“Stiamo inquinando l’atmosfera, stiamo avvelenando l’aria che respiriamo e, al contempo, stiamo destabilizzando il clima. Sono notizie di questi giorni il ciclone senza precedenti che ha colpito le Filippine, e ora il diluvio, la bomba d’acqua anch’essa senza precedenti che si è abbattuta sulla Sardegna e che ancora la minaccia. Forse troveremo il modo di uscire dalla crisi economica (della quale portano la massima colpa gli economisti), ma come fermare l’impazzimento del clima, il progressivo riscaldamento, la crescita dei livelli del mare, l’erosione dei ghiacciai (che alimentano i fiumi) e, infine, la nuova probabile dislocazione delle piogge con la conseguente dislocazione delle zone aride?” |
Questo capoverso è tratto dall’articolo di fondo del Corriere della Sera di ieri a firma Giovanni Sartori (23 novembre 2013).
Vedete, quello di Sartori è un articolo vergognoso per i contenuti, la vena demagogica e l’assenza assoluta di dati a supporto delle affermazioni in esso riportate.
Sartori scrive ad esempio che “Sono notizie di questi giorni il ciclone senza precedenti che ha colpito le Filippine, e ora il diluvio, la bomba d’acqua anch’essa senza precedenti che si è abbattuta sulla Sardegna e che ancora la minaccia.” Si tratta di affermazioni false in quanto l’evento sardo ha precedenti ben più distruttivi nel passato remoto o prossimo di cui abbiamo più volte parlato su CM. Dal canto suo il bilancio del ciclone della Filippine è di 5000 morti, il che lo colloca molto indietro nella statistica dei cicloni più distruttivi (Bangladesh 1973 – 500mila morti, Calcutta 1737 – 300mila morti, India 1839 – 300mila morti, Vietnam 1881 – 300mila morti) che sono elencati ad esempio qui.
E che dire poi di quel “ci sarà sempre meno da mangiare” quando secondo i dati FAO la produttività delle principali colture aumenta dell’1-2% all’anno?
Ma che importano le statistiche per Sartori? Nulla, l’importante è fare demagogia e, temo, sostenere le enormi bolle speculative della green economy, che da tale demagogia traggono sempre nuovo alimento.
L’ideologia cui afferisce Sartori e quella neo-malthusiana, un’ideologia che è stata costantemente smentita dai fatti a partire dall’epoca della sua enunciazione da parte da Malthus (1797 – An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society) ed è stata smentita grazie all’ingegno umano e nello specifico grazie ai medici (nuove cure sempre più efficaci) ed agli agronomi (un’alimentazione sempre migliore e che dal 1970 ad ha fatto scendere dal 35 al 15% della popolazione mondiale la percentuale di esseri umani con problemi di insicurezza alimentare). E tuttavia, nonostante tutte le botte che ha preso, l’ideologia malthusiana trova sempre nuovi adepti che rinnovano la profezia catastrofica e che oggi si chiamano Club di Roma, Sartori, Latouche, ecc..
Nel suo articolo Sartori se la prende anche con il Papa, colpevole a suo dire di frenare le politiche di contenimento delle nascite in Africa. Ma il Papa, per quanto dialogante, fa’ il Papa e dunque penso proprio che non potrà mai essere un malthusiano. O no? Il punto interrogativo si riferisce alle prove di dialogo che il Papa ha avuto con personaggi come Petrini, che del neo-malthusianesimo di Latousce è imbevuto fino al midollo (e qui non ci resta che sperare che Francesco riesca davvero ad ammansire il lupo…., perché per ora è Petrini a vantarsi di aver “ammansito il Papa”).
Giova altresì rammentare che nella vicenda in questione esiste un ulteriore aspetto da non trascurare: da che mondo è mondo i quotidiani esprimono la propria “linea” attraverso gli articoli di fondo e perciò possiamo facilmente dedurre che il Corriere abbia sposato le follie di Sartori, in quanto gli dà costantemente spazio da oltre un ventennio. Ma al contempo il Corriere dà moltissimo spazio ai sostenitori dell’agricoltura biologica (che poi è l’agricoltura del medioevo, a produttività scarsa) o a quella biodinamica (che è un’agricoltura a base magica e dunque a produttività scarsissima). Si tratta di tecnologie che, se anche grazie a Expo 2015 riuscissero ad affermarsi a scala mondiale, ci garantirebbero quel futuro di fame e miseria preconizzato dai malthusiani.
A conclusione di queste mie riflessioni, non posso allontanare da me l’impressione che, contrastando le tesi di Sartori, io stia in realtà combattendo una battaglia contro i mulini a vento. Tuttavia, come ci insegna San Paolo, la buona battaglia dev’essere combattuta e per questo chiudo con le terribili parole di un altro Giovanni, il Battista, su cui invito i reggitori del Corriere (e noi con loro) a meditare “Razza di vipere, che vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione… la scure è posta alla radice degli alberi e ogni albero che non darà frutto verrà tagliato e gettato nel fuoco”.
oh.. Sartori si becca dei fischi da tutte le parti!!
http://www.climalteranti.it/2013/09/11/altri-scivoloni-di-giovanni-sartori/
Non volevo intervenire perchè le cose dette da Luigi sono terribilmente vere e condivisibili, e non abbisognano di conferme. Poi è maturato l’idea di conribuire nel mio piccolo all’argomento trattato. Giovanni Sartoti è un allarmista di professionre, devoto all’ AGW, ed ogni volta mi meraviglio che continuano ad ospitarne gli scritti, quando in pasato su questi argomenti ha ricevuto pesanti critiche. Mi meraviglioi del Corsera e del suo Direttore, mi meraviglio ce un cosiddetto famoso politologo venga a discernere su argomenti di cui dimostra una totale ignoranza scientifica. Come è possibile che uno specialista di un certo settore non comprenda che per occuparsi di argomenti estranei alla propria competenza bisogna avere conoscenze approfondite sull’argomento trattato? Sarà vero che è un bravo politologo? Il metodo di studio per affrontare la conoscenza di un tema è sempre lo stesso!
Per quanto riguarda il rapporto tra aree desetiche e petrolio, confermo le risposte date da Giuseppe e Luca Fava; per alcuni decenni come geologo ho lavcorato per società impegnate nella ricerca degli idrocaruri; confermo così l’origine del petrolio da mocroorganismi marini in epoche geologiche molto distanti dai tempi recenti. Le foreste, se sommerse da alluvioni, danno orgine ai carbon fossili:
U. Crescenti
a sartori consiglio il libro di robert felix–la prossima era glaciale-
Una domanda un po’ fuori tema, ma su di un argomento appena accennato nel post.
L’agricoltura biodinamica.
Hai già trattato il tema qui o, in ogni caso, ne hai già parlato altrove?
Ne comincio a sentir parlare molto e vorrei documentarmi al di fuori delle banalità della tv.
Caro Paolo,
la domanda che poni richiede una risposta n tantino analitica.
L’agricoltura tecnologica è figlia della legge di Lavoisier, per cui (ovviamente entro certi limiti, stabiliti dalla legge di Mitscherlich) se aumenti gli input (concimi, antiparassitari, diserbanti, ecc.) ottieni un proporzionale aumento degli output (prodotto utile).
Per fare un esempio se da un ettaro di terreno voglio ricavare 50 quintali di granella di frumento duro al 13% di proteine (l’ideale per l’industria della pasta) dovrò apportare un quantitativo di azoto pari a 5000 kg di granella x 0.13 / 6.25= 104 kg di azoto (ove 6.25 è il coefficiente che consente di passare da proteine ad azoto). L’agricoltura tecnologica (quella che oggi dà da mangiare al pianeta) si affida all’industria chimica per estrarre dall’atmosfera la maggior parte dell’azoto necessario alle colture, tant’è che oggi il 50% dell’azoto delle proteine strutturali degli esseri umani deriva dall’industria chimica. L’industria chimica produce urea, ammoniaca e altri concimi, che sono del tutto analoghi ai loro corrispettivi presenti nel metabolismo dei viventi (es. l’urea di sintesi è uguale a quella che emettiamo noi umani con le urine).
Ricorrendo alla chimica l’agricoltura consegue enormi vantaggi fra cui quello di nutrire in modo efficace ed efficiente le colture, per cui è ad esempio possibile apportare l’azoto al momento giusto onde evitare l’inquinamento delle falde e massimizzare le produzioni in quantità e qualità.
Rispetto a tale approccio razionale che è frutto delle scoperte dei grandi chimici del XVIII° e XIX° secolo (Lavoisier, De Saussure, Liebig, Lawes, Gilbert, ….), nel XX secolo si sono sviluppate 2 eresie e cioè:
– Il biologico, che rifiuta i concimi di sintesi per questioni di principio e mira a sopperire al fabbisogno d’azoto puntando tutto sul letame, e dunque di fatto affamando le colture (ad esempio al frumento non puoi di norma apportare letame non essendo coltura da rinnovo ed anche se il letame lo apportassi in grandi quantità, necessariamente prima della semina, molto di esso finirebbe in falda come nitrato prima di essere utilizzato dai vegetali)
– Il biodinamico, che rifiuta anch’esso i concimi di sintesi per questioni di principio presentado dunque gli stessi limiti del biologico, con la differenza che tale tecnologia è a base magica in quanto mira a sopperire ai fabbisogni nutritivi delle piante “attivando” il letame per mezzo degli Influssi astrali (http://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_biodinamica).
Dal rifiuto dei concimi di sintesi deriva che tali due forme di agricoltura sono di regola poco produttive e la scarsa produttività si associa con:
1. rifiuto delle varietà moderne e ritorno alle varietà antiche, che essendo assai poco produttive si accontentano del poco azoto che queste agricolture riescono a fornire alle piante
2. rifiuto dei fitofarmaci e dei diserbanti in nome di rimedi “naturali”, il che si traduce in un approccio non sempre razionale alle malattie, con maggiori danni alle colture (e ulteriore calo delle poduttività) cui può associarsi l’accumulo di tossine prodotte ad esempio da funghi parassiti o da batteri.
Attenzione infine al fatto che prodotti biologici o biodinamici:
1. dovrebbero di regola costare 2-3 volte i prodotti dell’agricoltura tecnologica, in quanto la produzione è più bassa e i costi di produzione più alti (c’è molta più manodopera).
2. non sono per forza più sani di quelli prodotti da agricoltura tecnologica. Ad esempio i germogli di fieno greco contaminati dal ceppo di E. coli O104 produttore di tossine e che hanno dato 54 morti e 10.000 ricoveri ospedalieri in Germania nel 2011 provenivano ad una filiera biologica. Insomma la salubrità del biologico o del biodinamico come del tecnologico non è un “a priori” ma è il risultato di controlli stringenti che non debbono mai venir meno pena l’insorgere di rischi per il consumatore.
A proposito di biologico… nei giorni scorsi ho sentito vari servizi sul contagio di ulivi in Puglia da parte di un batterio importato (Xylella fastidiosa). Uno degli ulivicultori colpiti ha tristemente affermato “dovrò somministrare fitofarmaci e addio produzione biologica”. Capisco benissimo la sua tristezza, perché il biologico costa in produzione e si rifà con prezzi più alti sul mercato, quindi lo sfortunato ulivicultore ha già speso, ma non potrà rifarsi alla vendita. Ma a questo punto mi chiedo: la presenza di coltivazioni biologiche sta dunque dando una mano al contagio, che a leggere certi giornali sarebbe particolarmente preoccupante?
Non conosco il caso specifico di Xylella, per cui mi limiterò ad alcune valutazioni del tutto generali, limitandomi al caso degli insetti parassiti.
L’agricoltura biologica rifiuta di solito l’uso di mezzi chimici affidandosi al fatto che si stabilisca un equilibrio di equilibrio fra gli insetti parassiti ed i loro nemici naturali. In termini ecosistemici tale equilibrio è purtroppo spesso minato a priori in quanto l’agricoltura per ovvie ragioni prevede di avere in campo una o poche specie vegetali (il che in natura non si verifica) e questo di per sè favorisce le pullulazioni di parassiti.
Penso che il biologico tragga giovamento dalla presenza di coltivazioni non biologiche in cui la lotta chimica abbatte le popolazioni di insetti parassiti. Al contempo il biologico può risultare fonte di inoculo dei parassiti stessi per le aree ad agricoltura convenzionale.
Un esempio pratico su cui riflettere: nel caso dello Scafoideus titanus, insetto temibile poiché vettore della flavescenza dorata (una pericolosa virosi della vite) la lotta chimica è stata resa obbligatoria per legge e se l’agricoltore non la pratica dovrebbe essere a quanto so sostituito dall’ente pubblico.
Grazie davvero per la risposta dettagliata.
Mi verrebbe di dire: è peggio di quanto pensassi!
Su una trasmissione tv di un canale nazionale di primissima rilevanza, a margine del tema trattato, fecero vedere una fattoria biodinamica. La conduttrice dell’azienda parlava di fertilizzazione del terreno data grazie alla “memoria dell’acqua”.
Non sapevo se ridere o piangere.
Ho approfittato adesso e qui di te anche perché, colpevolmente, non mi sono neanche preoccupato di andare su Wikipedìa. I miei pregiudizi sugli argomenti climatici lì trattati.
Pare che sugli argomenti agronomici, la razionalità sia ancora prevalente, o no?
Luigi,
ancora grazie.
“Pare che sugli argomenti agronomici, la razionalità sia ancora prevalente, o no? ”
Ti rispondo richiamandomi alla famosa frase di Goya “Il sonno della ragione genera mostri” per dire che anche in agricoltura (come del resto in moltissimi campi dell’agire umano) esiste una diffusa corrente di pensiero pratico che rifiuta la razionalità di tecnologie fondate sulla scienza per adottare tecniche a base magica o comunque pre-scientifica/a-scientifica. Tale deriva, se non adeguatamente contrastata, potrebbe portarci molto male in termini di sicurezza alimentare. Peraltro dal mio osservatorio colgo che il contrasto deciso a questa deriva pre-scientifica / ascientifica è patrimonio di pochi scienziati benemeriti (sempre meno), anche perché mettersi di traverso rispetto a media e politica non aiuta certo a recuperare fondi di ricerca….
E pensare che già 2000 anni orsono il grande georgico latino Columella (https://sites.google.com/site/storiagricoltura/ritratti0/columella-1) scriveva il trattato “Adversos astrologos” per contrastare la diffusione delle pratiche a base magica in agricoltura. Chissà cosa direbbe Columella della pusillanimità del nostro tempo….
Per inciso ti segnalo il sito https://sites.google.com/site/storiagricoltura attraverso il quale con pochi amici sto da tempo conducendo questa lotta contro i mulini a vento, utilizzando gli strumenti della storia dell’agricoltura.
concordo. però latousce non esiste. il tizio si chiama latouche. è un peccato perdere credibilità con un errore del genere.
E beh, certo, passiamo al voto dai…
Touché!
Pregherei di evitare di dirottare la discussione sul fatto che la presenza di giacimenti petroliferi sia associabile o meno a grandi foreste del passato in quanto se si parla di petrolio ci si riferisce a milioni di anni orsono (sicuramente a prima del quaternario) e dunque a scale temporali incompatibili con quelle oggetto dell’articolo di Sartori. Comunque l’argomento è decisamente interessante e potrebbe essere per un alto post…
Su Sartori ci sarebbe da stendere un velo pietoso. Sono anni che ci “rallegra” il ferragosto con le sue perle di saggezza e ora pare che abbia necessità di sfogare la propria logorrea anche a Novembre.
Ci sarebbe da sorvolare se non fosse che egli gode di un pulpito di primo piano in quanto columnist del Corrierone.
I danni che può fare sono notevoli, purtroppo.
Carissimi,
quanto letto mi spinge ad una riflessione che viene a galla ogni qual volta si parla di “eventi estremi”.
Il misurare la magnitudo di un evento meteo con l’impatto in vittime e danni è
sicuramente importante a livello socio-economico e ovviamente a livello umano, ma dal
punto di vista della statistica meteo-climatica è molto fuorviante. Bisognerebbe cercare di discernere le aree di discussione. Forse l’unico modo per valutare con serenità l’andamento dei tempi di ritorno di “eventi estremi” è quello di basarsi su valutazioni sinottiche degli eventi stessi: come posizione dei centri di bassa pressione, vorticità, rate di diminuzione della pressione etc…..
Simone,
nel caso di Sartori ci troviamo di fronte ad un approccio a tal punto alieno da una conoscenza minimale del settore disciplinare della climatologia (nel quale termini come “clima impazzito”, “bombe d’acqua”, “delocalizzazione delle piogge” non hanno alcun diritto di cittadinanza) che già portarlo ad approcciare il problema a livello di mortalità legata agli eventi estremi sarebbe, credimi, una vera e propria rivoluzione copernicana.
Ciò detto debbo dirti che sono perfettamente d’accordo con te ed in effetti quando mi trovo ad analizzare per scopi scientifici la frequenza degli eventi estremi uso di norma i metodi della climatologia statica e dinamica mentre diffido del numero di morti in quanto si tratta di un fenomeno assai influenzato dalla presenza ed intensità degli insediamenti umani in zone a rischio (presenza ed intensità che peraltro sono spesso aumentate in modo sostanziale negli ultimi 50 anni, per cui un’eventuale normalizzazione dei dati dovrebbe comportare l’assegnazione di un peso maggiore alla mortalità passata rispetto a quella presente).
Luigi
Dicevano gli antichi: gli dei fanno impazzire coloro che vogliono perdere. Mi sembra che nella società europea occidentale, i segnali di follia, se non di isteria di massa, siano in costante aumento.
Se confrontiamo le mappe dei deserti
http://it.wikipedia.org/wiki/Deserti_più_grandi_del_mondo
con la mappa dei maggiori giacimenti petroliferi
http://it.wikipedia.org/wiki/File:USGS_world_oil_endowment.png
notiamo che alcuni dei maggiori giacimenti petroliferi del mondo sono proprio in zone desertiche.
E allora, se vogliamo credere che il petrolio sia di origine biotica, dovremmo ipotizzare che in quei deserti ci siano state immense foreste….
Tenendo presente che
http://it.wikipedia.org/wiki/Deserto_del_Sahara
“Anticamente, il Sahara non era un deserto: circa 30 000 anni fa, le sue montagne erano coperte di rigogliose foreste, la sua fauna era molto ricca, e i popoli che vi abitavano si dedicavano alla caccia e all’allevamento del bestiame.”
non mi sembra una “novità” la temuta
“nuova probabile dislocazione delle piogge con la conseguente dislocazione delle zone aride”
né penso che sia imputabile all’uomo, visto che di dislocazioni, su questo pianeta, ce ne sono sempre state.
Secondo me.
Peccato che non siano le immense foreste a originare il petrolio, ma minuscoli organismi marini…
E’ vero che “la dislocazione delle zone aride” non è una novità, ma se per dimostrarlo utilizzo una correlazione casuale (maggiori giacimenti petroliferi e zone desertiche) non faccio un buon servizio alla verità.
Con tutto il rispetto.
Il petrolio non si origina dalle foreste ma da microrganismi prevalentemete marini. Il petrolio viene estratto principalmente da rocce che hanno decine di milioni di anni quando il pianeta avveva un assetto geografico e climatico completamente diverso dall’attuale. Non può esservi quindi alcun nesso tra giacimenti di petrolio e clima attuale o recente.
[…] secondo i dati FAO la produttività delle principali colture aumenta dell’1-2% all’anno? L’apocalisse di Sartori | Climatemonitor ripeto..senza dai certi, la scienza sarebbe meglio che non si pronunciasse, almeno si eviterebbero […]
Con la sola frase “stiamo destabilizzando il clima”, Sartori riesce a fare sfoggio di incredibile ignoranza, forse non sa quest’uomo pseudo-acculturato che il clima è un sistema perennemente fuori dall’equilibrio, e cioè per dirla in parole sue, un sistema per sua natura sempre senza stabilità , e non solo il clima terrestre, ma anche quello di qualsiasi altro pianeta anche privo di noi esseri umani, che nella mente di questi novelli ignoranti siamo la causa di ogni male e di ogni evento; una mania di grandezza al contrario.
Sartori potrà felicemente unirsi a coloro che il 21 dicembre si riuniranno in piazza a Modena per dire stop alle inesistenti scie chimiche; la testa è quella.
Bruttissima cosa l’ignoranza, ma ancor peggiore è l’ignoranza che fa sfoggio di se credendo di essere sapienza.
Aggiungo: fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
Di entrambe mi sembra privo chi vende la propria ignoranza per sapienza, dimostrandosi gretto ed arrogante a chi ha occhi per vedere.
Grazie per questo post, che mi piace definire sanguigno.
E grazie anche per tutti gli altri, sempre interessanti, nonché per i numerosi commenti, che trovo quasi sempre intelligenti e stimolanti: non scrivo quasi mai, ma vi leggo sempre!