Il 19 agosto è giorno di anniversari importanti. Cade infatti il 60° anniversario della scomparsa di Alcide De Gasperi, presidente del consiglio che ebbe la saggezza necessaria a guidare il nostro Paese nei primi ed assai travagliati anni del secondo dopoguerra. Inoltre, fatti salvi i problemi legati al calendario gregoriano che come sappiamo non è quello giuliano, cade il bimillenario della morte di Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, spentosi a Nola all’età di 75 anni. Anch’egli portò lo Stato romano fuori da una fase assai turbolenta della sua storia ed a lui mi sento legato quantomeno per l’attenzione che dedicò all’agricoltura e di cui sono ad esempio testimoni le Georgiche di Virgilio.
Ho pensato di ricordare questa ricorrenza parlando del Pont d’Ael (figura 1), un ponte acquedotto che ho avuto l’occasione di visitare in occasione delle mie ferie in Val d’Aosta.
Il ponte scavalca il torrente Grand Eyvia, corso d’acqua che nasce dal Gran Paradiso e scorre con direzione Sudest – Nordovest gettandosi nella Dora Baltea nei pressi di Aymaville. La grande lapide (figura 2) presente sul fianco del ponte che guarda a valle recita “IMP CAESARE AUGUSTO XIII COS DESIG C AVILLIUS C F CAIMUS PATAVINUS PRIVATUM” (Sotto l’imperatore Cesare Augusto, quando costui fu designato per il suo tredicesimo consolato, Caio Avilio Caimo, figlio di Caio, padovano. Opera privata) e ci informa dunque del fatto che il ponte fu costruito nel 3 a.C. da Caius Avillius Caimus.
Il ponte, in muratura fondata su roccia, scavalca con un’unica campata lunga 50 m il torrente e la sua parte più elevata è a 56 m di altezza sul pelo dell’acqua. Lo scopo più probabile per cui il ponte fu edificato fu quello di portare ad Aymavilles l’acqua attinta dal Grand Eyvia stesso con un’opera di presa ancor oggi esistente circa 2.5 km più a monte del ponte. La presa alimentava un canale scavato nella roccia ed ancor oggi in parte visibile ed il cui tracciato è presentato in figura 3. In particolare dopo aver percorso circa 3.5 km sulla sinistra orografica del torrente ed essersi spinto a circa 600 m a valle di Pont D’Ael, il canale disegnava un tornante che portava l’acqua allo stesso livello del ponte, che veniva poi raggiunto e alimentato. Scavalcato il torrente, l’acqua alimentava un ulteriore canale appositamente scavato sulla destra orografica e raggiungeva Aymavilles, ove l’ipotesi più probabile è che venisse impiegata in una cava di marmo bardiglio di proprietà dell’imprenditore che aveva costruito il ponte, pur non potendosi escludere un uso dell’acqua per irrigare gli appezzamenti coltivati circostanti ad Aymavilles.
Il ponte è reduce da una pregevole opera di restauro conservativo condotta dalla Regione Valle d’Aosta fra il 2010 ed il 2013 con fondi del progetto europeo POR-FESR 2007-2013 e preceduta da un’attività di indagine archeologica volta a chiarire il contesto storico in cui il ponte fu realizzato e gestito. Da parte mia ho avuto l’occasione di seguire la visita guidata straordinaria del 10 agosto, condotta con grande bravura dalla responsabile scientifica del restauro, l‘archeologa della sovrintendenza Stella Bertarione.
Il ponte acquedotto era strutturato su tre livelli (schizzo in figura 4): nella sua parte più elevata il ponte svolgeva funzione di acquedotto essendo composto a un canale impermeabilizzato con malta idraulica. Sotto al canale correva una galleria con pavimento in assi di legno destinata al transito di persone e animali, al di sotto della quale vi era un ulteriore area cava suddivisa da setti murari perpendicolari alle pareti esterne, il cui scopo era quello di alleggerire ulteriormente la struttura.
Caduto l’impero romano e venuta meno l’esigenza di portare acqua ad Aymavilles, la zona originariamente riservata al passaggio di uomini e animali fu riempita con terra, forse anche per rendere più stabile la struttura che nel corso dei secoli aveva subito danni per un terremoto, mentre il livello più elevato del ponte fu convertito da acquedotto a zona di passaggio di persone e animali diretti verso i campi e gli alpeggi. Infatti l’abitato di Pont d’Ael è sito sulla destra orografica del torrente mentre sulla sinistra si trova un ripido versante terrazzato che fino a qualche decennio orsono era intensamente coltivato a cereali (soprattutto segale) e al di sopra di tale area vi sono gli alpeggi ove veniva condotto il bestiame per il pascolo estivo. Si noti che con il restauro è stata conservata la fruizione pedonale della parte apicale del ponte mentre la galleria sottostante è stata pavimentata con lastre di vetro in modo da rendere visibile al visitatore anche l’area cava più bassa.
Davvero un’opera di epoca augustea di grande interesse e che vale la pena di visitare nel 2014, anno che segna il bimillenario della morte di Ottaviano Augusto e che in Val d’Aosta è oggetto di celebrazioni particolari anche perché ad Aosta (Augusta pretoria, fondata nel 25 a.C.) sono presenti tracce consistenti dell’epoca augustea fra cui le mura, la porta pretoria e l’arco di Augusto.
Ma chi era Caio Avilio Caimo, il costruttore del ponte? Apparteneva ad una ricca famiglia padovana con antenati etruschi e greci e con interessi nel settore del commercio (gestiva fondaci nella città commerciale di Spina, nell’attuale provincia di Rovigo). La famiglia in questione approfittò dell’espansione romana verso il Piemonte e la Val d’Aosta, svoltasi ai danni delle popolazioni liguri-galliche (i Salassi), per avviare attività di cava (marmi in particolare) nelle valli piemontesi a sud del Gran Paradiso. Di qui si portarono poi a Nord del Gran Paradiso stesso, nella valle di Cogne, ove sfruttarono la cava di marmo bardiglio di Aymavilles (il cui nome richiama significativamente quello di Avilio).
E perché tutta questa fame d’acqua? Le attività di cava e di lavorazione del marmo richiedevano molta acqua ed a tale riguardo occorre considerare che la Val d’Aosta, essendo a centro del massiccio alpino e circondata da montagne altissime, presenta un intenso effetto endoalpino che si traduce in una piovosità assai ridotta (ad Aosta piovono in media circa 510 mm di pioggia l’anno, meno che a Palermo ove ne piovono 570). A ciò si aggiunga che nel 3 a.C., quando il ponte acquedotto fu realizzato, era in corso l’optimum climatico romano, fase calda in cui le esigenze evapotraspirative delle colture si accrebbero ed al contempo i ghiacciai alpini subirono un vistoso arretramento con conseguente riduzione della portata dei corsi d’acqua.
Si tenga anche presente che estese attività di scavo di canali (che in val d’Aosta si chiamano ru) furono in seguito intraprese in occasione dell’optimum climatico medioevale, quando i valdostani ricominciarono a soffrire la sete. In proposito ricordo da un lato la disamina dei ru che fa Umberto Monterin nel suo scritto del 1937 “Il clima delle Alpi è mutato in epoca storica?” (CNR, Comitato Nazionale di Geografia collana di geografia fisica, 54 pagine) e sempre a tale riguardo, ricordo lo splendido ponte acquedotto di Grand Arvou di epoca medievale, costruito sopra ad una stretta gola scavata dal torrente Parléaz in località Chiou a Porossan, frazione di Aosta, tra le località di Neyves e di Serod.
ICONOGRAFIA E RIFERIMENTI VARI
- Immagini di Pont d’Ael
- http://tapazovaldoten.altervista.org/zcogne/pondel_pont_d_ael_roccia.html
- http://www.aymavilles.vda.it/it/index.cfm/ponte-acquedotto.html
- Immagini del ru romano di adduzione
- http://tapazovaldoten.altervista.org/zcogne/pondel_pont_d_ael.html
- Visite guidate al ponte acquedotto di Pont d’Ael restaurato
- http://www.12vda.it/node/11586
Sii il primo a commentare