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Quando si dice il caso…

Questo post è nato come una comunicazione di servizio. Per un paio di settimane infatti sarò a Reading, la città nel Berkshire, a ovest di Londra, che ospita il Centro Europeo per le Previsioni  Medio Termine (ECMWF, vi consiglio il click, hanno appena rinnovato completamente il loro web).

L’occasione è lieta perché si parla di predicibilità e di previsioni a lungo termine, intese come i noti prodotti dei modelli mensili e stagionali sviluppati proprio qui. Argomenti questi molto cari a tutto il panorama meteorologico, comprese le nostre pagine, che abbiamo popolato spesso proprio con discussioni sul lungo termine, specialmente durante la stagione invernale.

Ciò significa che il lavoro su CM potrebbe subire un certo rallentamento. Non è detto ma è nelle possibilità. Almeno per ora però accade il contrario, perché negli ultimi giorni sono accadute cose piuttosto interessanti, in qualche modo collegate proprio a questa città ed all’ECMWF.

La prima. Qualche giorno fa Lennart Bengtsson, scienziato di fama mondiale che ha diretto per anni proprio l’ECMWF per poi passare a dirigere il Max Plank Institute, ha deciso di entrare a far parte dell’Academic Advisory Council della Global Warming Policy Foundation, think tank di chiara fama scettica che raccoglie da anni le opinioni di quanti non ce l’hanno proprio fatta a unirsi al coro della catastrofe climatica. E’ un cambiamento di campo? No, è probabilmente la scelta razionale di chi riconosce che la strada è ancora molto lunga e che nel campo della scienza del clima ci sono molte più incertezze non ne riconoscano molti suoi colleghi. Naturalmente, questa sua scelta ha sollevato più di qualche critica. Personalmente penso che abbia ragione, altrimenti non starei qui a scrivere. Ma penso anche che si dovrebbe riflettere circa il fatto che le posizioni più razionali e impopolari circa le questioni climatiche continuino a venire da quanti hanno ormai terminato (e con successo!) la loro carriera accademica, cioè da quanti non devono più contare sui monotematici meccanismi del sistema e possono esprimere liberamente il loro pensiero. Fossi un ricercatore (e non lo sono), forse mi chiederei se conta di più arrivare in cima di sicuro o avere la libertà di scegliere la strada per eventualmente arrivarci.

La seconda. Proprio ieri sera, presso la Town Hall di Reading, si è svolto un seminario di materia climatica. Unico relatore Phil Jones, capo della Climatic Research Unit dell’Università della East Anglia, praticamente il braccio climatico dello UK Met Office. Già, proprio la CRU, quella del Climategate, va bene, ma anche quella che genera e gestisce uno dei dataset delle temperature medie superficiali globali più accreditato. Il titolo del seminario è stato: Le temperature globali: da Köppen alle rianalisi satellitari. Per chi non ne avesse contezza, Köppen è stato il primo a definire in modo empirico le classificazioni climatiche, una stima ancora largamente utilizzata, sulla quale tuttavia si va innestando via via una conoscenza della realtà osservata nel presente e nel passato che assume un carattere scentifico sempre più preponderante. E’ stato un discorso molto interessante quello di Phil Jones, in cui sono state messe in risalto tutte le problematiche connesse con la stima delle temperature superficiali globali, dai gap nelle osservazioni ai bias strumentali, procedurali e ambientali, con l’urbanizzazione e l’Urban Heat Island Effect a giocare un ruolo importante, almeno tanto quello delle variazioni nei metodi di osservazione delle temperature superficiali del mare. Una questione quest’ultima ancora decisamente aperta. Alla fine del suo talk Jones ha sollevato più di qualche dubbio circa la nota pubblicazione di Cowtan & Way (qui su CM) che, riempiendo qua e là i ‘buchi’ nei dataset delle osservazioni avrebbe fatto scomparire la pausa del riscaldamento globale degli ultimi 15 anni e più. Sulla pausa di per se, tuttavia, Jones si è detto sicuro che questa terminerà con il primo evento di El Niño di una certa portata. E il fatto che stia praticamente arrivando è tutt’altro che casuale. A questo punto la mia mente beceramente scettica ha prodotto l’eretico pensiero che l’AGW deve proprio esser messo male se ci vuole il più naturale di tutti gli eventi climatici per resuscitarlo…ma, tant’è.

E così, quello che doveva essere solo un breve annuncio è diventata una cronaca forse interessante. Quando si dice il caso…

 

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Published inAttualità

5 Comments

  1. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    poiché hai chiamato in causa Koeppen, voglio da parte mia richiamare il debito enorme che abbiamo nei confronti di quel personaggio (geniale ed oltremodo longevo sul piano scientifico), nel senso che attorno alla sua scuola ruotarono Rudolf Geiger (padre della micrometeorologia), Milutin Milankovic (teoria solare delle ere glaciali) e Alfred Vegener (meteorologo eclettico e padre della teoria della deriva dei continenti).
    Ricordo anche che la classificazione di Koeppen dei macroclimi è bellissima e ancor oggi utilissima a livello professionale, almeno per il sottoscritto (ad esempio se vuoi cercare su un planisfero i climi vocati alla viticoltura e cioè i climi mediterranei ed oceanici, basta che cerchi i climi Cs e Cf di Koeppen).
    Questo anche per dire che la climatologia mainstream odierna (che credo sia poi quella di Philip Jones), è troppo persa nella caccia al cambiamento per domandarsi cosa sia il clima e cercare di dettagliarne le caratteristiche. Questo me lo confermi quando mi dici che Jones tifa El Nino per veder riaffermate le proprie convinzioni su CO2 e GW, oggi messe in discussione dalla stasi delle temperature globali. Se il suo problema è tutto qui, gli faccio fin d’ora un sincero in bocca al lupo perché possa risolverlo, anche se non posso fare a meno di pensare con una vena di tristezza che il fondatore della CRU, il compianto climatologo storico Lamb, meritasse eredi migliori ….

  2. donato

    Guido, se tra i tanti impegni avrai anche la possibilità di aggiornarci (se non giornalmente almeno ogni tanto) sugli sviluppi dei lavori a cui partecipi, noi saremo lietissimi di leggerti!
    Ti confesso che la tua sintesi dell’intervento di P. Jones mi è piaciuta moltissimo.
    .
    Per quel che riguarda il post concordo con te circa il fatto che quasi tutti gli scienziati scettici (per così dire) sono quelli che hanno completato la loro carriera accademica e, quindi, possono liberamente esprimere il loro pensiero senza temere contraccolpi di un certo rilievo. L’unico problema è che si sentiranno definire “vecchi rinc…itrulliti 🙂 dalle vestali del clima che cambia e cambia male.
    A proposito di clima che cambia e cambia male, anzi peggio (ma molto peggio 🙂 ) di quanto pensassimo, vorrei segnalare una “perla” a firma della nota giornalista RAI G. Botteri (Giovanna, altrimenti l’amico Guido Botteri potrebbe restarci male 🙂 ).
    Ieri sera dopo una giornata piuttosto lunga, stavo seguendo con un occhio socchiuso e l’altro semi-aperto 🙂 Linea Notte la nota trasmissione di approfondimento del TG3 quando passano la linea a G. Botteri da New York. L’incipit della giornalista fu fulminante: vorrei parlarvi di una cosa molto importante di cui nessuno parla – esordì – ma che negli USA sta venendo prepotentemente alla ribalta, il cambiamento climatico (usò il termine global change 🙂 ). I miei occhi si sbarrarono di colpo e rinviai a dopo il servizio l’appuntamento con Morfeo.
    Non vi dico cosa abbia inserito nel suo servizio la nota giornalista: inondazioni, frane, fronti glaciali che precipitano in mare, tempeste ecc. ecc., insomma tutte le possibili (ed anche oltre) tragedie naturali che travagliano il nostro pianeta. La causa, ovviamente, il clima che cambia e cambia (male) peggio di quando pensassimo a causa delle sciagurate scelte del genere umano che, oltre a provocare tutto ciò, si rifiuta anche di ascoltare i pressanti allarmi dell’ONU (vedi IPCC) e degli scienziati. La dimostrazione sta nel fatto, dice la giornalista, che nonostante il presidente Obama sia arciconvinto delle cause antropiche delle inondazioni fuori stagione, dei mostruosi (l’aggettivo è della giornalista) incendi della California e degli altri abnormi eventi naturali, non riesce a portare la questione all’attenzione del Congresso in quanto la cosa non interessa né ai politici né agli elettori. E’ necessario, però, chiosa la giornalista, che si prendano immediatamente tutti i provvedimenti del caso altrimenti le distruzioni saranno sempre più grandi (per chi volesse vedere e sentire di persona, a questo sito http://www.rai.it/dl/tg3/rubriche/PublishingBlock-ba2591cf-e5e5-44db-a2af-4401c6f00a34.html# puntata del 08/05/2014 dal minuto 50 al minuto 54).
    .
    La cosa divertente è che dopo il servizio allucinato ed allucinante della d.sa Botteri lo studio (confermando in toto ciò che ella aveva appena detto) proseguì la discussione, interrotta per far andare in onda il reportage della giornalista, come se niente fosse successo: del global change dovuto all’aumento delle temperature (parole di Botteri) effettivamente non frega niente a nessuno (politici e giornalisti) in quanto a forza di urlare al lupo, al lupo, ormai tutti ci hanno fatto il callo 🙂 .
    Ciao, Donato.

    • Donato,
      è molto più apprendimento che ‘lavori’. Ad ogni modo può darsi che ci scappi qualcosa da condividere.
      Quanto al servizio di cui ci hai raccontato, credo di sapere di cosa si tratti. Domani mattina ci scrivo su due righe.
      gg

    • Guido Botteri

      La Giovanna ha un padre che si chiama Guido Botteri, come me, e spesso mi scambiano per lui 🙂

  3. Guido Botteri

    Chiedo scusa per un commento OT
    Il nome Reading (pronuncia, semplificando, “redin”) mi fa pensare al verbo
    to read read read
    che, nonostante l’uguaglianza grafica, si pronuncia
    tu rid red red
    quindi “leggendo” si scrive “reading” e si pronuncia “ridin”
    (da non confondersi con il nome della città)
    Questa curiosità è la prova “scientifica” (ecco perché ho scritto questo OT) che NON esiste una regola di pronuncia dell’inglese (cosa ben conosciuta a chi ha studiato, anche poco, questa lingua).
    Seguendo il link, mi sono trovato in una lezione di cantonese, con riferimento alle differenze dalla lingua cinese ufficiale, il mandarino.
    Le differenze di pronuncia sono fortissime.
    Il mandarino si scrive con una scrittura semplificata, mentre il cantonese usa caratteri tradizionali.
    Anche le frasi sono diverse, non solo la pronuncia delle parole, ma usano frasi diverse con caratteri diversi (non solo in riferimento a scrittura semplificata o tradizionale…proprio caratteri diversi, e parole diverse e modi di dire diversi).
    Insomma, il cantonese è tutta un’altra cosa, a giudicare da quel video.
    Chiudo tornando in tema, per evidenziare un punto che mi sembra importante:
    “le posizioni più razionali e impopolari circa le questioni climatiche continuino a venire da quanti hanno ormai terminato (e con successo!) la loro carriera accademica, cioè da quanti non devono più contare sui monotematici meccanismi del sistema e possono esprimere liberamente il loro pensiero.”
    che è anche la convinzione del predecessore di Nicolas Stern (autore del famoso rapporto Stern), Nigel Lawson nel suo libro:
    “An Appeal to Reason: A Cool Look at Global Warming”
    Ho specificato che i due personaggi hanno ricoperto lo stesso ruolo perché il vizio di denigrare gli avversari e demonizzarli ha portato i sostenitori dell’ipotesi AGW a presentare Stern come una persona competente (quasi fosse uno scienziato) e presentare invece Lawson come se fosse invece una persona senza esperienze specifiche.
    Della serie
    “chi la pensa come me è un genio; chi non la pensa come me è brutto, deficiente, ignorante e cretino”
    Quando i sostenitori dell’ipotesi AGW si confronteranno sul piano dei fatti, lasciando perdere denigrazioni, consenso, princìpi di precauzione, e valorizzazioni dell’ignoranza (“NON so spiegare in altro modo…quindi…ho ragione”), sarà un gran giorno per la scienza, e si potrà sperare che prevalga la verità sul pregiudizio o sull’interesse personale.
    Secondo me.

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