Un inverno da cani per quanti amano definirsi ‘freddofili’ tra la moltitudine degli appassionati di meteorologia che popolano i vari forum dedicati. Un inverno da scrivere negli annali stanno già dicendo gli americani, specie del nord-est, che si sono beccati oltre quaranta giorni di freddo polare. Un inverno da pesci, invece, dovranno dire gli inglesi quando riusciranno a rimettere la testa fuori dall’acqua. In media, quindi, un inverno.
Come già ampiamente discusso, infatti, l’abbondante piovosità e le temperature piuttosto alte sperimentate dall’Europa, Italia compresa, sono state il rovescio della medaglia del freddo negli USA. Il Vortice Polare Stratosferico ha soggiornato sulla verticale del Canada per quasi tutta la porzione d’inverno trascorsa sin qui, mantenendo quindi correnti molto veloci da ovest verso est lungo l’Atlantico e pilotando un gran numero di perturbazioni verso l’Europa.
Già ai primi di gennaio abbiamo avuto modo di commentare il tentativo del consulente scientifico della Casa Bianca di mettere il marchio del clima che cambia e cambia male sull’ondata di freddo che ha inginocchiato il loro Paese. Un tentativo decisamente fuori bersaglio. Poi è stata la volta dei cugini inglesi, che con molto più stile hanno pubblicato un report dal contenuto meteorologico interessante ma intriso anch’esso di tentativi di contestualizzare l’accaduto in chiave cambiamenti climatici (qui il nostro commento).
Ma il bello è arrivato dopo. Julia Slingo, chief scientist dello UK Met Office (Capo scienziata, non c’è niente da fare, con i titoli hanno una marcia in più…), nel commentare l’emissione del report ha dichiarato che sebbene non si possa ancora pronunciare una parola definitiva, tutte le prove supportano la teoria che il cambiamento climatico abbia avuto un ruolo importante nelle alluvioni subite dal territorio britannico. Bontà sua, come abbiamo discusso al link poco più su, queste prove (evidence) proprio non ci sono, ma non è questo il punto. Infatti, qualche giorno fa, un altro ricercatore del Met Office, Mat Collins, ha fatto sapere che “le tempeste sono state causate dalla corrente a getto – la corrente ad alta velocità che circola attorno al globo – che è stata ‘bloccata’ più a sud della norma. Non c’è prova che il riscaldamento globale possa fare in modo che la corrente a getto sia bloccata come è accaduto quest’anno. Se questo è dovuto al cambiamento climatico, è al di là delle nostre conoscenze.”
Secondo voi, tra i due, chi è che ha fatto la migliore comunicazione scientifica? Vi risparmio la domanda, ma se doveste avere dubbi, tornate a dare un’occhiata al grafico che abbiamo pubblicato un mesetto fa e che riprongo qui sotto. Sono le velocità zonali in area atlantica alla quota della corrente a getto per l’intero periodo di cui sono disponibili i dati di rianalisi (in pratica la corrente a getto dal ’48 ai giorni nostri). Ricordando che se si parla di clima si deve necessariamente guardare al lungo periodo, ditemi se vedete qualche modifica al comportamento del getto al di là di una evidente oscillazione ciclica.
Però, i titoli sono titoli, il capo è il capo, per cui, non appena la dichiarazione di Collins ha iniziato a rimbalzare sui media, sono partiti i tentativi di ricomposizione. Collins ha rifiutato di commentare il suo disaccordo con la Slingo e quindi con parte dei contenuti del report ed è stato fatto uscire un comunicato ufficiale in cui il disaccordo viene definito ‘apparente’. In pratica nessun disaccordo. Perciò, siccome trattasi di scienziati e la scienza dice che le prove non ci sono, se sono d’accordo vuol dire che la Slingo ha semplicemente fatto attivismo, avvalendosi poi della sua posizione per riportare la comunicazione a proprio favore scomunicando il suo collega e sottoposto. Proprio un bell’esempio.
Qui, sul WUWT, se ne avete voglia potete leggere quel che si dice in giro di questa storia.
Sono tutti dei climapolitologi