Questo post è uscito in originale su La nuova Bussola Quotidiana.
gg
__________________________
«Una paura particolare sia per il disastro attuale che per il futuro (venne) da un’improvvisa inondazione del Tevere, che con uno smisurato ingrossamento, abbattuto il ponte Sublicio e riversatosi per la rovina della diga contrapposta, allagò non solo le parti basse e piane della città, ma anche quelle sicure contro sciagure di tal genere; molti furono trascinati fuori dalla pubblica via, parecchi furono sorpresi nelle osterie e nelle camere da letto. Fra il popolo dilagò la fame, la povertà e la carestia. Le fondamenta dei caseggiati furono danneggiate dalle acque stagnanti».
Sembra un commento della situazione romana attuale, invece si tratta di un resoconto del 69 d.C. dell’autore Tacito. I romani non mancavano di intervenire sulla prevenzione, non solo con interventi di pianificazione territoriale su larga scala, ma anche stimolando nei privati una vera e propria «presa di coscienza collettiva» così da mettere ogni cittadino in condizione di cooperare per quanto possibile all’interesse generale. I romani sapevano che, per contrastare le inondazioni, occorre in primo luogo rimuovere i materiali solidi e la vegetazione dal letto del fiume per il ripristino del suo regolare deflusso. Per questo, come ci racconta Aulo Gellio, un erudito del II secolo d.C., un pretore di età repubblicana diede ai privati la possibilità di agire in giudizio nell’interesse generale contro quell’appaltatore che, nonostante l’impegno assunto verso la collettività, non avesse eseguito il lavoro a regola d’arte (testo integrale qui).
In questi giorni sembra essere tornati al 4 febbraio del 1948, basta rivedere il filmato dal titolo “Il maltempo quest’anno: piena del Tevere. Piena dell’Arno”, i commenti dell’epoca possono sorprendere per la mancanza di tragicità rispetto agli attuali. Se invece volete vedere quando si commentava la piena del Tevere ricorrendo alle similitudine con le “bombe” d’acqua e la descrizione di un cambiamento climatico improvviso basta rivedere il filmato del 21 novembre 1946 dal titolo “La grande pioggia. L’allagamento di Roma”.
Nel filmato “Il maltempo che ha colpito la città” del 22 dicembre 1937, potete rivivere una piena del Tevere peggiore dell’attuale, quasi 17 metri a secondo l’idrometro di Ripetta rispetto il massimo dello scorso 1 febbraio che dovrebbe esser arrivato a 12,72 metri, dato attuale. Molti altri filmati possono essere trovati su internet su eventi di maltempo a Roma e successiva piena del Tevere, comun denominatore di tutti sembra l’eccezionalità dell’evento ed il ringraziamento alle persone intervenute per aiutare la popolazione colpita.
Rispetto alla situazione descritta nei filmati d’epoca, la città attuale si è enormemente ingrandita con una periferia sterminata, la popolazione è aumentata di molto e sono presenti metropolitane che al tempo non potevano bloccarsi. L’unico fatto nuovo ed inspiegabile è come fa l’attuale pioggia di Roma a scavare numerose buche profonde nell’asfalto, dopo una precipitazione moderata/forte sembra davvero che le strade siano state bombardate. Ma come sono state fatte o rifatte?
Il Sindaco Marino, come all’epoca della neve Alemanno, nelle interviste ha parlato di evento meteorologico eccezionale, a detta di molti intervistati in TV Roma è stata colpita da una vera e propria bomba d’acqua, fino a 90-130 mm in sole 6-12 ore. Sembra che, nonostante l’avviso della Protezione Civile di Giovedì, dopo le copiose della notte, l’unità di crisi si è riunita alle ore 07.00 di Venerdì.
I 90-130 mm in 6-12 ore sono i massimi rilevati, comunque i quantitativi anche nelle altre zone sono stati tutt’altro che trascurabili. Ma tali eventi si erano già verificati in passato e quindi era possibile aspettarseli e prevenire? Il 27 agosto 1953, a Roma ci fu una tempesta, ove misurata la precipitazione superò i 100 mm in un’ora, che fece cadere le mura storiche, causò due morti e venti feriti (non c’era ancora la protezione civile su cui scaricare eventuali responsabilità). Ci furono anche delle manifestazioni degli alluvionati, l’acqua non solo allagò gli scantinati ma arrivò al metro di altezza in alcuni punti della città. Potete rileggere i ritagli di quotidiani dell’epoca.
Le precipitazioni massime giornaliere dal 1865 ad oggi, superiori a 130 mm, misurate presso l’Osservatorio Meteorologico del Collegio Romano sono state a maggio 133.9 mm nel 1953, a ottobre 142.2 mm e 159.8 mm nel 1922, a novembre 149.7, 157.7 e 163.2 mm nel 1946.
Sorprendentemente anche gli eventi eccezionali di questi giorni non hanno colpito i quartieri nobili di Roma, ad esempio non risultano allagati o evacuati i Parioli. I cambiamenti climatici, seppur globali, colpiscono “stranamente” sempre la periferia dove passano con minor frequenza i servizi a pulire i tombini, le case sono state costruite senza aver un piano urbanistico, i torrenti o canali di scolo sono o tombati o pieni di detriti ed immondizia.
Un esempio della situazione può esser Prima Porta, una delle zone maggiormente allagate. L’area era già nota come allagabile e ad alto rischio, seppur edificata da poco lo era stata già stata almeno nel 1965, 1984, 1987, 2002, 2004, 2005. Erano state individuate le cause degli allagamenti: «Avvenuti per una concomitanza di fattori: insufficienza del reticolo fognario e delle sezioni dei fossi di drenaggio superficiale; rigurgito dei condotti fognari adduttori agli impianti idrovori (in particolare per l’impianto di via Frassineto), malfunzionamento degli impianti idrovori; mancata chiusura delle paratoie dell’impianto di via Ferloni». Potete leggere tutto nelle 72 pagine del PIANO SPEDITIVO FINALIZZATO A RIDURRE LE CONDIZIONI DI RISCHIO DEI SOGGETTI ESPOSTI A RISCHIO DI ALLAGAMENTO NEL QUARTIERE DI PRIMA PORTA (Anno 2006) pubblicato sullo stesso sito della Protezione Civile di Roma. Sembra che le idrovore che dovevano salvare la zona però stavolta abbiano funzionato solo in parte, ha detto a Sky Tg24 il vicesindaco di Roma Luigi Nieri: «Molte di queste cose si potevano evitare facilmente. Ci sono delle responsabilità che vanno individuate». «A Prima Porta di sei idrovore ne funzionavano solo tre, abbiamo dovuto parlare con il prefetto. C’è anche rabbia per quello che è successo».
Analoga la situazione della zona dell’Infernetto, essa si allagò già nello stesso modo il 20 ottobre 2011 causando la morte di una persona. Anche l’allagamento ed i danni a Modena e Ponsacco sono dovuti ad un cedimento dell’argine, probabilmente dovuto ad incuria.
Fino a poco tempo fa eravamo angosciati per la desertificazione, la siccità, le piogge intense. Scopriamo invece che in questi anni sta tornando a piovere e che anche la quantità della precipitazione, non solo l’intensità, può far danni. Ci hanno convinti che potevamo prevedere il clima tra 100 anni ed invece siamo sorpresi dagli eventi meteorologici a breve, definiti sempre eccezionali.
Tutte le persone sono state persuase che la “green economy” è l’energia rinnovabile, la tecnologia d’idrogeno; ci ripetono ogni giorno tutti i mass-media che per salvare il mondo è indispensabile prolungare il Protocollo di Kyoto.
Se avessimo invece capito che “lavori verdi” veri erano quelli dei contadini, degli ingegneri per migliorare le infrastrutture e treni, degli operai per mantenere puliti i canali, dei falegnami che producevano infissi migliori, di industrie che producono manufatti che durano per tantissimo tempo, etc. investendo la stessa enorme quantità di denaro usata per mitigare il clima, ora sicuramente piangeremo meno morti e meno danni, avremo fatto lavorare italiani invece dei cinesi, la qualità della vita delle persone sarebbe migliorata e non saremo costretti ad inventare termini, come “bombe d’acqua”, per far apparire nuovi i vecchi ed irrisolti problemi.
Le Regioni farebbero meglio a risparmiare su dirigenti, spese di rappresentanza, rimborsi ai consiglieri et similia, “corsi” di formazione più o meno professionali ecc., ecc., ecc., ecc., (mo’ però basta anche se ce ne vorrebbero ancora molti di ecc. 🙂 ) piuttosto che risparmiare su una delle poche cose utili che fanno: l’attività dei servizi tecnici di prevenzione e protezione sismica, geologica, ambientale, ecc..
.
A proposito di “bombe d’acqua” questa mattina in un’edizione del GR RAI una garrula ricercatrice del CNR si è lanciata in una definizione di bomba d’acqua che sembrava tratta da un manuale di meteorologia.
Mi è venuto il dubbio che quella che noi abbiamo sempre considerato un’iperbole giornalistica fosse qualcosa di molto più serio. Chiedo pertanto al nostro “padrone di casa” di illuminarci in proposito. 🙂
p.s. Guido, ho detto illuminarci non folgorarci con qualche invettiva (forse meritata) perché la mia è una domanda retorica! 🙂 🙂
Ciao, Donato.
Donato,
non ho sentito il servizio perciò non saprei dirti. Quello che so è che in meteorologia le uniche bombe che si riconoscano come tali sono le ciclogenesi esplosive, cioè quelle con una caduta barica molto intensa (definita diversamente tra l’altro a seconda della latitudine). Quindi si parla di soggetti a scala sinottica o al massimo a mesoscala larga. Le v-shaped storm o le supercelle che sono all’origine degli eventi di questi giorni, hanno luogo a scala spaziale inferiore e possono essere originati anche da ciclogenesi, ma non sono bombe.
Perciò torno a ripetere per l’ennesima volta che la bomba d’acqua è un termine esclusivamente giornalistico, secondo me anche abbastanza improprio.
gg
Non avevo dubbi che si trattasse della solita esagerazione!
La risposta, contrariamente alla domanda, non retorica è, ad ogni buon conto, chiara, esaustiva e completa: grazie.
Ciao, Donato.
riprendo il post, perché cade a fagiolo (o a nubifragio):
http://www.ansa.it/lazio/notizie/2014/06/15/bombe-acqua-su-roma-tilt-tratto-metro_1d631fa6-9334-4d16-aa6c-bc39b83a13a0.html
ci risiamo, la solita cattiva “bomba d’acqua” ha messo in ginocchio 3/4 di Roma nella giornata odierna del 15 giugno….
giusto per farsi 4 risate (amare), ascoltando anche i commenti degli improvvisati reporters, gustatevi questi video:
http://www.youreporter.it/video_gra_allagamento
http://www.youreporter.it/video_Nubifragio_Roma_entrata_stazione_Anagnina_diventa_cascata
http://www.youreporter.it/video_Nubifragio_a_Roma_fiume_tra_Prenestina_e_Togliatti
….. forse a molti è sfuggito, ma la scorsa settimana nella Regione Lazio è stato deliberato di chiudere il SERVIZIO GEOLOGICO E SISMICO REGIONALE…… a che ce serve, tanto “Stamo a Venezia”…… e vabbè……
ps: ma la funzione di RICERCA nel blog è sparita?
Work in progress Max 😉
gg
riprendo questo post, perché la notizia che ho letto oggi fa veramente cadere le braccia…..
non commento oltre, perché rabbia e sconforto oggi la fanno da padrone….
http://www.geologilazio.it/ordine/001432/Soppresso-il-Servizio-geologico-e-sismico-regionale-Comunicato-stampa-dell-Ordine-dei-Geologi-del-Lazio
tanto per chiarire come la penso su come viene affrontata la questione “pianificazione territoriale”…..
la lettera avrei potuto scriverla io, pari pari le mie vicissitudini….
http://www.meteoweb.eu/2014/01/litalia-del-dissesto-che-caccia-via-dal-paese-i-geologi-il-grido-di-rabbia-di-un-laureato-disoccupato/258158/
da geologo non posso che sottoscrivere al 100% quanto scritto da MAx Pagano: vorrei solo aggiungere che la pulizia dei alvei dai detrici e dagli eccessi di trasporto solido si puo fare e si fa anche in altri paesi, ma con criterio, cioé facendo uno studi sopra per capire dove si puo scavare quanta ghiaia si puo asportare, quanti metri si puo scavare. Certo che se si lascia la gestione di una cava au una sociatà mafiosa che poi per gionta la ricopre con rifiuti tossici allora siamo a posto, e qui non c’netra nulla destra sinistra verdi gialli o rossi, si tratta di regole e sociaté contro criminalità e barbarie. Faccio nuvamente un esempio svizzero dove cvi sono cave lungo fiumi, lungo il rodano o il reno e anche all’sbocco del lago lemano, ma si tratta di lavori gestiti con criterio non in stile Attila. E qui si ripropone il discorso del post il punto é concivere con l’amibente circostante cercando un equilibrio o un armonia, chiamatela come vi pare, se invece l’approccio é devastazione e guadagno per poi scappare allora diventa difficile creare un sistema che rega nel tempo ai fenomeni naturali e a quelli umani.
La cosa drammatica é che di fronte alla banalità e alla chiarezza di questi eventi per chi ha studiato un po di fenomeni del nostro pianeta, come chiaramente detto da Max Pagano e anche dal post, poi ci troviamo gente com il Bardi che osa scrivere e pubblicare che l’alluvione in sardegna é colpa dell’AGW e mi aspetto che abbia la faccia tosta di fare la stessa cosa per quanto successo nell’area laziale. E’ chiaro che se per titoli e meriti cartacei e senza valore una parsona viene considerato un esperto o un rappresentante del pensiero scientifico ufficiale ( il famoso pensiero unico) mentre invece fa pura e mera propaganda ideologica di basso livello allora diventa difficle creare una coscienza sveglia e attiva nelle persone che non si occupano di questi problemi.
Oltre che le ora che si fanno in Svezia forse un po di geologia divulgativa almeno dalle scuole medie non farebbe male, invece di smenarla ancora con i re di Roma i greci ecc. Non che debbano essere eliminati, ma non capisco perché la conoscenza della cultura del passato debba sostituirsi alla conoscenza dei meccanismi di fuonzionamento del pianeta su cui viviamo da quando nasciamo a quando muoriamo. Inoltre in quest’ultimo aspetto vi é anche un risvolto storico visto che i dati su quanto successi vengono si dalle rocce, dai sedimenti dalla morfologia della Terra, ma anche dagli srtitti storici dei nostri antenati ( vedi la descrizione dell’eruzione del Vesuvio di Plinio el vecio)
che “si puo fare e si fa anche in altri paesi, ma con criterio” mi sembrava scontato, e anzi avere una cava che estrae “all’infinito” quel che porta il fiume mi sembra la miglior garanzia rispetto a concessioni di qualche anno per cavare tot milioni di metri cubi da siti “morti”, in cui si cava oltre il limite per poi far rimpicciolire il buco troppo grande riempiendolo con le varie schifezze, e sempre e comunque abbandonandolo a fine concessione
varie osservazioni:
la prima: “… L’unico fatto nuovo ed inspiegabile è come fa l’attuale pioggia di Roma a scavare numerose buche profonde nell’asfalto, dopo una precipitazione moderata/forte sembra davvero che le strade siano state bombardate. Ma come sono state fatte o rifatte?…..”
Caro Fabio, non so se tu vivi a Roma, ma qui si apre un mondo di intrallazzi mafiosi, compiacenze elettorali, incuria e indifferenza sistematica delle istituzioni, malafede e corruzione a tonnellate, e via dicendo…..tutto questo perdurato nei decenni, indifferentemente dal colore politico delle amministrazioni comunali che si sono succedute al municipio della Capitale….
è prassi comune qui a Roma, anche oggi, sotto l’attuale giunta, come in identica misura e modalità si è fatto sempre nel passato, recente e lontano, e sottolineo SEMPRE, operare il rifacimento delle strade di Roma grattando via non più di 2-3 cm del vecchio asfalto, e ripassarci sopra una nuova gettata di catrame, senza miminamente preoccuparsi di ricostituire il substrato e ricompattarlo, senza miminamente preoccuparsi di riconsolidare i terreni, senza miminamente preoccuparsi di ricostruire il necessario e fondamentale pacchetto di strati drenanti a granulometria variabile sotto il manto di asfalto….. il risultato? dopo pochi mesi dalla gettata della nuova e inutile patina di asfalto, questa stessa comincia a creparsi seguendo esattamente le deformazioni ormai croniche del substrato su cui poggia…. e va bene così, almeno in questo modo apparentemente le opere di rifacimento “costano meno”, e inoltre le “coscienziose” ditte che operano in catene interminabili di subappalti sanno con regolare certezza che ogni tot anni (comunque troppi) vengono richiamate per far finta di sistemare le cose…. come? assurdo? dite che in nord Europa, dove le intemperie meteo e il clima è molto più rigido e “distruttivo” che da noi, tutto ciò non succede e anzi, la manutenzione stradale è un fiore all’occhiello di paesi come Norvegia, Islanda, Svezia etc etc?….. ah vabbè, ma noi siamo in Italia, qui funziona così…. di chi è la colpa?…. non mi pronuncio, perché qui apriremmo una discussione infinita tra politica, cultura, corruzione, mafia, ignoranza, mancanza di coscienza sociale, etc etc etc…..
—————————————————————————————————————————————
PS: i quartieri “bene” come i Parioli non vengono toccati anche perché si trovano in zone rilevate rispetto ai quartieri quasi al livello del tevere…. ma non cambia la sostanza e la “giustezza” delle tue considerazioni….
—————————————————————————————————————————————
per Flavio:
senza offesa, le tue osservazioni sono piene di inesattezze e di luoghi comuni; tutto quello che hai scritto fa parte di un errato modo di pensare, che ad oggi ha portato ad una politica di rafforzamento degli argini che tende a creare corridoi stretti per i corsi d’acqua, “canne di fucile” che accelerano la corsa, fino a trovare i punti deboli, esondare e fare danni tragici…
1: dragare i fondi dei fiumi non sempre è la scelta giusta; approfondire l’alveo, così come privarlo della vegetazione spontanea che vi cresce sulle sponde (non parlo di quella trascinata che si accumula ovviamente), contribuisce ad aumentare la sezione del fiume e di conseguenza ad aumentare la velocità dell’acqua, con tutto quello che ne consegue in termini di energia erosiva;
2: le cave nei fiumi NON BISOGNAVA proprio farle, altroché lasciarle; le zone dei cosiddetti conoidi alluvionali pedemontani, non dovrebbero proprio essere minimamente intaccate da qualsiasi manufatto antropico; la geologia insegna che lì i fiumi, soprattutto in occasioni di portate maggiorate da eventi meteo, scaricano migliaia e migliaia di tonnellate di roccia e detriti, e non basta certo lo scavo di una cava per spezzare il flusso e far decantare il trasporto solido; oltretutto, seppur fosse il caso, senza opera di manutenzione e gestione, l’invaso di una cava verrebbe in breve tempo ad essere colmato e quindi si avrebbe un problema in più invece che una soluzione;
3: gli argini di cemento anche, dove possibile sono da evitare: sono molto meno plastici di un argine naturale, NON SONO PER NIENTE PERMEABILI (mentre un minimo gradi di permeabilità => conduttività k=10-4:10-6 cm/s, sarebbe preferibile), se il terreno di fondazione su cui poggiano viene anche solo parzialmente eroso e soggetto a movimenti, in quanto strutture rigide si spaccano e indeboliscono un grosso tratto di struttura, cosa che invece con gli argini in terra non succede, anche perché su questi ultimi è possibile la ricrescita della vegetazione, che oltre ad offrire sostegno alla struttura stessa, contribuisce a rallentare la velocità dell’acqua e a dininuirne la capacità erosiva;
4: la bufala delle nutrie è ridicola, solo chi ha interesse a fare scaricabarile delle responsabilità può portarla avanti impunemente;
cito da un articolo: “…. se è vero che le Nutrie, originarie del sud America, scavano tane e tunnel lungo le sponde dei corsi d’acqua, danneggiando canali, strade poderali e risaie, è un po’ più difficile che possano incidere sugli argini di contenimento delle piene. Infatti se le sponde delimitano l’alveo di morbida (il letto del fiume) gli argini delimitano le aree di esondazione e possono trovarsi anche molto distanti dalle sponde del fiume; si tratta di manufatti di sezione generalmente trapezoidale che possono essere alti fino a 4 o 5 metri dal piano campagna e che, soprattutto nel tratto inferiore del Po e dei suoi affluenti, sono spesso rinforzati da lastre di cemento sulle sponde verso il fiume e da diaframmi impermeabili, che scendono diversi metri in profondità per evitare le infiltrazioni oltre l’argine durante le piene straordinarie.
Gli argini dovrebbero essere periodicamente controllati e rinforzati qualora ci siano problemi. Inoltre, le nutrie sono oggetto da molti anni di piani di controllo e abbattimento gestiti dalle province e vengono spesi circa 4 milioni di euro all’anno per misure di contenimento di questo grosso roditore. Il problema è che ogni Provincia agisce per conto proprio senza coordinamento vanificando la gran parte dell’efficacia degli interventi.
Quindi dire che le nutrie siano le colpevoli di quanto successo è, eufemisticamente, un po’ azzardato sia perché è improbabile che abbiano danneggiato così fortemente degli argini (si parla di argini e non di sponde dove l’impatto della nutria è certamente più frequente visto che tane e buchi li fa a livello dell’acqua) fino a farli collassare, ma se anche ci fossero riuscite è perché questi manufatti probabilmente erano in pessime condizioni e nessuno li controllava da anni!…..”
—————————————————————————————————————————————
bisogna avere il coraggio di dire che la gestione oculata del territorio nel rispetto ANCHE degli aspetti e delle CRITICITA’ ambientali, la cultura della prevenzione, in Italia non portano voti, e quindi vengono presto richiuse nel dimenticatoio, tranne far parlare qualche trombone all’indomani dell’ennesima tragedia…..
ah, comunque tutto questo casino a Roma è successo perché sono caduti poco più che 10 cm di pioggia in un giorno….. quasi quasi era più divertente “l’emergenza” neve…. io da anni sostengo che tutti (E SOTTOLINEO TUTTI) i cittadini italiani DOVREBBERO ESSERE OBBLIGATI a vivere e a partecipare alla cosa pubblica per almeno 3 mesi all’anno tutti gli anni in Scandinavia….. forse qualcosa cambierebbe…..anche solo nel saper parametrizzare e paragonare correttamente i fenomeni naturali a cui siamo “sottoposti”…..
amen….. 🙂
ehm…io non sono geologo ne professionista di altre scienze analoghe, l’unica conoscenza che ho dei fiumi deriva da quando vado a farci picnic e ci metto le birre in fresco, mi potrebbe spiegare come “contribuisce ad aumentare la sezione del fiume e di conseguenza ad aumentare la velocità dell’acqua”?
se tot metri cubi d’acqua devono passare per un fiume, diciamo mille al secondo, e la sezione è rettangolare di duecento metri di larghezza per cinque di profondità, mille metri quadrati, l’acqua passerà a 1m/s, se ci faccio un condominio che ne porta via la metà (tipo gli ex navigli di milano, ad esempio) quell’acqua dovrà passare a velocità doppia…o esondare
se io invece la allargo (impossibile in città, pensiamo quanti miliardi di euro di edifici andrebbero abbattuti a milano piuttosto che roma o genova), o alzo gli argini, o abbasso il fondo e la raddoppio, come fa ad aumentare la velocità?
2 che vuol dire “senza opera di manutenzione e gestione”?
se c’è una cava quel cratere, una serie di crateri, viene continuamente scavato per prelevare il materiale, con produzione di reddito, invece si spendono fiumi di miliardi per fare “vasche di laminazione”
mi potrebbe spiegare perchè le prime sono “cattive” e le seconde “buone”?
3 “su questi ultimi è possibile la ricrescita della vegetazione, che oltre ad offrire sostegno alla struttura stessa, contribuisce a rallentare la velocità dell’acqua e a dininuirne la capacità erosiva” infatti, l’abbiamo visto a genova, è stata eccellente nel rallentare la corrente NEI fiumi
…nelle strade attorno decisamente meno, ma per rallentarla DENTRO i fiumi era perfetta…!
4 infatti anch’io ho dei dubbi che sia solo colpa delle nutrie, ma non sono solo quelle a scavare tane nel terreno, dalle volpi alle lepri alle formiche, un sacco di animali scavano…e per fortuna che da noi non ci sono castori!
Dell’articolo mi é piaciuto molto l’ultimo capoverso che in qualche modo mette in risalto il nocciolo del vero problema. Parlo, oltre che da geologo dottorato, anche da “ambientalista” della prima ora, cioé da quando forse avevo 10 anni, vivendo anche la natura e la ruralità, visto che dei miei cugini sono allevatori, di quelli che portano le mucche agli alpeggi e fanno il formaggio come il nonno di Heidi. Il punto é che da decenni, o da quando ho preso coscienza del mondo circostante, non mi riconosco con l’ambientalismo ufficiale e ben che meno con quello politico dove trovo tanto fanatismo, e docgmatiso e poca pragmaticità e senso della realtà.
Parlo anche da persona che ha viaggiato in vari paesi dal cosiddetto terzo mondo a i paesi avanzati, oltre ad avere una buona conoscenza della Svizzera patria di un ambientalismo e di un rispetto della natura ben lungi da quello italiano ( anche se in Svizzera un certo ambientalismo fanatico non manca, oltre essere la patria dell’IPCC, ma come dire ogni paese ha le sue contraddizioni e le sue pecche).
Il punto é molto semplice la tutela dell’ambiente si fa vivendo in armonia con esso facendo in modo che esso diventi parte del quotidiano e la cura del territorio é un aspetto fondamentale, quotidiano, di questa convivenza. Purtroppo in Italii al’idea che pasa é che ambiente vuol dire assenza dell’uomo ( forse perché sicuramente nel passato e attualmente la presenza dell’uomo é sempre stato sinonimo di devanstazione ambientale). Allora nn si possono dimenticare le sconce leggi che impedivano a contadini pastori di curare i boschi , togliendo la legna in eccessoo e pulendo il sottobosco, e allos tesso modo di pulire gli alvei di rogge torrenti e fiumi. Oppure non facendo leggi che incentivassero la gente a rimanere in zone rurali continuando a curare il territorio invece di abbandonarlo completamente ( vedasi tutte le zone alpine al fi duori dei grandi centri turistici o l’appennino ligure). IN questo senso io parlerei anche di decrescita felice, cioé ritornare ad appropriarsi del proprio territorio e cercare di tornare a vivere con ritmi piu naturali. Capisco che per chi é chiuso tutta la vita in una scatola di cemento dentro un agglomerato di scatole di cemento(=città) il senso della natura diventa piu un ideale che una realtà, da qui immagino le aberrazioni di questi decenni.
COn questo non voglio rinnegare il prgresso la tecnologia e non voglio nemmeno dire che si deve tornare alla candela o al cavallo, bisogna solo trovare un giusto compromesso tra il progesso a tutt i costi e l’immobilismo legato a radici storiche talvolta da superare. Vista la società frenetica e assurda in cui viviamo penso non sia una cosa facile
“investendo la stessa enorme quantità di denaro usata per mitigare il clima, ora sicuramente piangeremo meno morti e meno danni”
no, non c’era da investire un bel niente, o quantomeno moooolto meno di quel che si è investito
sarebbe bastato continuare a dragare i fondi dei fiumi invece di alzare gli argini fino a decine di metri sopra il livello del terreno attorno
sarebbe bastato lasciare le cave nei fiumi, in particolar quelle ai piedi delle montagne e a monte delle città, per evitare che ad ogni pioggia montagne di detriti venissero trascinati a valle
sarebbe bastato continuare a fare gli argini di cemento invece di inseguire i vaneggiamenti di argini “naturali” sistematicamente minati da nutrie, talpe ed ogni altro genere di bestia che ci va a fare il nido dentro
sarebbe bastato lasciare i contadini liberi di cacciare quegli stessi animali, che gli mangiano pure i raccolti, invece di proteggerli, o addirittura introdurli dove non c’erano
ma facendo diversamente molti meno soldi avrebbero fatto giri molto meno complessi, e quindi molti meno ne sarebbero rimasti impigliati lungo il percorso, e non solo, come sempre sbraitato, nelle tasche dei politici megaindustriali, ma anche in quelle infinitamente più numerose dei forestali pubblici dipendenti e contadini privati dediti allo “sviluppo rurale”, di quei proprietari che non arrivano alla fine del mese e la cui casa non vale niente quando devono pagare le tasse, ma poi scoprono di avere regge da milioni di euro e in cantina collezioni d’arte da miliardi quando c’è da chiedere i danni per l’inodazione piuttosto che il terremoto