Premessa
Quel che mi propongo in questo post è di analizzare “a bocce ferme” i contenuti dell’articolo di Shakun et al. “Global warming preceded by increasing carbon dioxide concenrtations during the last deglaciation“, uscito su Nature nell’aprile 2012 e dunque non particolarmente recente.
Tale articolo fu a suo tempo commentato da Guido Guidi e da vari amici di CM in questo post, cui rimando per eventuali approfondimenti e del quale mi preme estrapolare un breve brano dal commento di Carlo CT, che a mio avviso mette il dito nella piaga affermando che il lavoro di Shakun etal “mette in discussione tutta la letteratura sulle componenti astronomiche delle grandi variazioni climatiche”. Infatti Shakun et.al. hanno messo insieme un set di dati che, ove confermati, dovrebbero indurci a mettere in soffitta il buon vecchio Milankovitch e la sua gloriosa teoria che vede nelle ciclicità dei livelli di insolazione che pervengono sull’emisfero Nord (emisfero delle terre) il fattore di innesco e regresso delle ere glaciali. Tali ciclicità dei livelli di insolazione sono frutto, lo ricordo, di tre variabili orbitali terrestri ad andamento ciclico e cioè L’eccentricità orbitale, l’inclinazione assiale e la precessione dell’orbita terrestre (qui per info).
Il diagramma chiave del lavoro di Shakun et al: possibili interpretazioni
Al cuore del lavoro di Shakun et al sta il diagramma riportato in figura 1 che ha avuto grande fama perché da esso gli autori evincono che il riscaldamento globale alla fine della glaciazione di Wurm è stato preceduto dall’aumento di CO2 in atmosfera che dunque potrebbe porsi come variabile guida dei processi di deglaciazione.
Nel diagramma di figura 1 sono riportate tre serie storiche:
- le temperature in Antartide rappresentativa dell’emisfero sud (linea rossa – di qui in avanti T sud)
- i livelli globali di CO2 (pallini gialli)
- le temperature globali desunte (linea blu – di qui in avanti Tglob).
Inoltre l’asse dei tempi è suddiviso in cinque sotto-periodi il cui significato è indicato nella didascalia di figura 1. Dal diagramma si osserva in particolare che:
- Fino a 18000 anni fa, T glob e Tsud procedono appaiate (tranne un piccolo calo 19000 anni fa in Tsud).
- 18000 anni fa Tsud e Tglob incominciano a divergere, nel senso che la crescita di Tsud precede sempre più nettamente quella di Tglob.
- Tsud e Tglob si riallineano fra l’Oscillazione di Bolling-Allerod e Dryas recente e cioè fra 14 e 12000 anni orsono.
- Fra 12000 e 10000 anni fa la crescita di Tsud ritorna a precedere quella di Tglob.
Alla luce di tali dati mi sentirei di ipotizzare la seguente catena causale:
- A partire da 18000 anni fa l’emisfero sud si riscalda in modo potente, precedendo in ciò quello nord.
- Tale riscaldamento produce una rapida riattivazione del ciclo idrologico, con emissione da parte dei mari di enormi quantità di vapore acqueo e formazione di molte più nubi medio-alte di quante ve ne fossero prima.
- Poiché vapore acqueo e nubi sono i giganti dell’effetto serra (ad es. nell’atmosfera attuale contribuiscono all’effetto serra planetario per circa il 75%) le temperature aumentano rapidamente.
- In virtù dell’aumento delle temperature e della riattivazione del ciclo idrologico (piove di nuovo sulle terre, dalle terre i nutrienti fluiscono verso gli oceani grazie all’erosione, ecc.) si riattiva l’ecosistema e questo porta ad un incremento rapido di CO2 in atmosfera, la quale contribuisce per la sua quota parte all’effetto serra complessivo del pianeta (ad es. nell’atmosfera attuale CO2 contribuisce all’effetto serra planetario per circa il 20%).
- L’energia si propaga verso l’emisfero Nord sfruttando la Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) ed il riscaldamento diviene globale.
A questo punto veniamo a illustrare lo schema proposto dagli autori e suffragato da simulazioni da loro svolte con il GCM CCM3:
- Il piccolo calo in Tsud di 19000 orsono fa’ si che AMOC rallenti di molto la propria azione, interrompendo il flusso di calore da Sud verso Nord.
- Tutto il calore prodotto a Sud resta pertanto confinato negli oceani meridionali il che provoca un imponente “degassing” di CO2.
- CO2 (aiutata in ciò dal feedback da vapore acqueo e nubi) produce un incremento poderoso dell’effetto serra per cui Tsud prende il volo.
- L’energia si propaga verso l’emisfero Nord con AMOC ed il fenomeno diviene globale.
Come vedete le due interpretazioni sopra proposte divergono nel peso dato alla CO2 nel fenomeno della deglaciazione. Personalmente stento infatti a credere che l’acqua (protagonista assoluto del clima terrestre) abbia necessità di aspettare l’aumento di CO2 per rimettere in moto il sistema dopo una glaciazione e qui immagino che gli ortodossi possano obiettare che i modelli GCM da loro applicati supportano la tesi del ruolo centrale di CO2, affermazione questa che si espone alla contro-obiezione circa la scarsissima capacità dei modelli GCM di descrivere fenomeni che coinvolgono nubi e vapore acqueo e che hanno evidentissime componenti di microscala. Tuttavia, interpretazioni a parte, resta a mio avviso un problema più di fondo e che vengo qui di seguito ad illustrare.
Verso la messa in discussione della teoria di Milankovitch?
Ammesso e non concesso che la ricostruzione delle temperature globali operata da Shakun etal sia realistica (i proxy utilizzati dagli autori essendo sparsi in modo assai poco omogeneo sul globo terracqueo, come hanno giustamente posto in evidenza Guido Guidi nel succitato post del 2012 e Nir Shaviv in un suo scritto, sempre del 2012), il grafico evidenzia un elemento di portata enorme e che qualunque climatologo fino a pochi anni orsono avrebbe messo in luce fin dal titolo del proprio lavoro. Mi riferisco al fatto che sia l’emisfero sud a guidare i processi di deglaciazione, nel senso che il caldo arriva prima a sud e poi si porta a nord (ove secondo gli autori sarebbe trasportato attraverso il vettore oceanico AMOC). Tale ruolo guida dell’emisfero sud, ove confermato, sarebbe di enorme portata ed è un vero peccato che gli autori non lo abbiano discusso a sufficienza, temo perché “distratti” dalla necessità di porre sempre e comunque CO2 al centro del sistema.
Tuttavia osservo che evidenziare il ruolo guida dell’emisfero sud nei processi di deglaciazione comporta una necessità ancor più radicale e cioè quella di spiegare da dove venga tutta l’energia che fa riscaldare l’emisfero sud prima di quello nord. Infatti il pilastro su cui si regge la teoria di Milancovich è dato dal fatto che è l’aumento dell’energia che arriva alle alte latitudini dell’emisfero Nord nel periodo estivo a far scatenare i processi che portano alla deglaciazione ed in tale ottica debbono essere letti i dati del diagramma in figura 2 (figura 3f nel lavoro di Shakun et al), da cui si evince che l’energia solare in arrivo all’emisfero sud nel corso della deglaciazione è stata sensibilmente inferiore a quella attuale mentre quella in arrivo all’emisfero nord è stata di parecchio superiore a quella attuale, così come previsto dunque dalla teoria di Milankovitch.
Da dove viene allora tutta l’energia che fa partire dall’emisfero sud la deglaciazione? D’accordo, dalla CO2 “degassata dagli oceani” e dal feedback positivo sul vapore acqueo e delle nubi. Ma cosa innesca il “degassaggio”? Mistero.
In sintesi ci sarebbe l’esigenza di far chiarezza sui dati presentati da Sakun et al. Ciò in quanto se è nell’ordine delle cose che una teoria finisca prima o poi in soffitta, non sarebbe un buon servizio reso alla scienza lo spedire in soffitta la teoria di Milancovich senza aver prima disegnato un quadro teorico che inquadri adeguatamente le diverse evidenze, non sempre coerenti fra loro, ad oggi disponibili, e con ciò convengo appieno con le affermazioni di Carlo CT citate all’inizio del post.
Chiudo suggerendo vivamente a chi abbia possibilità di avviare attività di ricerca nel settore della climatologia di orientare tali attività allo studio dei meccanismi di deglaciazione o di innesco di una nuova era glaciale.
- Riferimenti
Shakun et al. 2012 Global warming preceded by increasing carbon dioxide concenrtations during the last deglaciation, Nature (http://www.nature.com/nature/journal/v484/n7392/full/nature10915.html) - Shaviv N., 2012. Does the global temperature lag CO2? More flaws in the Shakun et al. paper in Nature (http://www.sciencebits.com/Shakun_in_Nature)
Se guardassimo ad una causa astronomica indiretta e non diretta? Una causa che fa capo a ciclicità che si ripetono da sempre? Una causa che stringe in un legame forse sottovalutato o poco compreso attività geologica e climatica? Ricordiamoci del sole, che ha garantito la vita da quando è nata,creando quella biosfera equilibrata(come disse il Sig. Zamboni)che ci ha portato fino ad oggi. Escludiamo allora la radiazione solare diretta. Ma se il variare dell’attività solare,anche questa regolata da cicli temporali avesse influenze differenti, per esempio sul campo magnetico terrestre e lunare? Dove questi ultimi sono modulati x l’appunto dal campo magnetico solare,decisamente notevole a confronto. Queste alterazioni potrebbero portare ad effetti potenzialmente significativi e in grado di giustificare nei tempi e nei modi i processi di cambio climatico. Ma quali sarebbero le alterazioni? vulcanismo sottomarino specie nelle zone polari,aumento delle eruzioni vulcaniche con emissioni di polveri e gas di varia natura,scudo magnetico più debole con conseguente maggior afflusso di raggi cosmici che fungono da nucleo di condensazione…Proprio questi ultimi,che in virtù di un maggior riscaldamento marino a causa di un’accresciuta attività magmatica nei fondali,porta ad una maggiore evaporazione(vapore acqueo potente gas serra) elemento che amplifica il riscaldamento dell’aria,garantendo una maggiore energia,che il pianeta sfrutta tramite la jet stream partendo dalle alte quote e dalle alte latitudini, per riproporre notevoli precipitazioni che ovviamente in quota e alle alte latitudini sono nevose (Feedback negativo ed effetto albedo in intensificazione)Pensiamo alle nostre alpi negli ultimi anni,o all’antartico (notevole esempio),o ai ripetuti inverni freddi e nevosi degli stati uniti,amplificati ulteriormente dall’orografia del territorio ecc…Basterebbe anche solo a spiegare il perchè di una notevole meridianizzazione delle dinamiche bariche a discapito di un flusso zonale poco ondulato,ad oggi. Quel ping pong tra le celle di Hadley polari e quelle tropicali con la ferrel a farne le spese,che espongono le fasce temperate a volte sotto periodi miti(sub tropicali dominanti) e a volte sotto periodi freddi(polare dominante). In alcune di quelle volte si crea anche la concomitanza dei fattori sopra descritti particolarmente amplificati;ed ecco che l’oscillazione diventa pericolosa,al punto da innescare il punto di non ritorno,ovvero l’era glaciale,anche in tempi piuttosto rapidi secondo questo ipotetico schema. Insomma la miccia esplosiva potrebbe essere proprio sotto i nostri piedi?
Egregio Dott. Mariani,
ha perfettamente ragione. Oramai c’è questa “fissa” diffusa della CO2, e anch’io mi sono fatto prendere la mano. Tutto il mondo scientifico, credo, sia concorde nel definire il vapore acqueo come il più potente gas serra, se non in termini qualitativi (forse il metano lo è in misura maggiore), sicuramente in termini quantitativi. Colgo l’occasione per ricordare, fra l’altro, che nelle ere geologiche passate abbiamo avuto lunghi periodi caldi con poca CO2 e lunghi periodi freddi con molta, molta più CO2 dei giorni nostri.
cordiali saluti.
carmelo
Scusate, io non sono un esperto ma ascolto diverse voci e mi sono fatto una mia idea, che traduco in una domanda:
e se fosse il contrario? e se fosse il caldo a provocare l’aumento della CO2?
Forse sto scrivendo una castroneria, ma leggetela lo stesso. La sequenza potrebbe essere questa (in maniera semplicistica):
per cause astronomiche aumenta l’insolazione, questa ovviamente provoca un aumento della temperatura, il quale a sua volta favorisce il rilascio della CO2 immagazzinata negli oceani innescando così un meccanismo di feedback positivo (e abbiamo la deglaciazione). Sempre per cause astronomiche diminuisce l’irradianza del sole, cala la T, gli oceani assorbono la CO2 : feedback negativo e glaciazione. Cosa ne pensate?
Saluti a tutti
Gentile signor Pezzino, io la vedo esattamente come lei, salvo che al centro dello schema che lei ha così efficacemente delineato metterei forse l’acqua (vapore o nubi) al posto della CO2 (e qui la rimando a quanto scritto poco fa’ in replica allo scritto di Donato).
Luigi Mariani
Ottimo post: ultimamente L. Mariani, con le sue argomentazioni, riesce a sollecitare molto il mio interesse (come avremo modo di verificare nei prossimi giorni 🙂 ). Veniamo, però, al tema del post di oggi.
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Già all’epoca della pubblicazione del post di G. Guidi ebbi modo di esprimere molte perplessità circa Shakun et al. 2012: in particolare non mi tornava il modo in cui erano state calcolate le temperature globali ed il modo in cui erano state correlate a quelle dell’emisfero meridionale. Non mi risulta, però, che altri studi abbiano seguito la falsariga di Shakun et al., 2012 che considero, ora come allora, eccessivamente semplicistico.
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Comunque, come scrive L. Mariani, ammesso che le conclusioni di Shokun et al. 2012 siano corrette, ne deduciamo che le spiegazioni astronomiche delle glaciazioni traballano. Io ci andrei con i piedi di piombo in quanto mi sembra molto prematuro giungere a conclusioni così drastiche. Vorrei ricordare che sempre nel 2012 fu pubblicato un altro studio
(Can we predict the duration of an interglacial? – Tzedakis et al., 2012 – Climate of the Past doi 10.5194/cp-8-1473-2012)
che individuava un meccanismo molto più complesso di quello di Shakun et al. 2012 per spiegare l’innesco delle glaciazioni che, pur con alcuni caveat, mi sembra molto più efficace nel fornire una spiegazione del fenomeno.
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Il sistema climatico terrestre è, a mio giudizio, un sistema dinamico non lineare complesso caotico.
Le glaciazioni sono particolari stati di questo sistema che possono innescarsi, sulla scorta dello studio citato, quando oltre alle condizioni astronomiche si vengono a creare particolari condizioni che riguardano l’insolazione, la precessione, l’obliquità e la concentrazione di CO2
Queste “variabili di stato” del sistema da sole non sarebbero in grado di produrre proprio niente, se, però, vengono a crearsi opportune combinazioni di tutti questi fattori si innescherebbe il raffreddamento (riscaldamento) dell’emisfero nord e si attiverebbe il meccanismo dell’altalena bipolare (inversione della MOC) e quindi avrebbe inizio (termine) la glaciazione. Secondo Tzedakis et al., 2012, inoltre, la particolare concordanza di fase dovrebbe verificarsi alcune migliaia di anni prima dell’innesco della glaciazione per dar tempo al caos del sistema dinamico oceanico di poter esercitare al meglio i propri effetti .
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Tradotto in altri termini gli aspetti astronomici previsti da Milankovitch influenzano l’inizio (e la fine) delle glaciazioni in concomitanza con il verificarsi di alcune altre condizioni in grado di far assumere al sistema climatico una particolare posizione nello spazio delle fasi che lo caratterizza. La conclusione ovvia, a mio avviso, è che né la CO2, né le particolari condizioni astronomiche sono in grado, da sole e separatamente, di influenzare la durata dei periodi glaciali ed interglaciali.
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Lunga vita a Milankovitch e non solo: il sistema climatico offre ospitalità a tutti, salvo a fare come gli pare quando deve seguire il suo corso. Come è di moda dire in questi giorni: nessuno è indispensabile! 🙂
Ciao, Donato.
errata corrige: per una distrazione nel terzo capoverso non sono state cancellate le parole “oltre alle condizioni astronomiche” scritte prima di elencare in modo dettagliato le condizioni astronomiche nella revisione finale del commento. Me ne scuso con i lettori.
Ciao, Donato.
Caro Donato, sono d’accordo con te. Unica cosa che ti inviterei ad enfatizzare di più è l’acqua, nel senso che nei lavori scientifici ci si sta sempre più scordando del vero gigante buono del sistema climatico, quello cioè che è di gran lunga il principale protagonista della macchina del clima. E’ dall’acqua infatti che dipende grossomodo il 75% dell’effetto serra e da essa dipendono tutti i trasporti latitudinali di energia (sia atmosferici che pesano grossomodo per l’80% che quelli oceanici che pesano per il restante 20% del trasporto globale). Pensare che l’acqua stia ad aspettare che CO2 aumenti per riattivare il sistema alla fine di una glaciazione mi pare di primo acchito poco sensato (ma qui mi servirebbe un’altra vita per potermi dedicare a far un poco di conti sull’argomento…).
Luigi, che l’acqua sia il principale motore del clima terrestre, sia in termini di vapore che di massa oceanica, è fuori discussione. Nell’articolo di Tzedakis si parla di elementi che innescano e non di elementi che determinano: è la circolazione termoalina che fa il lavoro sporco. 🙂
Per usare un paragone “meccanico” i parametri astronomici e la CO2 hanno la funzione del motorino di avviamento del motore delle glaciazioni che, invece, è rappresentato dalle correnti oceaniche la cui inversione, tra l’altro, sembra fosse determinata da un forte afflusso di acqua dolce nell’oceano (sempre acqua come si vede). Dirò di più, l’insolazione (strettamente legata all’obliquità), secondo Tzedakis et al. 2012, determina il riscaldamento (raffreddamento) del nord emisfero e da questo discende tutto il resto, in accordo con Milankovitch.
Concludendo Shakun et al. non mi convince (né ora né all’epoca della sua pubblicazione) ed il diagramma della figura 2 del tuo post ne è una prova lampante: rappresenta una contraddizione in termini con le conclusioni e l’abstract di Shakun et al., 2012.
Questo a prescindere dall’enfasi che gli autori hanno posto sul ruolo della CO2.
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A proposito del ruolo della CO2, il diagramma di fig. 1, se non ho interpretato male, non dimostra affatto che la variazione della concentrazione di CO2 precede l’innalzamento delle temperature nel sud emisfero. Direi che le temperature dell’emisfero meridionale si sono alzate prima dell’aumento della concentrazione di CO2. Anzi: 19.000 anni fa, tra 15.000 e 13.000 anni fa e tra 12.000 e 10.000 anni fa, di fronte ad un alto livello delle concentrazioni di CO2, le temperature del sud emisfero si sono abbassate (pause di migliaia di anni, non di 15/19 anni 🙂 ).
Sempre da quel diagramma si vede che mentre le temperature del sud emisfero cominciarono a crescere intorno a 18000 anni fa, la concentrazione di anidride carbonica cominciò a crescere diverse centinaia di anni dopo. Analogamente, intorno a 15000 anni or sono mentre le temperature salivano, per qualche centinaio d’anni la concentrazione di CO2 restava costante. Il tutto prendendo alla lettera il grafico. Ne deduco che la causalità CO2->temperature SH mi sembra appiccicata con il nastro adesivo (per non dire altro). L’unica cosa che gli autori strombazzano a destra ed a manca è che l’aumento della concentrazione di CO2 ha preceduto l’aumento delle temperature globali. Che poi è l’unica e sola cosa che gli interessa. Dei parametri astronomici, forse esagero 🙂 , non sembra che gli interessi molto. L’anno successivo (2013) non hanno fatto di meglio con Marcott et al., 2013 (tra gli al. figura anche Shakun 🙂 ): invece di enfatizzare il grosso dei loro risultati (l’andamento delle temperature desunte da un insieme di dati di prossimità negli ultimi diecimila anni) si sono impiccati appiccicando (con il solito nastro adesivo) il record strumentale ai dati di prossimità salvo poi dover correre ai ripari ribadendo, in svariati interventi in risposta alle contestazioni mosse alla cosa, che la parte finale del diagramma (quella appiccicata…) non aveva significatività statistica. (sic!)
Ciao, Donato.