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Taglia che ti passa

C’è voluto un po’, c’è stato bisogno di insistere, ma, alla fine, tra protocolli di ‘respiro globale’ firmati e ratificati a singhiozzo, tra regolamenti emanati e, soprattutto, per il tramite di una sana politica di lavaggio del cervello, finalmente la CO2, il mattone della vita, è diventato un inquinante.

Non è dato sapere se fosse questa l’intenzione del team di ricercatori che ha messo a punto l’ultima fatica sull’argomento, ma il fatto è che così è stato recepito il loro lavoro. Mi spiego.

Ieri l’altro l’ANSA, seguita poi da Repubblica, ha pubblicato la notizia che dai tagli alla CO2 deriva un risparmio alla spesa sanitaria. Per cortesia, la prossima volta che mi incontrate respirate lontano da me che io farò altrettanto :-).

Dunque, la faccenda è molto più complessa e forse, neanche nel paper stesso è stata sviscerata nella sua interezza. Il ricorso ai combustibili fossili, produce insieme alle emissioni di CO2 anche molti altri agenti – quelli sì – inquinanti. Ozono, particolato etc etc. La riduzione di questi, che deriverebbe da un abbattimento dei processi di combustione, sicuramente avrebbe effetti benefici per l’ambiente, quindi anche per la salute. Il rapporto costo-beneficio di questa operazione, varia a seconda della strada che si intende percorrere per giungere ad un taglio drastico delle emissioni. Se si adottasse una policy che intervenisse sui trasporti, si avrebbe indietro il 26% di quanto investito. Se invece si passasse a standard energetici di largo uso di energia pulita, ci sarebbe un leggero guadagno. Se invece – qui viene l’appeal di questa notizia – si adottassero policy di cap and trade, il guadagno in termini di risparmio sanitario sarebbe 10 volte maggiore l’investimento. Un affarone.

Per molti, soprattutto per quanti saprebbero beneficiare di queste policy opportunamente disegnate per tagliare le emissioni, va bene, ma soprattutto per introdurre la madre di tutte le tassazioni, perché il trade è una carbon tax, con conseguente affascinante indotto per tutti quei settori che hanno fatto del trade il loro business. Mercato delle emissioni in america creato, sfruttato e poi liquidato docet. Senza contare poi l’entusiasmo dei decisori di tutto il pianeta per la ricezione di un regalo allettante come quello di poter ricorrere a prelievi infiniti sulla sostanza più abbondante che c’è, l’aria.

Il ricorso ai combustibili fossili, però, produce anche energia abbondante e a basso costo. Qualcuno ha calcolato quale sarebbe l’impatto in termini di spesa sanitaria di un aumento esponenziale dei costi dell’energia che deriverebbe da una sua indisponibilità se si dovesse passare a sistemi ancora non maturi come quelli delle rinnovabili o se si dovessero mettere in atto politiche mirate di innalzamento dei costi per scoraggiarne l’utilizzo? Non credo e non mi pare se ne parli nel paper. Negli articoli di stampa tanto quanto. Ah, e non mi pare si parli neanche del fatto che la CO2 (non gli inquinanti veri per carità), ha anche il grave difetto di essere cibo per le piante, comprese quelle che costituiscono la base della catena alimentare, che stanno sicuramente traendo beneficio da questa involontaria accresciuta disponibilità di cibo. In fondo, che importa se al mondo ci sono sette miliardi di persone da sfamare.

Ad ogni buon conto, bruciare sostanze fossili inquina, per cui mano al portafoglio, applicate il vostro cap che qualcuno farà trading per voi. Certo, qualcun altro potrebbe chiedersi perché non attaccare direttamente gli inquinanti veri invece di passare dalla porta di servizio della CO2, ma allora non solo salterebbe tutto il progettino del cap and trade, ma si rinuncerebbe anche a salvare il pianeta, vuoi mettere?

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Published inAttualità

4 Comments

  1. donato

    Errata corrige: per un malaugurato errore “occhiate” è diventato “occhiaie”, me ne scuso con i lettori.
    Ciao, Donato.

  2. donato

    Negli scorsi giorni mentre nuotavo nelle acque cristalline di Capo Vaticano, armato di maschera per ammirare gli splendidi fondali ed i nugoli di pesci che mi circondavano, tra un branco di occhiaie, un polpo, uno stuolo di acciughe, una murena che faceva capolino dal piccolo anfratto in cui si era rifugiata ed un tappeto di attinie, riflettevo su alcuni dei commenti all’ultimo post che ho pubblicato: http://www.climatemonitor.it/?p=36267
    .
    Sintetizzando al massimo, da tali commenti mi era sembrato di capire che l’AGW e, quindi la CO2, fosse una specie di uomo di paglia il cui scopo era distogliere l’attenzione dal problema degli inquinanti. Si adombrava, infine, il sospetto di una “regia nascosta” che dirigeva tutta la baracca. La cosa non mi vedeva del tutto d’accordo, ma non ho avuto il tempo materiale (ed i mezzi tecnici 🙂 ) per replicare.
    Questo post mi offre la possibilità di riprendere il discorso.
    .
    La CO2 di origine antropica, pur non essendo un inquinante (con buona pace degli autori del paper), potrebbe essere individuata come un dato di prossimità dell’inquinamento in quanto la crescita della sua concentrazione atmosferica presuppone un aumento delle quantità di combustibili fossili che vengono utilizzati dal genere umano.
    Sull’utilizzo degli idrocarburi e sui rischi connessi alla loro estrazione, trasporto ed utilizzo è inutile discutere: sono tanti e, qualora si verificasse un incidente, la magnitudo sarebbe enorme. Fortunatamente la probabilità di accadimento di tali eventi è tale che il rischio globale può ritenersi accettabile.
    Un’attenta analisi costi-benefici non può che giustificare il grande uso che di tali combustibili si fa nel mondo. Ciò non significa, però, che dobbiamo estrarne sempre di più e consumarne a sproposito: le politiche di contenimento del consumo energetico sono le benvenute in quanto nessun “buon padre di famiglia” getta dalla finestra quel poco (o molto) che riesce a guadagnare o che costituisce il patrimonio familiare.
    Molto più utile ed opportuna, invece, è la lotta all’inquinamento da prodotti e sottoprodotti dell’industria della trasformazione e dell’utilizzo degli idrocarburi e del carbone. In questo campo, però, sono state individuate ed applicate tecniche che limitano fortemente le emissioni di prodotti nocivi. Se applicassimo tali metodologie potremmo, senza tema di smentite, utilizzare gli idrocarburi senza alcun pericolo (eccettuata la CO2).
    Il problema sta, secondo me, nel modo sbagliato in cui ognuno di noi, nessuno escluso, utilizza i prodotti derivati dagli idrocarburi (plastica, solventi, resine e via cantando). Faccio subito alcuni esempi, tratti da esperienze personali accumulate durante i dieci giorni delle mie vacanze estive, che consentiranno di chiarire meglio il mio pensiero.
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    All’inizio del commento scrivevo di acque cristalline. Ho esagerato perché una mattina, mentre nuotavo, mi sono trovato all’improvviso in mezzo ai rifiuti: buste di plastica, confezioni di alimenti, ed altri “oggetti” che non nomino per decenza, erano dispersi sulla superficie dell’acqua a formare una chiazza orripilante che, fortunatamente, nei giorni successivi è sparita. Qualche imbecille aveva scaricato in mare i rifiuti da qualche natante o da qualche scogliera.
    Lungo il percorso che conduceva dall’albergo alla spiaggia di Grotticelle buste di rifiuti maleodoranti, e gli onnipresenti oggetti “usa e getta” (per terra 🙂 ), deturpavano vista ed olfatto. Macchine di ogni tipo, piene di giovanotti apparentemente in buona salute e tutti ben pasciuti, scorrazzavano sopra e sotto appestando l’aria con le loro emissioni maleodoranti e minacciando l’incolumità di quei pochi temerari che, come me, percorrevano a piedi i mille e duecento metri (scarsi) che separavano la viabilità provinciale dalla spiaggia.
    Inutile parlare delle confezioni di merendine, bicchieri di plastica e via cantando che, la sera, i bagnanti lasciavano sulla spiaggia alle cure dei malcapitati che dovevano toglierli uno ad uno altrimenti, il mattino successivo, la stessa signora che li aveva lasciati, avrebbe sollevato un putiferio con il gestore del lido. E che dire dei farabutti che a bordo di gommoni ti sfrecciano accanto mentre nuoti appestando l’aria con i vapori di benzina e minacciando la tua incolumità?
    .
    Tutto questo per dire che il problema dell’inquinamento è un fatto oggettivo, ma anche (e soprattutto aggiungo io) culturale: siamo noi che, con i nostri comportamenti scriteriati, lo creiamo, non sono gli idrocarburi o il carbone od i loro sottoprodotti ad essere inquinanti. Ognuno di noi, dal semplice cittadino al grande industriale fino al più bieco eco-criminale, è responsabile dell’inquinamento e del degrado del nostro pianeta. Non servono carbon tax o altri balzelli per porre un limite alle emissioni, ma una buona formazione, una legislazione semplice e chiara (tutto il contrario di quella che abbiamo) e, perché no, delle pene severe da applicare con rigore nei riguardi di coloro che trasgrediscono ed avvelenano l’ambiente (dal cretino che butta la busta dell’immondizia dalla macchina in corsa o che lancia in mare i rifiuti dalla barca da diporto, al criminale che scarica in mare aperto le acque inquinate depositatesi nei serbatoi delle navi cisterna).
    .
    Non credo, per concludere, sia necessario rinunciare ai tanti vantaggi connessi dalle eccezionali disponibilità di energia a buon mercato per colpa dei tanti (purtroppo) imbecilli che avvelenano l’ambiente in cui viviamo con i loro comportamenti scriteriati. E, ripeto per l’ennesima volta, non serve andare lontano per trovarli né scomodare inutili complottismi, basta guardare il vicino di casa o di ombrellone. 🙂
    Ciao, Donato.

  3. Maurizio Rovati

    Cup? …. mmmm 🙁

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