In termini climatici l’oceano è un posto tranquillo. Certo, c’è un sacco di calore da trasportare dall’equatore verso le alte latitudini, ma il mare non ha fretta. La circolazione termoalina, il flusso di correnti di superficie e di profondità innescata dalle differenze di temperatura e salinità si dice che impieghi centinaia d’anni per un ciclo completo.
Alcune parti di questo immenso nastro trasportatore sono assai note anche al grande pubblico, per esempio la Corrente del Golfo, i grandi gyre del Pacifico o quello dell’Atlantico settentrionale, la corrente circumpolare dell’emisfero sud e così via. Grandi flussi, tempi lunghi, molto più lunghi di quelli atmosferici, attraverso i quali passa il resto del lavoro di redistribuzione del calore sul pianeta.
Ma esistono anche moti a scala spaziale molto più piccola, sono dei vortici che la comunità scientifica ha assegnato alla mesoscala (alcune decine di chilometri di raggio), molto più piccoli dei grandi flussi oceanici, ma anche più grandi dei disturbi per esempio generati dal passaggio di grandi navi.
Sono oggetti noti ma, come tutti i meccanismi che avvengono ad una scala spaziale inferiore a quella dei modelli climatici, anche difficilmente riproducibili da questi ultimi.
Alcuni giorni fa su Science è stato pubblicato un nuovo paper, di cui hanno parlato anche Wired e Physics.org che è però destinato a provocare grossi grattacapo a chi si occupa di definire in termini modellistici il trasporto di massa – quindi anche di calore, nutrienti e quant’altro – attraverso gli oceani e quindi anche dei meccanismi che regolano il contributo del totale della massa liquida alle dinamiche del sistema pianeta.
Oceanic Mass Transport by Mesoscale Eddies
Utilizzando un decennio di misurazioni provenienti da sensori altimetrici satellitari con riferimento alla superficie e dalla rete di boe Argo per ciò che succede sotto, gli autori di questo paper hanno stimato che il totale della massa trasportata da questi vortici, che hanno moto sia ciclonico che anticiclonico e viaggiano sempre da est verso ovest, sia 30 volte quello dell’acqua restituita al mare dal run-off dei fiumi e di magnitudo paragonabile a quello dei grandi flussi oceanici di cui all’inizio di questo post.
Questo pone un problema di rappresentazione del contributo della massa oceanica, che però prima di essere affrontato – se affrontabile – dovrà vederne risolto uno ancora più complesso. Quanto sono ‘osmotici’ questi vortici? Quante delle caratteristiche iniziali della massa d’acqua in essi imprigionata persistono fino alla loro dissipazione e quante vengono invece diluite e scambiate con l’ambiente circostante durante un viaggio che può durare mesi o anni e portare un vortice da un oceano all’altro?
Domande intriganti che metteranno a dura prova quanti fanno ricerca in questo settore e che, soprattutto, dimostrano una volta di più quanto sia ancora lunga la strada che porta ad un livello di conoscenza sufficiente del funzionamento del nostro pianeta, nonostante qualcuno sia convinto che ormai si debba discutere solo dei dettagli. Beh, questo è un dettaglio, grande più o meno come tutti gli oceani.
NB: Nel video in testa al post c’è la ricostruzione operata dagli autori del numero e della distribuzione dei vortici a mesoscala, che preferiscono le latitudini subtropicali perché lì sono più deboli i grandi flussi di sottofondo. Infine, grazie a Fabrizio Giudici per la segnalazione.
E di tutta questa massa immensa di materia in movimento nessuno aveva mai tenuto conto?
Certo che siamo bravi a modellare il nostro sistema climatico!
Ciao, Donato.