L’immagine qui sopra è estratta da un poster, che qui potete scaricare per intero in pdf perché altrimenti non c’è verso di entrare nel particolare, che lo UK Met Office ha generato per riassumere in un solo documento tutti o quasi gli anatemi socio-climatici lanciati negli ultimi anni.
Il primo presupposto, ovviamente, è che il clima sia destinato a cambiare per mano dell’uomo, per cui attraverso un intricato percorso di cause ed effetti, questo cambiamento finisce per mordere la suddetta mano, alimentando dei rischi e causando danni collettivi e spesso apocalittici. Il secondo presupposto, molto meno ovvio, è che questo cambiamento segua un percorso noto, così come note devono essere anche le dinamiche sociali, demografiche ed economiche che lo dovrebbero causare e accompagnare per esserne infine afflitte e/o terminate.
I modelli climatici utilizzati sono cinque, vale a dire una piccola parte (scelta non so come), di quelli recentemente impiegati per il 5° Report IPCC, gli stessi cui è ‘sfuggito’ il fatto che la temperatura media del pianeta ha smesso di aumentare da almeno tre lustri. Gli impatti evidenziati, tra cui anche alcuni riferimenti specifici a scala regionale, sono condivisi tra tutti o alcuni dei modelli (forse anche uno solo?). Lo scenario delle emissioni di CO2, rappresentazioni che oggi si chiamano RCP (Representative Concentration Pathways) è l’8.5, meglio noto come BUS, non nel senso del mezzo di trasporto ma nel senso di Business As Usual, realizzato cioè immaginando che non vengano prese misure di una qualche efficacia per ridurre le emissioni. Sempre a proposito di scenari, quello demografico si chiama SSP2 e contiene proiezioni centrate al 2085. Tanto i cambiamenti, quanto gli impatti, sono invece previsti per fine secolo. Vale a dire, campa cavallo, se prima non muore di sete, di fame, affogato, fulminato etc etc…
Si diceva di impatti regionali. Curiosamente, ma credo solo per esigenze grafiche, le icone che riguardano l’Europa centro-meridionale sono sull’Italia, più precisamente su Roma. La faccenda inizia a piacermi poco. Comunque, dovremmo nell’ordine sperimentare:
- Diminuzione del run-off dai fiumi superiore al 20%;
- Aumento della domanda irrigua tra il 10 e il 15%;
- Aumento tra il 15 e il 19% della produzione di riso;
- Aumento della temperatura media superiore a 6°C;
- Aumento dei giorni di siccità oltre il 20%;
- Diminuzione del numero di esondazioni dei fiumi;
- Aumento superiore ai 4°C della temperatura di superficie del mare.
Mi sa che a fine secolo non ci arriviamo. A meno che, seconda mappa, non si realizzi uno scenario in cui si implementano efficaci misure di mitigazione, posto che in questo studio di adattamento non se ne parla, nè si ipotizza chessò, che il mondo possa cambiare nei prossimi cento anni almeno quanto è cambiato negli ultimi cento. Si tratterebbe in questo caso dell’RCP2.6, mentre lo lo scenario demografico resta lo stesso.
Qui, la descrizione di questo profetico poster resa da Science Daily. Qui la pagina che ad esso dedica lo UK Met Office, dove trovate tutti i link necessari ad una più completa e soddisfacente esplorazione del mondo che (non) verrà.
Gentile Guidi, ma questi del MetOffice perchè non si limitano a fare le previsioni ad uno/due giorni, visto che oltre hanno già dato prove di non imbroccarne una?
Andrea, tra le previsioni del tempo in senso stretto e quelle climatiche ci passano parecchie cose. Certo che per ora le prime funzionano abbastanza bene (sterili recenti polemiche a parte), mentre le seconde non funzionano affatto. Si vedrà in futuro.
gg
Era, ovviamente, una iperbole.
Il problema è che sono loro stessi che cercano di confondere le cose tra meteo e clima.
Son d’accordo con te Guido,questo è il mondo che…sicuramente non verrà!
Ma poi,tutta questa frenesia per un mondo più caldo…….e se accadesse il contrario?
Sai che fregatura per gli accaniti sostenitori del GW!