Il vento è vagabondo per definizione, ma quello in alta quota lo è ancora di più. E’ il Getto Polare, il flusso che separa l’aria polare da quella delle medie latitudini, un fiume di vento che è di fatto il motore del tempo atmosferico.
Beh, è dall’inizio dell’inverno appena terminato, già con la prima ondata di freddo intenso che ha travolto gli USA e allo stesso tempo portato tempo mite e molto piovoso sull’Europa, che provano a convincerci che è dipeso tutto da una strana tendenza del Getto Polare a vagabondare a latitudini diverse dal solito, dove per solito si intenade naturalmente una situazione pre-cambiamenti climatici.
Ora arriva un altro studio, l’ennesimo, che fa più o meno la stessa cosa ma, stranamente, nessuno si accorge della contraddizione in cui cade il comunicato stampa dell’università che lo ha patrocinato e, ancora peggio, anche gli stessi autori del lavoro.
Si portano infatti delle prove paleoclimatiche, cioè dei dati vicari che testimonierebbero l’accresciuto carattere vagabondo del Getto Polare, con conseguente siccità in Florida, inverno anomalmente mite in Alaska e gelo assoluto sugli USA di nord-est. Questo tipo di circolazione si riassume con il segno positivo di un indice che si chiama PNA (Pacific North American Pattern).
A parte l’assunto iniziale che questo indice avrebbe assunto segno positivo con maggiore frequenza dal 1880 (guarda un po’ da quando iniziano le serie storiche), pare che i dati di prossimità mostrino che il cambiamento di fase, cioè la maggiore frequenza di eventi di segno positivo, sia iniziato lungo periodo durato circa 500 anni addirittura 4.000 anni fa.
Questo sotto (dalle pagine della NOAA) è l’andamento del PNA per gli ultimi mesi. Prima di guardarlo sarà bene ricordare che il gelo negli USA è iniziato ai primi di gennaio ed è finito, neanche del tutto, da pochi giorni:
In media avrà pure prevalso il segno positivo, ma sembra ci sia stata anche una discreta variabilità.
Comunque, incuranti del fatto che 4.000 anni fa nessuno possedeva un SUV, gli autori sentenziano così su Science Daily:
Se questo trend dovesse continuare, potrebbe contribuire a eventi di inverni più estremi nel Nord America, come accaduto quest’anno con condizioni più calde in California e nell’Alaska e intrusioni di fredda aria artica sugli Stati uniti orientali.
E poi dicono che la faccenda dell’AGW non è tutta una grossa presa per il….cooling!
Ah, dimenticavo:
- Questo è il pezzo su Science Daily
- Questo è il paper su Nature Communication
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