Lunedì e martedì scorsi (14 e 15 luglio) ha avuto luogo a Ginevra la prima sessione del Preparatory Commitee Meeting per la terza conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio da disastri naturali. A margine dei lavori è stato pubblicato l’Atlas of Mortalityand Economic Losses from Weather, Climate and Water Extremes 1970-2012.
Il volume, curato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) e dal Centre for Research on the Epidemiology of Disasters (CRED – Università Cattolica di Louvain), contiene molte informazioni interessanti e una serie di messaggi chiave piuttosto significativi.
Come forse è lecito che si attenda chi mastica un po’ di meteorologia e climatologia, la distribuzione mondiale degli eventi estremi rispecchia le caratteristiche meteorologiche e climatiche del pianeta. Infatti, benché il maggior numero di vittime venga dalle alluvioni, queste sono soprattutto concentrate dove solitamente avvengono gli eventi più intensi come i cicloni tropicali e le piogge monsoniche. In Africa, invece, sono state soprattutto le siccità a mietere vittime, mentre in Europa, l’impatto più significativo in termini di vite umane lo hanno avuto le onde di calore del 2003 e del 2010 (Europa centrale la prima e Russia la seconda), ma i danni più ingenti li hanno fatti le alluvioni e le tempeste.
Per quel che riguarda le perdite economiche a livello globale il discorso è invece differente, la separazione tra paesi sviluppati e sottosviluppati o in via di sviluppo non è forse mai stata così netta. I danni più ingenti sono arrivati infatti nei paesi più ricchi, a conferma del fatto che in assenza di trend acquisiti circa la maggior frequenza o intensità degli eventi, è soprattutto l’esposizione al rischio ad essere aumentata, per l’inurbamento delle zone costiere, per esempio, ma anche per l’aumento della ricchezza. E questo vale, probabilmente, anche per le immense ma decisamente poco resilienti aree urbane in cui si è riversata gran parte della popolazione anche nei paesi poveri.
Il dettaglio, i grafici e le stime li trovate qui, direttamente sull’Atlante, mentre qui c’è il comunicato stampa WMO che ne descrive ancora i contenuti.
Infine la solita nota stonata, in un documento altrimenti come detto utile ed interessante. Nel comunicato stampa il Segretario Generale WMO afferma che i disastri naturali sono in aumento in tutto il pianeta e nella prefazione dell’Atlante leggiamo che il recente report IPCC ha confermato il fatto che siano in corso dei cambiamenti climatici di origine antropica. Magari, in questa stessa sede, sarebbe stato interessante leggere anche che il report IPCC espressamente dedicato agli eventi estremi (SREX) ha confermato l’impossibilità di identificare dei trend significativi nella frequenza e nell’intensità di molti (praticamente tutti) i tipi di eventi estremi. Questo significa che come accade da sempre, la sfida tra l’uomo e la natura è un problema di adattamento, di preparazione e di resilienza, non di clima che cambia, dal momento poi che questo è sempre cambiato. O no?
Rapporto autopropagandistico che lascia perplesso. Due milioni di morti in 42 anni? Ne muoiono di più in un mese, in un mondo di sette miliardi di persone.
I dati sulla siccità sono panzane. Nessuno muore di siccità, consunto e assetato. Sono tutte vittime di governi incapaci se non stragisti.
Insomma il solito meeting di chiodi che decidono il Male è nei martelli..