E non solo l’oceano ma anche il resto del pianeta, visto che sia per estensione che per capacità di contenere e trasportare l’energia, gli oceani svolgono un ruolo primario nel determinare l’evoluzione del clima. Solito refrain di scetticismo climatico? Non proprio, visto che viene da Science ed è l’highlight di un articolo di fresca pubblicazione:
Antarctic role in Northern Hemisphere glaciation
Abstract:
Il clima della Terra è andato incontro ad una grande transizione dal caldo del tardo Pliocene, quando le temperature superficiali globali erano circa 2-3°C più alte di adesso, ad una estesa glaciazione dell’Emisfero Nord (NHG) circa 2.73 Ma. Si dimostra che le acque profonde del Pacifico Settentrionale erano significativamente più fredde (4°C) e probabilmente più dolci delle acque profonde del Nord Atlantico prima dell’intensificazione della NHG. A 2.73 Ma, il gradiente di temperatura Atlantico-Pacifico si ridusse a meno di 1°C, suggerendo l’inizio di un forte trasporto di calore dal Nord Atlantico allle profondità del Pacifico. Si suppone che nl’aumento del ghiacciamento dell’Antartico, dedotto dalla discesa di 21 ± 10 m del livello del mare da 3.15 a 1.75 Ma, e lo sviluppo di un forte gradiente polare di salinità, alterarono sostanzialmente la circolazione delle acque profonde, cosa che accentuò il trasporto di calore e salinità tra gli oceani contribuendo alla NHG.
Come leggiamo dall’approfondimento che Science Daily ha dedicato a questo articolo, Stella Woodard coautrice dell’articolo, lo spiega così: “Riteniamo che sia stato l’innescarsi della moderna circolazione oceanica di profondità — il nastro trasportatore oceanico — circa 2.7 milioni di anni fa e non un sostanziale cambiamento nella concentrazione di anidride carbonica in atmosfera ad innescare un’espansione delle distese di ghiaccio nell’emnisfero nord.”
“A seguire Yair Rosenthal, un altro degli autori, aggiunge: “Il nostro studio suggerisce che i cambiamenti nell’immagazzinamento di calore nell’oceano profondo potrebbe essere importante per i cambiamenti climatici tanto quanto altre ipotesi — l’attività tettonica o una caduta dei livelli di anidride carbonica — e probabilmente ha condotto ad una delle maggiori transizioni climatiche degli ultimi 30 milioni di anni“.
Non male per un sistema CO2 dipendente non è vero?
Riflettendoci bene è logico che gli oceani siano i driver del clima terrestre in quanto il quantitativo di energia messo in gioco dai cambiamenti che avvengono negli oceani è enorme. In questi giorni la vicenda dell’ENSO rappresenta un esempio lampante dell’importanza degli oceani nel clima terrestre: si spera in un forte El Nino per liberare il calore immagazzinato nelle profondità degli oceani e vedere di nuovo le temperature atmosferiche salire.
.
Altro aspetto molto interessante dell’articolo riguarda l’influenza determinante delle correnti oceaniche per l’innesco delle glaciazioni. In diverse occasioni ho avuto modo di parlare dell’articolo di Tzedakis et al., 2012 che giunge alla conclusione convincente (almeno per me) che i periodi glaciali e quelli interglaciali sono innescati da fattori astronomici, ma che sono le correnti oceaniche a giocare la parte del leone: solo la concomitanza di particolari condizioni astronomiche ed oceaniche rende possibile l’innesco ed il consolidamento delle condizioni glaciali o interglaciali.
L’articolo di cui ci ha messo al corrente G. Guidi con il suo post mi sembra un’ulteriore tassello del puzzle anche se riguarda l’innesco di un’intera era glaciale e non di un periodo glaciale o interglaciale.
In Tzedakis et al., 2012 l’inversione della circolazione termoalina era determinata da forti variazioni della salinità in conseguenza dello scioglimento di grosse porzioni delle calotte glaciali terrestri. Anche in Woodard et al., 2014 le variazioni di salinità giocano un ruolo fondamentale, ma dall’abstract non si riesce ad avere notizie circa la causa di queste variazioni di salinità che avrebbero innescato il trasferimento di calore dai mari artici a quelli antartici. Né si intuiscono possibili influenze di particolari condizioni astronomiche. Sarebbe bello, comunque, poter leggere l’intero articolo per vedere se è possibile individuare dei punti di contatto con Tzedakis et al., 2012.
Ciao, Donato.