Si chiama weather@home il progetto lanciato da un gruppo di entusiasti ricercatori dell’università di Oxford. L’inghilterra è finita sott’acqua questo inverno? Beh, tutti sanno che i singoli eventi meteorologici non si possono collegare alle dinamiche climatiche, ma per loro non è così. In qualche modo, qualunque modo, deve esserci lo zampino del clima che cambia.
E così, dopo attenta riflessione, hanno capito che quello con cui hanno a che fare, l’attribuzione del maltempo al malclima, non è un problema di comprensione di come funziona il sistema, ma un problema di capacità di calcolo. Le due cose potrebbero in verità coincidere se si utilizzassero le simulazioni per investigare le dinamiche del sistema, ma quando le si congela nel limbo CO2centrico con la cui logica sono state costruite e le si usa a scopo statistico, si porta il virtuale nel reale attribuendogli un rango che non hanno. Però, vuoi mettere, far girare un modello sbagliato 100 volte è una cosa, farlo girare centomila è sicuramente un’altra. Quel modello diventerà magicamente efficace. Infatti, le pur sconfinate risorse messe a disposizione di quanti si battono da anni per salvare il pianeta pare non siano sufficienti, così è nata l’idea di coinvolgere i cittadini chiedendo loro di mettere a disposizione i computer di casa. Obbiettivo, mettere in piedi una mega rete su cui far girare, girare, girare e rigirare i modelli climatici.
Si parte dalle condizioni iniziali di questo inverno, prima un po’ di giri di modello con la CO2 e poi un altro po’ di giri senza, per vedere se, per caso, solo per caso, l’aumento della concentrazione di anidride carbonica fa aumentare la probabilità che si ripeta il diluvio in altri futuribili inverni simil 2013-2014.
Buona idea? Sicuramente di un’efficacia micidiale in termini di marketing. I risultati ‘partecipati’, sul cui scontato segno di sicuro impatto antropico nel maltempo nessun broker sarebbe disposto a definire una quota nemmeno nella patria delle scommesse, avranno quel fantastico effetto coinvolgente che è il vero scopo dell’iniziativa. La tecnica è quella di ripetere all’infinito qualcosa di non vero – nella fattispecie non scientificamente dimostrato – finché non viene accettato come vero.
Perché così poca fiducia nell’iniziativa vi chiederete. Beh, immagino che quelli che proveranno ad usare sono modelli di previsione stagionale prestati alle dinamiche climatiche di lungo periodo, cioè con la manopola della CO2 installata. Devono esserlo per forza per poter scendere con le simulazioni alla scala temporale invernale ed a quella spaziale ristretta di un’area come la Gran Bretagna. Quei modelli nel novembre scorso hanno prodotto un risultato così riassumibile e così comunicato dal Met Office alle autorità inglesi: “ci sarà una significativa riduzione nelle precipitazioni rispetto alla media, con solo il 15% di probabilità che l’inverno sarà all’interno della categoria più piovosa” (fonte). Il Daily Mail ha perciò così titolato non appena sono riusciti a tirare le rotative fuori dall’acqua:
Con queste premesse, quale fiducia possano riporre nella capacità di questi sistemi di simulazione di riprodurre quanto accaduto e di farlo consentendo di distinguere le differenze inerenti le modifiche eventualmente imposte al sistema dall’aumento della concentrazione di CO2 resta un mistero.
Ad ogni modo, al termine dell’esperimento, si potrà sempre ricorrere allo humor inglese riciclando questa battuta decisamente in argomento:
On phone to Met Office: “So where will this snow be coming from?” Met Office: “The sky.” #thankgodforsupercomputers
— Ben Jackson (@BenJacksonSun) February 26, 2014
Diciamo che per ora – mettiamoci anche le uscite famose degli ultimi anni, come “i bambini non sapranno più cos’è la neve” – il MET Office è stato più convincente nell’indicare la possibile esistenza dei portasfiga invece che dell’AGW.