Nella scienza moderna, a differenza della filosofia naturale dei primordi, una persona può dirsi specialista in una materia, di solito uno strettissimo ramo della fisica, della biologia, della geologia etc, se in quel piccolo ramo conosce praticamente tutto; ma la climatologia è l’insieme e l’interazione (secondo la teoria delle reti) di un enorme numero di discipline scientifiche. Questo crea un problema enorme per la padronanza della materia.
Per cercare di capire di che tipo di problema si tratta prendiamo come esempio la storia delle foche e dei merluzzi che hanno visto coinvolti il governo Canadese ed i pescatori; questa storia è elegantemente raccontata nel pregevole libro di Mark Buchanan, Nexus.
Sin dai primi anni novanta il numero di merluzzi che venivano pescati dai pescherecci canadesi era in costante e forte declino, questo spinse il governo canadese a commissionare diverse ricerche ai biologi marini per cercare di capire l’origine della decrescita dei merluzzi. Il risultato, assai sgradito è stato che la causa della decrescita dei merluzzi era la pesca eccessiva. Ma, il governo, non gradendo la risposte, propose una soluzione politica basata su una logica molto più semplice: le foche sono molto voraci e mangiano i merluzzi, ergo bisogna sterminare le foche per far aumentare i merluzzi. Stante la semplice ed apparentemente ineccepibile relazione di causa effetto. Sicché il governo è passato all’azione ed ha finanziato lo sterminio di mezzo milione di povere foche e il risultato è stato che i merluzzi hanno continuato a diminuire drasticamente come se nulla fosse.
Ciò è accaduto perché la povera logica dei politici non aveva tenuto conto del fatto che le foche mangiano anche altri pesci che sono competitori dei merluzzi. In realtà la scomparsa delle foche ha influenzato non meno di 150 altre specie che a loro volta hanno influenzato altre specie ancora, causando infine parecchi milioni di reazioni causa-effetto che non erano state minimamente considerate nella povera logica del governo. Per essere più specifici considerando reti di massimo 8 specie, son state calcolate 10.000.000 (dieci milioni) di interazioni causa-effetto che collegano le foche ai merluzzi (immagine 1). In altri casi simili in relazione tra lontre e naselli in sud africa, Yodzis ha trovato almeno 28.722.675 relazioni di causa effetto (da qui).
In pratica da questa storia e queste ricerche possiamo trarre una semplice lezione: nei sistemi complessi le relazioni causa effetto per quanto possono sembrarci ovvie e banali non sono mai semplici come sembrano, anzi il più delle volte ci daranno risultati in apparente contraddizione con quello che definiremmo buon senso comune.
Ora torniamo al discorso del clima e della climatologia. Se in piccoli sistemi biologici, partendo da meno di 8 specie interagenti si arriva rapidamente a decine di milioni di reazioni causa-effetto, in climatologia la situazione è molto peggiore, questo perché essa ingloba attraverso le interazioni, non solo tutte le relazioni causa effetto della biologia del pianeta, ma anche tutte quelle che si svolgono tra meccanismi studiati in discipline come la geologia , la mineralogia, la spettroscopia, l’astrofisica etc, etc, fino a ricoprire praticamente la totalità delle discipline scientifiche. In parole povere se era una follia provare a capire la relazione causa effetto tra foche e merluzzi, nel sistema climatico che ingloba a voler essere ottimisti, molto ottimisti, miliardi di interconnessioni di causa-effetto diventa pazzia pura il voler liquidare banalmente la relazione tra CO2 e temperature terrestri. E poco importa se anche questa volta la politica, come fece in canada con le foche, prema per agire contro la CO2 e corrompa con finanziamenti spettacolari su scala globale la ricerca scientifica per assicurarsi che una simile e banale relazione causa effetto venga avvallata e venduta alle masse. Voler seguire ancora una volta uno schema cosi povero e banale procurerà o meglio sta già procurando danni enormi alle economie mondiali ed alla ricerca scientifica stessa. E questo è solo quello che siam o già in grado di vedere.
Capisco che agli occhi di qualcuno questi ragionamenti possano sembrare nient’altro che delle plausibili scuse per avallare ancora una volta lo scetticismo sull’ipotesi AGW, pertanto è bene lasciare le opinioni, che possono variare da persona a persona, e concentrarci sui numeri che non hanno di per se’ alcuna appartenenza ideologica. Vediamo come.
Tutti noi vediamo che spesso i media ci riportano i pareri di grandi esperti di climatologia che ci comunicano le loro preziose sentenze sul riscaldamento globale o tal o tal’altro fenomeno accaduto da qualche parte nel mondo. Questo andrebbe anche bene se non fosse per il dettaglio che i climatologi in realtà non esistono e quindi nessuno è in grado di dirci e di spiegarci le relazioni causa effetto presenti nel clima, allo stesso identico modo se non anche peggio delle relazioni intercorrenti tra foche e merluzzi. Possiamo facilmente rendercene conti ricordandoci che per poter capire i meccanismi della climatologia bisogna studiare i meccanismi e le interconnessioni proprie di pressoché ogni disciplina scientifica. Ebbene, considerando che vengono pubblicati circa 1,8 milioni di articoli scientifici all’anno (da qui) e anche ammettendo che solo la metà di questi appartengono a discipline che in un modo o nell’altro vengono implicate in qualche meccanismo climatico, rimaniamo sempre a 900.000 articoli scientifici l’anno, che fanno circa 2466 articoli al giorno. Considerando in media 5 pagine per articolo si arriva a circa 8,6 pagine al minuto da leggere e ragionare per tutto l’anno, senza mai dormire, mangiare o nient’altro, nemmeno cercare gli articoli stessi. In pratica è impossibile essere specialisti di climatologia, si può essere specialisti in un piccolo ramo afferente la climatologia, ma nessuno al mondo è in grado di definirsi esperto in climatologia. E’ impossibile da punto di vista fisico-matematico esserlo; la locuzione “esperto in climatologia” è un ossimoro!
Dai semplici numeri si capisce non solo che non esistono i veri climatologi, ma si capisce anche come si dovrebbe cercare di studiare la climatologia per cercare di padroneggiarla il più possibile. In pratica si dovrebbe studiarla attraverso il lavoro di squadra, cioè dai libri e non dagli articoli scientifici, che come abbiamo visto è matematicamente impossibile leggere in modo esaustivo. I testi accademici sono il frutto dello studio e della sintesi di migliaia di articoli, leggendo testi diversi da autori diversi, che avranno almeno parzialmente attinto da articoli diversi, abbiamo l’unica e sola possibilità di poter accedere alla sintesi di un grosso numero di articoli che non avremo mai la possibilità fisica di leggere da soli. Ma, anche in questo modo, il quadro rimarrebbe largamente incompleto.
La morale della storia è che quando uno vuole dirci la sua sul clima iniziando il discorso spacciandosi per climatologo abbiamo già la prova che con quella auto-proclamazione dimostra di non avere la più pallida idea di cosi sia in realtà la climatologia, e con queste premesse dubito che uscirà nulla di serio dalla sua bocca. E’ un pò come se un allevatore volesse venderci un costosissimo cavallo di razza (da lui certificata) iniziando il discorso dicendoci che nel suo allevamento ha anche unicorni e cavalli alati; comprereste da lui qualcosa?
[…] post è un pochino più lungo del solito e prosegue il ragionamento iniziato col mio precedente articolo, ma ritengo opportuno affrontare diverse questioni apparentemente sconnesse in un unico post, per […]
@ Giudici
Vede, l’esempio del transistor non può essere usato e le spiego la ragione. Nei sistemi autorganizzati, le connessioni tra gli elementi seguono quella che viene chiamata una legge di potenza, in pratica gli elementi con poche connessioni sono moltissimi e quelli con tante connessioni sono pochi, ma non pochi o molti in maniera casuale, ma secondo una precisa legge di potenza tipica del sistema, in pratica parlando nel linguaggio moderno diremmo che i sistemi autorganizzati si organizzano in modo frattale. La differenza con i sistemi puramente caotici è che li l’organizzazione frattale non è nel mondo reale, ma solo nello spazio delle fasi, mentre sei sistemi SOC l’organizzazione frattale è anche nel mondo reale. Facciamo l’esempio delle rete internet, la rete reale ha un’organizzazione frattale (in realtà anche se è costruita dall’uomo ha le stesse caratteristiche di una autorganizzata, ma qui entreremmo in discorsi lunghissimi sul perché è cosi), ma se noi l’avessimo costruita collegando in maniera perfettamente ordinata gli elementi del sistema (proprio come sono ordinati i transistor all’interno di un chip), il comportamento di quella rete internet ordinata sarebbe completamente diverso dal comportamento della rete internet reale. Nei sistemi autorganizzati il comportamento del sistema stesso dipende proprio da questo fattore importante, che manca nei sistemi perfettamente ordinati, questo è il motivo per cui è possibile calcolare in prima approssimazione il campo in maniera esatta all’interno di un chip o la posizione di un pendolo ideale ad un dato istante, ma solo in prima approssimazione; in seconda approssimazione entreremmo nel mondo reale in cui un pendolo ideale non esiste e la sua traiettoria non è perfettamente circolare, ed il campo all’interno del chip neppure, e qui tra prima approssimazione e seconda se lo diciamo in altri termini, stiamo parlando delle interazioni forti e deboli citate precedentemente, tali interazioni non vanno mischiate, altrimenti creano solo difficoltà di comprensione.
Nei sistemi naturali come quello foche-merluzzi, l’organizzazione geometrica delle interazione non è perfettamente ordinata come nei sistemi artificiali, ma segue come per tutti i sistemi naturali un’organizzazione di potenza. In questi ultimi sistemi non esistono cause che possono avere conseguenze e cause che non le hanno, tutti i sistemi sensibili alle condizioni iniziali sono per definizione imprevedibili (possiamo solo ricostruire l’attratore ma non prevederne esattamente la traiettoria). Ma attenzione, nei sistemi SOC e nei sistemi caotici, la sensibilità alle condizioni iniziali viene espresse dal famoso battito d’ali della farfalla in brasile che provoca un tornado in texas, ma attenzione non tutte le farfalle provocano un tornado in texas, perché magari un’altra farfalla in italia blocca quel tornado, in pratica alla fine nessuno dati delle cause sarà mai capace di elaborare con sicurezza quali saranno gli effetti, e da qui nasce l’apparente visione di effetti trascurabili di certe cause, proprio come lei pensa di vederli all’interno dei sistemi, ma questi effetti trascurabili in realtà non esistono proprio, questo stesso termine è frutto di una visione classica del termine.
Credo che i discorsi si stiano facendo troppo vasti ed alla fine parleremmo di tutto, non so se sono riuscito a farle vedere il buon senso e l’attendibilità di quel numero di interazioni nei sistemi reali, io nei limiti di tempo e di spazio posti da delle risposte all’interno di un post ho fatto del mio meglio.
“la sensibilità alle condizioni iniziali viene espresse dal famoso battito d’ali della farfalla in brasile che provoca un tornado in texas, ma attenzione non tutte le farfalle provocano un tornado in texas, perché magari un’altra farfalla in italia blocca quel tornado, in pratica alla fine nessuno dati delle cause sarà mai capace di elaborare con sicurezza quali saranno gli effetti”
e in questa frase c’è l’essenza del disastro in cui si sta lanciando il mondo del xxi secolo:
se uno in italia ammazza una farfalla e dopo un mese si scatena un tornado in texas quello deve esserne incolpato e condannato a risarcire i danni?
se io ora mi stancassi di stare seduto e improvvisamente mi alzassi in piedi, ciò influirebbe sulla rotazione della terra
quindi posso alzarmi ed andare in bagno liberamente o devo aspettare che venga costituito un IPRC (International Panel for earth Rotation Change), che calcoli tutte le possibili interazioni e i loro effetti su qualunque essere della galassia, e mi autorizzi, dopo aver presentato domanda in carta da bollo?
agendo “alla vecchia maniera” l’umanità è scesa dagli alberi, ha conquistato il pianeta e poi è sbarcata sulla luna, ha estinto varie specie, il virus del vaiolo per dirne una, usandone altre per sfamare sette e più miliardi di persone, che vivono tanto a lungo e tanto bene come mai prima
se oggi adottiamo quella linea di principio di precauzione, eliminando tutte le centrali nucleari e gli OGM, bloccando l’impiego del carbone e del petrolio, dei fitofarmaci e dei fertilizzanti etcetc, non avrebbe anche questo effetti su quello stesso equilibrio?
e, proprio per tutto quanto detto sopra, cosa, oltre alla Fede ecologista, può garantire che sarebbe un equilibrio migliore?
…eoni di storia (e preistoria) umana (e non) si sono svolti in un certo modo e con certi risultati, l’ultimo mezzo secolo scarso in un altro modo e con altri risultati…
Diciamo che progrediamo… mi rendo conto che gli esempi che ho in mente non sono sufficienti a capire il discorso. Mi saprebbe consigliare una lettura introduttiva su questo tema?
Ci sono parecchi saggi su questi argomenti, molti scritti dagli stessi scienziati che hanno scoperto i fenomeni. Ho trovato molto bello e persino a tratti divertente il libro del compianto Per Bak “How nature works”, che parla dei sistemi SOC, purtroppo non è stato mai tradotto in italiano, spero non sia un problema. Di libri in tradotti in italiano sui sistemi SOC confesso che non me ne vengono in mente molti, ma forse perché non leggo molto in italiano. Ad ogni modo, parlando della teoria delle reti, ci sono diversi saggi interessanti, ad esempio quello citato di Mark Buchanan, “Nexus”, e anche quello che ha scritto precedentemente “Ubiquità”. Il problema è che di solito un singolo saggio non è abbastanza nemmeno per avere uno scorcio dell’intero panorama, ad esempio i libri che parlano delle reti e dei sistemi SOC spesso non li accomunano e raramente trattano dignitosamente il problema della sensibilità alla condizioni iniziali. Per quest’ultimo argomento bisogna rifarsi ai libri che parlano di Caos, ed i saggi di Prigogine (diversi) sono buoni, anche se molto migliore (prigogine non era un maestro della divulgazione) trovo quello di David Ruelle “Caso e Caos”, uno dei padri nobili dell’argomento, ma forse più completo, anche se meno autorevole, è il bestseller di James Gleick “Caos”.
L’inglese va benissimo. Grazie per il suggerimento.
L’11 settembre ho pubblicato sulla mia pagina facebook la notizia di alcuni avventurieri che, convinti dai media che il passaggio a Nord-Ovest fosse privo di ghiaccio, si erano lanciati nella navigazione di quella che doveva essere una rotta acquosa, e forse ondosa… e invece è stata solo la loro idea che ha fatto acqua da tutte le parti, perché davanti a loro si son ritrovati un passaggio ostruito dal ghiaccio.
Sono dovuti tornare indietro, perché la notizia del passaggio a Nord Ovest libero era semplicemente falsa.
http://finance.townhall.com/columnists/michaelschaus/2013/09/09/why-we-need-more-global-warming-n1694740/page/full
Ora sono di passaggio (a Sud Ovest 🙂 ), e ho avuto l’immenso piacere di leggere un articolo che dice quello che penso in una maniera in cui mai avrei potuto dirlo io.
Vogliamo chiamarli “climatologi” ? Ok, facciamolo pure, ma avendo ben presente che non solo la scienza climatologica non è affatto “settled”, ma essa ha immensi passi da fare ancora:
il primo (necessario) sarebbe un bel bagno di umiltà.
Secondo me.
Sulla questione dei climatologi non so dire. Sulla questione della mia prima domanda… devo però cambiare idea sul post. Se quel numero è semplicemente un calcolo sul limite superiore delle possibili interazioni, non è detto che ci siano tutte e quindi non è detto che il problema in questione sia così complesso. A questo punto se pensiamo al limite superiore delle possibili interazioni in sistemi come il corpo umano penso che arriveremmo a numeri simili; ma da ciò dedurne che la medicina non è una scienza ce ne corre. Presumibilmente si potrebbe fare un esempio simile in ogni branca scientifica e quindi dedurre che non può esistere alcuna scienza. Questo è un sofisma.
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Credo che stia fraintendendo un paio di cose.
Per quanto riguarda quel numero, non è affatto un limite superiore di possibili interazioni, anzi, in pratica si individuano gli elementi del sistema che con certezza interagiscono tra loro generando una serie di azioni e controreazioni, si tratta solo di calcolare queste interazioni, questo è il numero, quindi non solo è reale, ma come già detto è anche stimato largamente al ribasso, perché in realtà non si conoscono praticamente mai tutti gli elementi che entrano in gioco.
Per quanto riguarda l’altra parte dei dubbi, cioè che quindi data la complessità dei sistemi alla fine potremmo arguire che non c’è alcuna scienza, ebbene sto scrivendo un post per delucidare questa questione, ma è bene anticipare che non solo non è cosi, ma che semplicemente si è sviluppato un nuovo modo di fare scienza rispetto al passato.
Credo che stia fraintendendo un paio di cose.
Per quanto riguarda quel numero, non è affatto un limite superiore di possibili interazioni, anzi, in pratica si individuano gli elementi del sistema che con certezza interagiscono tra loro generando una serie di azioni e controreazioni, si tratta solo di calcolare queste interazioni, questo è il numero, quindi non solo è reale, ma come già detto è anche stimato largamente al ribasso, perché in realtà non si conoscono praticamente mai tutti gli elementi che entrano in gioco.
Per quanto riguarda l’altra parte dei dubbi, cioè che quindi data la complessità dei sistemi alla fine potremmo arguire che non c’è alcuna scienza, ebbene sto scrivendo un post per delucidare questa questione, ma è bene anticipare che non solo non è cosi, ma che semplicemente si è sviluppato un nuovo modo di fare scienza rispetto al passato.
Confermo, non sto capendo. Dal mio punto di vista, se si fa un calcolo combinatorio, si assume che esistano tutte le possibili combinazioni dei fattori. Ma come si fa a sostenere, se non si misurano tutte una ad una, che alcune siano del tutto trascurabili rispetto ad altre? Voglio dire: se voglio modellare le maree e mi riferisco al contesto del sistema solare, potenzialmente tutti i pianeti esercitano una propria influenza; ma poi salta fuori che solo la Luna e il Sole sono influenti, e posso tranquillamente considerare trascurabili tutti gli altri corpi celesti. No?
Non proprio. Se consideriamo il settore della meccanica celeste allora, il problema visto in maniera classica risulta quello famoso dei 3 corpi, perché come avrà certamente notato tutte le equazioni classiche della fisica sono scritte per interazioni a due corpi (poi si sommano gli effetti), questo perché ‘introduzione del terzo o ennesimo corpo nel sistema portava ad instabilità dello stesso, che nei calcoli deviava dalla sua traiettoria originale alla fine in maniera sostanziale. Ma questo era l’approccio classico.
Tornando ai nostri sistemi, dobbiamo distinguere tra 2 principali tipi di interazioni, forti e deboli, la teoria delle reti è basata principalmente su queste ultime. Se prendiamo un’interazione forte, cioè quel del sole col clima, risulta ovvio che se il sole si dovesse spegnere in un determinato istante, tutti gli altri sistemi con tutte le altre interazioni si spegnerebbero a valanga in brevissimo tempo, e nel sistema si passerebbe da parecchi miliardi di interazioni di causa effetto a zero.
Occupiamoci invece delle interazioni deboli. Anche se togliamo del tutto una specie nel sistema foche-merluzzi, avendo cura di non scegliere le 2 principali in oggetto di studio, notiamo che il sistema non si spegne affatto, come nel caso precedente, ma semplicemente si sposta verso un nuovo stato dinamico (può chiamarlo se vuole un nuovo equilibrio dinamico), in cui possono verificarsi diverse situazioni, o che nulla accade o che si innesca un’enorme estinzione di massa, questo perché i sistemi composti da tanti elementi interagenti in maniera debole, sono quei sistemi che sono sensibili alle condizioni iniziali, che inizialmente venivano classificati come caotici, ed oggi sappiamo che non sono completamente caotici si trovano al limite di un sistema caotico, mostrano le caratteristiche di sensibilità alle condizioni iniziali ma hanno anche un comportamento un pochino diverso, sto parlando dei sistemi autorganizzati allo stato critico (CAO in italiano e SOC in inglese). In questi sistemi non è possibile a priori stabilire come si modificherà l’intera rete ad una alterazione della stessa, la risposta potrebbe essere che non si modifica quasi nulla o che dopo una serie di reazioni a catena di interazioni si estingue la specie umana, ed alla fine il sistema biologico (o climatico o altro) continuerebbe senza gli umani, ma continuerebbe con le stesse caratteristiche di prima tipici dei sistemi SOC senza che alcune specie vi facciano più parte.
Vede la differenza con la sua conclusione che cause piccole hanno effetti piccoli è enorme, e questo è dovuto al fatto che lei sta pensando in maniera classica, mentre nei sistemi dinamici come quello considerato in questo post le cose stanno proprio in maniera opposta, e tutto questo proprio grazie a quelle deboli interazioni degli elementi della rete che se visti in maniera classica sembrerebbero persino inutili e trascurabili.
Spero di non averle complicato ulteriormente le cose.
Saluti
No, non ha complicato le cose, abbiamo fatto un passo avanti.
“Vede la differenza con la sua conclusione che cause piccole hanno effetti piccoli è enorme, e questo è dovuto al fatto che lei sta pensando in maniera classica, mentre nei sistemi dinamici come quello considerato in questo post le cose stanno proprio in maniera opposta, e tutto questo proprio grazie a quelle deboli interazioni degli elementi della rete che se visti in maniera classica sembrerebbero persino inutili e trascurabili.”
Non sto affatto sostenendo questo. Sto dicendo che una parte delle interazioni deboli possono avere conseguenze ed una parte no. Per esempio, su un microprocessore ci sono miliardi di transistor; se voglio calcolare lo stato in un qualsiasi punto del chip in teoria dovrei tener conto dello stato di tutti i transistor, perché ognuno ha un effetto sul campo elettrico. Il numero di possibili interazioni, calcolato come combinazione di miliardi di elementi, sarebbe mostruoso; in realtà, la stragrande maggioranza di queste interazioni hanno poi un effetto trascurabile. Esempio analogo si può fare con gli elettrodomestici di casa: ognuno causa perturbazioni del campo elettrico e magnetico che potenzialmente possono causare interazioni indesiderate; qui parliamo di decine di elementi e le combinazioni saranno dell’ordine delle migliaia. Fortunatamente, la pratica dimostra che accendere un phon non influisce sul funzionamento della lavastoviglie: di nuovo.
Tornando all’articolo, quello che vorrei capire è se quel 25.000.000 sono il conteggio di tutte le possibili interazioni deboli, parte delle quali avranno conseguenze significative e parte no, oppure se sono già solo quelle con conseguenze significative; se si tratta del secondo caso, come si è capito se l’interazione ha conseguenze significative e se è stato solo modellato o se sono state trovate evidenze sperimentali per ognuna di esse.
Grazie 🙂
@Fabio Vomiero
@A. de Orleans-B
Il paragone che avete citato tra medico e climatologo a mio avviso è assolutamente forviante, ma per iniziare andrò subito al punto per parlare del concetto di climatologo.
Io sono un agrometeorologo; l’agrometeorologia studia tra le altre cose i bilanci e gli scambi di energia e materia tra superficie terrestre (intesa in senso lato) ed atmosfera, e per fare tali bilanci si usano i dati strumentali di una certa zona, e per quella zona si costruiscono i bilanci e le partizioni energetiche superficiali. Da qui il passo alla climatologia non solo è breve ma brevissimo, in fondo i famosi grafici di Trenberth che rappresentato la base per tutte le discussioni ipcc non sono altro che la somma delle ricostruzioni dei bilanci superficiali di tutte le porzioni della superficie terrestre. Quindi potrei iniziare una discussione dicendo:
“Perbacco, gli agrometeorologi sono quelli più idonei a studiare la climatologia ergo sono quelli più idonei a farsi chiamare climatologi!”
poi arriva un meteorologo puro e dice:
“Ti sbagli, in fin dei conti la definizione ufficiale di clima è quella della media delle condizioni meteorologiche su 30 anni, quindi siamo noi meteorologi, che quando abbiamo maturato molti anni di esperienza (la questione dei 30 anni) possiamo farci chiamare a ragione climatologi”
poi arriva un dendroclimatologo e ci rimprovera:
“ Vi sbagliate entrambi, voi al massimo potete fare i bilanci energetici o le medie del clima attuale, che sarebbero inutili se noi studiando le piante per bene non riuscissimo a ricostruire il clima di secoli addietro, siamo noi i veri climatologi! In fin dei conti la climatologia è iniziata proprio con la botanica, quindi chi più di un botanico specializzato può dirsi climatologo?!”
poi arriva un geologo e rimbecca tutti:
“Guardate che lasciando stare la storia della scienza del clima, gli unici a dare ricostruzioni lunghe del clima oggigiorno siamo noi (borehole climatology), attraverso la ricostruzione delle temperature fossili possiamo fare delle ricostruzioni a dir poco splendide e spettacolari).
Poi arriva uno spettroscopista e dice:
“Tutti voi vi state vantando inutilmente, gli unici che possono riuscire a districare il bandolo della matassa siamo noi, che studiamo le interazioni tra radiazione e materia fino a scoprire tutti i più reconditi segreti del clima, siamo noi i climatologi!”
poi arriva un matematico e ci gela tutti quanti:
“ Guardate che tutti voi senza di noi siete nulla! Noi facciamo la matematica che vi serve ad analizzare e normalizzare tutti i dati passati presenti e futuri, inoltre siamo noi che costruiamo i modelli per far girare e per collimare i dati e le scoperte di tutte le vostre ricerche, ergo senza di noi non esisterebbe la climatologia moderna, quindi siamo noi i veri climatologi!”
..e cosi via, possiamo far arrivare nella discussione parecchie figure, ma chi ha ragione? Tutti ? Nessuno?
La soluzione ragionando dicotomicamente tra tutti e nessuno è semplice:
1) Nessuno, vuol dire che i climatologi in senso stretto non esistono, ma semplicemente varie figure collaborano per costruire il corpo della climatologia.
2) Tutti, significa che chiunque proveniente da qualunque ramo scientifico (e persino i tecnici visto che molti ingegneri si definiscono climatologi) se si occupa di clima diventa automaticamente climatologo e poco importa se non ha le competenze per padroneggiare la materia per intero. (questa è in realtà la reale definizione quasi inconsciamente accettata oggi)
Io propendo per la prima soluzione per questo ho definito la figura del vero climatologo una figura mitologica come unicorni e cavalli alati.
Ma voi potreste rimproverarmi che in realtà si può fare un corso di laurea in climatologia e quindi divenire a tutti gli effetti legali climatologi. E’ vero si fa ma questi climatologi non sono più climatologi di nessun altro gruppo per il semplice motivo che, per poter apportare avanzamenti nel corpo della climatologia, devono per forza di cose specializzarsi in qualche campo che a ben vedere appartiene al corpo di altre discipline, tanto valeva….
Poi posso anche obbiettare che si può istituire per legge un corso di laurea in Tuttologia, quindi si diventa legalmente tuttologi, ma chiunque capisce che per quanto un pezzo di carta possa dare tale titolo ciò non significa che magicamente si sapranno le cose su tutto.
Il senso del post era semplice, nessuno al mondo può padroneggiare la climatologia, impossibile, quindi quei personaggi che proclamatisi climatologi dicono di aver capito tutto non sono altro che impostori, e ricordare la complessita del sistema dovrebbe essere una prova sufficiente di ciò.
Il paragone con il medico moderno è erroneo, se ci pensate bene, i medici moderni che per tradizione secolare continuano a chiamarsi medici, a differenza del loro antenato stregone che sceglieva da solo le erbe medicinali, non ha assolutamente le competenze per lavorare da solo senza che chimici preparino le medicine, biologi facciano esperimenti, informatori farmaceutici (laureati in ctf o biologia) gli spieghino a cosa servono i vari medicinali e quando darli, etc, certo poi il medico è quello che la bella figura col paziente (o brutta) ma è soltanto l’ultima ruota del carro…ma ho già scritto troppo quindi non continuo a spiegare perché il paragone non è calzante a mio avviso…
Permettetemi di dissentire.
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Già cento, o anche duemila anni fa, un medico cercava di guarire il paziente nell’ambito delle conoscenze disponibili in quell momento. Non sapeva quasi nulla rispetto alle conoscenze di un medico attuale, eppure era un medico e nessuno contestava tale etichetta, ne la contesterebbe oggi perché la sua materia fosse troppo complicata — e non vi è dubbio che sia complicata!
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Se il clima, un concetto ormai abbastanza ben definito, è materia suscettibile di studio, chi lo studia credo sia ragionevole che si ritenga e si chiami un “climatologo”. Certo, la materia è complicata (o meglio: complessa), ma non per questo impossibile da studiare in senso scientifico. Come stato di avanzamento scientifico sarà forse come la medicina di 100 o forse 2000 anni fa — ognuno si farà le sue idee in proposito — ma non per questo, a priori, la corrispondente etichetta di “climatologo” è meno degna di rispetto di quella di “medico”.
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Per converso, credo saremmo tutti d’accordo che un “fantasmologo” — uno studioso di fantasmi — si dedichi ad una materia non considerata come disciplina scientifica — non perché troppo complicata ma semplicemente perché non studiabile scientificamente.
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Il fatto che lo studio del clima risulti, in certe fasi storiche, soggetto a peculiarità “sociodinamiche” che possano fare aggrottare la fronte ritengo che vada considerato un problema di metodo, ma non credo che abbia molto a che fare con la rispettabilità dell’etichetta di chi lo studia — e in fondo, se non volessimo chiamarlo “climatologo”, come dovremmo chiamarlo?
Perfettamente d’accordo relativamente alla parte riguardante la natura multidisciplinare della climatologia e quindi alla complessità del sistema oggetto di studio. Di conseguenza l’iperspecializzazione che invece tende a contraddistinguere per tutta una serie di ragioni la scienza moderna, in questo caso potrebbe anche costituire un’ostacolo. Nella seconda parte, invece, non ho capito bene se l’autore “critica” il sedicente esperto di clima, in teoria potenzialmente incarnato da chiunque, e in questo caso sottoscriverei completamente o il climatologo di professione.
Nel secondo caso infatti, la questione sarebbe forse più delicata, perchè la figura del climatologo (pur con molte sfacettature) a mio parere esiste eccome, visto che la climatologia moderna esiste da almeno trent’anni. Perchè altrimenti anche il medico sarebbe soggetto alle stesse problematiche, non potendo probabilmente essere contemporaneamente un perfetto chimico, fisico, biologo, biochimico, fisiologo, psicologo, farmacologo ecc.
Con lo sviluppo delle scienze evolutive, non galileiane, sono cambiate tante cose, dal modo di fare scienza, al paradigma stesso della scienza, non rappresentato più, come un tempo, dalla fisica classica.
Comunque ottimo lavoro e ricco di spunti su cui riflettere.
Saluti a tutti.
In effetti, mai come questa volta, tre commenti perfettamente convergenti! 🙂
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Personalmente, comunque, non posso che associarmi: le considerazioni di Tore Cocco, infatti, possono essere considerante una sintesi di tutto quello che noi scriviamo su questo blog e del perché lo facciamo. Del resto come si può negare la multidisciplinarietà della climatologia e la complessità enorme del sistema climatico?
Molto interessanti, inoltre, le considerazioni numeriche (e potevano non essere interessanti i numeri per me? 🙂 )relative alla mole enorme di articoli scientifici che dovrebbero essere “digeriti” per essere un “Climatologo” esperto. E’ vero: la climatologia non può che essere un lavoro di squadra in cui devono integrarsi le competenze di molteplici esperti.
Ciao, Donato.
Non commento la parte AGW. L’esempio dei merluzzi è perfetto, giusto l’esempio concreto che mi manca quando faccio discorsi sulla complessità del reale e la presunzione di chi pretende di dominarla interamente. Però vorrei capire meglio come sono state contate (o calcolate?) quelle 28.722.675 relazioni…
Sul come saltino fuori quei numeri in questi casi non è difficile a capirsi, in pratica è una sorta di calcolo combinatorio, una volta individuati tutti gli elementi che entrano nel sistema o più concretamente i più palesi o semplicemente fin dove ci si è stufati di cercarli, si calcolano tutte le possibili combinazioni di interazioni, tutti i modi con cui si può chiudere un percorso. Nel caso specifico dei quasi 29 milioni, in realtà l’autore ha posto diverse limitazioni nel conteggio. Questo ci fa capire che in natura dove non c’è alcuna dimenticanza di elementi ed alcuna limitazione alle interazioni, il numero relazioni causa effetto deve essere molto più grande, anche per una piccola catena alimentare…ammesso che, visti i numeri, “piccola catena alimentare” si possa dire ed abbia un senso.
idem come sopra;
sarà un caso che tre commenti su tre perfettamente in linea e convergenti provengono da persone che traggono la loro formazione dal mondo delle Scienze della Terra, e quindi per necessità abituati a osservare e studiare i fenomeni naturali del pianeta considerando mille variabili interdipendenti tra loro e afferenti ad ambiti multidisciplinari?…..
meditate gente, meditate…. 🙂
splendida analisi.
Condivido completamente questo articolo, che stimola riflessioni interessanti.
Credo per quanto riferito che la storia del clima sia una fonte importante per rilfettere sulle variazioni del clima documentate nel passato.
U. Crescenti