo” inespugnabile della scienza. Il problema semmai oggi, è da leggere al contrario: troppe resistenze culturali nei confronti della scienza in un’epoca governata da economisti. E pur non avendo nulla contro gli economisti, posso solo evidenziare che, se non sbaglio, nel loro piano di studi, non è compreso nessun esame di scienze naturali ed applicative. E questo non ce lo possiamo più permettere. Saluto sempre tutti cordialmente.

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