Negli ultimi tempi ci è capitato più volte di far riferimento ell’ENSO, l’indice che descrive le oscillazioni delle temperature superficiali dell’Oceano Pacifico equatoriale. Quelle oscillazioni, come sanno molti di quelli che ci seguono, si realizzano attraverso tre fasi, che non si susseguono con una sequenza specifica, hanno una frequenza di occorrenza piuttosto casuale e, una volta innescatesi, durano solitamente per molti mesi, restando però sempre nell’ambito del breve periodo climatico. Stiamo parlando di El Nino, de La Nina e delle condizioni di neutralità. Nel lungo periodo, invece, interviene una diversa oscillazione, la PDO (Pacific Decadal Oscillation, 20-30 anni di ciclo) che favorisce a seconda del suo segno la prevalenza di una delle due fasi diverse dalla neutralità.
Considerate le proporzioni del bacino oceanico di cui si parla, si tratta comunque di eventi climatici che dalla scala intercontinentale si riverberano su quella globale in modo decisivo. Gli anni caratterizzati dalla presenza di El Nino, infatti, coincidono spesso con picchi delle temperature medie superficiali globali, l’opposto invece accade per gli anni in cui sussitono condizioni di neutralità o di La Nina. Con riferimento al recente passato, è dal novembre del 2012 che si sono innescate condizioni di neutralità, succedute ad una Nina piuttosto significativa. Ciò significa che da molti mesi i valori dell’ENSO oscillano attorno allo 0 e che lungo la fascia equatoriale del Pacifico si trova un accumulo di acque di superficie piuttosto fredde soprattutto per effetto della risalita di acque di profondità sulla costa orientale (USA e America Latina), una circolazione degli Alisei piuttosto intensa e un accumulo di acque calde sulla sponda occidentale (Asia). Uno dei fattori concorrenti all’attuale assenza di trend delle temperature medie superficiali globali, può senz’altro essere identificato nel segno negativo che la PDO ha assunto più o meno all’inizio di questo secolo, facendo prevalere condizioni neutre o di La Nina. Ciò significa che al prossimo eventuale innesco di un El Nino, le temperature globali torneranno a far segnare un aumento statisticamente significativo.
Questo potrebbe accadere nel futuro prossimo, giacché c’è un certo accordo tra i vari modelli climatici che vengono utilizzati per pronosticare il comportamento dell’ENSO nel vedere l’innesco di un debole El Nino a partire dalla prossima estate, con inizio del processo nei mesi primaverili, cioè praticamente tra pochissimo (qui e qui). Questo dovrebbe garantire una buona attendibilità alla previsione, se non altro per la fase di innesco, se non fosse che questo tipo di simulazioni non ha delle performance stabili, ma tende a soffrire particolarmente proprio i mesi primaverili, cioè quelli in cui mediamente si innesca una o l’altra delle fasi; di qui la Barriera di Primavera. La previsione di prossimo progressivo sviluppo di un El Nino, che dovrebbe innanzi tutto vedere una’attenuazione degli Alisei e poi un graduale riscaldamento delle temperature di superficie con direzione ovest est, è da prendere con le molle, anche se ignorando il fatto che l’ENSO sia un fenomeno assolutamente naturale, come naturali sono le variazioni che questo imprime alle temperature globali, gli attivisti più accaniti del riscaldamento globale di origine antropica già lanciano allarmi circa il fatto che il 2015 (eventuale anno di El Nino) potrebbe essere il più caldo di sempre.
Si vedrà. Per adesso però si può notare come negli ultimi mesi i modelli abbiano costantemente sovrastimato il comportamento delle SST in tutti e tre i comparti in cui è divisa la fascia equatoriale del Pacifico, con le osservazioni che hanno finito per occupare sempre il limite inferiore dello spread della previsione. Ad ogni modo, la previsione dello sviluppo di un El Nino è confortata anche da una ricerca molto recente nella quale si afferma di aver sviluppato una tecnica che consentirebbe di superare la ‘Barriera di Primavera’ (qui su CM nel luglio scorso). All’epoca di questa pubblicazione non era stata ancora formulata la previsione per il 2014, giunta invece qualche giorno fa con un’altra pubblicazione dello stesso team di ricerca. Secondo loro verso la fine del 2014 le condizioni di El Nino dovrebbero essere consolidate, una previsione che più o meno si accorda con quella dei modelli tradizionali e della quale abbiamo parlato più su.
Al di là delle speculazioni più o meno inutili che potrebbero arrivare da questa o da quell’altra parte del dibattito climatico, se questo outlook così lontano nel tempo doveese rivelarsi corretto, sarebbe comunque un grande passo avanti nelle previsioni climatiche per una importante porzione del pianeta, giacché dalle condizioni dell’ENSO dipendono tutta una serie di dinamiche di breve medio periodo di grande importanza, prima tra tutte la piovosità (spesso anche alluvionale) sulle due sponde del Pacifico, ma anche tutta una serie di teleconnessioni via via più deboli ma pur sempre importanti che finiscono per riguardare gran parte del pianeta.
[…] stata generalmente ben prevista. [nota mia: un po’ di titubanza iniziale dovuta alla “spring predictability barrier” rapidamente superata già da maggio 2015]. In termini storici, i modelli non avevano mai […]
Io penso che, come sempre, i modelli applicati alle scienze del clima o alle altre scienze evolutive, fanno quello che possono, considerato le ipercomplessità dei sistemi che si vogliono decifrare. Detto questo, nel caso specifico, l’ultimo episodio di El Nino vero risale oramai agli anni 2009-2010. Quindi considerando le frequenze e le intensità degli episodi recenti (oltre il 1979 la vedo dura avere dati attendibili), penso sia ragionevole immaginare un evento di NINO al massimo entro i prossimi due anni. In occasione di tale fenomeno, anche qui osservando l’evidente correlazione Nino-picchi di temperatura media globale, penso sia altrettanto ragionevole aspettarsi un nuovo picco di temperatura verso l’alto.
Saluto tutti cordialmente.