Niente, un bel niente. Qualche settimana fa, per la precisione l’11 settembre, lo strato do ozono sopra il Polo Sud pare abbia raggiunto il picco del depauperamento stagionale. Complice la stagione fredda, infatti, ogni anno durante l’inverno australe la concentrazione dell’ozono stratosferico diminuisce formando quello che tutti conoscono come Buco dell’Ozono, ovvero una fascia di bassa concentrazione che consente una maggiore penetrazione della radiazione ultravioletta proveniente dal sole. Un ‘buco’ che ha iniziato ad aprirsi nel contesto di un altrimenti normale depauperamento stagionale per effetto dell’immissione in atmosfera di sostanze chimiche antropiche che interagendo con la radiaizone solare distruggono il legame molecolare dell’ozono.
Dal 1987, anno del Protocollo di Montreal, le sostanze antropiche incriminate sono state bandite. Nel tempo, a fasi alterne, è sembrato che questo primo (ed unico) esempio di cooperazione internazionale a fini ambientali abbia portato qualche giovamento, benché le previsioni siano impostate su tempi molto lunghi perché si possa parlare di effetti tangibili. In sostanza, ancora oggi non è dato sapere se i provvedimenti presi fossero giusti o meno o se questi si possano rivelare efficaci.
E gli accadimenti degli ultimi anni non aiutano la comprensione, compresi quelli più recenti. Già, perché il minimo dell’11 settembre scorso, pur essendo meno significativo di quanto accadeva in media nel periodo 1998-2006, è invece paragonabile ai minimi del 20010, 2012 e 2013. Per cui, almeno negli ultimi anni, non ci sono stati miglioramenti. A confondere il segnale di un eventuale trend positivo, concorrono in modo significativo le oscillazioni interannuali delle temperature stratosferiche. Così spiegano gli esperti della NASA che hanno appena pubblicato un consuntivo annuale. Lo trovate qui, mentre qui invece c’è la pagina con quello che è successo negli anni scorsi.
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