Sulle nostre pagine abbiamo parlato moltissime volte della relazione tra l’attività solare e le dinamiche climatiche. Un argomento controverso e molto dibattuto in ambito scientifico, in cui sussitono molte correlazioni ma poche o pochissime evidenze di relazione causale, cioè dove le ipotesi riescono a trovare una plausibile espressione fisica e matematica. In particolare, con riferimento alle pulsazioni dell’attività solare che modulano il flusso dei raggi cosmici diretti verso il pianeta, quel che manca è l’effetto amplificante, quella dinamica che può trasformare una causa relativamente piccola in un effetto ben più grande. Il discorso è simile a quello delle modifiche che l’aumento della concentrazione di CO2 starebbe imprimendo al sistema, dove il rapporto logaritmico e quindi decrescente negli effetti tra la quantità di anidride carbonica e il calore ritenuto dal pianeta, sarebbe amplificato da una serie di reazioni a catena divenendo assai più consistente.
Oggi però non parliamo di clima, pur restando nell’ambito dell’attività solare e del sistema terra-oceano-atmosfera. Parliamo di meteorologia, ossia delle dinamiche di breve periodo, quelle ascrivibili al tempo che fa.
Dalle pagine di Tallbloke, blog di punta delle discussioni su questo argomento, arriva la segnalazione di un lavoro di recente pubblicazione:
Lo studio, neanche a dirlo, è ancora un’analisi di correlazione, ma ha il pregio di esprimere concetti che, pur mancando di causalità in senso stretto, sono verificabili in tempo reale. Questo del resto è ancora quel che fa della meteorologia la parte delle scienze atmosferiche più precisa, in quanto idealmente e praticamente costretta ad imparare quotidianamente dai propri errori.
Secondo l’analisi condotta dagli autori di questo paper, in corrispondenza di drastiche riduzioni del flusso di raggi cosmici verso il pianeta, si verificherebbe un’alta percentuale di situazioni in cui la pressione atmosferica subisce un aumento deciso in alcune zone della fascia extratropicale, aumento espresso dall’attenuazione di circolazioni cicloniche e/o incipit e rafforzamento di anticicloni.
Le cadute del flusso di raggi cosmici si definiscono tecnicamente Forbush Decrease, dal nome dello studioso che per primo le osservò, e arrivano immediatamente dopo un Solar Flare, una espulsione di massa coronale detta anche CME. La vera e propria ‘ventata’ di flusso solare che investe il pianeta in questi casi, scherma più che mai la Terra dal flusso di raggi cosmici provenienti dallo spazio, un ‘azione protettrice sempre presente ma quanto mai efficace in occasione dei Forbush Decrease.
Il caso ha voluto che abbia letto di questo studio proprio qualche giorno fa, appena dopo aver avuto la possibilità di ammirare la raffica di fantastiche immagini che ha invaso il web tra la fine di febbraio e i primi di marzo. Proprio a fine febbraio, infatti, c’è stata una espulsione di massa coronale proveniente da un nucleo di macchie solari molto attivo (tanto che pur in un contesto di bassa attività il Sole è attualmente ai suoi massimi dall’inizio di questo 24° ciclo), la cui interazione con il campo magnetico terrestre ha generato delle Aurore molto intese visibili fino alle insolite latitudini del Regno Unito.
Così ho pensato di andare a dare un’occhiata alle osservazioni dei raggi cosmici in tempo reale e ho plottato le due immagini qui sotto con l’applicazione del Moscow Neutron Monitor:
Il periodo va da 1° febbraio all’8 marzo. Nel primo pannello ci sono i raggi cosmici, che presentano un andamento tendente a decrescere in sincronia con il concomitante rafforzamento dell’attività solare, ma anche due o tre eventi di rapidissima diminuzione. Gli ultimi due sono particolarmente accentuati. Nel secondo pannello c’è invece la pressione atmosferica, che mostra un decisa tendenza all’aumento immediatamente dopo la seconda e terza caduta del flusso dei GCR.
Mentre la prima risalita della pressione non ha alle spalle un Solar Flare, la seconda è arrivata proprio 3-4 giorni dopo il picco di attività solare, rispettando i parametri indicati nel paper, secondo i quali gli effetti nella bassa troposfera arrivano nell’emisfero nord proprio con quel lag temporale. Curiosamente – l’avverbio è obbligato perché il singolo evento è sempre difficilmente assimilabile a dati mediati nel tempo, proprio nei primi giorni di marzo abbiamo assistito allo sviluppo di un robusto anticiclone atlantico, poi diventato europeo, e all’insorgere di una anomalia positiva del campo di massa anche sulla Russia europea. Da notare inoltre che l’area di alta pressione sulla Russia era di tipo dinamico, cioè estesa verticalmente a tutta la colonna d’aria, dal suolo alla tropopausa, ben diversa da quella che solitamente occupa l’entroterra russo che è invece di tipo termico, cioè alta pressione al suolo e campo di massa negativo in quota, in quanto prodotta da effetti radiativi.
Ora, io non so quale possa essere la relazione causale, e non lo sanno neanche gli autori del paper che si limitano ad osservare la correlazione, sta di fatto che da una prova immediata è scaturito subito un risultato positivo. Buone notizie sulla relazione sole-atmosfera? Può darsi. Buone notizie per la meteorologia? Forse un po’ meno, perché senza relazione causale ‘spiegare’ ad un modello meteorologico come riprodurre gli effetti di un Forbush Decrease la vedo dura. Non a caso, e mi scuso se questa ultima riflessione è un po’ speculativa, una delle più grosse difficoltà dei pur sensazionali modelli meteorologici più performanti, è quella di catturare con efficacia l’innesco delle situazioni di blocco, ossia dello sviluppo di possenti anticicloni dalle latitudini medio-basse a quelle più alte.
Intanto, giusto per dire, se questo blocco anticiclonico persisterà quanto e come previsto, è probabile che per fine mese ci porti un po’ di aria artica o polare lungo il suo bordo orientale, ma questa è un’altra storia…
NB: l’immagine in testa al post SDO/NASA Goddard’s Scientific Visualization Studio, qui la trovate in alta risoluzione.
Scusate, ma ho trovato la domanda sul CERN, e quindi forse è utile rispondere qui, piuttosto.
Ripeto dunque la risposta data altrove:
Dunque, il CERN, nel suo rapporto annuale, a proposito di quel esperimento, ha scritto:
“Also at the PS, the CLOUD experiment has completed its third year of operation. It is investigating how aerosols affect cloud formation, and whether they are influenced by galactic cosmic rays. The experiment has now studied a range of atmospheric vapours that are capable of condensing to form new aerosol particles — which may in turn grow large enough to seed cloud drops — and has measured the effects of ionizing particles on these processes. Work is under way to include the interactions of ions and aerosols with haze and clouds — processes that have never before been studied under controlled atmospheric conditions in a laboratory.”
Dunque, l’esperimento è ancora in corso, come potete verificare, “Work is under way”
ringrazio per l’informazione
mi scuso per il ritardo nella lettura dell’articolo da parte mia e non so se potrò avere una risposta. la mia domanda, in sintesi, è questa: l’esperimento al CERN, che doveva dimostrare la relazione + raggi cosmici = + nuclei di condensazione in atmosfera = + nuvole, èstato ultimato? e se sì, con quale risultato?
grazie Colonnello
carmelo
carmelo