In un precedente post ho accennato allo studio
The cause-and-effect relationship of solar cycle length and the Northern Hemisphere air surface temperature di R. Reichel, P. Thejll e K. Lassen
pubblicato in Journal of Geophisical Research, Vol. 106, pag. 15,635-15,641 – 2001 (qui il pdf).
Lo studio (da ora Reichel el al., 2001) dimostra la causalità, nel senso di Granger, della temperatura media dell’aria del nord emisfero rispetto alla lunghezza del ciclo solare e, in ultima analisi, dimostra che il Sole determina, sempre secondo Granger, la temperatura media dell’emisfero settentrionale terrestre.
Prima di entrare nel vivo del discorso è necessario un preambolo. Personalmente ignoravo l’esistenza di questa metodologia statistica fino a qualche anno fa. Fu in occasione della pubblicazione di un articolo a firma del dr. A. Pasini et al. (qui l’abstract) che ebbi modo di conoscere l’esistenza, in econometria, dell’analisi di causalità elaborata dal dr. C. Granger negli anni ’60 del secolo scorso. In quell’occasione si sviluppò anche su CM un’accesa discussione con gli autori dell’articolo che, almeno per quel che mi riguarda, fu piuttosto proficua in quanto mi consentì di allargare le mie conoscenze matematico-statistiche e di apprezzare una metodologia di indagine nata in ambiti diversi, ma applicabile anche in ambito fisico e, quindi, climatologico (inteso come fisica dell’atmosfera).
La causalità di Granger parte dal presupposto che sia valido il principio di causa-effetto e indaga la relazione che si viene a creare tra due insiemi di valori di due variabili dipendenti entrambe da una terza variabile (tipicamente il tempo). Gli insiemi di valori da cui si parte, generalmente, sono serie storiche di dati che, nelle ipotesi a base della teoria, dovrebbero essere stazionari. Dette x(t) e y(t) le due serie storiche si dice che la y(t) è causata (secondo Granger) dalla x(t) se condizionando la seconda serie rispetto alla prima, la regressione lineare della seconda serie (y) genera errori quadratici medi inferiori a quelli generati senza tener conto della prima serie (x). Ovviamente questa causalità è solo di tipo statistico, quindi, non possiamo parlare di dipendenza fisica di una variabile da un’altra, però, si tratta di una correlazione tra variabili che ha un qualcosa di più rispetto alla correlazione statistica pura e semplice: consente di prevedere il comportamento di una variabile noto il comportamento di quella ad essa correlata. Si tratta del primo passo verso la causalità fisica propriamente detta.
Ebbene, Pasini et al. 2011 e, successivamente, Pasini et al., 2012 (qui l’articolo, mentre la discussione su CM si trova qui), hanno dimostrato che esiste una causalità alla Granger tra le concentrazioni di CO2 ed altri gas serra e le temperature superficiali terrestri mentre tale causalità è del tutto assente se si considera la TSI ovvero l’irradianza solare totale. Essi, a dire il vero, sono andati anche oltre e hanno applicato alle serie storiche dei dati un’analisi alla Granger multivariata (si sono prese in considerazione non due, ma tre variabili). La logica conclusione è che il Sole non ha influenza sull’aumento delle temperature globali che, pertanto, devono essere imputate integralmente o quasi ai gas serra e, in ultima analisi, all’uomo.
Qualche giorno fa mi sono imbattuto, per puro caso, in Reichel et al., 2001 che, invece, sostiene una causalità secondo Granger tra le temperature del nord emisfero terrestre e le dinamiche solari. Come si vede due conclusioni diametralmente opposte.
Avendo discusso di Pasini et al., 2011 e di Pasini et al., 2012 mi è parso giusto approfondire il discorso anche per Reichel el al., 2001.
Reichel et al. 2001 parte da un’analisi compiuta da Lassen et al. nel 1991 in cui veniva messa in relazione la lunghezza dei cicli solari e, quindi, l’attività solare con la temperatura globale. Lo studio evidenziava un’ottima correlazione tra le due variabili, ma non ne spiegava la ragione fisica. Successivamente lo stesso Lassen ha riconosciuto che le sue conclusioni erano state forse frutto di coincidenze in quanto la correlazione si perse con il ciclo successivo. Hoyt et Schatten, 1993 dimostrarono che tra lunghezza del ciclo solare ed intensità dello stesso esisteva una relazione di proporzionalità inversa (a maggiore lunghezza del ciclo corrispondeva una minore intensità dello stesso e viceversa).
Da un punto di vista fisico (Mendoza, 1999) questo si spiega con la velocità di rotazione del Sole intorno al proprio asse e con considerazioni sulla dinamo solare che in questo caso trascureremo di approfondire in quanto esulano dall’argomento principale del post . Accertato, pertanto, che esiste una relazione tra lunghezza del ciclo solare livellata (SCL) e intensità dello stesso, si può ipotizzare che possa esistere una relazione tra la lunghezza del ciclo solare livellata (SCL) e le temperature terrestri.
Al momento della pubblicazione di Reichel et al. 2001 (e la situazione non è mutata molto da allora) la possibilità di modellare in modo soddisfacente le complesse interazioni tra Sole ed atmosfera terrestre non era (e non è) soddisfacente. Molto più facile, invece, se si eccettua il vapor acqueo, è modellare l’interazione clima-gas serra in quanto questi gas sono molto ben miscelati a livello atmosferico. L’influenza dell’irradianza solare nel visibile e nell’ultravioletto con la formazione delle nubi attraverso l’interazione del vento solare con i raggi cosmici, l’influenza delle emissioni del Sole sui processi radiativi e convettivi (evaporazione umida) così come l’effetto albedo delle nuvole e dei ghiacciai terrestri non sono per il momento modellabili per cui è necessario cercare le influenze solari sul clima terrestre e, in particolare con le temperature, mediante procedimenti alternativi (sempre che questi effetti esistano, ovviamente). Reichel et al. 2001 ha cercato di stabilire un legame causale (secondo Granger) tra la lunghezza dei cicli solari e le temperature terrestri dell’emisfero settentrionale mediante l’analisi econometrica elaborata da Granger ed illustrata in precedenza.
Reichel et al., 2001 individua un modello autoregressivo lineare bivariato che prende in considerazione tre set di dati della temperatura terrestre del CRU (temperature terrestri nell’emisfero nord, temperature terrestri dell’emisfero sud e, infine, temperature della superficie del mare). L’altra variabile assunta è costituita dalla lunghezza dei cicli solari livellata. Nel loro studio gli autori hanno creato una serie di test statistici allo scopo di:
- individuare quale era la grandezza che causava e quale quella che era causata (se la temperatura causava la lunghezza dei cicli solari ci si sarebbe trovati di fronte ad un assurdo logico);
- escludere coincidenze casuali;
- individuare le grandezze, tra quelle a disposizione, da porre in relazione.
I ricercatori hanno deciso di utilizzare la lunghezza livellata del ciclo solare in quanto la dimostrazione della causalità di Granger richiede serie di dati piuttosto lunghe. Nella fattispecie altre serie di indicatori dell’attività solare (TSI, flusso solare nel campo delle radioonde e via cantando) apparivano di difficile utilizzo in quanto piuttosto corte (da pochi anni si hanno dati significativi a disposizione per queste grandezze) mentre la serie di dati circa la lunghezza dei cicli solari è utile allo scopo in quanto si estende sin quasi alla metà del 18° secolo. Successivamente, utilizzando finestre mobili di 61 anni, hanno campionato le lunghezze dei cicli solari in modo da escludere possibili errori sistematici nel calcolo della loro lunghezza ed hanno individuato i valori delle lunghezze livellate dei cicli solari.
Il passo successivo è consistito nei test di causalità tra le temperature e le lunghezze dei cicli solari livellate. L’elaborazione statistica ha consentito di escludere che le temperature causassero la lunghezza dei cicli solari mentre si è individuata una considerevole significatività statistica del fatto che la lunghezza dei cicli solari determinasse le temperature terrestri del nord emisfero. La correlazione è risultata molto più tenue rispetto alle temperature del sud emisfero e ancora più debole con riferimento alle SST. Secondo gli autori la scarsa correlazione tra le temperature terrestri del sud emisfero deve essere ricercata nella scarsa uniformità temporale dei dati di temperatura dell’emisfero meridionale (problema comune, però, anche ad altri tipi di elaborazioni).
Che la circostanza non fosse un accidente statistico è stato verificato, infine, creando delle serie causali autoregressive di dati ed applicando ad esse l’elaborazione statistica basata sulla metodologia Montecarlo.
In ultima analisi gli autori sono convinti di aver individuato una robusta causalità alla Granger tra la lunghezza livellata dei cicli solari e le temperature dell’emisfero settentrionale. Ovviamente ciò non costituisce una prova del legame fisico tra le due serie di grandezze così come non lo costituiva per il legame tra CO2 e temperature globali, ma rappresenta un buon indizio.
Personalmente concordo con gli autori circa le conclusioni. Lo studio non può escludere un nesso causale tra gas serra e andamento delle temperature terrestri ovvero non scagiona l’uomo dall’essere la causa del GW. Allo stesso modo, però, gli studi basati sulla causalità di Granger condotti da A. Pasini et al. non possono essere considerati risolutivi nel senso opposto.
Si può concludere, pertanto, che la stessa metodologia di indagine applicata a insiemi di dati diversi porta a concludere da un lato che i gas serra causano l’incremento della temperatura media terrestre, ma tale incremento dipende anche dalle dinamiche solari. Quanto dall’uno e quanto dall’altro? Ad oggi non lo sappiamo in quanto la nostra comprensione del fenomeno fisico clima non ce lo consente. In futuro, probabilmente, lo sapremo. A patto che si continui a studiare e lo si faccia senza preclusioni ideologiche. I non addetti ai lavori come me, nel frattempo, continueranno a seguire il dibattito in atto convinti sempre di più che, alla fine, la verità scientifica avrà la meglio. Del resto questa è la bellezza della ricerca scientifica!
@ Enrico Adami
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Enrico, Skeptical Science è un sito che sostiene in modo ideologico il cosiddetto AGW e lo fa in modo anche fazioso (non so se ha navigato quello in lingua inglese o quello in lingua italiana, ma non fa molta differenza 🙂 ). Uno dei suoi curatori più influenti pubblica anche su riviste scientifiche, ma, per quel che ho potuto vedere leggendo i suoi lavori, gran parte delle sue argomentazioni sono basate su pregiudizi ideologici che, spesso, lo portano a conclusioni che io non condivido. A parte, ciò, però, quel che più mi irrita di quel sito sono le campagne denigratorie caratterizzate da toni anche offensivi nei riguardi dell’ambiente scettico. E’ da quel substrato ideologico che sono nati il famigerato lavoro di S. Lewandowski circa la “caratterizzazione antropologica” degli scettici (complottisti, reazionari, egoisti, ecc. ecc.), il lavoro di Cook relativo al consenso del 97% sull’ipotesi AGW, il diagrammino della “scala mobile” con cui si irride a chi cerca di individuare degli andamenti delle temperature globali alternativi a quelli rigorosamente lineari cui essi sono particolarmente affezionati e via cantando. Non è estranea alla mia antipatia una specie di “lista di proscrizione” nei riguardi di chi ha posizioni diverse dalle loro (con tanto di foto: scelte tra le peggiori, ovviamente 🙂 ). Senza parlare di tutte le altre operazioni che fanno con i commenti di coloro che criticano le loro posizioni.
Poichè i commenti ai lavori scientifici che compaiono su quelle pagine sono reperibili anche altrove (su Real Climate, per esempio, che pure è schierato ideologicamente, ma rispetto a SkS risulta più equilibrato 🙂 e, se mi è permesso, più qualificato), preferisco frequentare altri “ambienti”.
Ciao, Donato.
Mi permetto di rivolgere una domanda agli autori dell’interessantissimo articolo citato del 2012, “Evidence of recent causal decoupling between solar radiation and global temperature”.
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Con riferimento alle prime due frasi delle conclusioni: “We have shown that there is an evident causal decoupling between total solar irradiance and global temperature in recent periods. Our work permits us to fix the 1960s as the time of the loss of importance of solar influence on temperature.”, avrei interesse a conoscere se l’attributo “causal” debba intendersi in senso esteso o limitato al significato “…Granger-causal…”.
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Per converso, nella frase successiva l’attributo “causal” viene invece specificato come “…a strong Granger causal link…”, circostanza che origina la mia domanda.
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Ringrazio fin d’ora con cordiali saluti!
Nell’articolo suddetto il termine “causale” si riferisce sempre alla causalità di Granger
AP
Molte grazie!
@ Donato Barone
D’accordo, prendo atto dei suoi chiarimenti, ma rimango dell’idea che non sia corretto mettere a confronto i risultati di due articoli scritti a distanza di una dozzina di anni: le ho mostrato come nel frattempo la scienza sia evoluta nell’applicare la Granger causality e come, in vista di ciò, i risultati ottenuti da Reichel et al. non possano essere considerati attendibili.
Inoltre, rimango dell’idea che il messaggio “subliminale” sia quello di screditare determinati risultati. Non mi riferisco a lei in particolare, di cui apprezzo la franchezza e l’impegno nello studio, ma sono abituato al fatto che in questo blog si dica e non dica, si sottintenda senza scrivere esplicitamente, si faccia capire indirettamente…
Quanto all’articolo di Beenstock et al., che tanto la interessa in questo momento, le segnalo che è stato letteralmente “fatto a pezzi” immediatamente (l’anno dopo) sulla stessa rivista dove è stato pubblicato (veda: http://www.earth-syst-dynam.net/4/375/2013/esd-4-375-2013.pdf). Magari si legga anche quest’ultimo articolo…
La ringrazio della segnalazione del rebuttal di Beenstock et al. Ad ogni buon conto ne ero a conoscenza e sto già facendo il confronto tra i due articoli. Credo che se scriverò qualcosa riguarderà il “parallelo” tra i due lavori: al lettore farsi un’idea. La mia la esporrò nei commenti dopo qualche giorno.
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p.s.: sto leggendo con attenzione la revisione del 2013, a firma sua e di altri, che mi ha segnalato nel precedente commento: molto interessante.
Cordialmente, Donato Barone.
Egr. dr. A. Pasini
vorrei sgomberare subito il campo da un equivoco: il mio post non ha alcuna intenzione di confutare i lavori che lei ha firmato con il dr. Triacca ed il dr. Attanasio di cui ho, in altre circostanze, apprezzato il rigore (vedi commento del 07-05-2013 a questo post: http://www.climatemonitor.it/?p=32155 ). Non per niente nel post scrivo: ” Pasini et al., 2012 …, HANNO DIMOSTRATO che esiste una causalità alla Granger tra le concentrazioni di CO2 ed altri gas serra e le temperature superficiali terrestri…” Nè mi sfugge il fatto che in tale lavoro lei et al. avevate individuato una dipendenza della temperatura dalla TSI fino agli anni ’50 del secolo scorso: nel post effettivamente non si evince, ma nel suo articolo, da me citato, è evidenziato in modo chiaro così come nei commenti al post, qui su CM, del maggio 2013 già citato).
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Ciò premesso voglio precisare che lo scopo del post è quello di illustrare una ricerca che dimostra la dipendenza secondo Granger della temperatura del nord emisfero terrestre dalla lunghezza dei cicli solari. Tale parametro, se ho ben interpretato il pensiero degli autori, dovrebbe tener conto di aspetti dell’attività solare che travalicano la TSI e tenere in conto anche altre grandezze fisiche connesse all’attività solare ed in grado di influenzare il clima terrestre. Questo post è collegato, infatti, ad un altro mio post ( http://www.climatemonitor.it/?p=35935 ) che commenta un articolo (Solheim et al. 2014) in cui si dimostra una correlazione tra la lunghezza dei cicli solari, sfalsati di undici anni, e le temperature del nord Atlantico. Tale articolo è basato, però, solo sulla correlazione statistica senza alcun cenno alla causalità. Avendo visto nella bibliografia dell’articolo oggetto di commento anche il lavoro di Reichel et al., che faceva ricorso alla causalità di Granger, mi è parso utile leggerlo e commentarlo con lo scopo dichiarato di rafforzare il legame tra l’attività solare e l’andamento del clima terrestre: una semplice correlazione statistica è troppo debole ai fini dell’attribuzione mentre la causalità secondo Granger è qualcosa in più.
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Lungi da me, inoltre, voler lasciare intendere che con la causalità di Granger si può dimostrare tutto ed il contrario di tutto: reputo che la metodologia sia molto più efficace della semplice correlazione statistica in quanto riesce a stabilire una direzione della dipendenza matematica da cui si può partire per giungere alla dimostrazione della dipendenza fisica. A dimostrazione di ciò un piccolo esempio. In questi giorni ho iniziato a studiare un articolo (Beenstock et al., 2012) che applica a serie non stazionarie il metodo di cointegrazione per dimostrare la non dipendenza del riscaldamento globale dai gas serra di origine antropica. Anche queste metodologie, visti i campi di studio degli autori, hanno molti punti di contatto con il lavoro di Granger ripetutamente citato nella bibliografia. Per adesso non esprimo alcun giudizio sul lavoro, alla fine potrei anche reputarlo poco interessante, però, voglio prima leggerlo e cercare di capirlo. Se lo reputerò interessante, probabilmente, pubblicherò qualcosa qui su CM.
In questa ipotesi verremo a trovarci di fronte al commento di uno studio coevo al suo che giunge a conclusioni opposte. Non credo che ciò costituisca una confutazione delle conclusioni di Pasini et al., 2012 o viceversa. Né credo che facendo ciò io renda un cattivo servigio alla scienza in quanto, per formazione e per professione, reputo la scienza fondamentale ai fini dello sviluppo del genere umano. Se dovessi pubblicare il commento il mio scopo sarà quello di illustrare due punti di vista entrambi degni di rispetto e di attenzione. Vedremo, nel corso degli anni, quali di questi studi reggerà al dibattito nell’ambito della comunità scientifica. Per ora io sono fermamente convinto del fatto che tutti gli studi pubblicati (in campo climatologico e non, ovviamente) rappresentino lo stato dell’arte della ricerca scientifica ed il frutto di fatiche di ricercatori che credono fermamente, in scienza e coscienza, in ciò che fanno e che descrivono nelle loro pubblicazioni. Io mi limito a commentare queste fatiche esprimendo, nei limiti delle mie modeste capacità, qualche giudizio senza alcuna pretesa di confutazione.
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In merito alle problematiche delle analisi in-sample ed out-of-sample concordo pienamente con lei: non mi sembra, però, di aver trovato lavori che abbiano evidenziato per Reichel et al. 2001 i difetti da lei citati. Ciò non toglie, però, che essi esistano e mi siano sfuggiti.
Nel ringraziarla per l’attenzione, la saluto con stima.
Donato Barone.
Scusate un secondo. Le conclusioni dell’articolo di Reichel del 2001 afferma che nulla si può dire circa l’assenza di effetti dovuti ad altri forcing radiattivi. Sul titolo qui sopra si afferma che le temperatura siano influenzate dal ciclo solare. Bisogna evidenziare “… Influenzate anche dal ciclo solare..” Sarebbe fortemente errato dire che il sole è il forcing dominante, soprattutto in questi ultimo periodo
Egregio E. Adami,
il titolo del lavoro di Reichel è: The cause-and-effect relationship of solar cycle length and the Northern Hemisphere air surface temperature. Tradotto dovrebbe risuonare più o meno così: Il rapporto causa-effetto tra la lunghezza del ciclo solare e la temperatura superficiale dell’aria dell’Emisfero Nord.
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Come vede il titolo del post è una semplice trascrizione del titolo del lavoro di Reichel et al. 2001 con la precisazione che la relazione di causa ed effetto è nel senso di Granger.
Se ha letto il post, infine, si sarà accorto che nelle mie conclusioni richiamo quasi pedissequamente quelle di Reichel et al. 2001: nel titolo, purtroppo, non si può scrivere tutto il contenuto dell’articolo.
Per maggiore comodità di tutti riporto la parte principale delle mie conclusioni:
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“Si può concludere, pertanto, che la stessa metodologia di indagine applicata a insiemi di dati diversi porta a concludere da un lato che i gas serra causano l’incremento della temperatura media terrestre, ma tale incremento dipende anche dalle dinamiche solari. Quanto dall’uno e quanto dall’altro? Ad oggi non lo sappiamo in quanto la nostra comprensione del fenomeno fisico clima non ce lo consente.”
Se lei reputa che oggi come oggi è accertato che sia il forcing radiativo dei gas serra a dominare il clima terrestre è libero di farlo, io però non sono d’accordo con lei per quanto ho scritto nel post.
Cordialmente, Donato Barone.
C’è un bel articolo sul sito skepticalscience circa l’influenza del sole sull’aumento dell’effetto serra
http://www.skepticalscience.com/translation.php?a=18&l=17
Il valore della irradianza solare negli ultimi anni è calato un po, dal 70 circa ai giorni nostri, in contrasto con il costante aumento della temperatura media.
Che ne pensa? Da questo non dovrebbe derivarne che le fluttuazioni della attività solare incidono poco rispetto ad altri forcing?
Egregio E. Adami, il sito da lei citato non è tra quelli che io preferisco, ma questo non significa nulla, ovviamente. 🙂
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Che l’irradianza solare vari poco non è una novità e, personalmente, non credo che la sola TSI sia in grado di influenzare il clima. Calcoli effettuati da fior di studiosi (tra cui anche alcuni scettici come L. Svalgaard) stimano che l’influenza delle variazioni di TSI incida sull’attuale aumento di temperature per circa 0,1-0,2 °C, praticamente una variazione di temperatura che si perde nel rumore di fondo del segnale. Ciò non toglie che essa sia stata in grado di causare la temperatura, nel senso di Granger, fino al 1950/60 circa (Pasini et al., 2012). Dopo questa data la sua influenza sulla temperatura è stata persa o è diventata poco “visibile” nel segnale. Studi del prof. Nicola Scafetta (http://www.climatemonitor.it/?p=34811 e http://www.climatemonitor.it/?p=33983) sono più possibilisti circa la capacità della TSI di determinare il clima terrestre, ma ad ogni buon conto il dr. Scafetta stima che l’influenza solare sulla variazione della temperatura terrestre non superi il 50/60%.
Per poter dire con certezza che è il Sole l’unico “motore immobile” del clima terrestre bisogna individuare un meccanismo di amplificazione della sua azione che, allo stato, nessuno è riuscito a trovare anche se i candidati sono molti. Piuttosto intrigante, per esempio, è la capacità del campo magnetico solare di influenzare la formazione delle nuvole attraverso la modulazione dei raggi cosmici galattici che sembra guidino il processo di nucleazione delle nuvole (ipotesi del dr. Svensmark ed esperimento CLOUD presso il CERN), ma risposte definitive non ne abbiamo.
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Non mi convincono, inoltre, coloro che sostengono che i gas serra siano i soli motori del riscaldamento globale per due ordini di motivi: in passato il clima è variato senza l’influenza antropica e/o dei gas serra e, attualmente, pur in presenza di un aumento costante della concentrazione di CO2 atmosferica, da circa 15/17 anni (a seconda del data set di temperature che si considera) le temperature terrestri non aumentano in modo statisticamente significativo.
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Non mi convincono del tutto, infine, coloro che, nel campo scettico, negano qualsiasi influenza dei cicli solari e/o dei gas serra e imputano tutto alla variabilità interna del sistema.
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Io, per quel che può valere, penso che il clima terrestre sia un sistema caotico caratterizzato da una grande variabilità interna e condizionato da attrattori che lo mantengono in condizioni di equilibrio all’interno di un ben definito spazio delle fasi. Le condizioni di equilibrio, come in ogni sistema caotico, possono essere punti di biforcazione in grado di evolvere in direzioni diverse sotto l’azione di azioni esterne (forzante radiativa solare, gas serra e via cantando). In questo quadro, come ci insegna la teoria del caos, possono emergere delle regolarità (cicli) che, se individuate, possono condurci a prevedere il comportamento del sistema. Ad oggi non mi sembra che qualcuno ci sia riuscito (questa mia idea non è originale, ma mutuata dagli scritti della prof.ssa J. Curry che io considero una delle menti più equilibrate tra quelle che si occupano di climatologia). Detto in altri termini, reputo che il recente riscaldamento terrestre sia stato guidato in parte dal Sole e in parte dai gas serra, ma non sono riuscito, fino ad ora, a trovare lavori convincenti circa l’impatto dell’uno e quello degli altri: ecco il motivo del mio interesse per la questione. In particolare non riesco a trovare convincenti modelli fisici del sistema climatico terrestre (perchè, probabilmente, non ne esistono) e perché quasi tutti, a causa di una stima della sensibilità climatica (a mio giudizio eccessivamente alta), non danno risultati soddisfacenti (almeno per ora).
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Come può vedere io non sono in grado di dispensare certezze per il semplice fatto che non ne ho e, purtroppo, stando a quello che leggo, non ne ha nessuno. Anzi, ad essere precisi, ne hanno in molti, ma, ancora purtroppo, di segno opposto e nessuno è in grado di risolvere definitivamente il “busillis” (sono circa quattro anni che dedico buona parte del mio tempo libero allo studio dei lavori che vengono pubblicati, ma non riesco a trovarne uno talmente convincente da consentirmi di mettere il punto). Nel frattempo continuo a cercare e cercare ancora.
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Lei mi ha chiesto cosa pensassi del fatto che la TSI, essendo stata quasi costante negli ultimi decenni, non è la candidata migliore a spiegare l’aumento di temperatura che abbiamo registrato. Io le ho risposto. Spero di non averla annoiata raccontandole dei miei dubbi e perplessità. Qualora fosse successo, me ne scuso in anticipo.
Ciao, Donato.
Non mi annoia, signor donato.
Sono da poco laureato in fisica e interessato a questi argomenti.
Il mio punto di vista è che ci sono sia forcing antropici che naturali e concordo con lei che la presenza di uno non esclude l’altra. Ci sono ovviamente entrambi.
Solamente dopo il 1970 circa l’effetto dovuto alla irradianza solare pare avere un contributo negativo al riscaldamento.
Ultima cosa: come mai non le piace molto il sito da cui ho preso il link? Mi sembra pieno di referenze a ricerche accademiche con argomentazioni che dal mio modesto parere e coscienza sembrano più che sensate
Egr. Donato Barone,
anche se la sua trattazione è pacata e ragionata, nel suo post si legge tra le righe un’affermazione precisa: il fatto che i risultati scientifici miei, di Triacca ed Attanasio siano uno dei tanti risultati possibili (e contrastanti tra loro) da ottenere con la tecnica di Granger. Da qui a dire che con la Granger causality si può trovare di tutto, il passo è breve.
O, peggio, il suo post può sembrare un tentativo di confutazione dei nostri risultati ottenuta addirittura con un lavoro precedente. Le confutazioni vanno fatte, invece, con lavori successivi, e le spiegherò il perché tra breve.
In entrambi i casi, lei non fa un buon servizio alla scienza e alla sua divulgazione.
Ma mi faccia dire qualcosa nello specifico. Prima di tutto noi avevamo (ed abbiamo) ben presente il lavoro di Reichel et al., tanto è vero che viene sempre citato nei nostri papers. Si tratta di uno dei lavori che hanno utilizzato la causalità di Granger in ambito climatico prima di noi. Tutti questi lavori, brevemente descritti in una nostra review recente – vedi la sezione 4 di http://www.scirp.org/journal/PaperInformation.aspx?PaperID=36931 – sono accomunati da un approccio molto problematico, quello in-sample. Cosa significa? Vuol dire, sostanzialmente, che i parametri del modello vengono fissati sullo stesso campione su cui poi si testa la bontà del modello stesso. Questo porta a vari problemi, primo tra tutti quello del possibile overfitting. Per spiegarmi, le faccio l’esempio analogo di quando lei vuole trovare un modello regressivo che possa trovare una legge fisica che “spieghi” un certo andamento di dati sperimentali. Se ha 100 dati su un piano x-y e li interpola con un polinomio di grado 99 troverà una curva che “magicamente” passa per tutti i punti sperimentali. Lei si azzarderebbe a dire che quella è la “legge” che descrive i dati? Non sarà più realistica una parabola o un polinomio di terzo grado? Lo potrà scoprire solo effettuando analisi out-of-sample, cioè andando a vedere come la sua legge si comporta su un campione diverso di dati tratti dallo stesso esperimento. Questo Reichel et al. non lo fanno.
E questo è solo un primo problema. Nelle analisi in-sample di Granger, prima di costruire i modelli bisogna stabilire precisamente e preliminarmente le proprietà stocastiche delle serie analizzate, per vedere se si ha a che fare con serie stazionarie, non stazionarie o co-integrate. Si vede, ad esempio, che se si ha a che fare con serie non stazionarie si possono avere risultati spuri… E soprattutto, se si tirano conclusioni non corrette da queste analisi preliminari, la validità dei risultati finali viene fortemente inficiata.
Tutti questi problemi con le analisi in-sample hanno portato in letteratura a risultati contrastanti, come descritto nella sezione 4 del paper linkato più sopra.
Noi eravamo, e siamo, consapevoli di tutto questo e abbiamo escogitato un metodo per non andare incontro a questi problemi, un metodo che valida i risultati dei nostri modelli fuori dal campione su cui si ottenuto il modello stesso, come si deve fare: ricordi l’analogo della regressione.
Ecco perché non si possono confutare certi risultati andando a vedere risultati precedenti. Perché la ricerca evolve e talvolta si capisce che certe tecniche vanno applicate in modo corretto per ottenere risultati più sicuri.
Detto ciò, il problema analizzato da Reichel et al. è anche un po’ diverso da quello che abbiamo affrontato noi. In particolare, noi ci siamo concentrati sulla causalità negli ultimi 60-70 anni, quelli del recente global warming. In un articolo specifico, in particolare, abbiamo trovato che l’influsso del Sole (in termini di TSI) se la batte con quello dei gas serra fino agli anni ’50, dopo di che viene “surclassato” dai GHGs.
Non ho notizie di studi che abbiano confutato i nostri risultati.
Grazie per l’attenzione
Antonello Pasini
Egr. dott. Pasini, ho apprezzato la sua breve spiegazione sull’overfitting. Direi che sono principi da applicare per ogni modello che adotti una qualsiasi parametrizzazione, cioè ogni modello andrebbe ovviamente valutato con i risultati che produce out-of-sample, ad esempio osservando dati reali successivi alla definizione del modello.
Scrive A. de Orleans-B.:
“In fondo, i due emisferi hanno la stessa miscela gassosa e la stessa variazione di radiazione solare, ma hanno costituzione differente e risposte differenti — dovrei avere degli elementi per separare ulteriormente il contributo “serra” da quello “ciclicità radiativa”.”
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Credo che l’osservazione sia fondata. Gli autori dello studio sostengono, infatti, che il loro lavoro ha lo scopo di restringere il campo di indagine in modo da poter concentrare gli sforzi dei ricercatori verso quelli che appaiono i settori maggiormente promettenti: i gas serra e l’influenza solare.
Circa la proposta di utilizzare il differente grado di risposta dei due emisferi alla forzante solare per tentare di quantificare l’influenza del Sole e quella dei gas serra sul clima terrestre, mi sembra un’ottima idea: bisogna, però, individuare il modello matematico adatto e, secondo me, non sarà facile.
Da un punto di vista qualitativo però la cosa è molto intrigante: nell’emisfero nord le variazioni di temperatura potrebbero essere guidate da dinamiche naturali (Sole, per esempio) mentre in quello sud gli effetti dei gas serra potrebbero essere più forti. Le variazioni climatiche, pertanto, potrebbero essere il frutto della sovrapposizione dei due meccanismi e ciò consentirebbe di spiegare anche la stasi attuale delle temperature globali (non prevista dai modelli fortemente dipendenti dai gas serra) e le differenze che caratterizzano i due emisferi terrestri.
Che dire: se son rose fioriranno 🙂
Ciao, Donato.
Dal testo sopra: ” La correlazione è risultata molto più tenue rispetto alle temperature del sud emisfero… — …In ultima analisi gli autori sono convinti di aver individuato una robusta causalità alla Granger tra la lunghezza livellata dei cicli solari e le temperature dell’emisfero settentrionale.”
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Se ben ricordo, circa 7/8 di tutte le terre emerse sono nell’emisfero settentrionale — e mi sembra plausibile che albedo, inerzia termica e scambio termico tra l’atmosfera e la superficie terrestre siano mediamente tanto differenti tra i due emisferi da poter generare i risultati “alla Granger” differenti tra nord e sud.
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Perché non approfittare di questa differenza emisferica parametrizzandola opportunamente e correlando questi parametri con la differenza emisferica delle “causalità alla Granger”?
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In fondo, i due emisferi hanno la stessa miscela gassosa e la stessa variazione di radiazione solare, ma hanno costituzione differente e risposte differenti — dovrei avere degli elementi per separare ulteriomente il contributo “serra” da quello “ciclicità radiativa”.
O no?
…e infatti la correlazione e ancora più debole con le SST.