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Non ce la possiamo fare

Trentotto, siamo arrivati alla trentottesima differente spiegazione per il fatto che la temperatura media del pianeta non aumenta più. Appena qualche giorno fa eravamo a 32, ora direi sia il caso di smettere di tenere il conto e rassegnarci al fatto che prima o poi, sparando nel mucchio, si riesca a far centro.

Chissà, forse questa potrebbe essere la volta buona, anche perché le voci dei ricercatori che hanno messo a punto l’ennesimo paper su questo argomento sono piuttosto fuori dal coro.

Varying planetary heat sink led to global-warming slowdown and acceleration

Il link qui sopra porta alla rivista Science, l’idea degli autori invece ci porta in Atlantico, l’oceano che di norma è secondo in classifica quando si parla di contributo ala redistribuzione del calore sul pianeta, ma anche quello che negli ultimi mesi sta ricevendo molta più attenzione in termini di ricerca.

In sostanza, per effetto di una dinamica che viene definita del tutto naturale e di natura ciclica collegata alla circolazione delle acque di superficie e profondità del bacino, la discesa in profondità di acque arricchite di calore nell’Atlantico settentrionale avrebbe sottratto energia al sistema innescando la stasi delle temperature degli ultimi 15 anni e passa. Data la ciclicità di questo meccanismo ne risulterebbe, secondo gli autori, che la metà del rapido riscaldamento delle ultime tre decadi del secolo scorso sarebbe dovuta a questo meccanismo.

Soltanto pochi anni, no, mesi fa, la scienza del riscaldamento globale era definita, si discuteva dei dettagli e si programmavano policy. Ora non passa giorno senza che qualcuno ci ricordi che le cose stanno diversamente. Praticamente di definito c’è rimasto solo l’allarmismo dei profeti della catastrofe climatica. Se non fossero spariti dalla circolazione mi piacerebbe far due chiacchiere con loro.

Nel frattempo, visto che siamo nel week end, rimando l’approfondimento alla buona volontà dei lettori di CM.

  • Qui c’è il comunicato stampa dell’università che ha patrocinato lo studio
  • Qui l’articolo che gli ha dedicato Science Daily
  • Qui il post di Judith Curry
  • Qui e qui quelli di WUWT.
  • Qui un articolo uscito su corriere.it
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Published inAttualità

3 Comments

  1. Maurizio Rovati

    Certo che non possiamo farcela, e non ce la faremo, cazzo!

    Da papa Watts leggo che l’EU ha emanato, si dice così, una fatwa contro gli aspirapolvere con potenza superiore a 1600W. Causa globalwarming non potranno più essere venduti, affrettatevi quindi per accaparrarvi gli ultimi rimasti.
    Ora io pensavo che si trattasse del solito problema del burocrate che non sapendo come impegnare la giornata e dovendo dare un significato alla propria lussuosa (a mio carico) esistenza, ha pensato bene di impegnarsi per salvare il mondo…
    Ebbene è peggio di quanto sembra. Ha infatti gettato le basi per per l’ennesima causa della mancata crescita delle temperature.
    Infatti sembra che il calore mancante sia stato letteralmente succhiato dai potentissimi aspirapolvere di cui le nostre massaie si sono dotate negli ultimi tempi.

    Truth is that the Global warming Pause is caused by powerful vacuum cleaners sucking up the heat. Trenberth’s missing heat can be found in the discarded vacuum cleaner bags in waste dumps all around Europe.

    Direte, beh 1600W bastano, in effetti il mio LG vanta ben 1800W ma raramente uso quella potenza, dato che è regolabile con continuità, e invece no. Nel 2017 saranno ridotti a 900W.

    • Queste son soddisfazioni! Mi sento bene a sapere che c’è chi pensa al mio futuro.

    • E gli aspirapolvere non sono la peggior cosa di cui si occupa la UE. Se vai a cercare, troverai un regolamento per la massima capienza dello sciacquone. Questa è ancora più demenziale, perché anche volendo assecondare per un momento le premesse e valutare l’ipotetica efficacia del provvedimento, è certamente improbabile che uno, insoddisfatto della potenza del proprio aspirapolvere, ne compri e ne usi due contemporaneamente; mentre nessuno può impedirti di tirare la catena del cesso due volte.

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