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Refrontolo, nulla di nuovo sotto l’acqua

Questo articolo è uscito in originale su La nuova Bussola Quotidiana.
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Il “molinetto della Croda” a Refrontolo (Treviso) è un luogo caratteristico del Trevigiano: un mulino ben conservato, con la caratteristica ruota a pale, ai piedi di una cascata d’acqua di 12 metri sul torrente Lierza; un salto pari a 4 piani di una palazzina  conformato per portare l’acqua sulla ruota della macina. Nella notte tra il 3 e 4 agosto, l’intensa  precipitazione, e forse qualche “tappo” temporaneo lungo il percorso, ha gonfiato improvvisamente il torrente. Un’onda che si stima alta 1-2 metri è scesa dal rilievo velocemente e, balzando sulla cascata, ha allagato la festa che si teneva nel frontale piazzale del mulino. L’alluvione ha causato la morte 4 persone, alcuni feriti e danni.

Fino a pochi anni fa la precipitazione intensa sarebbe stata descritta con i termini, in ordini d’intensità, pioggia torrenziale, nubifragio e “diluvio”. Pioggia torrenziale ricordava proprio che è quella che ingrossa i torrenti e li fa divenire pericolosi, nubifragio è “il complesso di fenomeni rovinosi (soprattutto frane e devastazioni dovute allo straripamento di fiumi e torrenti) provocati da piogge particolarmente intense” (fonte Treccani). Ma nubifragi, piogge torrenziali e diluvi ci son sempre stati, non spaventano, non fanno vendere quotidiani ed aumentare i click. Per dar l’idea che tutto è cambiato occorre cambiare anche le parole. Volete mettere la differenza emotiva nell’ascoltare “spending review” anziché revisione della spesa, oppure “spread” anziché “differenziale di tasso”? Lo stesso vale per “bombe d’acqua” invece che nubifragio (ne abbiamo già scritto). Quindi non sorprende che la causa del recente tragico evento è divenuta una “bomba d’acqua”, mai vista prima.

Ma era già successa, nel recente passato, una alluvione in quella zona? Riprendiamo quanto scritto dalla Tribuna di Treviso a febbraio di quest’anno: “Tre frane, due di grosse dimensioni, spaventano Refrontolo. Per fortuna gli smottamenti più gravi non hanno riguardato case e strade, anche se hanno colpito un’area di grande richiamo turistico, il Molinetto della Croda. Tecnici comunali e Genio Civile hanno lavorato fin dalle prime ore del mattino per riportare la situazione alla normalità: i cedimenti della collina avevano sbarrato il flusso del torrente Lierza, che era esondato allagando anche il parcheggio del Molinetto, tradizionale teatro di alcune manifestazioni della Pro Loco. […]Non è così fortunata via Molinetto, accanto alla quale scorre il Lierza in piena. Il logorio dell’acqua sulle pareti di roccia causa il cedimento della collina in due punti. Il primo, a ridosso del parcheggio del Molinetto: scivolano in acqua rocce e alberi, il torrente esonda e invade la strada, viene subito allertato il Genio civile che manda sul posto una ditta specializzata. Il tempo di ripulire l’area, e liberare il corso del Lierza, che un’altra, grande frana (stimata in oltre 500 metri cubi dagli operai) “tappa” il torrente più a valle. […] La frana più vicino al Molinetto ha invaso un’area che, nella bella stagione, ospita sagre ed eventi. «Ma per il capannone della Pro Loco non c’è un problema di sicurezza», commenta Mauro Canal, vicesindaco”. Sullo stesso sito è possibile leggere interessanti articoli scritti per eventi accaduti nella stessa zona in altre occasioni.

Ma era già successo in passato un evento simile, prima dello scatenarsi del cambiamento climatico globale? “Fu particolarmente violenta, tra le numerose piene, l’alluvione del 1941 che trascinò con sé un’intera parete della casa, la ruota motrice esterna e tutti gli animali da cortile. Per Ernesto è ancora difficile, dopo tanti anni, allontanare gli spiacevoli ricordi di questo evento, compreso il fastidioso sospetto che oche e galline siano finite “nelle pentole altrui”. Queste le parole di Ernesto Morgan dell’ultimo mugnaio del “Molinetto della Croda” (dal libro di Ernesto Morgan, Il molinetto della Croda, Nuova Stampa 3, Pieve di Soligo 1955, p. 79).

I racconti del mugnaio ricordano che l’abitato, d’altra parte, era particolarmente esposto alle circostanze naturali avverse, e in particolar modo alle inondazioni, che la vicinanza della cascata rendeva più distruttive 
Il mulino fu abbandonato proprio dopo l’ultima alluvione del 1953, ma si ricordano ancora anche quelle rovinose del 1934 e 1941, la più recente quella del febbraio di quest’anno. Dopo il 1953 il mulino ebbe un lungo periodo di inattività, solo nel 1991 l’edificio è stato acquistato dal Comune di Refrontolo, è stato ristrutturato internamente e la macina è stata ripristinata nella sua forma e nel suo utilizzo originali.

Sulla scheda del Progetto Drau Piave, è possibile leggere: “Nei vent’anni seguenti l’edificio rimase abitato da coloro che vi avevano lavorato fino agli anni ’50, tuttavia venne danneggiato dalle piene improvvise del Lierza che ne compromisero la struttura” e “Con i lavori ultimati nel 1933 vennero sistemate la via d’accesso al mulino, che spesso veniva danneggiata dalle piene del Lierza, e la strada principale”.

Quali le ipotesi sulle cause del tragico evento? Dopo poche ore gli esperti televisivi avevano già  individuato il colpevole di quanto accaduto in una terribile “bomba d’acqua” (della quale ancora non conosciamo dove sono stati misurati i quantitativi ufficiali), nell’estremizzazione del clima dovuto al riscaldamento globale e/o nel fenomeno di El Nino. È una “bomba d’acqua senza precedenti” ed ha provocato “un disastro” paragonabile a “un piccolo Vajont”, ha affermato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Successivamente lo stesso Zaia ha detto: “Ha piovuto tantissimo per due ore e solo i piu’ vecchi si ricordano qualcosa del genere negli anni ’60” e forse qualcuno gli ha ricordato che il Vajont ha causato circa 2000 morti.

Con il trascorrere del tempo le colpevoli dell’evento sembravano essere divenute alcune balle di fieno finite nel torrente Lierza e la scarsa manutenzione: quando il ‘tappo’ creato all’altezza del Molinetto della Croda di Refrontolo ha ceduto, un’onda di fango alta tre metri ha travolto la festa. Questa la prima versione poi successivamente smentita.

«A novembre una frana ha ostruito questo torrente (Lierza ndr) e nonostante tutte le mie segnalazioni una parte dei massi è ancora lì, il lavoro non è stato ultimato – attacca un residente ai microfoni di Sky Tg24 – Nessuno pulisce il torrente, è un lavoro che al Genio civile richiederebbe due ore di lavoro, non può essere così a ogni temporale». Tra i residenti sembra infuriare già la polemica per una tragedia che sembra annunciata. E c’è chi sostiene che le colline ormai siano troppo sfruttate per coltivare il prosecco. Il Sindaco di Refrontolo  ha precisato che la festa in corso presso il “Molinetto della Croda” era privata, il Comune non ha alcuna responsabilità nell’organizzazione.

Per un po’ di giorni sentiremo polemiche, accadrà finché i telegiornali non avranno altri temi con cui riempire le lunghe ore di trasmissioni estive. Purtroppo per comprendere cosa è accaduto si dovrà analizzare la sfortunata catena degli eventi, più che cercare un colpevole. Ci vorrà tempo. Dopo alcuni mesi, in questi giorni, ci sono i primi indagati per l’evento del 18 novembre scorso che solo in Gallura provocò la morte di alcune persone. Anche per questo evento sardo l’ unico colpevole  iniziale, per gli esperti televisivi, sembrò una “bomba d’acqua” mai vista.

Il mese di luglio è stato anomalo per la quantità di precipitazione, ma è un fatto mai visto? Il CNR in questi giorni ha fornito i dati: dal 1800 è stato il 27° luglio per la quantità di precipitazione, con un +73% rispetto alla media del trentennio 1971-2000, aree come la Toscana hanno toccato un incremento superiore al 200%. Forse qualcuno si meraviglierà sapendo che nel 1833 il valore sull’intera Italia fu +233%, e pensare che allora non c’erano né “bombe d’acqua” né “cambiamento climatico” né un incremento degli eventi estremi. Chi ha letto Mulino del Po, di Riccardo Bacchelli, sicuramente ricorda che il dover fare i conti con le piene è un evento, per un mulino ad acqua, con cui, prima e poi, si deve fare i conti (anche nel 1872 quando non c’era il riscaldamento globale).

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Published inAttualità

4 Comments

  1. giuseppe

    giornali e tv non forniscono più informazione, ma devono dare solo notizie allarmanti per colpire l’interesse di molti di noi che siamo assopiti dal nulla.

  2. Mario

    Questo avrebbero dovuto scrivere , dopo una breve indagine, i bravi “giornalisti”, ma esiste ancora questa categoria?
    A me sembra che ormai oggi ci siano solo bravi “copia incollisti”

    • flavio

      no, è problema di redazioni ed editori, perchè, se è diritto di ciascuno (giornalista o meno) dire e scrivere ciò che vuole, dovrebbe essere dovere “di chi sta sopra” di fare in modo che dal giorno dopo certe cose le possano raccontare al loro cane, e su un giornale non scrivano più neppure il numero delle pagine

      ma quello sarebbe la norma solo per giornali che devono dare notizie, poichè da noi esistono quasi solo giornali che invece devono fare opinione…

  3. donato

    Ieri sera, in piazza, ci si lamentava del freddo. Mia cognata decise di rientrare a casa perché neanche la maglietta riusciva a impedirle di avvertire il pizzico del vento. Molti amici passeggiavano con giubbini leggeri, giacche ed altri accessori poco consoni al mese di agosto. Mia moglie, armata di maglietta e sciarpetta leggere, discettava circa la comodità di avere tronco e collo al caldo. Io, imperterrito, esibivo una semplice camicia e nulla più. Inutile dire che l’argomento delle varie discussioni era il “freddo fuori stagione”, le “stagioni che sono cambiate” e via cantando. Ad un certo punto incontrai un amico e, dopo i convenevoli di rito, il discorso scivolò sul tempo e sul clima che cambiava. Dopo aver passato alcune ore a commentare un articolo di N. Scafetta sul legame tra temperature globali e macchie solari che mi aveva creato non pochi problemi, parlare di “clima che cambia e cambia male” era l’ultima cosa che volevo, però, l’amico Rocco mi provocò citando un paio di non meglio identificati meteorologi che attribuivano le bizze del tempo estivo alle anomalie del ciclo solare attuale. Dopo aver resistito stoicamente per un paio d’ore a tutte le amenità usualmente riservate al tempo, non riuscii a trattenermi e fui costretto a mettere i puntini sulle i riguardo al tempo, al clima, alle dinamiche atmosferiche, ecc., ecc.. Inutile dire che, dopo un po’, Rocco si seccò! 🙂
    Esauriti i vari argomenti oggetto di discussione, vista l’ora, decidemmo di rientrare a casa. Lungo la strada mia moglie che aveva ascoltato la discussione climatologica con fare rassegnato, tenne a precisare che, però, la cosa non era poi una novità: mi ricordò che nel 1985, nella stessa circostanza (la festa del santo patrono) faceva talmente freddo che non riuscimmo ad uscire. Lei lo ricordava bene perché, all’epoca, erano appena iniziate le “manovre” che, dopo qualche anno, sfociarono nel nostro matrimonio e la cosa le diede particolarmente fastidio! 😉
    Questo a proposito dell’eccezionalità delle situazioni meteorologiche e del fatidico “senza precedenti”.
    Ciao, Donato.

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