Ho scoperto di non essere meteoropatico e nemmeno meteorosensibile, con questa seconda condizione che è decisamente meno preoccupante della prima. Cioè, in effetti supponevo di non esserlo, ma ora ne ho la prova tangibile. Ho tante altre patologie indotte dalla meteorologia, tipo una specifica avversione per le previsioni sbagliate e una autentica allergia per quelle fantaclimatiche, ma non ne ho che provochino disturbi del metabolismo.
La scoperta è stata casuale quanto semplice ed è arrivata grazie al Corriere della Sera che ha pubblicato un articolo su di uno studio condotto da tre ricercatori dell’Istituto di Psichiatria del Policlinico Gemelli di Roma. Lì mi sono imbattuto in un test semplice ma efficace, grazie al quale ho scoperto che gli acciacchi al ginocchio, retaggio di improbabili tentativi di emulare i campioni dello sci, non mi aiuteranno mai ad aumentare la confidenza nelle mie previsioni. Peccato, dovrò continuare a telefonare a mia Zia, che invece di queste cose se ne intende.
Questo è l’articolo e questo è il test. Altro non so perché dell’istituto e della ricerca di cui sopra non ci sono tracce sul web, almeno io non ne ho trovate. E questo è un peccato, perché avrei voluto fare un paio di domande agli autori dello studio.
Per esempio, riconoscendo comunque che un pizzico di sapienza nella comunicazione non basta mai, avrei voluto chieder loro, da sicuri esperti di queste patologie, se hanno anche esperienza nel mio settore di applicazione. In caso affermativo, la domanda successiva sarebbe stata dove diavolo hanno acquisito la certezza che “oggi i passaggi dal caldo al freddo, dal sereno alla pioggia sono sempre più improvvisi“, o ancora che questo possa avere a che fare con “i mutamenti climatici in atto” che danno per scontati e per i quali “sta aumentando la quota di meteorosensibili“.
Insomma, avrei voluto sapere se siamo di fronte a un fulgido esempio di approccio multidisciplinare, che nell’ambito scientifico è sempre il benvenuto, o piuttosto ad un mero recepimento di informazioni alquanto vaghe e campate in aria che la discussione su clima e affini dispensa ultimamente a piene mani, anche quando mancano delle robuste basi scientifiche. Per esempio, la robustezza scientifica dell’affermazione che i passaggi dal caldo al freddo siano sempre più improvvisi mi sfugge alquanto, come mi sfugge quella più generale che il clima stia cambiando in modo diverso da come è sempre cambiato.
Temo la seconda, cioè che si tratti di mero recepimento, per due ragioni. La prima è che la questione del clima che cambia e cambia male è tutta inerente alle previsioni per un futuro ben lontano, abbastanza lontano perché chi le fa non possa essere chiamato a rispondere di eventuali verifiche. La seconda è più palese, perché uno che ne sappia appena un po’ di meteo e di clima, sa pure che sono due cose ben diverse, nel senso che il dolore ai calli che anticipa la pioggia è esclusivamente attinente al tempo che ti becchi, cioè alla meteorologia, non a quello che ti aspetti, cioè alla climatologia. E invece nel test troviamo le ultime due domande che parlano di disturbi inerenti ai cambiamenti climatici. Ragionando in questo modo, se ho un dolore articolare oggi vuol dire che forse tra un trentennio pioverà un po’ di più. Non mi pare sia questo lo scopo della ricerca.
E allora, nel pieno rispetto del lavoro portato avanti, alla fine avrei anche chiesto agli autori di chiedere un po’ in giro prima di lanciarsi in affermazioni climatiche alquanto scivolose, anche perché lo scivolone più classico potrebbe essere quello di collegare un aumento nel numero degli affetti da questi problemi al mutare delle condizioni ambientali, quando magari la spiegazione è da qualche altra parte, tipo lo stress, l’ipersensibilità, lo stile di vita etc etc, tutte cose molto importanti, che però con il clima che cambia hanno poco a che fare, anche se – dicono – cambia male!
La ricerca è questa:
http://ac.els-cdn.com/S0010440X11000204/1-s2.0-S0010440X11000204-main.pdf?_tid=18351c6e-8788-11e4-bc8a-00000aacb35e&acdnat=1418998112_8f0c9de7056a208cd85452ec7d76f8e3
Saluti
VC
” la robustezza scientifica dell’affermazione che i passaggi dal caldo al freddo siano sempre più improvvisi”
colonnello, dove vive?
è rimasto intrappolato in antartide o appeso ad un albero per il paracadute?
se c’è al mondo una cosa più certa del sorgere del sole è proprio quella, ha mai provato ad entrare e uscire da una casa in inverno?
per non parlare poi delle banche in estate!
non solo è aumentata la differenza fra temperatura interna ed esterna, ma è anche sparita la quasi totalità delle bussole, che facevano da camera di compensazione per chi entrava e usciva, oltre ad evitare la ventata gelida nella schiena di chi stava già dentro
quindi mi sembrano più che evidenti “i mutamenti climatici in atto”…all’interno degli edifici
tuttavia spero proprio che il lunghissimo periodo di siccità che imperversa in casa, almeno nella mia, non si interrompa…non vorrei essere costretto a fare la guardia ai fornelli al primo torcicollo, col terrore che si formi un uragano sopra la pentola del brodo :s
Risulta preoccupante che una testata giornalistica come il Corriere della Sera diffonda queste notizie, il potere mass mediatico sta cercando di plasmare la mente dei più deboli e di chi ignora. Spero vivamente che il popolo sia ben più acculturato di alcuni pseudo giornalisti, perchè a quel punto il pensiero del popolo inizierà ad essere dominante cioè il primo potere..
Neanch’io sono meteoropatico e neppure meteorosensibile (non ho fatto il test, ma, ad essere sincero, non me ne frega proprio niente 🙂 ).
Soffro, però, il caldo e, stando alle ultime notizie provenienti dal Met Office (quelli che gli inverni “british” sarebbero stati sempre più miti e secchi e la neve sarebbe stata un ricordo sconosciuto alle nuove generazioni 🙂 ), nei prossimi anni me la vedrò davvero brutta: le estati torride e le ondate di calore mi rovineranno l’esistenza! 🙂
http://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/clima/2014/12/10/europa-sempre-piu-a-rischio-di-estati-torride-e-ondate-caldo_717702a0-7dc9-4030-b18a-617d6d86f948.html
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Visti i precedenti delle previsioni del Met Office non mi preoccuperei più di tanto, ma (come ci insegna G. Guidi) a volte capita che i previsori ci azzeccano 🙂 per cui ho preso le mie brave contromisure: ho climatizzato gli ambienti in cui vivo e l’auto, per cui non avrò problemi di insonnia e durante i viaggi non soffrirò il caldo. Ho aumentato la mia impronta ecologica, ma qua si tratta di scegliere tra bere o affogare.
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Scherzi a parte il Met Office in un articolo pubblicato su Nature Climate Change ha previsto che la frequenza di estati calde (temperature di 1,6 °C superiori alla media 1961/1990) nel periodo 2030-2040 (sempre a proposito di verificabilità delle previsioni 🙂 ) sarà di due al decennio invece di due al secolo!
Estati come quella “monstre” del 2003 che capitavano una volta ogni dieci secoli, invece, si verificheranno una volta ogni secolo!
La causa? Il clima che cambia e cambia male (per cause antropiche), ovviamente.
Sto’ cavolo di clima che cambia, però, mi sta sempre più sulle scatole per cui appena avrò finito di scrivere un articoletto sul livello del mare (ognuno ha le sue fissazioni, che volete) ho intenzione di scrivere un breve commento ad un interessate articolo che tratta di clima che cambia (o, per essere più precisi, che è cambiato nel passato prossimo e remoto).
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Tornando all’articolo di cui stiamo parlando il titolo è illuminante:
Dramatically increasing chance of extremely hot summers since the 2003 European heatwave
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Leggendo l’abstract ( http://www.nature.com/nclimate/journal/vaop/ncurrent/full/nclimate2468.html )
scopriamo che tutto ciò che riporta l’ANSA è vero (a parte qualche piccolo dettaglio) e che le temperature medie delle estati degli ultimi anni sono aumentate di circa 0,81 K rispetto a 10 anni fa: fra poco potremo calare la pasta! 🙂
Andremo di male in peggio e, comunque, peggio di quanto potessimo pensare.
Ciao, Donato.