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A volte ritornano

Ci sono cose nel clima del nostro pianeta che a volte ritornano. Non si sa bene né come né perché, ma ritornano. Tra queste, quella appartenente alla scala climatica più breve e responsabile della maggior parte della variabilità interannuale che si conosca, l’ENSO (El Niño Southern Oscillation) è la più affascinante. L’ENSO racchiude fenomeni ciclici ma del tutto aperiodici noti come El Nino e La Nina, rispettivamente fase calda e fredda (o neutra accentuata) delle temperature di superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale.

 

L’enorme quantità di calore in gioco negli spostamenti di acque a diversa temperatura attraverso l’oceano più esteso che identificano queste fasi, sono notoriamente anche associate all’occorrenza  e allo spostamento di eventi atmosferici intensi, specie per le aree a diretto contatto con quella porzione di oceano. Quando l’ENSO è in condizioni di neutralità, c’è una differenza di temperatura tra le acque del settore ovest e quello est dell’oceano accentuata in favore del settore ovest, cioè a contatto con l’India e l’Indonesia. Quando arriva La Niña, questa differenza diviene molto accentuata e con essa si accentuano i fenomeni intensi sulla costa ovest del Pacifico. Quando arriva El Niño, viceversa, questa differenza diminuisce, l’acqua calda, normalmente tenuta a ovest dagli alisei, si estende verso est, e con essa si estendono alla costa est del Pacifico gli eventi intensi. Accade inoltre, che tanto la fase fredda, quanto la fase calda, possano essere più intense di quel che normalmente accade. Ad esempio, nel 1983/85 e nel 1997/98, ci sono stati due tra gli El Niño più forti che si ricordino e che le serie storiche di questi eventi abbiano registrato. Con essi, ovviamente, sono arrivati eventi atmosferici ancora più intensi, sia in termini di precipitazioni, che di temperature, che di siccità, a seconda delle zone.

 

 

A volte ritornano, però, non è tanto riferito a questi accadimenti, che pure inevitabilmente torneranno, quanto piuttosto ad uno dei mantra della teoria del clima che cambiame cambia male (laddove invece per i fatti suoi è sempre cambiato), ossia quello che vorrebbe che in un mondo riscaldato all’eccesso dall’aumento della concentrazione di gas serra, possa aumentare la frequenza delle fasi calde più accentuate. In poche parole, global warming uguale El Niño più intensi più frequenti.

 

E’ uscito appena qualche giorno fa su Nature Climate Change infatti un nuovo studio che vedrebbe addirittura dimezzata da circa venti a circa dieci anni la ciclicità dei super El Niño. Con essi, aumenterebbero quindi di frequenza gli eventi atmosferici intensi che li accompagnano e l’impatto sulle popolazioni che ne sono colpite. Science Daily ne ha parlato in questo articolo, mentre il lavoro vero e proprio è quello indicato qui sotto.

 

Increasing frequency of extreme El Niño events due to greenhouse warming

 

Per arrivare a queste conclusioni, gli autori hanno utilizzato un set di 20 modelli climatici forzandone l’evoluzione con e senza l’accresciuta concentrazione di gas serra, cioè, nell’unico mondo che la simulazione climatica sembra conoscere, con e senza riscaldamento globale di origine antropica. Da queste simulazioni scaturisce una maggiore frequenza di fasi calde per le acque superficiali del settore est dell’oceano, quindi anche una maggiore frequenza di super El Niño, giacchè più EL Niño è intenso, più l’anomalia calda delle temperature di superficie si estende verso est, più aumentano ovviamente le modifiche alle normali dinamiche atmosferiche che caratterizzano quelle zone.

 

Questo lavoro, che pare abbia come al solito trovato ampia cassa di risonanza su media e social network, non sta in realtà riscuotendo molto successo nella comunità scientifica, a prescindere dall’orientamento favorevole o scettico riguardo alla teoria AGW. E’ infatti noto che i modelli climatici non riescono a riprodurre le dinemaiche dell’ENSO, né nel breve periodo – El Niño/La Niña – nè nel medio e lungo periodo, ossia relativo a fasi temporali in cui c’è una prevalenza di fasi calde o di fasi fredde. Altrettanto serie difficoltà si incontrano poi nel riprodurre le dinamiche che possono portare all’insorgere di una fase o di un’altra e nel simulare correttamente i loro effetti alla scala spaziale regionale, che è poi quella necessaria per valutare gli impatti che gli autori elencano con dovizia di particolari anche nel loro abstract.

 

Accade inoltre che ci sia della letteratura scientifica piuttosto recente che esaminando le rianalisi disponibili non abbia riscontrato alcun cambiamento né nella intensità, né nella frequenza, né nella durata degli eventi di El Niño. Il riscaldamento globale già occorso, a prescindere dalle sue origini (o concause, inclusa quella antropica) non sembra aver indotto cambiamenti nelle dinamiche dell’ENSO. Perché dovrebbe farlo in futuro, ammesso che il pianeta torni a scaldarsi, non è dato saperlo. E’ poi curioso come anche un acceso sostenitore della deriva pericolosa del clima, climatologo piuttosto famoso come Kevin Trenberth abbia accolto con non poca freddezza le conclusioni di questo paper. Da un articolo pubblicato sul blog Climate Central, Brian Khan ci riporta infatti le sue impressioni, e pare che Trenberth abbia detto che alcuni dei modelli utilizzati in questo studio sovrastimano molto il numero di eventi El Niño occorsi in passato e sono scarsi nel rappresentare sia gli eventi stessi che i loro impatti:

 

Questo limita seriamente la confidenza nel fatto che i modelli riproducano correttamente l’ENSO, quindi perché dovremmo aver fiducia nelle loro proiezioni?

 

Se poi avete voglia di approfondire, ci sarebbe anche il post pubblicato su WUWT, dove Bob Tisdale spiega perché ritiene che tanto il trend delle temperature superficiali dell’Oceano Pacifico, quanto quello del contenuto di calore di quella porzione di oceano, abbiano avuto origine naturale, tra l’altro strettamente connessa con le dinamiche di medio e lungo periodo proprio dell’ENSO.

 

Insomma, non mi sembra di poter dire che questo ritorno della teoria di un aumento degli eventi di EL Niño, anche se riferito solo a quelli più intensi, possa essere quello decisivo. Magari lo sarà il prossimo, chi lo sa, per ora ci teniamo stretti le condizioni di neutralità dell’ENSO che durano da un bel pezzo e una generale prevalenza di eventi La Niña che ha caratterizzato gli ultimi anni.

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Published inAttualità

3 Comments

  1. virgilio

    A mio parere l’importante è che in linea di massima valori e fenomeni dei processi oceanici in questione risultino costanti almeno per gli ultimi 3 decenni. Controllare se all’aumento di emissioni gassose dovute all’attività industriale corrispondano o meno cambiamenti significativi rispetto alle correnti suddette e ai loro effetti lungo un arco cronologico significativo. Se v’è un innalzamento delle temperature per tale fattore le correnti marine dovrebbero risentirne sensibilmente anno per anno, considerando che si sostiene che buona parte dei gradi del GW sia assorbito dai mari. Penso.

  2. max pagano

    chiedo lumi sulla prima parte del post:

    1: ” Quando l’ENSO è in condizioni di neutralità, c’è una differenza di temperatura tra le acque del settore ovest e quello est dell’oceano accentuata in favore del settore ovest, cioè a contatto con l’India e l’Indonesia.”

    “accentuata in favore del settore ovest” vuol dire T più alte nel settore ovest…. ?

    2: “Quando arriva La Niña, questa differenza diviene molto accentuata e con essa si accentuano i fenomeni intensi sulla costa est del Pacifico. Quando arriva El Niño, viceversa, questa differenza diminuisce, l’acqua calda, normalmente tenuta a est dagli alisei, si estende verso ovest, e con essa si estendono alla costa ovest del Pacifico gli eventi intensi.”

    a me risulta esattamente il contrario…. è El Niño che porta acque calde superficiali nel settore EST dell’oceano, di fronte alle coste cilene e peruviane (con conseguenti fenomeni di precipitazioni intense), e siccità in Indonesia e Africa orientale, mentre durante le fasi de La Niña succede esattamente il contrario…..

    dov’è che mi sono perso ??? 🙂

    • Max, sono io ad essermi perso. Non dovrei scrivere di notte in effetti. Comunque, con riferimento alle tue domande:

      1. Sì, vuol dire T più calde a ovest.
      2. Al di là della confusione che ho fatto con i punti cardinali :-), la Nina è in effetti una accentuazione della neutralità, con ulteriore accumulo di acqua e ulteriore diffrenza in favore della costa ovest.

      Sicché va bene il tuo ultimo periodo, salvo il fatto che le situazioni non sono ‘esattamente’ contrarie.
      gg

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