I nostri lettori lo sanno, tranne casi davvero particolari, su queste pagine difficilmente trattiamo i temi dell’attualità meteorologica, nella convinzione che con riferimento all’hic et nunc ci siano molte altre fonti a cui far ricorso, ove lo si ritenesse necessario.
Però, gli argomenti possono essere analizzati da diverse prospettive, la cronaca certamente è una di queste, ma ce ne sono molte altre. Prendiamo ad esempio i fatti di questi giorni, tra le tante polemiche scatenatesi in cui non entreremo, non ha ancora smesso di piovere e già Greenpeace grida dalle pagine di Meteoweb: “Alluvione a Genova, Greenpeace: necessario fermare il cambiamento climatico“.
Dal punto di vista delle serie storiche di questi eventi – per Greenpeace evidentemente collegati al clima che cambia – fermarli equivarrebbe a fermare la rotazione della Terra attorno al proprio asse ed attorno al Sole. Allora sì che avremmo un bel clima immutato nel tempo. Se credono, ci provino pure.
Dal punto di vista scientifico, vi invito a leggere un breve report pubblicato appena qualche giorno fa dalla Global Warming Policy Foundation, think tank di materia climatica, a firma di Andrew Montford il padrone di casa del blog Bishop Hill. Non è un pezzo d’opinione, è una semplice analisi di quello che dice l’IPCC con riferimento alle piogge alluvionali ed alla loro previsione a scala globale e climatica. Del resto, se il clima cambia e il clima è globale, è lì che bisogna andare a guardare.
E cosa ne viene fuori? Semplice, con riferimento alla distribuzione spaziale e quantitativa delle precipitazioni e degli eventi alluvionali, le serie storiche non restituiscono alcun segnale significativo di incremento o diminuzione dell’intensità o della frequenza di questi eventi. Le previsioni climatiche, dal canto loro e per ammissione di chi le usa per le sue valutazioni, appunto l’IPCC, con le piogge fanno molto peggio che con le temperature, ed è noto che la forchetta tra il riscaldamento previsto e quello osservato (anzi, non osservato) si sta allargando sempre di più. Di qui il termine ‘low confidence’, nel senso di confidenza scientifica, assegnato all’evoluzione dei pattern di questo genere di eventi. Certo, con grande ma ingiustificata fiducia nei propri strumenti l’IPCC dice anche che i modelli indicano che questi eventi saranno sempre più intensi e frequenti, ma date le premesse direi che non sia il caso di aggiungere altro.
Oppure, se credete, date un’occhiata alla pagina wikipedia in cui sono elencate le alluvioni occorse sul nostro territorio nel corso dei secoli, temo che quelli di Greenpeace non l’abbiano vista.
Io ci vivo e l’acqua si ferma a poche decine di metri da casa mia, perché fortunatamente abito in una strada che inizia a salire sulla collina. Molte cose che dovrei scrivere sono già state scritte in passato su questo sito, a proposito delle alluvioni passate; voglio solo ricordare che ci sono documenti storici sulle alluvioni in Val Bisagno che risalgono ancora all’800, prima che iniziassero le colate di cemento (ufficialmente inaugurate a fine secolo XIX dagli archistar dell’epoca) [1]:
.
« La pioggia cominciò la notte di giovedì e continuò per quindici ore consecutive in modo fortissimo. Il venerdì mattina la via tra Genova e Albaro era però ancora praticabile, ma continuando un’acqua dirotta, a dieci ore gli orti del Bisagno cominciarono a convertirsi in lago. Alle undici tutto era sotto l’acqua e l’onda s’andava ancora innalzando. Coll’avvicinarsi del meriggio il cielo si fa più cupo, il fulmine scoppia a brevi intervalli, seguito da tetro rimbombo di tuono, diluvia. L’inondazione guadagna tutta la vasta pianura del Bisagno che appare come una laguna fangosa, dalla quale emergono le sole cime degli alberi e delle case sommerse fino al secondo piano. Mura diroccate, terreni divelti, alberi sradicati, chiese inondate, ponti abbattuti, case rovinate, masserizie travolte e animali annegati. »
.
Non solo siamo nel 1822, e non si può parlare di AGW in nessun modo, ma si parla di acqua che arrivava al secondo piano delle case, e stiamo parlando di un’epoca in cui tutta la zona che oggi vedete era campagna, con poche case coloniche e ville. Se arrivasse la stessa quantità di acqua oggi, avremmo probabilmente centinaia o migliaia di vittime.
.
La seconda cosa è che i volontari che stanno spalando il fango si stanno lamentando del fatto che nessuna istituzione pubblica, né Comune, né Regione, né Protezione Civile, è stata in grado neanche di distribuire pale e guanti: ecco cosa vuol dire pensare che il problema sia la CO2.
.
A questo proposito, aggiungo anche una considerazione maligna: le ultime alluvioni a Genova datano 2010, 2011 e 2014. A questo punto sono ampiamente dentro il limite di un mandato elettorale. Se i politici che professano pubblicamente la loro fede nell’AGW e nell’incremento di frequenza di eventi catastrofici ci credessero veramente, sarebbero ogni giorno a manifestare platealmente la propria preoccupazione sulle pastoie burocratiche che frenano le attività preventive, invece di lamentarsene solo a posteriori arrampicandosi sugli specchi.
[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Borgo_Pila#L.27alluvione_del_26_ottobre_1822
Io penso sia evidente che il problema di Genova si possa chiaramente inquadrare almeno in una duplice valutazione. Da una parte il presunto cambiamento climatico, che esiste e non si può negare, ma come anche mette bene in evidenza Guidi non è facilmente quantificabile sul piano della variazione in termini di quantità e qualità delle precipitazioni, e soprattutto non è predicibile per il prossimo futuro. Ma proprio in questo senso, se ad esempio un ingegnere progetta un ponte o un tetto che deve resistere al peso della neve, i calcoli che farà per dosare le strutture in acciaio, terranno conto anche dei possibili carichi eccezionali oltre che dei semplici carichi standard. Dall’altra, credo e spero sia chiaro a tutti l’aspetto conclamato legato al dissesto idrogeologico della città e del territorio circostante. Io sono stato a Genova nel 1995, appena fresco di laurea, quando la mente è ancora bella pimpante e reattiva. Ricordo ancora molto bene l’effetto che provai nel vedere quanto cemento era disposto senza una logica, in un continuo caos tra sopraelevate e canali stretti e soffocati da argini artificiali. Una città letteralmente schiacciata di forza tra la montagna ed il mare. Senza sapere nulla della storia di questa magnifica città, il mio primo pensiero fu legato proprio al rischio idrogeologico. Quindi, naturalmente ci sono grosse responsabilità umane a monte, purtroppo. Poi, quando vieni a sapere che anche quel poco che si potrebbe fare in termini di riduzione del rischio non si fa a causa delle logiche perverse che regolano la nostra burocrazia allora… Saluto sempre tutti cordialmente.