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Il sistema elettrico nazionale – La bolletta elettrica “spiegata”

Qui trovate il precedente post di questa serie.

Come abbiamo visto, la liberalizzazione del settore elettrico ha fatto sì che ciascun utente possa selezionare liberamente il proprio fornitore in base alle offerte che esso propone, un po’ come avviene per la telefonia. Il costo dell’elettricità però non dipende soltanto dal costo di fornitura dell’energia (compreso di commercializzazione e il dispacciamento), che pesa solo il 49% sul costo totale della bolletta,ma anche da componenti aggiuntive che ciascun cliente paga (in modalità e misura diverse a seconda del tipo di cliente) per consentire il funzionamento del sistema elettrico nella sua totalità. Si pagano quindi:

  • “costi di rete”, ovvero i costi necessari a coprire le spese di Terna e dei distributori per la gestione delle reti, il loro ampliamento e la loro manutenzione; il peso di tale componente è pari a circa il 16%;
    – “oneri generali di sistema”, ovvero i costi necessari a sostenere l’incentivazione delle energie rinnovabili ed assimilate (voce preponderante, 89% del totale degli oneri), il bonus sociale, lo smantellamento delle centrali nucleari e la gestione dei rifiuti nucleari, la promozione dell’efficienza energetica, i regimi tariffari speciali (ferrovie, isole minori, etc.), la ricerca e il sostegno alle imprese a forte consumo di energia; il peso di tale componente è pari a circa il 22%;
  •  “imposte”, ovvero l’accisa e l’IVA (quest’ultima pari al 10% per i domestici e pari al 22% per i clienti diversi); il peso di tale componente è pari a circa il 13%.Fig_5

La liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica rappresenta sicuramente un passo importante, tuttavia essa non è ancora riuscita nell’intento principale per il quale è stata adottata: la diminuzione dei prezzi dell’energia elettrica. In Italia, come è noto, l’elettricità ha costi molto elevati, superiori al 20% rispetto alla media europea. Paesi come la Francia e la Germania hanno prezzi di circa 20 €/MWh inferiori rispetto ai nostri. I motivi principali di tale differenziale sono di seguito riassunti:

  1. Costo elevato delle materie prime, in particolare del gas naturale, che rappresenta la fonte di energia primaria più utilizzata per la generazione elettrica (50%);
  2. Incentivi alle fonti rinnovabili tra i più elevati del mondo (circa 13 miliardi di euro all’anno);
  3. Rete elettrica che presenta ancora colli di bottiglia e magliatura non adeguata (in particolare nelle Isole Maggiori);
  4. Presenza di numerose tipologie e sottoinsiemi di soggetti che godono di esenzioni parziali dal pagamento dei costi di rete e degli oneri di sistema (imprese energivore, ferrovie, isole minori, stati inclusi, SEU, RIU, etc.), con incremento del costo pro-capite per chi non gode di tali benefici;
  5. Remunerazioni aggiuntive per produttori e consumatori che prestano determinati servizi (Impianti essenziali, capacity payment, interrompibilità del carico, etc.).

Ultimamente sono state già intraprese diverse azioni volte al contenimento dei costi dell’energia elettrica. L’auspicio è che la rimozione dei vincoli, delle rendite di posizione e l’efficientamento dei costi, unitamente alle politiche energetiche sul fronte gas, possano consentire al mercato di esplicare il suo ruolo naturale di calmiere dei prezzi attraverso una competitività sempre maggiore. Sarà certamente indispensabile che le energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico in primis) raggiungano presto le condizioni di reale “grid parity” (al netto degli incentivi), ovvero di corrispondenza del costo di autoproduzione con i costi dell’energia prelevata dalla rete, in maniera da poter ipotizzare negli anni a venire un graduale ridimensionamento degli incentivi ed una migliore integrazione di tali fonti nel mercato dell’energia. Di pari passo sarà indispensabile proseguire ad investire nella ricerca, per ripensare al sistema elettrico secondo le nuove logiche condivise a livello internazionale (smart grid, domande response, Energy storage, etc.).

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Con questo post terminiamo la serie di pubblicazioni dedicate al Sistema Elettrico Nazionale. Qui, il pdf dell’intero articolo. Ringrazio ancora una volta la redazione di Meteoreport per l’importante contributo dato alle nostre pagine.
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Published inAttualità

2 Comments

  1. Rinaldo Sorgenti

    Rileggendo ora questo articolo, perché suggerito da un altro interessante post: “l’articolo del Prof. Luigi Mariani che invito tutti a leggere), credo che vi sia una definizione della figura (torta) di ripartizione dei costi delle fornitura elettrica che potrebbe essere fuorviante e trarre in inganno alcuni lettori. Si tratta della componente definita sopra in “Servizi di Vendita = 49,25%”. Ebbene, quella componente dovrebbe meglio essere espressa in “Costi di Generazione Elettrica” che dipendono quindi dal Combustibile utilizzato e da cui originano peraltro una parte rilevante dei maggiori costi di fornitura dell’elettricità in Italia (che superano il 30/35% rispetto alla media Ue ed in certi casi addirittura il 50% – vedi Francia), come riconosciuto proprio dallo stesso articolo: Gas anziché Carbone, come invece fanno i più “illuminati” ns. cugini Ue, Germania in primis!

  2. Rinaldo Sorgenti

    Leggo solo ora questo articolo che aiuta certo a chiarire e comprendere il perchè il prezzo dell’elettricità in Italia sia sensibilmente più elevato che nei grandi Paesi nostri principali concorrenti.

    Il punto 1 (costo del Gas) induttivamente lascia intendere che il nostro “MIX delle Fonti” per la produzione elettrica sia inadeguato ed occorra quindi urgentemente porvi rimedio. I grandi Paesi (Francia, Germania, U.K.) beneficiano di una quota più o meno rilevante del Nucleare e dove questa è in riduzione (es. in Germania) la si compensa con quote significative di ricorso al Carbone. La Germania è arrivata nel 2013 a produrre il 47% della propria elettricità con il Carbone.

    Sembrerebbe quindi logico che si superassero gli assurdi pregiudizi verso questa fonte anche in Italia (dove il Carbone incide solo per il 13% sul totale dell’elettricità consumata nel Paese) e questo va a tutto danno delle capacità competitive della nostra industria manifatturiera, ancora considerata al 2° posto dietro solo alla Germania. Ma per quanto, se non si superano gli assurdi pregiudizi, visto che quello che conta ai fini delle emissioni nocive in atmosfera, sono le tecnologie – oggi disponibili – di questi grandi impianti di generazione elettrica, non il combustibile impiegato.

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