Salta al contenuto

Clima e vulcani, anni senza estate ma con molta fame

Questo topic gira sui siti di informazione meteoclimatica da qualche giorno, ma non riuscivo a capire da dove fosse saltato fuori. Ora, con l’uscita di un commento su Science Daily, è stato possibile risalire allo studio che ha originato la discussione.

 

Per chi si occupa di clima e affini, ove con questi ultimi si intenda l’impatto che le variazioni climatiche di breve periodo hanno sulla società, si tratta di un grande classico, il 1816, ovvero l’anno senza estate, quando un clima anomalmente freddo e le abbondanti precipitazioni che ne caratterizzarono i mesi estivi produssero quella che da molte parti è stata definita una vera e propria crisi di sopravvivenza della civiltà occidentale, distruggendo la gran parte dei raccolti e provocando una grave carestia.

Erano gli anni della fase terminale della PEG (Piccola Età Glaciale), ossia di oltre tre secoli di scarsa attività solare e di generale abbassamento della temperatura media superficiale del pianeta. L’Europa fu quella che soffrì di più, non solo perché allora era il centro del mondo, ma anche perché le modifiche alla circolazione atmosferica in grado di produrre un clima lungamente difficile si manifestarono con la massima efficacia proprio sul vecchio continente.

 

Volcanic influence on European summer precipitation through monsoons: Possible cause for “Years Without a Summer”

 

Lo studio di cui parliamo oggi, si è posto il problema di spiegare perché, essendo noto che le eruzioni vulcaniche particolarmente esplosive portano generalmente a brevi periodi di raffreddamento perché gli aerosol emessi in atmosfera schermano la luce solare, fosse stata registrata anche una piovosità molto abbondante, fatto questo che può arrivare solo con una modifica seppur temporanea ai pattern atmosferici prevalenti, nella fattispecie nei mesi più caldi dell’anno.

 

Così, analizzando i dati delle eruzioni vulcaniche più importanti degli ultimi 400 anni, questo gruppo di ricercatori ha scoperto che in concomitanza con il raffreddamento indotto dalla presenza di abbondante particolato di origine vulcanica in atmosfera – raffreddamento che si manifesta soprattutto sulle aree continentali – si riscontra un indebolimento della circolazione monsonica (se mi si passa il termine una ‘brezza di mare’ di proporzioni continentali), quindi una diminuzione della piovosità estiva sull’India e sull’Africa, da cui deriva un abbassamento di latitudine dell’anticiclone delle Azzorre e maggiori probabilità che l’aria fredda e umida delle alte latitudini atlantiche scenda verso l’area europea anche d’estate, quando invece proprio l’anticiclone atlantico garantisce solitamente quella stabilità e quel clima secco di cui necessitano le fasi terminali della coltivazione.

 

Mettendo insieme tutti questi tasselli, è saltato fuori proprio il 1816, appunto l’ultimo anno senza estate che la storia climatica ricordi, quando appena un anno prima si era verificata l’esplosione del vulcano Tambora, una delle più potenti eruzioni vulcaniche della storia moderna.

 

L’articolo di Science Daily si chiude poi in modo piuttosto controverso, con uno degli autori di questa ricerca che rifila una stoccata ai sostenitori della geoigegneria, quella materia alquanto fumosa sotto cui ricadono tutte quelle idee più o meno astruse di interventi a scala planetaria per ‘mitigare’ il riscaldamento globale. Se infatti gli aerosol originati dalle eruzioni vulcaniche particolarmente intense sono in grado in un sistema complesso come quello atmosferico di avvenire ai tropici e devastare il clima dell’Europa, cosa succederebbe immettendo chissà dove grandi quantità di solfati per schermare la luce solare e contrastare gli effetti riscaldanti dei gas serra?

 

La risposta ce la da’ il passato. I geoingegneri sono pregati di dargli un’occhiata e posare la cassetta degli attrezzi.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

4 Comments

  1. maurizio rovati

    Da non perdere.
    TG5 delle 20 del 18 febbraio 2014 (al minuto 31)
    http://www.video.mediaset.it/video/tg5/full/440009/edizione-ore-20-00-del-18-febbraio.html

    Al traino del servizio sul meteo incentrato sul caldo anomalo ecco che parte la supercazzola climatica.

    Problemi in “antartico” causa GW, infatti il polo “nord” sarà navigabile… entro il 2060.
    Il processo è irreversibile e già si scatenano gli appetiti di chi vuole sfruttare le aree libere dai ghiacci (pesca e petrolio).
    Abbiamo già perso i 3/4 della calotta polare e a farne le spese saremo noi, ma chi rischia di più è l’orso polare.
    I 22000 orsi catalogati dall’UCN (UCN chi?) si estingueranno nel 2050 a causa del GW.
    Infatti le temperature al polo crescono il doppio del resto del pianeta e gli orsi muoiono di fame.
    Per questo motivo grinpiss vuole un santuario globale nell’artico come già accade nell’antartico.
    E il vuvueffete a ruota (perchè l’orso bianco è ormai come il panda) lancia la campagna “lastaisarea” e bla bla…”

  2. Franco Zavatti

    Mah… ho preso i loro dati di piovosità (tab.1) , ne ho fatto il grafico (http://www.zafzaf.it/clima/wegmann-etal-2014.png ) e la cross-correlazione: sembra che le previsioni dei modelli e le osservazioni siano quasi completamente scorrelate e anche il coefficiente di correlazione lineare è 0,20. Ancora una volta il confronto con i modelli non ha molto senso perché i modelli non rappresentano la realtà osservata (ricordiamo sempre il post di qualche giorno fa in cui il 95% dei modelli è d’accordo sul fatto che i dati osservati sono sbagliati).
    Un dubbio sull’uso dell’articolo: ho potuto scaricarlo solo con le credenziali dell’università ma dentro c’è scritto che è liberamente distribuibile. Guido, secondo te posso fornire il link alla versione completa?

    Penso di sì Franco.
    gg

  3. Guido Botteri

    Come ulteriore evidenza che molti fattori giocano ruoli diversi, come le nubi, per esempio, che, a seconda dell’altezza possono essere raffreddanti o riscaldanti, vorrei far notare che è vero, sì, che le eruzioni vulcaniche causino un immediato raffreddamento (molto chiaramente visibile nei grafici), ma nelle eruzioni vengono emesse anche enormi quantità di gas serra.
    Come tanti altri parametri, quindi, anche le eruzioni non possono essere viste semplicisticamente come effetti raffreddanti, ma causano effetti opposti, da valutare nel tempo e in rapporto al variare di altri fattori.
    La climatologia è una scienza complessa che non può essere troppo semplificata.
    Feedback complessi e di segno opposto portano a comportamenti nel tempo non facilmente prevedibili.
    Come tutti i sistemi dotati di feedback, bisognerebbe andare con i piedi di piombo prima di fare una previsione a lungo termine; e bisogna diffidare delle profezie di chi si dice convinto di saper tutto in un campo così vecchio, ma ancora così pieno di incertezze (molte delle quali ammesse dagli stessi sostenitori dell’AGW); proprio in un sistema dotato di feedback contrastanti e complessi, parlare di “settled science” è da “incauti”, ad esser buoni.
    Non sono rari i casi in cui un aumento di un fattore, a lungo andare abbia causato una diminuzione anche sostanziale.
    In un certo senso ne sono consapevoli anche i catastrofisti, anche se poi non prendono le dovute conseguenze di quel che dicono loro stessi.
    Penso ad esempio ad uno di quei filmetti di propaganda, che ho visto qualche giorno fa. Si chiama “Ice” e sostiene che una singola piattaforma potrebbe causare il blocco della Corrente del Golfo, e l’inizio della glaciazione.
    Evidentemente qualcuno ha visto questo film (penso alle azioni di greepeace nell’Artico russo).
    Va bene, “si tratta solo di un film”, dirà qualcuno… ma poi c’è gente che li prende sul serio e va a far danni in giro.
    Ora, se volessimo metterci nell’ottica degli attivisti ambientalisti, e credere che anche una sola piattaforma possa causare l’inizio della glaciazione… come la mettiamo , per coerenza (parola sconosciuta nell’ambientalismo, a mio parere),
    come la mettiamo con i progetti di geoingegneria per raffreddare il pianeta ?
    Immaginate dunque che gli ambientalisti avessero ragione…
    1. riempiono il cielo di specchi per impedire che i raggi del Sole scaldino la Terra;
    2. nel frattempo il Sole dormicchia di suo;
    3. inizia la glaciazione perché stiamo estraendo fonti fossili dall’Artico (siamo nell’ottica ambientalista, ricordo);
    4. chi va nel cielo a rimuovere gli specchi a uno a uno, per sperare in un po’ di calore ?

    Coerenza, questa sconosciuta.
    E pensare un po’ alle conseguenza di quel che si dice e si fa, ma seriamente, no, eh ?
    Secondo me.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »