Salta al contenuto

E dopo Ebola, vennero anche l’Isis, la gravità e i Trichechi

E’ passata solo qualche settimana da quando è stato fatto il primo tentativo di collegare la rinnovata diffusione del virus Ebola, ennesima tragedia di questo pianeta, al clima che cambia. Allora si trattava soltanto dell’ultima di una serie di guai comodamente attribuibili alla madre di tutte le catastrofi annunciate. Una bella entratura mediatica, ma con il difetto comune a tutte le boutades tirate fuori senza alcun reale supporto scientifico, quello di avere vita breve. In poche parole a questo ennesimo allarme non sono spuntate le gambe e la notizia ha fatto poca strada.

Sotto allora, c’è urgente bisogno di materiale fresco per riempire il numero più elevato possibile di colonne. Nessun problema, del resto al mondo ne capitano di tutti i colori. Ecco quindi che con molta dovizia di particolari scopriamo da un blog dell’Huffington Post che l’Isis, l’auto proclamatosi stato islamico, è nato a causa del climate change. Più precisamente, sarebbe stata una siccità prolungatasi dal 2006 al 2010 in Siria a generare il disagio e lo scontento che, malgestito dal regime siriano, avrebbero dato il La alla nascita della formazione terroristica che sta imperversando nella regione. Per impedire quindi che il conflitto dilaghi sarà sufficiente togliere un po’ di CO2 dall’atmosfera. Mettiamoci al lavoro, perché magari questo porrà fine anche all’eterna contesa tra Shiti e Sunniti in Iraq, l’area dove in realtà ha mosso i primi passi il califfato.

Ma, potrebbe non bastare, perché l’ESA nel frattempo fa sapere che la perdita di massa glaciale cui è andata soggetta la Penisola Antartica è stata tale da essere distinguibile nel segnale colto dagli strumenti satellitari che misurano la gravità. Un bel problema, specialmente se si tiene conto del fatto che non sono state aggiunte informazioni alla ben più preoccupante oscillazione della distribuzione della massa sul pianeta che capita ogni anno con le stagioni di scioglimento e ghiacciamento di entrambe le zone polari. Né, d’altro canto, si sa nulla di quale effetto possa aver avuto sempre sulla distribuzione della massa l’aumento dei ghiacci di tutto il resto del sesto continente, crescita che fa segnare record un anno dopo l’altro.

Non si finisce mai. Per finire questa bella carrellata, ecco che circa 35.000 Trichechi si ritrovano tutti insieme su una spiaggia in Alaska. Motivo? Facile, sono lì perché a causa del climate change c’è poco ghiaccio su cui riposare e restare sparsi sul territorio. Il WWF si è gettato anima e corpo sulla notizia ovviamente, ma pare che abbia trovato pane per i propri denti (da Tricheco). Qui di seguito la dichiarazione di una zoologa che pare che di queste cose se ne intenda un pochino: “Il tentativo da parte del WWF e di altri di collegare questo evento al riscaldamento globale è un nonsenso fatto di proposito che non ha nulla a che vedere con la scienza. Un non senso e quelli che lo supportano o lo incoraggiano stanno disinformando il pubblico. – Grandi assembramenti di trichechi – come quello che sta facendo notizia a Point Lay, Alaska sul Mare di Chukchi (e che ha un precedente nel 2009) – non sono un fenomeno nuovo per questa regione negli ultimi 45 anni e quindi non possono essere causati da scarsa presenza di ghiaccio“.

Tutto qui? Non proprio. Dal blog dove ho inciampato nella notizia sull’Isis, scopriamo una lista di 49 disastri planetari causati dal clima che cambia. Sono aperte le scommesse sulla prossima attribuzione.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

Un commento

  1. Fabio Vomiero

    Concordo con Guidi, proprio una bella carrellata di allegorie e valutazioni fantascientifiche, anche se, in generale, ad una attenta analisi, dovrebbe essere subito evidente quando un’informazione proviene da fonti non propriamente di stampo scientifico, vedi in questo caso lo storico, l’avvocato, ma anche l’autore del blog citato. Questo tipo di problema, purtroppo, è facilmente riscontrabile in un’ampia fetta di comunicazione principalmente mediatica, che dovrebbe essere scientifica o che si spaccia per tale, ma in realtà non lo è affatto. Il problema è che spesso, chi recepisce questo tipo di informazioni, non ha gli strumenti adeguati per capire questa differenza, perché purtroppo in questo Paese, la cultura scientifica, stranamente e anacronisticamente, tende ancora ad essere considerata una cultura di serie B rispetto a quella umanistica. Fintantochè non si capirà, che oramai, in questo mondo che corre come un treno, una buona preparazione scientifica, intesa soprattutto come acquisizione di un metodo (di analisi, di linguaggio, di ragionamento) diventa indispensabile, e che quindi anche il sistema scolastico si dovrà necessariamente adeguare, si andrà avanti così, in un contesto dove ci sarà ancora spazio e business per esempio anche per maghi, astrologi, omeopati, guaritori alternativi, stamina, improbabili dietologi e quant’altro. Per non parlare poi di tutto l’aspetto sanitario legato alla prevenzione e agli stili di vita corretti o temi importanti legati ad esempio alla percezione del rischio. Un unico appunto: il mio commento non riguarda il riferimento all’ESA, che ritengo sia un organismo scientifico importante e di qualità. Saluto sempre tutti cordialmente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »