Prima di tutto direi sia il caso di star tranquilli. Farà pure caldo, saremo pure alle prese con la prima onda di calore della stagione, tra l’altro in procinto di terminare e lasciare il posto ad un bel freschetto, ma non è di carenza idrica che parleremo oggi. Anche perché con tutta l’acqua venuta giù tra l’inverno e la primavera, cui se aggiungerà non poca altra nei prossimi giorni, pare che le riserve e le falde siano in buona, anzi ottima salute (due previsioni nello stesso post…CM sta proprio diventando strano 😉 ). Parleremo di siccità di uragani, almeno così usa chiamare Roger Pielke jr questo lungo periodo, circa 8 anni, senza che un uragano di categoria 3 o superiore abbia colpito gli USA.
E il conteggio prosegue, visto che la stagione è iniziata e ancora non c’è traccia di disturbi atmosferici che possano diventare pericolosi in area atlantica. Ma è tutta, o quasi, fortuna, perché la variabilità interannuale di questi eventi è molto variabile, sia per e diverse probabili aree di insorgenza, che per le traiettorie, che per l’evoluzione. Quindi prima o poi la fortuna finirà, e si tornerà a parlare di eventi estremi. Qualcuno lo farà anche a sproposito, chiamando in causa il riscaldamento globale e i suoi malefici e multiformi effetti, capaci di volgere sempre le cose al peggio, dalla caduta dei capelli alle dimensioni delle pecore. Figuriamoci per gli uragani! Il tutto mentre l’IPCC, che certo non risparmia profezie di sventura, sebbene con riluttanza abbia dovuto ammettere che ‘non è stato identificato alcun trend definito nel numero annuale di tempeste tropicali, uragani e uragani intensi nel bacino del nord Atlantico per gli ultimi 100 anni‘.
Però, volendo comunque guardare dei numeri molto ballerini e piegarli alla logica lineare (difficile fare un peggior torto alla Natura), tanto l’intensità quanto la frequenza degli uragani che hanno toccato terra sugli USA hanno subito un decremento del 20% sempre negli ultimi 100 anni e passa. Ma questo, ancora una volta non significa gran che.
Del resto, come insegna la storia recente, per esempio Sandy su New York e dintorni l’anno scorso o Irene l’anno prima, pur non avendo colpito le coste con l’intensità di un uragano di danni ne hanno fatti lo stesso, e l’AGW, che non è riuscito a farli diventare più intensi, qualcuno ha detto che li ha comunque fatti più larghi. Maligno e multiforme, come volevasi dimostrare. Eppure pare che stiano scendendo non poco i premi assicurativi, volati alle stelle dopo Katrina e dopo l’abile mossa prognostica delle compagnie di gestione del rischio.
Sicché, scrive ancora Pielke, si corre il pericolo che il prossimo evento, perché prima o poi succederà, colga tutti piuttosto impreparati, un po’ come accade dalle nostre parti quando l’acqua si riprende un fiume rubandolo inopinatamente a una strada o a un complesso residenziale, che per di più nessuno ha pensato di assicurare. Tutto il mondo è paese, si direbbe.
Ciao Guido, scusa per il silenzio. Non avevo mai visto in passato una analisi delle track, quindi non posso dire se siano studi mai fatti o solo un diverso trattamento dei dati.
Per quanto riguarda la presentazione della quale parlavo, cerco di reperirla.
Il report IPCC, anche se appena uscito, si riferisce a studi “vecchiotti” poiché devono pensare molto bene a ció che dicono (anche se questo non riesce ad evitare figuracce). In realtá studi recenti (Hov et al., 2014; K. Emanuel forse 2013) parlano dello spostamento delle traiettorie verso nord (forse questo potrebbe essere uno dei motivi della diminuzione dei landfall negli USA) e in tal caso non escluderei il GW come la maggior concausa. Non mi occupo di statistiche e sinceramente ammetto che senza preoccuparmene troppo, inserisco nelle motivazioni dei mei progetti (mi occupo di eventi estremi) il GW, cambiamenti climatici e l´intensificarsi degli eventi estremi in Europa (senza tali “parole chiave” non si ottiene una lira). All´ultimo EGU ho visto una presentazione interessante sulle tempeste del nord Europa: gli uragani con traiettorie translate a nord una volta diventati cicloni extra-tropicali arrivano vicino all´Irlanda dove si incontrano con altre perturbazioni che provengono dal mare del nord e creano delle tempeste molto intense che colpiscono tutto il nord Europa.
Riccardo, la deadline per la presentazione dei paper da includere nei report è generalmente un anno prima dell’uscita degli stessi, per cui, certamente, possono essercene di più recenti usciti successivamente. Il problema con i Cicloni Tropicali e, più in generale con gli eventi estremi però, non è solo nell’attribuzione delle cause, è soprattutto nelle serie storiche. Per quelle, non c’è studio nuovo che tenga, se i dati pregressi non ci sono e per quel poco che c’è non definiscono alcun trend, non è da diversi trattamenti statistici delle informazioni che potrà giungere la risposta.
Circa le tempeste nel nord Europa, il loro carburante è il gradiente che genera il getto polare e sono soprattutto eventi riferiti alla stagione fredda, cioè non quella degli uragani. Comunque se magari la recuperi possiamo discuterne.
gg