Autentico ossigeno per il mercato immobiliare costiero. La minaccia di sommersione causa inarrestabile innalzamento del livello dei mari si allontana, ammesso e non concesso che ci sia mai stata.
Su Nature Communication è stato appena pubblicato uno studio che produce per la prima volta una serie storica sufficientemente densa e sufficientemente affidabile da permettere di individuare quale sia stato il rateo di crescita del livello dei mari al termine delle ultime 5 glaciazioni, arrivando anche ad individuare delle oscillazioni di ancor più breve periodo nei periodi interglaciali.
Sicché, pare che con condizioni di partenza della deglaciazione che abbiano visto una quantità di ghiaccio presente sul pianeta due volte superiore all’attuale, il rateo di crescita del livello dei mari sia arrivato anche a 5 metri per secolo. Per quantità di ghiaccio pari al doppio di oggi, questo rateo non ha mai superato i 2 metri per secolo e, infine, per condizioni paragonabili alle attuali, il mare è salito in media da 1 a 1,5 metri per secolo.
Il rateo attuale di crescita del livello del mare a scala globale è di 3mm l’anno, quindi 30cm per secolo. Quindi, in uscita dalle glaciazioni – rammento che siamo appunto in un interglaciale tra l’latro presumibilmente quasi concluso – il mare è naturalmente (nel senso della Natura) salito con velocità al minimo tre volte superiori a quella attuale, senza che le attività umane dessero un aiutino.
Uno studio interessante, se non fosse che gli autori, presi evidentemente dalla leggittima voglia di recuperare un po’ di visibilità, hanno mandato tutto all’aria con il comunicato stampa rilanciato da Science Daily della pubblicazione del loro articolo.
Già, perché nel riportare quanto desunto dalle loro analisi, non hanno mancato di fare il solito riferimento alla catastrofe prossima ventura. Un breve estratto:
Il Professor Rohling specula che potrebbe esserci una lezione importante per il nostro futuro; “Il riscaldamento generato dall’uomo si protrae già da 150 anni e degli studi hanno documentato un chiaro aumento della perdita di massa dalle distese glaciali dell’Antartide e della Groenlandia. Una volta in moto, questa risposta potrebbe essere irreversibile per molti secoli a venire”.
Così, tutto ad un tratto, scopriamo che il riscaldamento globale di natura antropica non solo sarebbe iniziato 150 anni fa, ma l’uomo sarebbe addirittura responsabile della fine della Piccola Età Glaciale. Non so se questi siano solo dei facili entusiasmi da comunicato stampa o se lo abbiano anche scritto nel loro paper (è a pagamento purtroppo), ma se così fosse sarei curioso di legegre i riferimenti bibliografici a supporto di queste affermazioni. Mah…
Ma mi sembrava che Salvatore avesse delle certezze in merito. O no? Non è per fare battute: è che sull’inquinamento Salvatore ha proprio ragione; per questo m’incazzo quando vedo la pubblicità di “auto ecologiche” che menzionano le emissioni di CO2 e non di altri gas/particolati. Proprio perché le due cose _non_ sono correlate, ma ce le spacciano per tali.
@ Salvatore
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Leggendo i suoi commenti mi sono venuti dei dubbi: a volte, con il passare del tempo, la memoria gioca brutti scherzi.
Allo scopo di chiarire i miei dubbi ho consultato il 5° rapporto dell’IPCC a proposito di aerosol e ozono stratosferico. A me sembra che dica cose diverse da quanto scritto da lei.
Da
http://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/docs/WGIAR5_SPM_brochure_en.pdf
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A pag. 12 del Sommario per i decisori politici la tabella evidenzia (con alta confidenza) un netto effetto raffreddante totale delle polveri minerali, dei solfati, dei nitrati, dei composti organici del carbonio e del black-carbon (0,27 wm-2).
Seppur con confidenza minore tale effetto è ancora maggiore se riferito ai processi di nucleazione delle nuvole (0,55 wm-2).
Gli aerosol secondo IPCC costituiscono, pertanto, uno dei principali fattori raffreddanti (quasi 1 wm-2 se si includono anche i nitrati originati dai NOx).
Nel draft finale del documento elaborato dal WG1, si attribuiva all’aerosol la responsabilità del fatto che gli aumenti di temperatura previsti dall’IPCC non si erano verificati (una delle spiegazioni dello iato).
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A proposito di ozono stratosferico (pag. 11, penultimo punto) la sua riduzione produceva un effetto raffreddante. Con l’eliminazione dei CFC il buco dell’ozono ha cessato di allargarsi e la concentrazione di ozono è aumentata per cui il forcing radiativo totale è aumentato rispetto al passato. Non mi sembra che ciò determini un danno per la salute.
Diverso è il caso dell’ozono emesso in prossimità della superficie terrestre: fonte citata, pag. 22, punto E.3
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Tutto ciò dato, e non concesso, che AR5 rappresenti la Verità.
Ciao, Donato.
Dopo aver inviato il commento mi sono reso conto che Salvatore aveva parlato di ozono troposferico e non di ozono stratosferico. Ciò significa che la parte del mio commento di replica relativa all’ozono stratosferico non ha motivo di essere.
Per l’ozono troposferico, quindi, concordo con Salvatore.
Ciao, Donato.
Ok, quindi anche il mio commento delle 18:44. Dunque ricominciamo daccapo: l’ozono troposferico è dannoso per la salute, siamo d’accordo, quindi è un inquinante. Ma è anche un gas climalterante?
Fabrizio, fai una domanda molto difficile. L’ozono troposferico è un inquinante e su questo siamo tutti d’accordo (IPCC compreso 🙂 ).
Per il resto non credo di avere una risposta per la tua domanda. Solo ipotesi.
In linea di principio, essendo una molecola costituita da tre atomi, credo che si comporti come CO2, H2O, N2O e via cantando: produce effetto serra. Nella stratosfera è così, lo dice anche IPCC.
Nella troposfera, lo confesso, non mi era mai capitato di sentirlo nominare per cui, dopo che la questione è stata sollevata, sono andato un po’ a curiosare in giro. Wikipedia se la cava in modo pilatesco dicendo che non ci sono dati certi. Approfondendo ancora un poco la questione ho scoperto che la molecola di ozono ha un’energia di legame tale da entrare in risonanza con la radiazione infrarossa termica in uscita dall’atmosfera terrestre in corrispondenza di lunghezze d’onda (14,2 micrometri) molto vicine a quelle della CO2 (15 micrometri). Essendo la concentrazione di CO2 in troposfera molto più elevata di quella dell’ozono, se ne deduce che la radiazione infrarossa è assorbita in massima parte dalla CO2. Una delle poche stime numeriche che sono riuscito a trovare calcola per l’ozono troposferico una capacità serra pari al 10% del totale, ma precisa che si tratta di un valore molto incerto. Poiché solo una parte dell’ozono troposferico è frutto dell’attività umana, ne deduciamo che la capacità climalterante dell’ozono troposferico di origine antropica è estremamente ridotta ed in ogni caso molto incerta.
Questo è quanto sono riuscito ad accertare io, se qualcuno ne sa di più, batta un colpo. 🙂
Ciao, Donato.
Ciao Salvatore. D’accordo che il particolato ci fa male; ma quali sarebbero i gas climalteranti che sono dannosi per la salute umana?
l’ozono troposferico
Ma per l’ozono quello che si doveva fare s’è già fatto.
Per prima cosa si deve fare la differenza tra sostanze inquinanti e co2. Sono due cose completamente diverse.
Il livello del mare nel passato è aumentato ad un ritmo che con quello attuale non ha proprio NULLA a che vedere. Nel periodo compreso tra circa 17000 anni fa e circa 7000 anni fa (circa 10000 anni) il livello del mare è aumentato di circa 120 metri (circa 1,2 centimetri all’anno, ovvero quattro volte più velocemente di oggi). La cosa non stupisce perché venivamo fuori da una glaciazione e, in questi casi, il ghiaccio continentale, normalmente, si scioglie e, quindi, fa aumentare velocemente il livello del mare.
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In merito all’attuale rateo di variazione del livello del mare (3 mm per anno), inoltre, bisogna precisare che il suo valore non deve essere preso per oro colato in quanto è desunto dal record satellitare che, tra l’altro, non coincide con quello dei mareografi tradizionali: alcuni di questi segnano ratei di variazione del livello del mare molto più bassi, altri più elevati. Si dice che i dati satellitari sono più affidabili in quanto relativi a tutti i mari del globo e, infatti, il record su cui si fondano le nostre stime, è in massima parte dovuto all’esperimento GRACE. E sui problemi di GRACE si potrebbe scrivere molto e, in passato, ho avuto modo di farlo (probabilmente lo farò anche in futuro, ma devo trovare un po’ di tempo 🙂 ).
Mi limito solo a ricordare i principali problemi di GRACE: l’altimetro satellitare, le stazioni di riferimento a terra e il tasso di variazione dell’assestamento isostatico che è ancora lungi dall’essere stato determinato con certezza.
In merito all’accelerazione (rispetto al passato) dell’aumento del livello del mare ho molte perplessità supportate, principalmente, da Gregory et al., 2012: per un commento più approfondito si rimanda a questo post (qui su CM)
http://www.climatemonitor.it/?p=29460
Circa l’attribuzione dell’eventuale accelerazione, l’indagine ci conduce in un vero e proprio ginepraio come si può vedere dall’analisi di un lavoro di N. Scafetta (qui su CM): http://www.climatemonitor.it/?p=32100
In conclusione abbiamo ancora grossi dubbi circa il valore attuale del rateo di variazione del livello del mare e sull’attribuzione.
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Tutto ciò premesso, qualche considerazione sull’articolo oggetto di discussione.
Stando all’abstract dell’articolo citato da G. Guidi nel suo post, l’articolo indaga la storia del livello medio del mare negli ultimi 500.000 anni e fa riferimento ad una serie di dati di prossimità caratterizzata da “eccezionale risoluzione” individuata nel Mar Rosso: non credo, però, che la risoluzione sia dell’ordine del secolo, probabilmente è dell’ordine del millennio o frazioni (400/500 anni). Anche su questo, però, ho dei dubbi che chiarirò più avanti. Poco si può dire, pertanto, su oscillazioni ad alta frequenza (dell’ordine del secolo). Poiché si discute (nei comunicati stampa) degli ultimi 150 anni, mi pare che si voglia confrontare mele con pere. 🙂
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Stando all’incipit dell’abstract:
“Research on global ice-volume changes during Pleistocene glacial cycles is hindered by a lack of detailed sea-level records for time intervals older than the last interglacial.”
lo studio si propone lo scopo di rimuovere il principale ostacolo alla comprensione del tasso di variazione del volume di ghiaccio durante i cicli glaciali pleistocenici, quindi, il livello medio del mare non è visto come dato fine a se stesso, ma come una specie di dato di prossimità per la stima della variazione del volume di ghiaccio presente sul pianeta durante i periodi glaciali e quelli interglaciali. Ciò non toglie, però, che uno dei prodotti del lavoro è la ricostruzione del livello del mare durante il Pleistocene.
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Molte perplessità, infine, mi vengono dalla metodologia utilizzata per determinare il livello del mare e la datazione delle sue variazioni. Illuminanti, in proposito, i materiali supplementari liberamente accessibili:
http://www.nature.com/ncomms/2014/140925/ncomms6076/extref/ncomms6076-s1.pdf
La datazione si basa su un lavoro statistico estremamente complesso che mette in relazione la polvere proveniente dalle pianure cinesi convogliata dal monsone asiatico, la datazione di una serie stratigrafica a nord est di Roma, la datazione di uno speleotema cinese abbastanza conosciuto e la serie stratigrafica dei sedimenti marini prelevati nel Mar Rosso.
Tutte queste serie sono state correlate tra loro mediante complessi algoritmi statistici ed il risultato è stato sottoposto a prova mediante 1000 cicli Montecarlo. I test statistici hanno appurato la correttezza delle stime effettuate.
Sono abbastanza abituato alle acrobazie matematiche dei paleoclimatologi, ma in questo caso sono rimasto piuttosto sorpreso. 🙂
Gli algoritmi matematici tendono a generare incertezza, più algoritmi in serie accrescono le incertezze: sono piuttosto perplesso circa la fine che ha fatto “l’eccezionale risoluzione” della serie studiata dopo tutti questi trattamenti.
Ci sarebbe ancora molto da dire, ma preferisco fermarmi qui (devo uscire per andare a cena da amici). 🙂
Buon fine settimana a tutti.
Salve,
Vorrei solo aggiungere che anche se l’attuale innalzamento del livello del mare non fosse di causa antropica, ciò non potrebbe comunque consentirci di immettere co2 o altri gas climalteranti nella nostra povera atmosfera… Perchè numerosi gas climalteranti insieme al particolato, che presenta anch’esso un complesso effetto sul clima terrestre, sono anche dannosi per la salute umana e l’ambiente che ci circonda… Va bene censurare alcuni articoli che parlano di una futura catastrofe climatica alquanto improbabile, ma non possiamo negare una responsabilità umana per il global warming… In altre parole anche se l’attuale innalzamento del livello del mare facesse parte di un normale processo naturale, ciò non deve limitare il nostro attuale impegno per una riduzione delle emissioni di gas climalteranti..
Salvatore, a parte il fatto che la nostra atmosfera non è povera, il complesso effetto del particolato, leggi aerosol, è tutt’altro che chiaro. E se l’attuale SLR facesse parte di un processo naturale, sarebbe sufficiente non annoverarlo tra le cause della futura catastrofe. Circa l’impegno poi, a parte un gran bel giro di dollari, sinceramente non se ne è visto molto. Pagare di più le commodities per alimentare quel giro senza sottrarre a conti fatti una sola molecola dall’atmosfera è sì impegnativo, ma con un significato ben diverso.
gg
L’aerosol atmosferico secondo le stime dell’IPCC ha un leggero effetto raffreddante, ma una parte di esso, il famoso black carbon, ha un contributo medio riscaldante su 100 anni pari a circa 500 volte quello della CO2…