Ormai siamo prossimi a raggiungere la metà di questa stagione invernale che per molti aspetti risulta molto interessante e affascinante. Mi rendo conto che per chi ama scenari finlandesi trovarsi in regime di forte contrazione del vortice polare non sia quanto di meglio si poteva sperare ma la meteorologia e la climatologia in verità sono discipline più adatte a chi vuole comprendere determinati meccanismi piuttosto che per coloro che invece hanno la speranza di incappare nella stagione da ritrovare su qualche libro dei record. Non vorrei continuare a deludere ma visto che ci sono, fatto trenta farò trentuno ricordando che l’Italia è nel bel mezzo del Mediterraneo e le sue coste non sono bagnate dallo sciabordio delle acque del Mar Baltico.
Le previsioni stagionali redatte lo scorso novembre hanno dimostrato, come tra l’altro più volte sottolineato, di essere ancora materia pioneristica, che espone più a errori che a successi. Ma gli errori, per chi vive di ricerca, sono il pane quotidiano per cercare di individuarne i motivi prima e se possibile i rimedi poi. Facendo bagno di umiltà anche l’indice IZE ha dimostrato più di qualche problema, su cui sono già impegnato. In tal senso sono in via di elaborazione aggiustamenti alla funzione sui cui si basa il calcolo. Non aggiungo altro perché ora sarebbe del tutto prematuro. A fine stagione comunque faremo meglio il resoconto generale. Ad oggi comunque posso affermare che molto non ha funzionato ma molto invece ha fornito e sta fornendo risposte soddisfacenti. Il lavoro alla base dell’IZE è piuttosto articolato e suggerisce informazioni molteplici, solo una delle quali è la prognosi dell’andamento dell’Oscillazione Artica. Un’altra informazione che è nota perché pubblicata, è la prognosi di attività d’onda principale che contrariamente alla previsione AO dimostra di essere piuttosto performante. Mi riferisco alla figura 12 presentata in quell’outlook e che qui ripropongo.
I riquadri rossi indicano una probabile attività d’onda definita principale ovvero in grado di apportare configurazioni sinottiche tali da ripercuotersi nei vari piani atmosferici. Questo non suggerisce delle equivalenze meteorologiche ma dispone l’analista a determinate riflessioni. In verità, perdonatemi la breve uscita dal tema, gli indici predittivi in fase di studio in questi anni non dovrebbero essere letti quale punto di arrivo per la prognosi, ma punto di partenza da associare a tutto quanto era già noto e a quanto di meglio si dispone in materia di esperienza. Come avrete già capito tutto ciò, nonostante tutto, non è sufficiente per porsi al riparo da errori talvolta anche pesanti.
Tornando alle nostre riflessioni notiamo bene dal grafico che l’attività d’onda si prevedeva fosse assente fino attorno al 24 del mese di dicembre per poi entrare in territorio positivo con un picco proprio per la fine del mese. Le mappe di anomalia alla quota isobarica di 200hPa di cui alle figure 1 e 2 mostrano in maniera esaustiva quanto realmente accaduto e sono ben rappresentative dell’indice di attività d’onda.
In verità, per i motivi discussi nell’outlook, avevamo anche scritto: “…Tale posizione del centro di massa suggerisce anche un altro aspetto che sta caratterizzando l’intera struttura del vortice polare a quella quota isobarica, l’attivazione di flussi meridionali in grado di alimentare l’aumento del geopotenziale tra la zona aleutinica e il Canada. I flussi di calore facente capo a tale configurazione però non riescono ad essere troppo convergenti in area polare nella massima intensità proprio a causa dell’impianto appena sopra descritto…” La figura 3 ci chiarisce meglio il concetto della mancata convergenza diretta in area polare dei flussi di calore.
Ovvero una delle poche cose chiare che apparivano era riferita alla mancata convergenza dei flussi di calore in zona polare, infatti a riguardo della prognosi stratosferica scrissi: “La presenza a cadenza quasi mensile della principale attività d’onda ci induce a ritenere che vi saranno ripetuti attacchi al vortice polare ma nessuno, almeno in riferimento a quello di dicembre e gennaio, sembra in grado di scompaginarlo in maniera pesante. Comunque a seguito degli eventi d’onda potranno prodursi anche intensi warming stratosferici con innesco sul lato Indiano o Indonesiano ma si ritiene, vista la disposizione del vortice già descritta, che gli stessi warming possano essere deviati verso l’area aleutinico-canadese o forse produrre un displacement del vortice stesso”. Il risultato degli intensi warming stratosferici è stato l’approfondimento del vortice troposferico in sede polare. Qualcuno starà sbarrando gli occhi in segno di stupore. Niente di nuovo, nessuna nuova interpretazione della fisica. Dobbiamo necessariamente introdurre alcune definizioni per capire quanto poi andremo ad enunciare in fase di esercizio di prognosi.
Secondo l’equazione di Ertel che definisce la vorticità potenziale su superfici isoentropiche, ad una contrazione dello spessore di una colonna d’aria corrisponde un aumento della stabilità statica e una diminuzione della vorticità assoluta. Quindi una contrazione della colonna nei piani stratosferici indotta da riscaldamenti improvvisi impone l’instaurarsi di una circolazione anticiclonica verso l’alto cui consegue un allungamento della colonna sottostante nella quale, sempre per l’equazione di Ertel, si otterrà una progressiva diminuzione della stabilità statica con aumento della vorticità assoluta verso il basso, motivo dell’incremento di vorticità a carico del vortice troposferico. Viceversa in caso di approfondimento dall’alto del vortice polare stratosferico. La comprensione di quanto appena descritto risulterà forse più facile attraverso le figure 4 e 5 provenienti da noti studi delle dinamiche stratosferiche condotte da Baldwin e Dunkerton (2001).
Per le ragioni sopra esposte sono portato a ritenere che la situazione attuale non sia appartenente né alla figura 4 e tantomeno alla figura 5, piuttosto mi sembra una situazione ibrida che a seguito del mancato evento principale stratosferico (dinamica in atto) produce un ripristino, per interruzione degli heat flux alle varie quote isobariche stratosferiche, e un raffreddamento radiativo a partire dalle alte quote con allungamento della colonna d’aria e conseguente compressione degli strati sottostanti, soggetti ad aumento della stabilità statica e diminuzione della vorticità assoluta. La situazione che potrebbe presentarsi tra qualche giorno potrebbe rispecchiare il caso appena descritto e quindi essere meglio rappresentata dalla parte finale del grafico di figura 4.
Quanto appena discusso ci è utile per proseguire nel nostro tentativo di prognosi per questa seconda parte invernale partendo da quegli aspetti che al momento sembrano essere stati colti con un grado di affidabilità accettabile. L’attività stratosferica, in sede di analisi e prognosi dell’outlook, non era stata indicata, almeno per buona parte dell’inverno, quale elemento determinante.
Detto questo la nostra attenzione dovrà necessariamente ricadere alle vicende più prettamente troposferiche. Tornando al grafico di attività d’onda notiamo che dopo l’evento di fine dicembre l’indice è stato previsto tornare su valori piuttosto negativi a significare, con il senno di poi, una ripresa zonale che in verità era ben evidenziata dalla forte componente meridionale assunta dalla circolazione alle alte latitudini, vedi curva azzurra del grafico 12. Un’altra piccola divagazione: uno dei problemi degli indici è la loro interpretazione. Con il senno di poi si capiscono informazioni che all’origine o sono state ignorate o male interpretate. Questo è il sale della ricerca e della comprensione! Tra la metà e la fine della prima decade di gennaio si nota, sempre dal grafico di figura 12, una certa blanda e temporanea ripresa d’onda. In questo caso i modelli meteorologici ci vengono in soccorso con la figura 6.
Si nota la ripresa di attività d’onda presto inficiata dalle attive correnti zonali ad ovest dell’Islanda. Purtroppo, tanto per essere un pochino sarcastici, la massima definizione temporale raggiungibile degli indici di prognosi a base IZE è di tre giorni lungo la linea del tempo (ogni mese possiede circa 10 dati), quindi lo spostamento temporale di analisi coinvolge almeno la data t=0±2giorni. Dopo il 17 del corrente mese l’indice d’onda dell’IZE ci suggerisce un’altra significativa ripresa di attività. Rammento ancora che non bisogna giungere a conclusioni affrettate visto che l’andamento dell’attività d’onda non corrisponde ad un predeterminato e classico risultato di tipo meteorologico; tra l’altro l’indice stesso non ci informa né sul numero di onde coinvolte né su quale lo sarà più o meno. Questa informazione la deduciamo in altro modo.
Detto questo, continuando a dare credito al risultato dell’indice, è lecito attendersi un nuovo rallentamento del flusso zonale alle alte latitudini. Il seguito è ancora più intrigante, infatti la fine dell’attività d’onda non coincide con un ritorno a valori dell’indice molto negativi come in precedenza, ma si mantiene attorno alla neutralità. Cosa può voler significare? Intanto se cerchiamo di entrare più nel dettaglio delle informazioni espresse in quel grafico notiamo che la linea azzurra, riferita alla componente meridionale del flusso alle alte latitudini, scende sia pur lievemente a valori negativi, indice di una componente prevalente di tipo nord-sud. Traducendo il tutto potremmo pensare ad una certa tendenza all’isolamento verso le alte latitudini dei massimi dell’attività d’onda precedente. In verità questo sarebbe anche ben supportato proprio dal debole ritorno dell’indice in territorio negativo ipotizzando comunque una certa ma poco efficace ripresa zonale alle alte latitudini. Sintetizzando l’indice suggerirebbe che attorno alla metà del mese dovrebbe ripartire un’altra attività d’onda che poi nel corso dell’ultima decade di gennaio e almeno la prima parte di febbraio andrebbe in tentativo di isolamento verso le alte latitudini (SCAND+???) con un debole flusso zonale alle basse latitudini in grado di lasciare il Mediterraneo centrale in una debole anomalia negativa di pressione, azzardo, con alimentazione nei bassi strati da altrettanto deboli flussi di aria polare continentale.
Esercitato il tentativo di prognosi, a questo punto della stagione molto complicato visto la difficoltà interpretativa della dinamica di base, torniamo al grafico di figura 4. Come detto la situazione attuale appare un compromesso di quanto illustrato. Infatti se lo scomponiamo, non me ne vogliano gli autori, otteniamo la figura 4a che a mio avviso può essere più consona a identificare la situazione recentemente passata, attuale e prossima futura.
Seguendo i rettangoli numerati possiamo riassumere quanto già espresso in sede di prognosi avvalendoci del supporto grafico di figura 4a:
- Impulso d’onda troposferico che sviluppandosi sotto il bordo meridionale delle intense correnti zonali della bassa stratosfera trova ottime condizioni per la propagazione d’onda verticale, questo evento lo fisseremo avvenuto attorno al periodo 26-28 di dicembre (vedi anche grafico d’onda dell’IZE).
- La compressione degli strati superiori stratosferici che si è gradualmente prodotta ha determinato la forte stabilizzazione della colonna medio-alta stratosferica con l’avvio del processo di compressione e aumento del geopotenziale prodotto dall’aumento della stabilità statica e dalla diminuzione della vorticità assoluta. Tale processo si è però concluso prematuramente non producendo l’insorgere di un evento stratosferico di tipo major ma classificabile come evento di minor warming. I motivi dell’interruzione sono stati già sopra descritti e indicati nel precedente outlook, ma comunque ascrivibili alla mancata convergenza dei flussi di calore verso il polo.
- Dalla situazione prodotta in fase 2 sta scaturendo l’allungamento della colonna sottostante con l’effetto di incrementare la vorticità in sede troposferica alle alte latitudini con approfondimento del vortice. Secondo lo schema di figura 4a questo periodo appare di durata approssimativa a una quindicina di giorni. Quindi dal precedente periodo fissato al punto 1 si avvia e conserva una ripresa zonale alle alte latitudini prevedibile fino almeno la metà di gennaio o poco oltre.
- Nel frattempo il warming stratosferico è previsto cessare definitivamente a partire dal prossimo 7 gennaio alle quote più elevate (si vedano le mappe ECMWF stratosferiche ad 1hPa pubblicate dalla Libera Università di Berlino) per interruzione degli heat flux con l’avvio di allungamento della colonna interessata che comprime verso il basso i piani inferiori. Da qui è atteso il brusco rallentamento del flusso zonale segnato da una attesa robusta flessione dell’indice AO, il tutto prevedibilmente dopo il 17 gennaio più o meno due giorni, così come pare suggerire il grafico dell’attività d’onda dell’IZE e come iniziano a mostrare le code dei modelli meteorologici.
- Il raffreddamento dalle alte quote stratosferiche, previsto dal 7 gennaio, si ritiene possa produrre una successiva lenta e graduale fase di allungamento della colonna inibendo una forte ripresa zonale alle alte latitudini troposferiche e condizionando, almeno in parte, la seconda metà di questo inverno.
- Se il ragionamento fin qui proposto è corretto, l’azione al punto 5 finirà per comprimere gli strati inferiori lasciando una circolazione troposferica con indice AO debolmente negativo o al più oscillante attorno alla neutralità presumibilmente fino alla metà o forse addirittura la fine di febbraio.
Se quanto scritto non troverà conferme nei fatti faccio anticipata ammenda, ma l’attenta analisi sia dell’attività d’onda dell’IZE che degli avvenimenti recenti mi ha portato alle convinzioni qui descritte.
Ciao Carlo, nell’accodarmi ai doverosi complimenti fatti dagli altri utenti volevo chiederti, in base alle tue riflessioni, quale potrebbe essere la causa della cronica assenza di circolazione impostata su un waves-3-pattern (apparso quasi sorprendentemente proprio alla fine dello scorso anno) a favore di continui patterns waves-2. Ciclicità a macroperiodo, sole, Enso, amplificazione artica o altri fattori che non sono a conoscenza? Grazie per l’eventuale risposta.
Dunque Fabio,
di carne al fuoco nei hai messa fin troppa…
Prima di tutto, se già non lo hai fatto, ti suggerisco di leggere la ricerca: “Il Clima del futuro? La chiave è nel passato” appena pubblicata qui nelle pagine di Climate Monitor. Vedrai, già lì troverai qualche risposta.
Per argomentare meglio partirei dalla fine della tua domanda. In realtà i motivi che definisci quali le ciclicità di lungo periodo, ENSO ecc. in realtà sono l’espressione di un solo fenomeno: la variabilità dell’attività solare.
Nell’insieme di tutte le variabili che sono imputate alla determinazione del clima (conosciute e/o sconosciute) l’unica veramente indipendente è quella riferita all’attività solare. Il sistema atmosferico risponde in dipendenza di quella variabilità. Semmai a cascata vi saranno delle variabili che tra loro assumeranno carattere dipendente e/o indipendente complicando di molto le interazioni nel sistema ma nessuna di loro potrà per ragioni proprie avviare un qualsivoglia cambiamento. Tutto il sistema è assoggettato a modifiche assolutamente gerarchiche, il nostro problema è capirne le dinamiche. Tutti i sistemi sono caotici è la loro conoscenza che li rende determinabili altrimenti, per assenza di conoscenza dell’insieme o per limitata conoscenza dell’interazione delle variabili, tenderanno ad essere indeterminabili se non impossibili.
Se potessimo raffigurare tutto, spero tu sia amante dei motori almeno un po’ più di me (ci vuole poco), potremmo immaginare che il clima sia una bella automobile sportiva. Semplificando molto possiamo assumere che Il motore è il sole, il vapore acqueo è la trasmissione e i cambiamenti di massa del sistema sono le prestazioni che ottieni con i vari settaggi.
Dunque se avvengono delle modifiche al motore o alla trasmissione, anche piccole, avrai delle modifiche più o meno sostanziali nelle prestazioni.
I cambi di pattern che tu indichi non sono altro che la manifestazione plateale dei cambiamenti della diversa disponibilità di energia e distribuzione della stessa dalle basse latitudini alle alte latitudini. La disponibilità di calore sensibile e latente del pianeta dipendono in origine solo dal Sole.
Carlo Colarieti Tosti
Grazie per la risposta Carlo. Sei stato chiarissimo. Quindi con molta probabilità questo timido risveglio del patter a 3 onde potrebbe essere determinato dopo un periodo più o meno relativamente lungo con attività solare moderata rispetto al quinquennio precedente caratterizzato da debole attività… in effetti se ci pensiamo il tutto tornerebbe. A presto e grazie ancora! F.
Caro dottor Colarieti Tosti, mi vuol dire dove ha appreso tante nozioni in merito agli argomenti che si tengono in questa rubrica e quanto tempo dedica a certi studi?
Complimenti ed al prossimo servizio (ma si riposi ogni tanto…)
In Italia avremo si e no una settimana di inverno vero ogni anno (l’ultimo inverno neanche quella), bisogna accontentarsi. vorrei solo che le risalite del “mostro” africano d’estate fossero rare come le discese artiche in inverno…:-(
Igor non perdere le speranze, leggi ” Il Clima del futuro? La chiave è nel passato.
Posted on 5 gennaio 2015Cambiamenti climaticiFronte PolareGetto polareMassa atmosfericaVortice ” di C.C. Tosti . Ci sono già delle risposte. Saluti Franco.
p.s. Complimenti al Dr. Tosti per i suoi studi
Si, credo nella ciclicità del clima. D’altronde si sono sempre alternati ere “calde” e ere “fredde” alla faccia del GW…. quindi dovremmo essere alle soglie di un nuovo cambiamento? speriamo, non tanto per il freddo ma per estati più vivibili. Purtroppo non avverrà tutto da un anno all’altro. Per me i tre mesi estivi sono una sofferenza
Io resto convinto che i veri inverni sono in nord america
La sua è una convinzione a cui è difficile non aderire. Il motivo è nella geologia: la disposizione delle terre emerse del nord emisfero obbliga la corrente a getto a maggiori ondulazioni rispetto all’emisfero meridionale, il risultato è la posizione media assunta del vortice polare con uno dei lobi principali ad insistere sul settore canadese centro-orientale. Quindi il nord America (soprattutto la parte orientale) è più soggetto a circolazioni nord-sud mentre l’Europa sud-nord. Detto ciò il resto vien da sé.
Carlo Colarieti Tosti
Ciao Carlo,
articolo magistrale !
Rimango sempre ammirato dalle tue riflessioni.